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Autore: _eco    05/01/2015    2 recensioni
[What if? post 4x12] [Stydia] [Stalia] [Kidnapped-Lydia]
Irrisolto.
Stiles aveva quasi sorriso, quel giorno, quando le aveva spiegato nei minimi dettagli i “segreti” del mestiere. Aveva sorriso, perché si era sentito importante. Interessante, forse, per quella ragazza che mai, sino a poco tempo prima, lo aveva degnato di uno sguardo. Un tantino speciale, quasi, agli occhi di quella creatura che gli era sempre sembrata intangibile, velata dalla sua cupola di trasparente perfezione.
Ma ora non ci trova nulla da sorridere, nemmeno per sogno.
Il filo rosso significa “irrisolto” e adesso lo sta usando per collegare fra loro fotografie di Lydia, post-it e un ritaglio di giornale.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Dunbar, Lydia Martin, Malia Hale, Scott McCall, Stiles Stilinski
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ed ecco che abbiamo finito con questa storiella. Che dire? Ringrazio chi l'ha seguita, letta, recensita, preferita, ricordata (?), pubblicizzata - Maria, parlo con te *tossicchia*.
Questa storia era nata come regalo di Natale per un'amica, ma poi mi hanno consigliato di pubblicarla, e sono felice di averlo fatto.
Appena avrò un briciolo di tempo, risponderò alle recensioni, giuro.
Un bacio ♥
Ah, e ascoltate questa canzone meravigliosa mentre leggete, pleeease. https://www.youtube.com/watch?v=yJ6wJqaE6o4
S.

 
Torniamo in superficie
Capitolo 3
- Scendi giù nei sotterranei. Hai detto di aver visto una scala d’emergenza poco più in là, no? Prendi Lydia e portala in macchina. Al resto ci pensiamo noi. –
Chris gli ripete le stesse cose in combinazioni di parole diverse da circa un’ora. Stiles annuisce sempre, paziente.
Si tortura le lunghe e nodose dita per uccidere la tensione. Ha ancora le labbra color melanzana per il freddo, le punte dei capelli bagnate e la schiena percorsa da brividi di freddo.
Ma è vivo ora più che mai. E’ vivo, perché l’ha trovata. E’ vivo, perché deve restarlo almeno fin quando non la porterà via da quell’inferno.
- E’ necessario che la jeep sia pronta per partire una volta che hai trovato Lydia, Stiles, intesi? Non importa se ci lasci indietro. Torneremo, in qualche modo. Ma non appena trovi Lydia, la devi immediatamente portare in ospedale. Immediatamente.
- Sì, e cosa dico ai medici? Che una pazza psicopatica l’ha imbottita di Dio solo sa cosa? – ribatte Stiles, con un tono più brusco di quanto in realtà non volesse.
- Melissa ha già pensato a tutto. Portala al County Hospital di Cortwood. E’ il più vicino. –
Stiles annuisce nuovamente, rigirandosi fra le mani le chiavi della jeep.
 
 
***
Mentre si divincola per i corridoi gelidi con la mazza da baseball in mano, Stiles si volta quasi ogni secondo da una parte all’altra.
Qualcuno potrebbe sbucare all’improvviso alle sue spalle e lui deve mantenersi pronto.
Ogni tanto, capta un tonfo o un grido rimbombare sopra di lui. Chiude gli occhi, smette di camminare per un attimo e spera che nessuno dei loro sia morto.
- Di qua. – gli indica Liam, svoltando a sinistra e seguendo con il fiuto l’odore di Lydia.
Stiles gli ha dato il suo disegno, quello dell’albero che sembrava risalire a un’eternità fa. Gli ha detto di tenerlo con cautela, di non strapparlo mentre registrava mentalmente l’odore di Lydia.
Stiles lo segue in silenzio per cinque minuti buoni.
- Ce la faranno? – chiede Liam a un tratto, voltandosi così all’improvviso che Stiles quasi inciampa su se stesso pur di non cadergli addosso.
Il ragazzo boccheggia, incapace di fornire una risposta accettabile. Stiles resta di rado senza parole. E’ quello dei piani B, Stiles, quello che riesce sempre a trovare qualcosa da dire per incoraggiare gli altri. Adesso, però, non sa nemmeno se troverà Lydia, non vuole neppure immaginare in che stato la troverà.
Non sa niente, non sa davvero niente. Quindi, questa volta, non costruisce chissà quali frasi piene di paroloni e condite di ironia. Dice la pura verità.
- Non lo so. –
Scuote la testa, sospirando.
Liam annuisce, sussultando quando un tonfo più chiassoso dei precedenti raggiunge le loro orecchie.
- Di qua. – riprende poi, ostentando un tono forte e deciso.
Stiles ha insistito perché Liam rimanesse sopra con gli altri. Ha detto a Scott che sarebbe stato uno spreco di potenziale farlo scendere con lui a cercare Lydia; che a loro sarebbero di certo servite degli artigli e dei muscoli in più. Scott l’ha guardato, l’ha soltanto guardato, senza neppure rispondere a voce. Poi ha indicato con gli occhi la mazza da baseball che Stiles teneva fra le mani.
E’ stato allora che ha capito.
E’ troppo debole, Stiles, per andarsene in giro in un sotterraneo labirintico alla ricerca di Lydia, della quale non saprebbe nemmeno fiutare l’odore.
E se ci fosse qualcuno a fare da guardia? Cosa fai, lo picchi con la mazza?
Ecco cosa avrebbe voluto dire Scott. Stiles ne è certo.
Ed ecco perché Liam è con lui.
Certo, con tutto il trambusto che hanno causato nel giro di un quarto d’ora, è molto probabile che l’ipotetica guardia sia d’istinto salita in superficie per contrattaccare. O almeno, così Stiles spera. Stringe le dita attorno alla mazza e forse una scheggia di legno gli ha appena penetrato la carne, ma non importa.
Stiles continua a camminare a passo rapido, facendo da ombra a Liam, che di tanto in tanto si volta all’improvviso, catturato da qualche suono sospetto.
- Potresti gentilmente girarti con qualche secondo di preavviso, così non rischio di finirti addosso? – chiede Stiles, articolando ogni parola in un sibilo per non fare troppo rumore.
Liam assottiglia gli occhi e sbuffa dal naso, come un animale imbufalito. Stiles alza le mani in segno di resa.
- D’accordo, brutto lupetto cattivo. – liquida la questione Stiles, superando Liam con un’ampia falcata e avanzando nella penombra.
Il corridoio puzza di muffa ed è flebilmente illuminato da lampadine fredde e nude, che penzolano a caso dal tetto, che, nemmeno a dirlo, è tappezzato di muffa verdastra.
Sta per svoltare l’angolo, quando Liam lo afferra per un braccio e lo fa quasi rimbalzare indietro.
- Ma che diavolo!? – sbotta Stiles.
Liam gli fa segno di stare zitto, poi si appiattisce contro il muro e sporge appena la testa.
Le iridi del ragazzo squadrano ogni centimetro del corridoio successivo, mentre le sue orecchie si concentrano sul battito cardiaco di Lydia, ancora più forte di poco prima, ma sempre lento, esitante, quasi. Non c’è anima viva. Nessun battito cardiaco oltre al loro e quello di Lydia – se si escludono anche quelli degli altri, sopra.
- Via libera. – sussurra, per poi aggiungere un incerto “credo”, che frena immediatamente Stiles.
- Che vuol dire “credo”? –
Liam si morde il labbro.
- Vuol dire che sembra non esserci nessuno, ma faremmo meglio a guardarci le spalle. –
Stiles storce la bocca, in una smorfia poco convinta. Poi fa spallucce e procede, avanzando attraverso l’ultimo corridoio che lo separa da Lydia.
O almeno spera sia l’ultimo, perché non è sicuro di potersi mantenere emotivamente stabile ancora per molto.
- La senti? – chiede, e quando Liam non risponde subito, ripete la domanda con più insistenza. – Oh, la senti?! –
Solo allora Liam, che era intento a concentrarsi sui rumori circostanti, annuisce e gli indica con il braccio la strada da prendere.
- E’ lì in fondo. – spiega, puntando in fondo al corridoio.
Stiles aguzza la vista, riuscendo a scorgere quelle che a primo impatto sembrano vere e proprie sbarre di ferro.
- Io sto qui a fare la guardia. –
Stiles annuisce, rafforza la presa intorno alla mazza e inizia a brancolare nel buio. In questa parte del corridoio, il freddo s’intensifica, la luce diminuisce, e Stiles all’improvviso è divorato dal terrore di trovarla agonizzante e morta di freddo.
Ma Liam ha detto di averla sentita, quindi non è morta. Non può esserlo. Non può esserlo perché è Lydia, perché è forte, e cocciuta, e intelligente. Non può esserlo perché lui è a un passo dal trovarla e portarla via da lì. Non può esserlo perché Stiles le ha sussurrato di restare con lui.
Stiles procede a tentoni, le mani in avanti che sussultano quando cozzano contro le sbarre ruvide. La luce è ormai quasi del tutto assente, quindi è costretto a usare la torcia del cellulare per mettere a fuoco ciò che lo circonda.
Chiude gli occhi, respira profondamente.
Sii uomo.
Sii un dannato uomo, Stiles!
Il fascio di luce giallognola rischiara prima le sbarre di ferro, poi il pavimento sconnesso, poi una sottospecie di letto dalle molle rumorose, e infine una figura minuta, raggomitolata su se stessa. Se ascolta con attenzione, riesce a sentire qualche gemito. Sembra un gattino ferito, Lydia.
- Ehi. – sussurra Stiles, mentre studia il lucchetto arrugginito.
Lydia non risponde. Si limita a mugugnare, e, se possibile, a stringere ancora di più le ginocchia contro il petto.
- Dannazione! – impreca il ragazzo, scorticandosi le unghie contro il ferro del lucchetto.
Lydia mugugna nuovamente qualcosa di intelligibile.
- E apriti, dannazione! Ho scassinato l’armadietto del coach. –
- La chiave. – sussurra Lydia, che finalmente riesce ad articolare qualcosa di comprensibile.
Solleva appena il capo, i capelli sfibrati che incorniciano il viso
- Sì, certo, la chiave. Se l’avessi. – le risponde Stiles.
Un oggetto ignoto tintinna contro il pavimento, rimbalzando più volte sino a qualche centimetro dall’inferriata.
- La chiave. – ripete Lydia, come un automa.
Stiles boccheggia, buttandosi carponi e lasciando scivolare la mano sotto l’inferriata, nel tentativo di afferrare la chiave.
- La chiave! – esulta, quando la prende e la illumina con la torcia.
La gira nella toppa con una foga febbrile, quasi folle. Rischia di inciampare sulla mazza, ormai abbandonata per terra, pur di catapultarsi rapidamente nella cella.
Si avvicina con cautela, perché Lydia ha nuovamente affondato il capo fra le ginocchia, la schiena premuta contro il muro gelido e ruvido. Ha i piedi scalzi, come nel sogno. Sono viola, scarni, come nel sogno. E ha anche dei segni rosati intorno alle caviglie, che Stiles mette in luce con la torcia.
Il ragazzo getta uno sguardo indietro, per accertarsi che Liam sia ancora lì, poi si siede sul letto accanto a lei.
Le sfiora un piede, ma Lydia si ritrae come una mimosa.
- Lydia. Ehi. – la chiama, facendo fluttuare le mani per aria, senza sapere se sfiorarla, dove, come pur di non farla allontanare ancora di più.
Deve essere in stato confusionale, perché Stiles è sicuro che fino a poco fa l’abbia riconosciuto. Gli ha lanciato la chiave. Certo che l’ha riconosciuto.
E non può nemmeno perdere troppo tempo. Deve portarla via da lì. Subito.
- Lydia, non voglio farti del male. –
- Lo dicono sempre. Lo dicono… dicono “Lydia, non vogliamo farti del male.” E poi… - singhiozza lei, la fronte ancora premuta contro le ginocchia.
- Shh. Lydia, sono io. – la interrompe Stiles, avvicinandosi e accarezzandole una spalla.
Stavolta, Lydia esita un po’ prima di scostarsi dal suo tocco. – Mi hai lanciato la chiave, ricordi? –
Lydia alza lentamente il capo, e solo allora Stiles può vederla bene in viso. Gli occhi sembrano ancora più grandi di quanto li ricordasse. Le ciglia sono umide di lacrime. Il naso rosso, per il freddo, per il pianto. Forse ha la febbre. Le labbra screpolate sono percorse da un paio di rivoletti rossi. Lydia deve averle morse per trattenere urla di dolore.
Le guance sono ancora più scavate di quanto non lo siano diventate da quando Allison è morta.
- Sì. – risponde. – Sì. La chiave. Ho calcolato la velocità con cui sarebbe caduta al suolo, poi… poi ho finto di aver un mancamento. Ho preso la copia. – spiega, fissando un punto indefinito del muro di fronte. – Non credo se ne siano accorti. –
Stiles stringe le labbra in un sorriso amaro e al contempo orgoglioso.
- Il mio piccolo genio. – mormora, fiero, prendendo fra le mani i piedi di Lydia e riuscendo finalmente a riscaldarli un po’, prima che lei si allontani.
Solo allora Lydia lo guarda davvero negli occhi. Ha la stessa espressione spaesata che aveva quella notte, quando l’aveva trovata nuda nel bosco. Così piccola, così indifesa.
- Ho solo calcolato… - fa per ribattere Lydia, ma le parole le muoiono in gola.
- “Solo” non è una parola adatta a Lydia Martin. – le fa notare Stiles, con dolcezza, accarezzandole una guancia.
Lydia inclina il capo, quasi poggiandosi al suo palmo, come farebbe un neonato.
Stiles si alza e fa per prenderla in braccio. Lei emette un gemito strozzato: il ragazzo deve inavvertitamente averle premuto una cicatrice causata dalle cinghie di cuoio. Con fatica, stringe le braccia magre e intorpidite attorno al suo collo.
Stiles la raccoglie fra le braccia come se fosse una bambola rotta, premendola forte contro il petto e costruendo per lei un rifugio sicuro.
- Aggrappati bene. Torniamo in superficie, Ariel. – le sussurra, solleticandole l’orecchio con le labbra.
Lydia preme il viso contro il petto di Stiles e rafforza, per quanto può, la presa intorno al suo collo, come una nave si terrebbe salda alla sua ancora.
 
***
Lydia se ne sta rannicchiata sul sedile accanto, coperta da uno o due plaid, più la giacca di Stiles, che se ne frega altamente di indossare una maglietta di cotone e basta.
Nei sedili posteriori, Malia, Scott e Kira non emettono parola. Scott ha un taglio netto sulla guancia, Malia ha rischiato di rompersi una gamba – che in ogni caso si sarebbe ricalcificata quasi subito. Per il resto, sembra andare tutto okay.
Stiles approfitta della sosta obbligata dal semaforo per aggiustare le coperte di Lydia. Le scosta una ciocca di capelli dal viso, svegliandola.
- Stiamo arrivando. – l’avvisa.
Poi si mette a frugare nelle tasche, alla ricerca spasmodica di ciò che è sicuro, sicurissimo di aver portato con sé.
Lydia indaga curiosa i suoi movimenti frenetici. Tipico di Stiles.
- Guarda cosa ho portato. – le dice con tono giocoso, gettando un occhio al semaforo giallo.
Gli occhi di Lydia si illuminano, come attraversati da bagliori che si rincorrono a vicenda. Sembra una bambina, Lydia, mentre gioisce spontaneamente per la barretta arancione che Stiles le porge.
Le sue dita sottili l’afferrano con cautela. Sembra quasi che abbia paura che quella insulsa barretta di cioccolato svanisca. Ricorda benissimo la serata alla pista di pattinaggio. E tutto quello stupido discorso sull’arancione e il blu che s’intonavano fra loro. E ricorda la cocciutaggine di Stiles, che non si era fermato finché non aveva trovato qualcosa che le andasse a genio.
E poi, ricorda la tavoletta di cioccolato che le aveva dato, e il sorriso compiaciuto e sorpreso che gli aveva dipinto il viso, nel vedere che Lydia non aveva disprezzato almeno quel tentativo di approcciarsi a lei.
- E’ la nuova versione. Con le nocciole. – le spiega Stiles. – E’ molto meglio di quella classica. E se non ti piace, avrai commesso un reato, sappilo. – la ammonisce.
Vorrebbe darle un buffetto sul naso, accarezzarle il viso o prenderle la mano, ma qualcosa lo frena. Non sa se si tratti di Malia o di qualche altra motivazione ignota.
Si limita a guardarla con un mezzo sorriso, mentre scarta rapidamente la barretta di cioccolato e la avvicina alle labbra screpolate.
Faremo tornare quelle guance come una volta, le promette silenziosamente.

 

 
  
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