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Autore: Raya_Cap_Fee    07/01/2015    6 recensioni
Heike De Vries ritorna a Chicago dopo essersi laureata in giurisprudenza a Yale ed è finalmente pronta a prendere in mano le redini della propria vita. Heike ha sempre desiderato essere una donna forte, indipendente e soprattutto in carriera. Non ha mai permesso a niente e a nessuno di intralciarla o distrarla dai suoi studi e dalla carriera che ha sempre voluto. Questo fin quando non torna a casa. Questo fin quando non incontra Sebastian Jenkins.
**
Mi superava di buoni dieci centimetri, piuttosto magro e dalla carnagione chiara. La sua figura era illuminata dalla luce naturale delle vetrate e gli occhi grigi spiccavano sul viso dai lineamenti appuntiti. Prima che potessi studiarlo più approfonditamente il mio sguardo fu attirato da quello che aveva il mano.
-E’ disgustoso- protestai arricciando appena il naso. Una volta avevo visto mio fratello uscire dal bagno con un metro da sarto tra le mani e quando gli avevo chiesto a cosa gli fosse servito lui aveva riso e scrollato le spalle. Avevo undici anni. Lui dodici. Quando ci ero arrivata avevo sempre associato i metri a quell’episodio traumatico.
Il ragazzo inarcò appena un sopracciglio biondo e guardò il metro senza capire –Cos’è disgustoso?-
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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Capitolo 11



 
Riuscii ad uscire dal pronto soccorso soltanto alle tre del mattimo. La polizia aveva raccolto la mia dichiarazione ed era stata fatta una denuncia a carico d’ignoti. Il mio appartamento era stato controllato e i nastri delle videocamere presi in consegna. Non c’era altro da fare se non aspettare qualcosa.

Io, d’altro canto, me l’ero cavata con quattro punti di sutura sul sopracciglio e una lieve incrinazione della costola fluttuante, perciò era previsto riposo. Avevo dovuto litigare con la mia famiglia per ritornare nel mio appartamento e Sebastian, costretto quasi ad appoggiarmi, si era sorbito senza battere ciglio le minacce poco velate di mio fratello. La capacità di Jenkins a rimanere calmo mi faceva intuire che era abituato a quegli sbalzi d’umore di Jackson.

Tuttavia, quando fui sola in macchina con lui, mi scusai.

Lui sorrise appena e scrollò le spalle –Figurati, Heike. Tuo fratello ha tutto il diritto di essere paranoico, specie se ti hanno aggredito appena sei ore fa-

Mi allacciai la cintura di sicurezza, facendo attenzione ai movimenti bruschi e poi mi volsi verso Sebastian con la testa.

-E’ per questo che piomberà nel mio appartamento tra un paio d’ore, no?-

-Molto probabilmente sì-

-Non riesco mai ad arrabbiarmi davvero con lui- ammisi scuotendo appena la testa. Lui sorrise ancora e mi lanciò un’occhiata –Tra fratelli funziona così-

Rimasi in silenzio per un po’ a guardarlo guidare nella città mai davvero addormentata. Sebastian Jenkins, nella sua schiettezza, mi risultava sempre più facile da accettare e mi ricordava sempre meno Jackson, il che era senz’altro a suo favore.

-Tu hai fratelli o sorelle?- domandai. Sapevo veramente poco di lui nonostante fosse il migliore amico di mio fratello. Anche se ero a conoscenza di alcuni dettagli imbarazzanti che aveva ammesso lui stesso, la prima volta che l’avevo visto.

- Tre sorellastre e due fratellastri ma sono tutti al di sotto dei dodici anni e vivono a chilometri da qui perciò non conta essere il maggiore-

Compresi la situazione molto prima che lui continuasse a parlare.

-I miei hanno divorziato quando avevo dieci anni. Sono cresciuto con mia madre, in Florida mentre mio padre si è trasferito a Rio con la sua nuova famiglia-

Mi ero sempre ritenuta fortunata ad avere una famiglia tutta intera.

-Quindi non sei di Chicago- constatai mentre eravamo fermi ad un semaforo. Sebastian si voltò verso di me –Vivo qui da quando ho finito il liceo. Mia nonna ha un appartamento poco lontano dalla UIC-

-E tua madre?-

-Lei è in Florida con il suo nuovo marito- rispose tranquillo. Non sembrava turbato né sembrava covare del rancore.

-Insomma hai una famiglia sparsa per il continente-

-Diciamo di sì-

Inclinai appena la testa e osservai il suo profilo –E ti sta bene?-

-Sì. Non ero un bambino stupido, sapevo che tra loro due non funzionava per cui non ne ho mai fatto una colpa a nessuno dei due per la separazione. Le cose della vita vanno così, a volte-

Mi ritrovai a distendere le labbra in un sorriso –Almeno sei cresciuto bene-. Lui accennò una risata nel mentre che parcheggiava al lato del marciapiede, davanti al palazzo in cui abitavo da appena un mese.

-Stai forse ritrattando il tuo trovarmi disgustoso, Heike?- mi chiese divertito e io inarcai un sopracciglio –Non dubito che sia qualcosa di disgustoso in alcuni tuoi trascorsi- ribattei nello stesso tono.

-Ci avevo quasi sperato- scoccò la lingua sotto il palato, poi si voltò verso il portone e divenne improvvisamente serio –Sei sicura di non voler andare dai tuoi genitori?-

-Sicurissima-


 
Sebastian mi aiutò a scendere dalla macchina ed io nella tuta che mia madre mi aveva procurato mi sentii appena a disagio. Solitamente, a parte le ore che trascorrevo fuori casa, non m’importava del mio abbigliamento ma quella mattina dovevo avere sicuramente un aspetto pietoso.

-Signorina!- la voce sorpresa di Tom, il portinaio, mi distolse dai miei pensieri e mi fermai, Sebastian al fianco, appena varcato l’ingresso. Era davvero impossibile entrare lì dentro senza essere visti da lui. Sembrava notare anche l’entrata di uno scarafaggio.

-Che cosa ci fai qui?- continuò l’anziano aggirando la sua scrivania per avvicinarsi a noi. In quel mese di conoscenza ormai aveva imparato a darmi del tu. Stirai appena le labbra in un sorriso imbarazzato –Torno a casa, Tom. Ormai quel che è successo…è successo- scrollai le spalle.
Mossa sbagliata.

La costola protestò e feci un’evidente smorfia di dolore. Sebastian si chinò appena verso di me –C’è qualcosa che non va?-

Scossi la testa, riprendendo fiato -E’ solo la costola-. Tom mi prese le mani tra le sue e mi guardò preoccupato –Vedrai che la polizia lo prende quel bastardo. Mi sento così in colpa e se…se ti avessero fatto qualcosa di più grave…- si interruppe con il tono di voce smorzato dal rammarico.

Un leggero brivido mi percorse la schiena.

-Non è colpa tua, Tom-

-In tutti questi anni non è mai successo niente di simile…-

-Non è colpa tua- ripetei sincera. E non era nemmeno mia.
 


Quando riuscii a convincere Tom a ridarmi la chiave del mio appartamento guardai le scale con aria preoccupata. Avevo dimenticato il dettaglio della mancanza di un ascensore.

-Vuoi che ti porti in braccio?- mormorò Sebastian, appena dietro di me. Sorrisi quasi divertita e mi voltai piano a guardarlo. La sua espressione seria mi fece intuire che non stava scherzando e lo guardai stupita –Sei pazzo? No, davvero. Ce la faccio, Seb- risposi per poi corregermi in fretta –Sebastian-

Lui mi affiancò e sollevai appena gli occhi verso il suo volto –Non peserai più di sessanta chili- mi squadrò rapido.

Mi morsi appena l’interno della guancia –Cinquantaquattro-

Lui inarcò le sopracciglia bione e poi un sorriso gli increspò le labbra –Forse dovresti mangiare di più, Heike-

Non mi venne nemmeno da irritarmi visto che ero concentrata a pensare quanto fosse incredibilmente carino con i capelli perennemente in disordine.

-Heike?-

Forse dovevo accettare di essere presa in braccio da lui. Strinsi le palpebre e mi diedi della stupida. Che cavolo andavo a pensare? Io non avevo tempo per simili sciocchezze da film romantici.

-No. Ce la faccio da sola- ribattei in tono secco. Lui sembrò spiazzato per un momento ma io mi aggrappai al corrimano e cominciai a salire un gradino alla volta, torturandomi con i denti il labbro inferiore, senza badargli.


 
Sebastian mi seguiva in silenzio, rimanendo un gradino dietro di me, non accennando a toccarmi e nemmeno a parlare. Non sapevo se fosse risentito per il tono che avevo usato poco prima.

-Chissenefrega…- rantolai quasi mugugnando tra me e me.

-Hai detto qualcosa?- ribattè lui salendo due gradini con un solo passo. Incrociai i suoi occhi –Parlavo tra me e me…-

-Sei bianca come un cencio, Heike- aggrottò la fronte e mi si parò davanti, bloccandomi dall’avanzare di un altro gradino.

Fermarmi mi fece bene in realtà, il dolore stava diventando più forte. Socchiusi gli occhi.

-Non svenire per le scale eh-

-Non sto per svenire-

-Hai comunque una bruttissima cera. Ora ti lasci prendere in braccio senza proteste oppure lo dirò a Jake-

Il suo tono mi indusse a tornare a guardarlo –Usi mio fratello per minacciarmi?-

Lui mi si avvicinò e un braccio mi circondò la vita, prima che protestare lui mormorò qualcos’altro –Non voglio che tu ti faccia male di nuovo perciò metti da parte il tuo super ego e lasciami essere gentile con te-

Averlo così vicino mi fece sentire a disagio ma non dissi niente, più che altro non ne trovai assolutamente motivo. Mi limitai ad annuire piano e lui allora lo fece.

Io tra le braccia di Sebastian Jenkins. Mi concentrai sulle mie unghie, sulle pareti, sugli scalini, tutto che non fosse Sebastian. Perché era decisamente imbarazzante per me, trovarmi così. Quando vidi la porta dell’appartamento fui tentata di essere sollevata ma poi ripensai a quello che era successo poche ore prima.

Chi? La domanda mi rimbalzava nella testa senza trovare nulla. Non avevo incontrato nessuno a parte i miei colleghi, Cassandra e Jackson con la sua solita compagnia di amici.

-Ecco qui- disse Sebastian, fermandosi. Aveva il respiro irregolare per lo sforzo e io sollevai lo sguardo rendendomi subito conto di quanto fosse sbagliato. Troppo vicino.

-Grazie- soffiai. I suoi occhi sembravano più scuri da vicino –Sei stato fin troppo gentile-

Tornai a poggiare i piedi per terra –Puoi ritornare a trovarmi disgustoso adesso- disse divertito. Io gli davo le spalle, recuperando dalla tasca della tuta la chiave.

-Mi riesce difficile ora come ora-

Mi bloccai subito dopo. L’avevo detto davvero? Spalancai gli occhi –L’unica cosa a cui sto pensando è quella di dormire- cercai di rimediare. L’angolo destro della bocca mi tremò, come sempre quando mentivo, ma fortunatamente Sebastian non mi vide.

Infilai la chiave nella toppa e aprii la porta, fermandomi sull’uscio. Il tappeto sul quale avevo sanguinato era arrotolato e riposto al lato dell’ingresso, il parquet era stato ripulito visto il profumo di prodotto per legnoche mi raggiunse le narici. Le luci erano rimaste accese, probabilmente la polizia e Tom avevano pensato che fosse meglio così. Sentii Sebastian dietro di me –Heike…- era di nuovo serio.

-Va tutto bene. Va…tutto bene-

E l’angolo della bocca tremò di nuovo.



 
Angolo Autrice

Eccomi qui con il capitolo 11. Non avete dovuto aspettare poi molto eh? Spero ne siate contente. Il prossimo capitolo riprenderà da qui, dove si interrompe per cui Sebastian sarà ancora presente. Ringrazio chi mi lascia sempre recensioni <3 Inoltre ringrazio BluePunkChic e mimi_cullen che hanno inserito la storia tra le preferite, Rose6 per la recensione e per aver inserito la storia tra le ricordate  e infine vallinda, ninfa666, shekkosa, vitadiunalettrice, sax77 e di nuovo mimi_cullen. Se vi va fatemi sapere che pensate.


 
Raya_Cap_Fee
 
   
 
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