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Autore: irispaper29    06/01/2015    5 recensioni
Si sta avvicinando il Natale, e la piccola Willow disubbidisce alla madre. Questo scatenerà una serie di eventi, che influenzeranno il Natale della famiglia Mellark. E loro, per la prima volta, dopo tanti anni, saranno davvero felici.
Genere: Commedia, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bimba Mellark, Bimbo Mellark, Gale Hawthorne, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Entro nella nostra casa del Villaggio dei Vincitori. Sento qualcuno russare, e vedo Sae la Zozza che dorme saporitamente sul divano. Che ci fa qui?
Liquidando la domanda, poso la mia sacca sul tavolo, scuotendomi dalla neve appena caduta che mi è rimasta addosso. Questa non è stata una giornata molto proficua per la caccia. Ma, d’altronde, è inverno, e sta anche nevicando, le impronte sono state cancellate dalla neve. Non avrei comunque potuto aspettarmi qualcosa di più che un paio di scoiattoli che devono ancora andare in letargo e un piccolo coniglio rifugiatosi in un buco alle radici di un albero per ripararsi dal freddo dell’inverno. Per me è stata una vera fortuna vedere l’entrata della tana quando è caduto uno dei guanti di Cinna. Una delle sue ultime creazioni che ha fatto per me. Non potevo assolutamente perderli.
Non che ne abbia bisogno personalmente. Ormai io e Peeta abbiamo così tanti soldi da poterci sfamare senza problemi. Non è per noi che vado a caccia, ormai, ma per la famiglia di Gale. Più che altro per la madre e la sorella, che sono tornati a vivere nel distretto dodici. Nessuno vive nelle case del Villaggio dei Vincitori, così gli è stato permesso di prenderne una e viverci. In realtà è di Gale, la casa, ma lui non vive più qui, ma nel distretto 2, insieme a Rory, che è cresciuto davvero tanto, ormai E ora cacciare è diventato solo un modo per occupare il tempo.
Si apre la porta della cucina, ed entra una bambina di otto anni, con i capelli scuri come i miei, legati in una treccina, e gli occhi azzurri come il cielo. La mia bambina.
:-Ciao mamma!
:-Ciao, amore-dico, chinandomi per darle un bacio sulla guancia.
:-Cosa hai preso oggi?-mi chiede. 
:-Degli scoiattoli per la signora Hawthorne-rispondo. -Così avranno della selvaggina per fare lo stufato.
Lei annuisce, guardandomi. Le somiglia così tanto, a parte che per i capelli. Somiglia tantissimo a Prim. Da una parte, ne sono felice. Prim è sempre stata una bimba stupenda, e sono contentissima che le somigli. Dall’altra, però, non ne sono tanto felice: mi porta alla mente tanti ricordi che cerco ogni giorno di dimenticare. Ma come potrei mai dimenticare i pezzi della mia sorellina sparsi per tutta la piazza? Come potrei dimenticare come sia saltata in aria? Come potrei dimenticare come tutti i miei sacrifici si siano dimostrati inutili, e come io non sia riuscita a proteggerla?
:-Mamma-mi chiama la mia piccolina, riportandomi alla realtà. 
:-Si, amore?-le chiedo. So già cosa vuole chiedermi, e qual’è sarà la risposta. 
:-A cosa stavi pensando?-mi chiede, scrutandomi con il suo sguardo intelligente.
:-A nulla amore-rispondo, cercando di liquidare la faccenda. -Perché non vai a giocare?
:-La mia giacca non mi entra-risponde lei. -Ora è troppo piccola.
:-Ok-rispondo. -Allora andrò di sopra a cercare qualcosa. Aspetta qui.
Mi giro, e salgo le scale fino alla soffitta. Di solito nelle soffitte ci si aspetta un odore di vecchio e di muffa, le cose accatastate, ma la nostra è troppo nuova per essere come ci si aspetta. E anche piuttosto vuota.
Apro uno degli scatoloni, alla ricerca di una giacca, come avevo promesso. Dopo un paio di minuti, trovo una delle mie prime giacche, di quando avevo circa dieci anni, marrone. 
Sto per tornare di sotto, quando vedo all’angolo della stanza uno scatolone. Lo scatolone. Aperto. 
Presa dal panico, mi avvicino. Possibile che quando ho rinchiuso qui tutta quella roba mi sia dimenticata di chiuderla?No, infatti, non me ne ero assolutamente dimenticata. L’avevo sigillata con del nastro adesivo e delle corde e l’avevo nascosta nell’angolo, sperando di non rivederla mai più.
E so anche chi l’ha aperta. Controllo, nel panico, cosa abbia preso. La corona dei vincitori, la foto di Prim, quella di papà, il medaglione, e tutte le altre cose sono ancora qui dentro. Non appena il mio sguardo si posa su quelle foto, una silenziosa lacrima mi riga il viso. Mancano solo due cose: la perla e la spilla. La perla l’avevo tenuta io stessa, per me ha un importante significato. Ho stretto quella perla tra le dita, quando Peeta non c’era, mentre veniva torturato. Ora è incastonata sulla mia fede. Invece, la spilla, avevo deciso di lasciarla qui. Volevo dimenticare ciò che rappresentava, ciò che ero per la ribellione, per i distretti. 
L’ha presa. Ha preso lei la mia spilla con la ghiandaia. Eppure sa che non voglio che entri qui.
Corro immediatamente giù per le scale, e la trovo seduta su una delle sedie della cucina, ad aspettarmi, proprio come le avevo detto di fare.
:-Willow!-urlo, furiosa. Lei si gira, guardandomi, impaurita. -Sei stata in soffitta, non è vero? 
:-Si mamma, ma...-prova giustificarsi, ma la interrompo.
:-No, sai benissimo che non volevo che ci salissi!-rispondo, cercando di abbassare la voce. -Dov’è la spilla?
Lei la tira fuori dalla tasca del vestitino blu e me la porge con la sua mano, piccolissima.
La prendo e lei comincia a piangere. Non a singhiozzi, o roba del genere, ma silenziosamente. Willow è sempre stata una bambina coraggiosa. Mai, mai aveva pianto per qualcosa che le ho mai detto io.
:-Scusa-dico, abbassandomi per guardarla negl’occhi. -Perdonami, amore. Non volevo farti piangere. 
Lei annuisce, e mi dice:-Mamma, scusa. Ma volevo vedere cosa c’era nella scatola.
:-Tranquilla-dico, nel tentativo di calmarla. -Perdonami tesoro, non volevo spaventarti. Però quando ti dico qualcosa mi devi ascoltare. Se ti sgrido è solo per il tuo bene. In quella scatola non ci sono cose buone. Ci sono delle cose che potrebbero farci piangere, e io non voglio che succeda anche a te. Promettimi che non entrerai mai più nella soffitta senza il mio permesso.
Lei annuisce, e io le asciugo le lacrime con la mano, dandole un bacio sulla fronte.
:-Perché non fai merenda?-gli chiedo, cercando di essere il più gentile possibile. -Ci sono le focacce di papà.
:-Davvero, mamma?-mi chiede, sorridendo, contenta. -Quelle con le mele e il formaggio?
:-Si-rispondo. -Sono due, una per te e una per Rye. Perché non vai a chiamarlo, così fate merenda insieme?
Lei corre verso le scale, per andare nella stanza di Rye. Intanto qualcuno mi abbraccia da dietro. So benissimo chi è, e non tanto per abitudine. Sento le braccia forti e calde, e l’odore di cannella.
:-Ti ho sentito urlare, stavo per rientrare dall’ufficio postale-dice Peeta.- Cosa è successo?
:-Willow-rispondo, stringendomi contro il petto che mi ha accolta ogni notte, per tutti questi anni, e ogni notte in cui gli incubi sull’Arena e gli Hunger Games perseguitavano il mio sonno. -Nonostante i nostri ordini, è andata in soffitta, e ha aperto lo scatolone. Ha preso la spilla.
:-Ah-risponde lui, soprappensiero. -Avrei dovuto saperlo che ci avrebbe provato. Willow è una bambina molto curiosa.
:-Si può sapere perché li hai lasciati soli?-gli chiedo, girandomi. 
:-Te l’ho detto, sono andato all’ufficio postale, per si e no mezzora. E non li ho lasciati soli, ho chiesto a Sae la Zozza di badare a loro un attimo.
:-Infatti si vede come bada ai bambini-rispondo io, incrociando le braccia, abbastanza arrabbiata. -Mi stupisce solo il fatto che sia riuscita ad arrivare fin qui. Ormai è vecchia, Peeta. Non riesce più a malapena a reggersi in piedi, scommetto che l’hai dovuta portare qui tu.
Lui annuisce, e dice:-La prossima volta chiederò alla signora Hawthorne.
:-Bene-ribatto, sbuffando, lanciandogli uno sguardo truce.:-Smettila di fare la dura-dice lui, con un tono molto dolce. -Sappiamo entrambi che non te la sei veramente presa con lei.
Annuisco, perché ha ragione. Io non sono arrabbiata con Willow, ma con me. Devo assolutamente comprare un lucchetto e una catena per quella scatola.
:-Perché sei andato all’ufficio postale?-chiedo. Ora non c’è più il servizio postale. In realtà, non ci è mai stato, a parte che nel Villaggio dei Vincitori. Ora è un miracolo se siamo riusciti a tenerne su uno, e se ti arrivano delle lettere, devi andare tu a ritirarle.
:-Dovevo inviare la nostra lettera ad Annie e al piccolo Finn-risponde lui, porgendomi una busta bianca. -E proprio ieri è arrivata questa per te.
La prendo e osservo con cura ogni dettaglio. Non viene sicuramente da Capitol City, e di solito le lettere che ricevo sono solo sue, e questa busta è troppo semplice per essere di Capitol. Il fatto che non lo sia è piuttosto strano, dato che io non ricevo mai posta se non da quella maledetta città.
L’apro e comincio a leggerne il contenuto, il mio sguardo veloce scorre su ogni singola riga scritta sicuramente da una mano maschile che ha tentato di usare la massima cura che si poteva permettere. 

Ciao, Catnip.
Come stai? Spero che tu stia meglio con le cicatrici e le bruciature, è passato molto tempo dall’ultima volta che ci siamo visti. Dal tuo matrimonio con Peeta, giusto?
Qua non me la cavo male, almeno credo. Nessuno si è mai lamentato per il mio lavoro. Anche Rory sta abbastanza bene, ma non ha ancora molta esperienza.
Mi manchi, Catnip. Mi manca la nostra amicizia. So che è quello che hai sempre voluto, e che anche io ora so di desiderare con tutto me stesso. Vogliamo riprovare ad essere amici? Mi manca passare il tempo con te a cacciare, anche se non mi manca per nulla il nostro tentativo giornaliero di sfamare disperatamente le nostre famiglie. A proposito, come stanno mia madre e mia sorella? Spero che stiano bene anche loro. Dagli un bacio enorme da parte mia.
Comunque, tra poco sarà Natale. Perché non ci incontriamo? Mi piacerebbe moltissimo.
Fammi sapere presto.
Il tuo vecchio amico di caccia,
Gale.
:-Cosa dice?-mi chiede Peeta, porgendomi la tazza di caffè, e riportandomi così nella realtà.
Sorrido, felice come non mai. Perché non potrei essere più felice di così. Gale mi è mancato tantissimo, in questi anni. Ho bisogno di vedere un volto amico che non sia quello di mio marito e dei miei figli.
:-Avremo ospiti a Natale.

***24 Dicembre***

Sono molto emozionata. Spero che Gale venga come ha promesso nella lettera. Potrebbe anche decidere di non venire più, lo so bene, cambia idea molto in fretta.
:-Sei agitata, amore?-mi chiede Peeta, sorridendo. Credo gli piaccia l’idea di avere un amico a casa. E ormai sa di non avere nulla da temere, ormai. Ho sposato lui, non Gale.
:-Un po’-rispondo, mentre poso il tacchino che ho comprato sulla tavola, esclusivamente per questa giornata. L’avrei cacciato io stessa, ma fa troppo freddo per i tacchini, e la neve avrà sicuramente cancellato ogni impronta. 
:-Sei riuscita a prenderne uno buono-nota Peeta, osservando il tacchino. -Quanto ti è costato?
:-Meno dell’anno scorso-rispondo io. 
:-Bene-ribatte lui, sorridendo ancora di più. -Abbiamo molti più ospiti quest’anno, non solo tua madre.
Annuisco. Gale fino ad ora non era mai venuto a trovarci, mai.
Vado in camera di Rye e Willow, per salutarli. Non li ho visti tutto il giorno, in pratica.
Salgo le scale ed entro nella loro stanza, tutta gialla. Il giallo è il loro colore preferito.
:-Ciao, mamma!-urla Rye, venendomi in contro ad abbracciarmi. Lui è molto più piccolo di Willow, ma è così dolce e intelligente. Ha i capelli dello stesso colore di Peeta, e i miei occhi grigi. Sono molto contenta che somigli di più a Peeta. Lui è sempre stato una brava persona, io no.
:-Mamma, possiamo andare a giocare fuori?-mi chiede Willow. -C’è la neve!
:-Papà cosa dice?-chiedo io. Di solito Peeta lascia che sia io a prendere le decisioni, purché lui ne sia sempre al corrente, ma io preferisco assolutamente sapere prima le sue opinioni.
:-Ha detto che per lui andava bene, ma che avrei dovuto prima chiedere a te-risponde lei, pregandomi con lo sguardo di darle il permesso.
:-Per me va bene, amore-rispondo a mia volta. -Ma dovete coprirvi bene.
Lei annuisce, e io torno giù. Quanto rientro in cucina, trovo Peeta aggrappato alla sedia, e capisco immediatamente. Non succedeva da quasi quattro anni, non entrava in crisi così forti da molto tempo, era migliorato così tanto...
:-Peeta?-lo chiamo, utilizzando tutta la calma e la dolcezza possibili. -Peeta?
Non risponde. Non riesco a capire se la crisi sia finita o iniziata, ma, probabilmente, è la seconda. 
Mi avvicino, e, all’improvviso, la sento. La voce degli ibridi. La voce degl’ibridi di Capitol City, che sussurra di nuovo il mio nome.
Desidero indietreggiare. Voglio girare i tacchi e correre via, il prima possibile, e il più lontano possibile. Ma devo resistere. Lui mi ha sopportata per tutti questi anni, dopotutto. Devo rimanere, per lui.
:-Peeta?-lo chiamo nuovamente con la stessa dolcezza, avvicinandomi. -Tranquillo. Non è niente.
Sto cercando di affrontare la crisi come abbiamo sempre fatto, sperando che funzioni di nuovo. Devo farlo tornare in se.
:-Katniss-sibila lui, aggrappato alla sedia. -Assassina. Bugiarda. Stronza. Assassina. Traditrice.
Ripete la parola “assassina” più di qualunque altra cosa, di solito, è sempre stato così nelle sue crisi passeggere da depistato. Mai, però, mi aveva chiamata traditrice. Mai.
:-Peeta?-ripeto nuovamente il suo nome, con un tono molto dolce. -Amore? Vieni, forza-.
Lo prendo per il braccio e lo accompagno sul divano, dove lo faccio sedere. Stranamente, non ha ancora tentato di uccidermi. Forse è davvero migliorato a tal punto da controllare le sue crisi?
Gli faccio poggiare il capo sulle mie gambe, sdraiato, e gli accarezzo i capelli, tenendo il mio collo lontano dalla sua possibile presa e mormorando il suo nome con un tono affettuoso. Amore, è questo che serve. Peeta non ha mai avuto un buon rapporto con l’amore, ma è questo ciò di cui ha bisogno ora. Si sente solo, si sente tradito, da me. E ormai questo lo so bene.
Piano piano, rinsavisce. Dopo circa mezzora, è in grado di ragionare.
:-Cosa ho fatto? Tu stai bene?-mi chiede, preoccupato. Sa benissimo riconoscere i momenti in cui non è lucido.
:-Nulla-rispondo io, sorridendogli. -Ti sei fatto coccolare un po’.
:-Fantastico-risponde lui, rispondendo al mio sorriso.
:-Sei un gran briccone-ribatto io. -Insomma, tutte queste storie per farti fare le coccole...
:-Sono molto intelligente-risponde lui, ridendo. -Più di quanto pensassi.
:-Non ti montare la testa, ragazzo del pane-lo ammonisco io, rivolgendogli un sorrisetto divertito.
:-Mai lo farei-risponde lui. -Tu sei un’eroina, la ragazza in fiamme. Non posso permettere al pane di bruciarsi così.
:-Bravo-ribatto io. 
:-Quanto tempo è passato dalla...?-mi chiede lui, apprensivo.
:-Mezzora circa-rispondo. -Non molto. Sei migliorato moltissimo.
:-Quindi non è ancora arrivato?-mi chiede. 
:-No-rispondo a mia volta, continuando ad accarezzargli i capelli. -Devi smetterla di avere dubbi, Peeta.
:-Su cosa?-mi chiede lui, confuso.
:-Peeta, io ho scelto te, quel giorno-gli spiego pazientemente. -Non Gale. Devi smetterla di torturarti con quest’idea che io possa fuggire con lui o qualcosa del genere. Sai benissimo che non sono il tipo che abbandona la propria famiglia.
Lui annuisce, ma poi dice:-Lo so. Ma so anche che se non fosse per Willow e Rye, tu vorresti andare con lui.
Scuoto la testa:-No, Peeta. Io ho sempre voluto solo la sua amicizia. Non mi sono mai preoccupata di lui nell’arena, ma di te. Io non ti avrei sposato, altrimenti.
:-Davvero?-mi chiede.
Annuisco:-Io ti ho scelto, molto tempo fa.
Avvicino le mie labbra alle sue, e lo bacio. Sento quel fuoco che amo e che arde dentro di me, risvegliato dal suo sonno. Ma non come nell’arena, bensì come ho fatto in tutti questi anni, e non ho mai finto. Mai, da quella volta. Lui voleva la sincerità da me, e io ho smesso di mentire, ormai.
:-Peeta?-lo chiamo. -Te la senti di alzarti e preparare la cena? Se vuoi, posso provarci io.
:-No, tranquilla-risponde lui, alzandosi subito. -Non posso assumermi la colpa di avvelenare tutto il battaglione.Sorrido. Per fortuna, ha questa sua autoironia che non è mai sparita.
Me ne vado. So bene che se restassi gli metterei solo i bastoni tra le ruote. Mi metto a leggere, seduta sulla poltrona, lanciando ogni tanto uno sguardo alla finestra, per controllare Willow e Rye, che stanno giocando sulla neve.
Dopo un po’, sento il campanello. Mi precipito ad aprire, e trovo Gale. Lo abbraccio di slancio.:-Ehi, Catnip-mi saluta lui, scostandomi leggermente.
:-Oh, Gale!-esclamo. -Sono così contenta di vederti!
:-Anche tu mi sei mancata, Katniss-ammette lui.
Sto per dire qualcosa, quando noto una chioma bionda spuntare da dietro di lui. Guardando meglio, vedo una ragazza con un sorriso enorme, e i capelli biondi legati in una coda. 
:-Delly Cartwright?-chiedo, dopo averli fatti entrare, confusa. Sapevo che era rimasta anche lei nel distretto 2, per dare una mano, ma non sapevo altro. La sua generosità non ha confini.
:-Ma come, non glielo hai detto?-chiede lei a Gale.
:-Volevo che fosse una sorpresa-si giustifica lui -Ecco, Catnip, noi...
:-Cosa, Gale?-chiedo. Non mi piace il suo tono, è lo stesso che si usa con un animale ferito prima di ucciderlo.
:-Noi...ci siamo innamorati, nel distretto 2. Lavoravamo praticamente insieme, solo che lei si occupava dei malati in un ospedale. E io me ne sono accorto solo due anni fa, quando un uomo ubriaco finito in ospedale per aver tentato di tagliarsi un braccio ha tentato di baciarla e ho capito che...mi dava fastidio.
:-Oh-dico, sorpresa. 
:-Noi...vorremmo sposarci, Katniss-dice lui. -E vorrei che tu e Peeta ci faceste da testimoni.
Annuisco, felice. Ora finalmente sono libera. Gale è di nuovo felice.

***Mezzanotte***
La cena di Peeta era davvero ottima, il tacchino era croccante e saporito. Ora dobbiamo aprire i regali. Per me e Peeta è ancora una novità, di solito non ricevevamo mai dei regali, se non al nostro compleanno, e non come quelli che possiamo permetterci ora. Ricordo ancora l’ultimo regalo di mio padre: il mio primo arco. Non dimenticherò mai il suo dono.
Willow apre il suo. Sono stata io stessa a comprarlo, subito dopo il tacchino. Ci trova un bracciale con il simbolo della ghiandaia, proprio come lei voleva. Gli avevo letto negl’occhi il suo desiderio di poter tenere la mia spilla. Anche Rye apre il suo regalo, e ci trova un piccolo kit da pittura, con gli acquerelli e un paio di pennelli, direttamente da Capitol City, dove questa roba costa circa sei dollari.
:-Ora tocca a te, Katniss-dice Peeta, e lo apro. Dentro ci trovo una tela, tipica di Peeta. Ma il disegno mi piace più di qualunque altra cosa. Ha rappresentato un campo devastato dalle bombe incendiare, con al centro un piccolo fiore. Il fiore della speranza, probabilmente. E adoro questo quadro più di qualunque altra cosa che avrebbe potuto regalarmi.
:-Grazie-dico, dandogli un bacio a stampo sulla guancia. -Ora tocca a te, ricevere il tuo.
:-Qual’è?-mi chiede, indicando la piccola pila di pacchetti, di cui nessuno sembra ispirarlo.
:-Amore-comincio io, sapendo benissimo che lo chiamo amore così poche volte da sottolinearne l’importanza. -Non potrò più andare a caccia per gli Hawthorne, ne lavorare. E dovremo preparare un’altra camera. Tutta blu.
Lui sorride, e mi chiede:-Da quanto va avanti?
Sorrido a mia volta, guardandolo negl’occhi:-Due mesi e tre giorni.
Lui mi abbraccia, e io rispondo all’abbraccio. E quando mi bacia, rispondo al bacio. Perché è questo che sono. Perché ora lo so per certo. Questo è sempre stato il mio destino. Lo amo. E ora lo so.

Note dell'autore: Salve a tutti, so che sono un po' in ritardo per il Natale, ma...ecco qui una Katniss/Peeta natalizia. Non mi picchiate, vi prego, è la mia prima storia su Hunger Games. 
Spero vi piaccia <3
   
 
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