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Autore: FallenAngelsGoToHell    06/01/2015    2 recensioni
Il povero ragazzo si era ritrovato frastornato da tutto quel vortice di avvenimenti che avevano sconvolto la sua vita. Lui non voleva le gambe nuove, non gli dispiacevano le sue, le amava, ci aveva convissuto per tanto tempo.
Con quelle poteva far crescere i fiori.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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C’era una volta …

 

un grazioso giovane. Era un bel ragazzo, alto e proporzionato. Tutte le fanciulle del paese si sarebbero innamorate di lui, se non fosse stato per un difetto. Ogni volta che passeggiava per le vie della città nessuno poteva non notare i due sottili tronchi d’albero che gli erano cresciuti lì, dove sarebbero dovute esserci le sue gambe. Ad ogni passo faticava a trascinarsi in avanti e le gambe gli dolevano molto per lo sforzo. Quando si specchiava una lacrima gli rigava il viso.

La gente del paese lo guardava con diffidenza e disgusto: come poteva essere che uno come lui fosse nato proprio lì, in un paesello così tranquillo e morigerato? 

Quando lo incontravano per strada facevano finta di nulla, si scansavano e lo lasciavano passare. E se il poveretto alzava gli occhi per salutare, si scontrava inevitabilmente con la fredda indifferenza e il sospetto dello sguardo degli altri.

Il giovane si rintanava in casa, a osservare fuori, la vita, la gente “sana”. Non capiva perché potessero essere così ostili nei suoi confronti. Che cosa aveva fatto? Era così deforme? Era così disgustoso? E ogni giorno se ne andava a letto senza trovare una risposta …

 

Tutto questo durò per molto tempo, finché un giorno decise di andarsene da quel posto maledetto. Prima dell’alba, quando ancora tutti dormivano e nessuno poteva vederlo, sgusciò fuori dalla sua porticina e si incamminò, lentamente, verso un posto nuovo. Migliore.

 

Cammina, cammina, attraversando monti, mari, laghi e campagne, sopportando il gelo, il caldo torrido, la pioggia e il vento tagliente, giunse alle porte di una cittadina che, confrontata con il suo paesino, sembrava immensa.

 Immediatamente si ritrovò frastornato dall’ambiente nuovo, dinamico, moderno, a lui sconosciuto. Osservò stupito e ammirato le villette a schiera, tutte decorate e graziose, le automobili parcheggiate nel vialetto d’ingresso, ognuna per ogni casetta. Il sole risplendeva, gli uccelli cantavano, e le persone erano felici. E il giovane ragazzo si convinse di poter essere felice anche lui.

Improvvisamente si rese conto di aver bisogno di mangiare qualcosa. Ma quello era un ambiente sconosciuto, non sapeva come muoversi, dove cercare del cibo. Intravide una casetta nel cui giardino una signora di mezz’età stava potando un’aiuola. Le si avvicino zoppicando e, gentilmente, le chiese se avesse qualcosa da mangiare. La signora sobbalzò un po’ per lo spavento, un po’ per lo sgomento. Vedendola titubante, il giovane era già pronto ad andarsene, quando improvvisamente la donna si ridestò dal suo sbalordimento e si interessò a lui, dimostrandosi premurosa e gentile, preoccupandosi della sua deformità.

 

E così il ragazzo fece la conoscenza della sua nuova famiglia. La vita sembrava bella e lui era felice.

 

Il tempo passava e lentamente il giovane si inserì nella vita del quartiere. Tutti cercavano di inserirlo in qualche attività, in qualsiasi attività, dalla più semplice alla più complessa. Venne iscritto a scuola, ai corsi pomeridiani di pallavolo, venne accompagnato a tutte le feste. Ma i suoi nuovi compagni lo snobbavano o lo guardavano come se fosse una bestia rara, nella pallavolo, come in qualsiasi altro sport non riusciva a causa delle sue gambe, alle feste non poteva ballare e risultava imbranato.

Così, ancora una volta, il ragazzo si ritrovò a piangere ogni notte, chiedendosi se non ci fosse veramente qualcosa che era in grado di fare.

Con il passare del tempo, però, si rese conto che se stava regolarmente al sole poteva far germogliare dei piccoli fiori. Ci mettevano mesi a fiorire, ma era la cosa più bella che avesse mai realizzato, l’unica che lo facesse sentire davvero in pace con se stesso.

Tuttavia, la sua famiglia era determinata a farne un ragazzo come tutti gli altri, un ragazzo “normale”. Anche lui doveva essere capace di fare quello che facevano tutti, anche lui doveva avere la vita di tutti, anche lui doveva riuscire in ciò in cui riuscivano tutti.

Lo volevano aiutare, migliorare, trasformare, lo volevano rendere adatto alla società, altrimenti ne sarebbe rimasto fuori, escluso e solo.

Così, si impegnarono a sottoporlo a trattamenti di ogni genere, fino ad arrivare alla chirurgia plastica. Il risultato ottenuto era grandioso, impensabile, incredibile: il giovane aveva finalmente uno splendido paio di gambe che avrebbero fatto invidia al più bel ragazzo della terra. L’unica differenza con quelle di tutti gli altri era che i suoi nuovi arti erano finti, di plastica, meccanizzati. Ma nessuno sembrava farci caso, anzi era meglio, più efficiente, più innovativo.

Il povero ragazzo si era ritrovato frastornato da tutto quel vortice di avvenimenti che avevano sconvolto la sua vita. Lui non voleva le gambe nuove, non gli dispiacevano le sue, le amava, ci aveva convissuto per tanto tempo.

Con quelle poteva far crescere i fiori.

 

Ma appena provò a spiegarsi, tutti rimasero scioccati e sconvolti: come! Non voleva le gambe nuove? Non voleva essere come tutti gli altri? Voleva continuare a essere un ragazzo disadattato e zoppo? Non voleva integrarsi nella ridente e solare vita di quartiere e da lì spiccare un balzo verso il mondo?

 

No, non lo voleva, ma come poteva insistere dopo che tutti si erano adoperati con così tanto entusiasmo per aiutarlo e “integrarlo”?

Così, cominciò a vivere come una persona “normale”.

 

Il tempo passò e lentamente, ma inesorabilmente, il ragazzo si trasformò. Era ammirato dalle ragazze, lodato dagli insegnanti, accolto in tutte le case del quartiere, ma i suoi modi si fecero via via sempre più rigidi, i suoi sorrisi sempre più impostati e le sue emozioni, i suoi desideri … la sua linfa vitale si raffreddò.

E non poteva porvi rimedio.

 

 

Questo ragazzo non sfondò mai e non raggiunse mai il successo, se non si conta la promozione a direttore di banca nella sua città.

Morì come muoiono tutti e venne seppellito in una tomba come quella di tutti.

Dopo poco tempo tutti si dimenticarono di lui.

 

 

Se avesse mantenuto le sue gambe di legno non sarebbe morto da solo, ma assieme a se stesso.

Invece, morì come muoiono gli uomini che non sanno far nascere i fiori.

  
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