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Autore: yoursincerely_ila    05/01/2015    4 recensioni
-Non puoi andartene-. Disse esasperato.
-Ah no? Beh, vuoi vedere invece come me ne vado?-.La rabbia incominciò ad uscir fuori e,perforandolo con lo sguardo, mi lasciò il polso.
-Clary...-.
-Tu non capisci. io non...-. Sbuffai. Perchè mi riusciva così difficile?
-io... non sento di appartenere a questo mondo, al tuo mondo-.Aggiunsi. Lo guardai negli occhi. lo sapevo che lo stavo distruggendo, ma era la verità.
Partendo dal presupposto che amo Clary e Jace,questa storia si ispira al libro Shadowhunters, in quanto compariranno alcuni luoghi e personaggi.
Genere: Avventura, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Clarissa, Izzy Lightwood, Jace Lightwood, Jocelyn Fray
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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-Dai Simon, fammi questo favore!-.  Esclamai ormai in un ultimo tentativo di convincere il mio migliore amico ad andare ad una festa in un discopub. Ormai con lui non provavo più vergogna, neanche a ballare come una papera. Era più o meno da un quarto d’ora che insistevo, d’altronde né io né lui ne avevamo mai preso parte insieme.

-Okay, okay… ma massimo mezz’ora!-. Sbuffò, e dalla gioia lo abbracciai ringraziandolo più volte.

Simon era il tipo di ragazzo che aveva la testa sulle spalle e ormai la gente non si disturbava più a chiederci se stavamo insieme o meno perché in fondo ci vedevano sempre insieme. Era molto più alto di me, anche se ho sempre pensato che fossi io bassa. Portava gli occhiali che nascondevano degli occhi davvero scuri, quasi neri come i capelli che si erano un po’ allungati facendogli arrivare un ciuffo accanto alle stine degli occhiali. Mi accontentava quasi sempre (ok, cacciamo il quasi) e per me era, e sarà, il fratello che non ho mai avuto.

-Deve essere qui-. Affermai notando le tende formate da file verticali di conchiglie. –Carino il logo-. Aggiunsi notando sopra la porta un disegno alquanto bizzarro, somigliante alla testa di un ariete.

Il locale si chiamava “Hunters”, ed era davvero accogliente. La sala era di medie dimensioni e il soffitto era pitturato come una notte piena di stelle, in cui la luna era quella più luminosa. Un po’ come lo era mia madre per me: un esempio da seguire. Colei che mi aiuta quando ne ho bisogno e mi illumina la strada. Colei che mi protegge mettendosi sempre d’avanti così che se accadesse qualcosa, accadesse a lei. Ci ho sempre immaginato su un ponte di legno: lei che va per prima, io per seconda.

Questo locale veniva sempre usato per feste a tema, e ogni volta che ci entravo mi sembrava come se si rimpicciolisse, forse per lo strato di vernice aggiunto ogni volta. Simon si diresse nel tavolo alcolici e io mi addentrai tra la folla per osservare un po’. Donne mezze nude ballavano sul palco e una band suonava alla loro destra. Penso fosse una gara. Anche se indossavo dei jeans e una semplice maglietta a righe blu e bianche mi sentivo a mio agio.

Iniziai a muovere la testa a ritmo di musica, quando notai tre ragazzi che spiccavano sulla folla: una ragazza indossava uno splendido vestito lungo bianco che le fasciava il corpo perfetto e i capelli corvini le arrivavano a metà schiena, mentre gli altri due avevano un cappuccio nero, per cui non vidi i loro volti, ed altrettanto era il colore dei vestiti.

Mi stavo quasi divertendo, se non fosse stato per il fatto che qualcuno mi spinse a terra.

-Ehi, sta’ più attento!-. Dissi alzandomi, e uno dei ragazzi con il cappuccio ora abbassato si girò fissandomi sorpreso. Aveva i capelli color platino e al posto degli occhi due ottoni. Non riuscii a non continuare a fissarlo. Non immaginavo fosse stato lui.

-Non ti hanno insegnato a non fissare le persone? -. Chiese retoricamente con una voce bassa a cui le mie orecchie chiedevano in ginocchio di sentirla ancora.

-Non ti hanno insegnato a chiedere scusa? -. Dissi toccandomi il fianco che mi doleva. In effetti non mi faceva poi così male ma lo feci istintivamente.

-Se dovrei farlo ad una persona che non mi dovrebbe vedere, allora no. Non devo-. Affermò sicuro delle sue parole che io, sinceramente, non capii.

-Non sono mica ceca. E poi non ti hanno insegnato ad aiutare le persone che scaraventi a terra? -. Alludei al fatto che non mi aveva neanche offerto una mano per rialzarmi.Forse l’avevo offeso? Un attimo: Cosa doveva importarmi? Mi aveva pure buttata a terra!

-Lo sei, ma non lo sai -. Disse cupo. Non capii nemmeno questa volta e non ebbi modo di chiederlo perché arrivarono i suoi due amichetti che, con tutto il cuore, mi stavano già sulle scatole solo per l’aria che si davano.

-Che succede Jace? -. Chiese il ragazzo più alto. Aveva gli occhi di un azzurro meraviglioso e i capelli corvini come la ragazza, che non smetteva di fissarmi. E poi ero io la maleducata, certo.

-Lasciala stare. Prima concludiamo il lavoro, prima arriviamo a casa-. Disse la ragazza. Ah, bene. Probabilmente spacciavano droga o qualcosa del genere e vivevano pure nella stessa casa. Capisco. Lei però era bellissima e in confronto mi sentivo ridicola, soprattutto a pensare che mi passava almeno un 7cm.

-Ero solo curioso perché lei mi vede. Ci vede -. Affermò girando la testa di lato.

 –Andiamo ora-. Aggiunse, e gli altri due lo seguirono. Osservandolo, notai che quel Jace aveva qualcosa in mano, qualcosa che brillava grazie alla luce.

Un coltello.

Certo, che sbadata, avevo dimenticato di aggiungere alla lista il punto “omicida senza scrupoli”.

  
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