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Autore: Ciuffettina    07/01/2015    5 recensioni
«Non sono stato io. Ho offerto del cibo ai tuoi idoli ma appena l’hanno avuto davanti si sono precipitati per arraffarlo. Il più grande, furioso perché volevano servirsi prima di lui, ha afferrato l’accetta e li ha fatti a pezzi, vedi che l’ha ancora in mano? Se non mi credi, domandaglielo, te lo confermerà.»
Ambientato 10 anni dopo “L’infanzia di Abram”
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gabriel, Lucifero, Nuovo personaggio
Note: Cross-over, Otherverse, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Il dietro le quinte della Bibbia'
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Durante i successivi 10 anni Gabriel aveva sempre tenuto d’occhio il suo protetto (il suo primo protetto!), comparendogli ogni tanto e dandogli dei consigli. («Abram, quando ti ho detto che se avevi bisogno di aiuto, potevi chiamarmi, non intendevo aiuto nel fare i compiti!» e «No, Abram, non so come potresti far colpo sulle ragazze, io, di solito, spalanco le ali…»)
Per fortuna Nimrod non aveva più tentato di uccidere Abram, mentre Terach, che aveva perso il suo posto a corte (avere un figlio iconoclasta non aiuta certo a far carriera), lavorava come intagliatore d’idoli per venderli al mercato.
Desiderava che anche suo figlio guadagnasse da quel commercio e l’arcangelo trovava divertentissimo osservare come Abram cercasse di venderli: legava loro una corda intorno al collo, li trascinava al mercato e declamava: «Chi ha bisogno di comprare dei simulacri che non servono a nessuno?»
La maggior parte della gente lo evitava, ma alcuni si fermavano, chiedendogli perché agisse così e si convertivano.
Nimrod, saputo ciò che combinava Abram, organizzò una festa e lo invitò, per impressionarlo.
Il ragazzo si rifiutò di comparire davanti al sovrano ma chiese di andare nella stanza degli idoli, per far loro un’offerta. Siccome aveva in mano un piatto contenente del tenero agnello che mandava un profumo delizioso, glielo lasciarono fare. Abram mise loro il piatto davanti ma quelli non si muovevano. «Forse il piatto è troppo piccolo o l’agnello manca di sapore?»
«Questi non si muoveranno mai» disse Gabriel, comparendogli davanti e porgendogli un’accetta «Un vero peccato, questo cibo ha un profumo davvero invitante e ora all’opera!» Indicò i simulacri.
Abram la prese e iniziò a farli a pezzi, urlando contro di loro: «Perché non mangiate, perché non vi difendete? Siete solo marci pezzi di legno!» Il più grande degli idoli raffigurava il re, Abram gli mise l’accetta in mano e uscì dalla stanza, chiudendo la porta dietro di sé, mentre Gabriel si piegava in due dalle risate.
Sentendo quel baccano gli ospiti corsero nella stanza, videro quello scempio e, intuendo che cosa fosse successo, le guardie trascinarono Abram dal re. «Non sono stato io. Ho offerto del cibo ai tuoi idoli ma appena l’hanno avuto davanti si sono precipitati per arraffarlo. Il più grande, furioso perché volevano servirsi prima di lui, ha afferrato l’accetta e li ha fatti a pezzi, vedi che l’ha ancora in mano? Se non mi credi, domandaglielo, te lo confermerà.»
Nimrod urlò: «Tu menti! Gli idoli non parlano, non mangiano e non si muovono!»
«Vedi allora che è da stupidi adorare divinità che non servono neanche a se stesse?»
Oltraggiato, Nimrod fece sbattere Abram in prigione senza cibo e acqua ma a ciò pensava Gabriel che tutti i giorni gli portava qualcosa di buono, cercava di tenerlo allegro, gli inviava dei bei sogni e l’avrebbe anche fatto uscire ma, come gli aveva spiegato seccamente Metatron, il carceriere sarebbe potuto entrare in qualunque momento e se avesse trovato la cella vuota, avrebbe pensato che Abram fosse scappato, mentre trovarlo ancora vivo, dopo giorni d’inedia, l’avrebbe fatto riflettere.


Passato un anno, senza che nessuno fosse andato a controllare se il prigioniero fosse ancora vivo (“Accidenti, se l’avessi saputo, l’avrei portato in giro per il mondo, che Metatron fosse stato d’accordo o no.”) Nimrod ordinò che fosse gettato nel fuoco, il carceriere obbiettò che ormai doveva essere morto ma quando si decise ad aprire la cella, vedendo Abram ancora vivo, gli chiese sorpreso: «Chi ti ha portato da mangiare e da bere in tutto questo tempo?»
«Colui che domina su ogni cosa mi ha nutrito e dissetato, il Dio di tutto il mondo, Egli vede ma non appare, dimora lassù nei cieli ed è presente in ogni luogo, a tutto sovrintende e a tutto provvede» rispose Abram.
Appena rimasero soli, Gabriel gli chiese: «Abram, lo sai che non sono Dio, vero?»
«Certo che lo so» sbuffò Abram. «Sei solo il Suo messaggero.»
«Te l’ho chiesto perché hai detto che è stato il Signore a nutrirti per un anno, invece sono stato io.»
«Ti ha mandato Lui, quindi è lo stesso, no?» obbiettò il ragazzo.
E allora perché sono io a sentirmi le ali indolenzite per tutti i viaggi?” Forse non avrebbe dovuto dirgli che era stato insignito del titolo “Amico di Dio”…
   
 
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