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Autore: ariel_09    05/01/2015    0 recensioni
Londra 1889. Una serie si omicidi scuote il quartiere di whitechapel, il commissario Richard Walker e l'agente Thomas Smith si trovano a indagare su una catena di morti collegate tra loro. Così tra irritabili investigatori, conti fin troppo austeri e cameriere coraggiose riusciranno a scoprire l'identità del killer prima che sia troppo tardi?
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Salve a tutti! Qualche parola su questa storia: l'idea non è farina del mio sacco. Tutto è nato una mattina quando confessai a una mia amica di essere in crisi perchè mi mancava una trama per una storia che stavo scrivendo, lei ha trovato un'infinità d'idee  solo che (a quanto dice lei) non è capace di scriverle. Così mi ha affidato questa storia:era un suo tema di anni fa, abbiamo deciso di unire la sua fantasia alla mia (per così dire) capacità stilistiche e questo è il risultato. Spero vi piaccia
Ariel




La penna che ticchettava sul tavolo, fogli sparsi sulla scrivania, le fotografie delle vittima appese al muro, il tempo scandito solo dal ticchettio sempre uguale dell’orologio a cucù e un grande interrogativo: chi era stato?

Quale era il legame tra questi omicidi? Quale assurdo motivo aveva portato una mente perversa a compiere una cosa del genere? Ma soprattutto:qual’era la sua identità?

Erano ormai due settimane che il commissario Walker si lambiccava il cervello con questi interrogativi senza essere ancora arrivato a niente.

-Quel maledetto ha colpito ancora!- l’agente Smith irruppe nell’ufficio del suo superiore - Richmond Road 57, vieni con me?-

 

Il commissario e l’agente arrivarono sul luogo del delitto quando il medico, il signor Williams, era già li:- Meredith Grimble, faceva la prostituta, l’esecuzione è uguale a tutte le altre.-

Walker si avvicinò al corpo e sospirò:- Aggiungila alla lista, povera anima.-

Ormai non c’era neanche più bisogno dell’autopsia; al solo macabro vedersi si capiva che Meredith era l’ennesima vittima di un pazzo sanguinario che da due settimane squartava prostitute seminando il panico per Londra.

 

 

-Maledizione! Non si può andare avanti così! Ma lo prenderemo quel bastardo, eccome se lo prenderemo!-

Walker guardava Smith furente di collera, gli ricordava un po’ i primi tempi quando era appena entrato nel dipartimento di polizia. All’inizio ci si arrabbia per tutto, ci si rivolta contro la malvagità dell’uomo, ma poi ci si fa l’abitudine e si rimane muti di fronte alla scelleratezza dell’animo umano.

-Piantala Smith, inveire contro di lui non ti servirà ad arrestarlo.-

L’agente si sedette di fronte al suo superiore con la testa tra mani:- Due settimane, due fottutissime settimane e non siamo arrivati a niente.-

Il commissario non rispose, come suo solito; quel ragazzo gli piaceva, poco più di venticinque anni, una carattere forte e impulsivo, un tipo che si sarebbe buttato nel fuoco per salvarti, che non concepiva il male creato dall’uomo, che metteva tutto se stesso in quello che faceva. In poche parole un animo bruciante.

-Però c’è una cosa che non mi spiego- Smith aveva ripreso a parlare- le sue vittime sono tutte prostitute, meno una…-

- La duchessa Margaret Thompson, moglie del conte Albert Thompson, sì è stata la prima vittima.-

-Ma l’assassino è sicuramente lo stesso, l’esecuzione è uguale: ventre aperto e utero estratto…- il ragazzo rabbrividì.

-Mi sembra corretto.-

-Quindi l’incipit di questa strage è sicuramente la contessa.-

-Dove vuoi arrivare-? Chiese Walker incrociando le braccia al petto.

-Se il primo obbiettivo è la duchessa magari la chiave per tutti gli altri omicidi è racchiusa nel suo caso.-

-E come spieghi il fatto che poi abbia cambiato completamente target?-

-Magari vuole dimostrare qualcosa.-

Il commissario guardò negli occhi celesti dell’agente:-Vai a chiamare Jackson.-



 

 

Neil Jackson, di professione investigatore, era un uomo alto e sicuro di se, dello sguardo serio e dall’innato contegno. Camminava per le strade nebbiose di Londra avvolto nel suo soprabito nero. Arrivò in commissariato come un avvoltoio:- Cosa ti serve Walker?-

L’interpellato decise di passare sopra la solita arroganza dell’investigatore.

-Mi servirebbe il fascicolo del caso Thompson, se non le è di disturbo.-

-Uff, perché voi poliziotti dovete sempre mettere il naso in affari che non vi riguardano?-

-Io sapevo che poliziotti e investigatori collaborassero, in ogni caso è solo un controllo, niente d’importante.-

-E allora potevi risparmiartelo Walker. Mandami uno dei tuoi agenti domani.-

Si girò e uscì e dietro di lui rimase solo il tonfo sordo della porta che sbatteva.

 



 

Si trovavano in una grande sale imponente e riccamente decorate. Erano riusciti a ottenere il permesso per un interrogatorio, così avevano iniziato dal conte Thompson, il marito della vittima.

Si aprì la porta sul fondo della sala e entrò un signore dall’aria austera, camminava impettito e portava baffi perfettamente arricciati :- Buongiorno. Come posso esservi utile signori?-

-Buongiorno a voi, mi presento: sono il commissario Richard Walker e lui è l’agente Smith. Volevamo farle qualche domanda riguardo l’omicidio di sua moglie, se non le è di troppo disturbo.-

Il conte li fece accomodare e si sedette davanti a loro con le mani giunte come un imputato:- Margaret è morta da due settimane e ancore non si sa nulla- parlava con voce amara- avevamo una vita felice e ora un pazzo sanguinario ha rovinato tutto.-

-Non aveva nemici, persone con cui aveva avuto qualche screzio?- Si intromise Smith subito incenerito da un’occhiata del commissario.

-No. Volevamo tutti bene a Margaret.-

-Che rapporti aveva con la famiglia?- Walker giocò l’ultima carta

-Assolutamente tutto nella norma. Cosa stareste insinuano?- Si alterò il conte.

-Non volevamo insinuare niente.- Disse calmo il commissario:- Ma sapere se c’era qualcuno con cui non aveva buoni rapporti ci faciliterebbe il lavoro. Sapete per quanto possiamo sforzarci c’è sempre qualcuno con cui avere qualche diverbio.-

-Non vi permetterò di insinuare altre falsità su mia moglie!- tuonò il conte- ho meglio da fare che ascoltare poliziotti impertinenti! Fuori da qui!-

 




 

Il commissario camminava spedito lungo il corridoio vero l’uscita con Smith al seguito:- Nervosetto il conte.- commentò il ragazzo.

-Prima esco di qui prima sono felice.- Rispose secco l’altro. L’agente capì quanto fosse furioso il suo capo, sapeva per esperienza che in queste situazioni era meglio stare zitti.

Ma la loro corsa verso la porta fu bruscamente interrotta da un ostacolo. Stavano appunto per svoltare quando dalla parte opposta del corridoi si materializzò, anch’essa di corsa, una cameriera. Smith stava per trattenere l’altro ma era già troppo tardi: Walker andò a sbattere contro la malcapitata senza neanche rendersene conto facendole volare in aria le lenzuola che stava portando.

-Edith! Stai bene? Dammi la mano, ti aiuto io.- Intervenne prontamente Smith.

Walker lo guardò aiutare la ragazza:- Mi sembra di capire che voi due vi conosciate.- Disse alzandosi.

-Sì, veniamo dallo stesso quartiere, siamo amici d’infanzia.- Rispose Smith.

-Capisco, è un piacere conoscerla signorina.- Il commissario le tese la mano e lei rispose con una stretta gentile ed educata. Aveva la pelle chiara , incorniciata dai morbidi capelli mossi color ebano raccolti nella cuffietta della divisa e profondi occhi verdi.

-E mi sembra anche di intuire che lei lavora qui se non erro?-

-Sì signore, sono una cameriera.-

-Una cameriera…capisco…le auguro buona giornata.- Sollevò il capello in segno di saluto e si incamminò lungo il corridoio.

-Ciao Edith.- Le sorrise Smith prima di seguirlo.

 




 

-Smith non sapevo avessi agganci la dentro.- Ormai erano usciti dal palazzo e si stavano dirigendo in commissariato.

-Neanche io commissario, sapevo che Edith faceva la cameriera ma non mi aveva mai detto dove.-

-Si vergognava?-

-Non credo, e sempre stata una ragazza riservata.-

-La cosci da tanto?-

-Cosa intende dire?-

-Potrebbe tornarci utile.-

-Non credo sarebbe disposta a collaborare, metterebbe a rischio il posto di lavoro.-

-Le persone si lasciano convincere ragazzo, basta avere il mezzo giusto, dovresti saperlo.-

-Di chi è quella carrozza?- Chiese invece l’agente vedendone una che si avvicinava.

-Della duchessa Elsa Catcher, sorella della defunta Margaret.-

La carrozza si fermò davanti al portone d’ingresso e la duchessa scese.

-Il conte avrà un comportamento austero ma la cognata è dieci volte peggio.- Commentò il ragazzo.

-Ti trovi meglio con le prostitute non è vero Smith?-

Non rispose e si incamminò sorridendo. –Aspetti un attimo. Lei non è stata interrogata?- Chiese a un tratto l’agente voltandosi.

-E a volte sei pure perspicace, bravo ragazzo.- Rispose Walker battendogli una mano sulla spalla e aggiunse:- Prima o poi la troveremo a casa.-



 

L’ultima cosa che Elsa Catcher si sarebbe aspettata era quella di trovarsi la polizia sotto casa alle sette di mattino. Da quando il giorno prima avevano interrogato suo cognato sapeva che presto sarebbe arrivato il suo turno, in fondo era l’ultima rimasta della famiglia. Ma che quei poliziotti si fossero svegliati così presto per lei la irritava al punto di lusingarla; quella era gente senza il minimo rispetto.
Aprì la porta.

-Buongiorno Madame, sono il commissario Walker, potremmo farle qualche domande sull’omicidio di sua sorella, se non le è di disturbo?-

-Non capisco cosa volgiate sapere ancora ma venite, accomodatevi-. La duchessa gli fece strada fino al salotto. Smith si guardava attorno: quel posto lo inquietava, rispecchiava il carattere cupo e severo della sua proprietaria.

-Mia sorella era una persona amabile e a modo, le volevamo tutti bene.- L’agente ritornò alla realtà richiamato dalla voce fredda e apatica della duchessa, anche ora che parlava di una grande perdita sembrava non provasse nessuna emozione ma stesse solo riferendo di fatti, non lo stupiva il fatto che fosse diventata medico chirurgo.




 

-Un altro interrogatorio inconcludente.-

-Non direi.- Rispose Walker sulla via del ritorno:-Ci hanno detto le stesse cose, rifletti Smith, potrebbero essersi messi d’accordo.-

-Oppure la vittima era davvero la persona amabile che dicono.-

- C’è solo un modo per scoprirlo.- Il commissario si voltò a guadare il ragazzo

- Edith corre dei pericoli parlando con noi. Vorrà delle protezioni, se il conte la licenzia finisce in mezzo alla strada.- rispose il ragazzo, intuendo i suoi pensieri.

-Capisco le tue preoccupazioni ma noi dobbiamo fermare questo killer prima che spopoli tutta Londra. Invitala fuori se proprio non si fida.-

-Ma non sarebbe più facile interrogare tutta la servitù…-

- Thomas!- Lo interruppe il commissario guardandolo dritto negli occhi:-Fai il tuo dovere.-

-Va bene. Farò una cosa più segreta possibile-




 

Quella sera Edith stava uscendo dal palazzo del conte, finalmente aveva finito la settimana quando…

-Thomas! Cosa ci fai qui?-

-Sono venuto a trovarti. Ti va se prendiamo qualcosa?-

S’incamminarono verso il loro quartiere:- Non me lo aspettavo, è un po’ che non ci vediamo.- Disse la ragazza. Smith sorrise:-hai ragione.-

Cenarono in una locanda parlando del più e del meno, ricordando i vecchi tempi quando giocavano tutto il giorno scalzi per i prati a rincorrersi. Epoca che si era interrotta quando lui era andato a scuola di polizia e lei era rimasta a casa ad accudire i fratellini prima di trovare lavoro come cameriera.

-Sai in fondo mi sei mancata.- Disse Smith quando ormai si stava facendo tardi.

- anche tu mi sei mancato- sorrise lei- c’è solo una cosa che non mi spiego: non ci vediamo da tempo, muore la contessa, ti incontro sul luogo di lavoro e il giorno dopo mi chiedi di mangiare insieme. E in più sei un poliziotto.-

-Non ti si può nascondere niente.- Considerò il ragazzo appoggiando la birra sul tavolo.

-E’ sempre stato così se non ricordi.- Gli si avvicinò:- Thomas se mi stai usando smettila pure e considerasti uno schifo o puoi dirmi addio.-

Lui la guardò negli occhi verdi e sospirò colpevole.

-Pensavo fossimo amici.- La voce della ragazza trasudava delusione profonda e cocente.

-Scusami Edith, non ho mai voluto usarti.- fece una pausa- Walker voleva maggiori informazioni e la via più semplice per averle eri tu, io mi sono rifiutato ma non avevamo altre alternative. Ti ho invitato fuori apposta per proteggerti.- Tacque. Lo sguardo della ragazza era duro:-Hai un modo strano di riprendere le amicizie lasciate in sospeso.-

La guardò speranzoso:- Mi credi?-

Annuì e lo guardò dritto negli occhi:- Potrei anche decidere di collaborare ai tuoi assurdi piani, ma voglio delle sicurezze.-

Sorrise e anche il volto di Thomas si allargò in un sorriso radioso:- Come ai vecchi tempi teppistella.-




 

Richard Walker vide Jackson entrare in commissariato e dirigersi verso la sua scrivania:- Walker! Dovevi fare solo un controllo non rubarmi il lavoro.-

-Calmati Jackson, nessuno ti ruba il lavoro.-

-Ah è così? Allora mi spieghi per quale motivo ti metti a interrogare i parenti della vittima?- Disse rabbiosamente l’investigatore.

-Abbiamo intuito una pista e l’abbiamo seguita, non è un crimine.-

-Non è il tuo lavoro!- Urlò l’altro paonazzo in volto.

-In due settimane sono state uccise cinque persone e tu non sei ancora arrivato a niente, se questo lo chiami lavoro ti consiglio di andare a vendere pesce al mercato.- E se ne andò lasciando il suo interlocutore interdetto senza nessuno su cui sfogare la sua ira.

 




 

-Smith!- Chiamo Walker- è arrivato il risultato dell’autopsia di Meredith Grimble.-

-Come se ce ne fosse bisogno.- Commentò quello ironico porgendogli il fascicolo.

-Invece questa volta ti sbagli, qui c’è scritto che l’assassino è stato molto preciso nel rimuovere gli organi interni, e che ha usato attrezzi professionali, in più il dottor Williams ha precisato che anche le esecuzioni precedenti erano precise.-

-Sbaglio o la sorella della prima vittima è medico?-

-Esatto: chirurgo specializzata e in giovinezza ha seguito anche un corso di cardiologia, solo che ha anche un alibi di ferro: stava tenendo un corso in università.-

-Quando la contessa è morta il marito era a una cena a cui la moglie non lo aveva accompagnato perché non si sentiva bene - ripeté Smith – quindi dobbiamo capire cosa è successo in quella case la sera di sabato scorso.-

-Questa volta entreremo in cucina senza farci ricevere e osserveremo il comportamento dei servitori che al conte piaccia o no.- Walker pronunciò la sentenza deciso, afferrò il cappello e uscì.

-Allora cara quando vieni a trovarmi? Penso che ti divertirai molto.-

-Io invece penso che faresti meglio a levarti di torno!-

Smith irruppe nella cucina come un tuono, poi il suo viso si raddolcì mentre si avvicinava a Edith:- Ti stava dando fastidio?- Disse insinuando all’uomo che fino a pochi secondi prima si trovava troppo vicino alla ragazza e che ora stava uscendo.

-Sì, ma non ti preoccupare quel cascamorto fa così con tutte le donne che gli capitano davanti.-

-Ma chi sarebbe di preciso?- Walker, rimasto in silenzio fino a ora, si intromise nella conversazione.

-Si chiama Edgar, di professione spilla soldi a donne ricche fingendosi un poveretto caduto in disgrazia bisognoso di amore.-

-Signorina la sua voce sprezzante non lascia dubbi ma saprebbe esporci la faccenda più nel dettaglio?-

Edith raccontò: Edgar Price era nato a Londra da un sarto e dalla moglie di modeste possibilità economiche, durante l’adolescenza aveva scoperto di avere fascino sulle ragazzine che incontrava per strada e dall’ora aveva sempre usato questo strumento per guadagnarsi da vivere o per tirare avanti, ma tanto poco importava. Ma le difficoltà economiche lo avevano spinto a tentare con prede sempre più ricche fino a farlo approdare al palazzo dei Thompson, così intrigato dalla contessa Margaret, Edgar si era buttato in questa nuova storia.

-C’è solo una cosa che non mi torna in questa storia –Walker sembrava pensieroso- se ora la duchessa è morta perché quel viscido si trova ancora da queste parti?-

-Non so, starà cercando altre prede.- rispose la ragazza incurante.

-La sua presenza qui mi sembra comunque molto sospetta- concluse il commissario –signorina la ringraziamo per il suo aiuto.- prese il cappello e uscì seguito da Smith.

 




 

Era una sera ventosa, si preparava a piovere. Smith era appena tornato dal commissariato quando sentì bussare alla porta di casa. Andò a aprire:- Edith! Cosa ci fai qui?- Esclamò stupito.

-Ho delle notizie per te, posso entrare?- la ragazza aveva una faccia strana, un misto tra eccitata e preoccupata, spaventata.

-Siediti- la invitò l’agente- raccontami tutto.-

-Oggi la duchessa Elsa è venuta a fare visita alla sorella al palazzo.-

-Ma non hanno portato la salma al cimitero? Dicono che il duca abbia speso un patrimonio per far seppellire la moglie.-

-Infatti è così ma oggi la duchessa è venuta e si è messa a parlare con il quadro appeso in salotto, quello che ritrae la contessa Margaret prima del matrimonio. Io passavo di là e ho notato questa stranezza.-

- La duchessa Elsa Catcher che parla con un quadro….non ci posso cedere.- disse Smith incredulo.

-A volte capita quando ci manca un defunto, ci mettiamo a parlare con le sua foto.- sussurrò Edith abbassando la sguardo. Thomas le si avvicinò e le mise una mano sulla spalla, si ricordava bene che la sua amica aveva perso la madre quando aveva appena dodici anni.

-Ma non è finita qui- continuò la ragazza scrollando il capo come per allontanare un ricordo- il servitore che l’accompagnava mi ha detto che la duchessa si comporta in modo strano da diverso tempo, ancora prima che morisse sua sorella.-

-In che senso si comportava in modo strano?- la faccenda cominciava a prendere forma.

-Non so con certezza…mi ha detto che la contessa era strana, lunatica, pensierosa, aveva spesso la testa altrove e cominciava a mancare agli impegni.-

-Intendi i ricevimenti?-

-Sì, ma anche le lezioni all’università e poi trattava freddamente tutti perfino la sorella. Mi ricordo una volta che era venuta e prendere il tè: sembrava una vipera pronta a sputare veleno. Mentre andava via ha incrociato Edgar Price, lui l’ha salutata e lei si è fermata, lo ha guardato con i suoi occhi di ghiaccio come se lo volesse uccidere e poi ha proseguito senza dire una parola.-

-Onestamente la duchessa non mi è mai sembrata una perdona affettuosa.- considerò Smith.

-Ma in questo modo è eccessivo anche per lei. Di solito degnava le persone appena di uno sguardo, figurarsi se si fermava. Thomas qui c’è sotto qualcosa.- concluse la ragazza.

-Da quello che dici il suo comportamento sembra molto sospetto, riferirò al commissario.- disse alzandosi.

-Aspetta!- la ragazza abbassò la voce:-Oggi ho ritrovato il diario della contessa Margaret. C’ era un passo in cui parlava di quando lei e sua sorella erano piccole-

-Edith non puoi leggere i diari degli altri- la rimproverò il ragazzo ma la sua voce era dolce.

-Lo so, ma a un certo punto diceva che le sarebbe tanto piaciuto vedere la duchessa allegra e felice come quattro anni fa.

-”allegra e felice come quattro anni fa”. Non riesco a immaginarmi la duchessa allegra e felice.-

-è questo il punto Thomas! Se fino a quattro anni fa era felice vuol dire che è successo qualcosa che ha guastato questa felicità. E alla contessa stava a cuore questa faccenda se l’ha scritta nel suo diario.-

Il ragazzo sospirò:-Mi spieghi come farò a spiegarlo domani al mio capo senza mandare nei casini anche te?-

Edith sorrise:- Non lo so. Ma grazie di avermi ascoltata.-

-Non c’è di che.- Smith abbracciò la ragazza e l’accompagnò alla porta. Effettivamente c’era qualcosa che non andava pensò guardando Edith allontanarsi, aveva sempre considerato la duchessa una persona enigmatica ma ora le cose prendevano una piega del tutto bizzarra.

 




 

-La sai la novità?- chiese Smith la mattina seguente appena vide il suo capo.

-Sputa il rospo ragazzo, non mi piacciono i segreti.-

-A quanto pare ora la duchessa Catcher parla pure con i quadri.-

-Cosa vai blaterando Smith? Sei completamente ammattito?- chiese sedendosi alla sua scrivania.

-Me lo ha detto Edith ieri sera- disse l’agente sedendosi di fronte a lui- l’ha vista ieri al palazzo del conte.-

-Allora sei riuscito a farla parlare.- esclamò il commissario ammiccando:- Bravo ragazzo!- Smith distolse lo sguardo: non gli piaceva sentir parlare di Edith in quel modo:- Mi ha detto pure che ultimamente non si presentava ai ricevimenti e alle lezioni.-

-Umh….controlliamo che giorni di preciso non si è presentata, magari c’è qualcosa di interessante.-



 

Il giovane cameriere percorreva veloce i corridoi freddi di Blackhole, la villa della duchessa Catcher, la signora non avrebbe gradito quella visita inaspettata. Girò l’angolo e vide la porta della sua camera, per quanto recente fosse la sua assunzione non aveva fatto a meno di notare lo strano comportamento della duchessa: non poche volte negli ultimi mesi era uscita senza preavviso mancando ai suoi impegni.

-Non dovresti essere qua Price- la voce arrivava soffusa ma chiara.

-Signora. il mio cuore non può stare senza vedervi-

-Smettila! Hai già rovinato mia sorella, ora intendi rovinare anche me?-

-Le vostre parole mi amareggiano-

-Per colpa tua Margaret non c’è più, io ho già perso tutto quello che potevo perdere quattro anni fa, non metterò a repentaglio anche la mia reputazione per te.-

-Interessante discussione non trova?- una voce alla sue spalle lo fece sussultare.

-Commissario, pensavo fosse rimasto in salotto- il cameriere si stupì.

-L’idea iniziale era quella ma poi ci avete ,esso troppo e ci è venuto il dubbio che nascondiate qualcosa.-

-Dubbio più che fondato devo dire- intervenne Smith.

La porta si aprì e Elsa Catcher si pietrificò con la mano ancora sulla maniglia: cosa ci facevano due poliziotti davanti alla sua stanza?

-Non fate quella faccia duchessa, il vostro cameriere stava venendo ad avvertirvi- l’interpellata fulminò il commissario con lo sguardo -e anche lei signore Price, non è riguardevole nei confronti della duchessa nascondersi nella camera di una nobildonna come lei.-

questa riprese il suo solito sangue freddo:- In cosa posso aiutarvi commissario?- disse in tono glaciale.





 

Per tutto il tragitto verso il commissariato la duchessa non aveva aperto bocca, il suo solito colorito terreo accentuato dagli occhi chiarissimi dava al volto le sembianze di una statua marmorea, Price invece era nervosissimo, Smith si chiedeva per quale motivo dovevano portare in commissariato anche quell’essere così...così...fastidioso.

-Calmati ragazzo- lo riscosse Walker – il signor Price ci serve per le indagini.-

-Lo so signore ma il suo nervosismo mi irrita: se mai dovesse aver commesso un omicidio è il peggio killer della storia, insomma avrebbe dovuto tener conto delle possibili indagini.-

-In effetti hai ragione e ,onestamente, mi sembra davvero strano che un simile coniglio sia capace di un’azione del genere.-




 

-Duchessa Catcher dove vi trovavate la sera del due aprile?-

-Non sono tenuta a rispondere alle tua domande ragazzino.-

-Vi prego di rispondere, sono un agente della Corona.-



 

-Signor Price dove si trovava la notte del due aprile?-

-Davvero pensate che abbia ucciso io la contessa commissario?-

-Le ho fatto una domanda.-

-Ero....in una locanda...devo aver bevuto un po....non è un reato vero? E poi...sono tornato a casa, mi hanno accompagnato Mike e Jeff, come potevo commettere un omicidio se non riuscivo nemmeno a reggermi sulle mie gambe?-

-Sa, signor Price, le grandi imprese non si compiono da sobri.-



 

-Sappiamo che ultimamente siete mancata ad alcuni impegni accademici.-

-Pensi di potermi insegnare come comportarmi?-

-Non mi permettere mai, volevamo solo saperne il motivo.-

-Ripeto che non sono affari che ti riguardano.- Smith sospirò, sarebbe stato un lungo interrogatorio.

 



 

-Quindi ha passato la notte in casa sua?-

-Sì.-

-Sappiamo che aveva con la contessa un rapporto, come dire...intimo.-

-Commissario...vede....

-Non cincischiate! Non sono qui per dare un giudizio morale né tanto meno per farle la predica.-

-Beh...insomma...eravamo amanti, da circa un anno e mezzo.




 

-Con tutto il dovuto rispetto duchessa, se non rispondete siamo portati a pensare che siate colpevole.- Smith giocò la sua ultima carta.

-Motivi di salute- rispose sdegnosa- spero tu abbia il buon gusto di non indagare oltre.-




 

-Vede, il conte Thompson è un brav’uomo ma è rigido come uno stoccafisso e a Margaret serviva qualcuno che l’ascoltasse, che la coccolasse...-

-E poi da cosa nasce cosa immagino.-

Price distolse lo sguardo, gli occhi celesti del commissario lo scrutavano come se sapessero già tutto:-E invece del suo rapporto con la duchessa Catcher cosa mi dice?-

-Lei mi considera un verme ma sa: quando la propria fonte di introiti perisce si va alla ricerca di una nuova.-




 

-Che cosa è successo quattro anni fa?-

-Come fate a sapere?- lo sguardo della duchessa si fece solo per un attimo smarrito.

-Lo avete detto prima al signor Price.-

Sospirò, non era il caso di mentire:-Ho subito un incidente in carrozza, era buio e pioveva, su un ponte scivoloso la carrozza ha sbandato- Elsa spostò lo sguardo, i curiosi occhi turchesi del ragazzo la esortavano a continuare, la sua abituale freddezza iniziava finalmente a barcollare.

-Ho riportato una ferita e ho passato un lungo pericolo in ospedale. Sono cose che segnano.- la sua voce aveva perso tutto il disprezzo iniziale.




 

-Quindi ha tentato con la sorella della vittima?-

-Sì.-

-E lei come ha reagito?-

Edgar si guardò furtivamente intorno, poi si spore sul tavolo:-lei mi odia, mi ha sempre odiato- aveva abbassato la voce- mi strangolerebbe se solo ne avesse la possibilità.-

il commissario mantenne la sua espressione imperturbabile:-Ne è sicuro? Sta muovendo delle accuse pesanti.-

-Vede- continuò riprendendo il suo tono abituale- quattro anni fa duchessa ha riportato una ferita al ventre in seguito a un terribile incidente in carrozza, una cosa agghiacciante, a allora ha perso la capacità di concepire e di procreare.-

lo sguardo di Walker tradì interesse:-Continui.-

-E’ un chirurgo freddo e distante ma rimane pur sempre una donna.-




 

la porta si aprì di scatto e Walker entrò seguito da Price:-E così avete perso la capacità di concepire?-

La mascella della duchessa si contrasse.

-Signore.- si intromise Smith ma si zittì subito vedendo la crescente tensione tra gli sguardi dei due. Dopo interminabili secondi, per la prima volta, fu lei a cedere, abbassò lo sguardo e cominciò a singhiozzare:-Un incidente, un maledetto incidente la mia vita è stata segnata per sempre. Quando mia sorella è venuta da me perché voleva abortire non sono riuscita a perdonarla: lei aveva avuto tutto quello che io non ho mai avuto, non riusciva a capire l’importanza del dono che aveva, poter mettere al mondo un figlio suo e lo ha fatto con un altro- lanciò un’occhiata a Edgar- ci sono cose che una donna non può sopportare.-

il silenzio già carico di tensione era diventato tangibile. Il primo a romperlo fu Walker:-E tutti gli altri omicidi?-

-Fatto una volta puoi farlo sempre. Quelle donne non sapevano cosa stavano facendo, serviva qualcuno che glielo facesse capire.-



 

John Smith uscì all’aria del primo pomeriggio, il sole illuminava la via, avevano concluso un caso e il cielo azzurro copriva il dolore e la miseria umana come un testimone silenzioso senza tradirne alcun segno. Il ragazzo abbassò lo sguardo sulla strada e scorse sul marciapiede opposto una chioma nera:-Edith! Cosa ci fai qui?-

-Avete trovato l’assassino?

-Avevi qualche dubbio?- scherzò lui. La ragazza rise e insieme s’incamminarono verso quello che la vita gli avrebbe riservato.

Walker li osservava dalla finestra del commissariato. Pensò alla duchessa: lui nonostante tutto sarebbe tornato a casa quella sera, lei invece avrebbe passato i successivi quindici anni in una cella.

Uscito dal commissariato cominciò a camminare d’impulso quasi come un automa, si diresse verso il carcere, vi entrò e si fermò solo davanti alla cella della duchessa Catcher.

-Cosa ci fa qui? La sua voce era più stupita che prezzante.

-Sapete- cominciò il commissario mentre prendeva uno sgabello per sedersi davanti alla sbarre- il vostro coraggio è ammirevole. Non conosco molte donne che arrivano ad aprire un ventre nel cuore della notte.-

-Se sta facendo dell’ironia può anche andarsene.- Walker non rispose, si limitò a guardarla. Parlò solo dopo un po’:-Non vi mancherà la vostra casa, i vostri cari, le vostre lezioni?-

-Ogni azione ha una conseguenza necessaria, non crede commissario?-

-Come pensa reagirà il conte Thompson?- chiese ancora

-Mi sta interrogando ancora?-

-Sono solito farle io le domande, mi dovete scusare?-

-Immagino, e io non sono abituata a dare spiegazioni.- Ci fu una pausa di silenzio, entrambi pensavano al passato, a errori che avrebbero potuto non commettere, a rimorsi che avrebbero potuto non avere

-E’ stato un piacere parlare con voi.- disse infine Walker alzandosi mentre lei ricambiava il saluto.

Uscì in strada, alzò lo sguardo. Pensò che in fondo gli uomini e le donne passano come nuvole veloci in una giornata di vento. Pensò che anche lo sgomento per un nuovo ennesimo omicidio poi passa. Pensò che questa volta non sarebbe passato.

 

  
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