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Autore: daeran    18/11/2008    8 recensioni
Io sono Kira.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Light/Raito, Ryuuk
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Padre Kishimori era chino davanti all'altare e stava terminando di recitare le preghiere della mattina.
I radi fedeli cominciavano a riversarsi nella chiesa di Sant'Ignazio; padre Roberto avrebbe di lì a poco celebrato la prima messa e, come ogni giorno, padre Kishimori si sarebbe occupato delle confessioni.
Recitate le preghiere, si fece il segno della croce, si inchinò nuovamente ed entrò silenziosamente nello stretto vano, chiudendosi la porta alle spalle con un netto scatto.
Con un sospiro profondo si sedette sullo scomodo sgabello, poggiò la schiena alla parete di legno ed attese che uno dei fedeli entrasse nell'altro vano e cominciasse a sciorinare una sequela di peccati insignificanti, dimostrando contrizione e pentimento ed omettendo coscientemente i particolari più seri e piccanti.
"Mi perdoni, padre, perché ho peccato."
La prima lo colse di sorpresa; non l'aveva sentita entrare, tanto era immerso nei suoi pensieri.
"Non mi confesso da… beh, da ieri, padre Kishimori."
La voce di Inoue Kanada, una delle più assidue frequentatrici del confessionale.
"Parla, figliola, Dio ti ascolta." mormorò meccanicamente il parroco.
"Ieri sera ho peccato di gola, padre." bisbigliò la donna quasi in lacrime.
"Vede, ieri ho preparato un ottimo sushi per i bambini e per mio marito, naturalmente. Il filetto di pesce spada era freschissimo, una vera prelibatezza. Asano ne va matto, sapevo che sarebbe stata un'ottima sorpresa per lui, dopo una giornata intera di duro lavoro ma purtroppo Asano è stato trattenuto in ufficio fino a tardi. Gli ho messo la cena da parte ma… vede, padre, quel pesce era davvero ottimo e… "
Padre Kishimori poggiò la testa alla parete di legno levigato e si lasciò cullare dalle parole della donna.
Non era forse il comportamento più consono per un padre confessore, avrebbe dovuto ascoltare ogni parola con attenzione, pronto ad offrire il proprio conforto ma ormai conosceva a memoria i peccatucci della signora Kanada ed era più che certo che, come sempre, la donna avrebbe omesso nella sua confessione di aver trascorso ogni istante della messa del giorno prima a chiacchierare con le amiche, parlando male della giovane seduta in terza fila, proprio accanto ad Hitori-Sama, l'anziano fedele più ricco dell'intera diocesi o di aver allontanato dalla propria cerchia la signora Hanzo, rea di aver perso qualche gradino nella scala sociale dopo il licenziamento del marito, ex dipendente della Yotsuba corp. , dopo lo scandalo agli alti vertici.
In fin dei conti non poteva certo costringere un fedele a confessare peccati che il fedele stesso non considerava errori.
In anni di duro lavoro, padre Kishimori si era infine reso conto che non poteva fare altro che accettare il pentimento dei fedeli per ciò che era, evitando il più possibile di indagare sulle cause scatenanti o sui veri peccati omessi od ignorati.
"Io ti assolvo, figliola. Recita cinque 'Padre nostro' ed un 'Atto di dolore' e vai in pace. In nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo." Padre Kishimori recitò la solita formula di rito ed attese che la signora Kanada abbandonasse il confessionale.
Fece appena in tempo a rilassarsi sullo sgabello, con un sospiro che nuovamente la porticina dell'altro vano cigolò.
Attraverso la fitta grata di separazione, padre Kishimori riuscì a distinguere l'ombra di un uomo che si accomodava a sua volta sullo sgabello.
"Perdonatemi, padre, perché ho peccato" mormorò il fedele in un roco e cupo sussurro che provocò un brivido lungo la schiena del prete.
"Non mi confesso da…" ebbe un attimo di esitazione, "Beh… non mi sono mai confessato, padre. In effetti temo di non essere neppure cattolico" concluse con un cipiglio divertito.
"In questo caso, non posso esserti d'aiuto, figliolo." rispose pronto padre Kishimori.
Probabilmente non stava adottando il giusto comportamento, né mostrava la tanto decantata caritas cristiana ma qualcosa nella voce e nella stessa presenza dello sconosciuto gli metteva i brividi.
Dentro di sé sperava solo che l'uomo se ne andasse al più presto e subito sentì nel fondo dell'anima l'irrefrenabile senso di colpa tipicamente cattolico, destato da quel semplicissimo, inconscio ed irrazionale desiderio.
"Quello che voglio dire è…" tentò di recuperare un minimo di autocontrollo e spiegare gentilmente la situazione ma si fermò immediatamente, sentendo una risatina sommessa giungere dall'altro lato della grata.
"So perfettamente cosa intendete, padre, ma non vi preoccupate, non vi ruberò più di cinque minuti. Non cerco la vostra assoluzione, né tanto meno quella del vostro Dio, padre Kishimori." Il prete sussultò, sentendosi chiamare per nome.
"Ci conosciamo?" domandò, sulla difensiva.
"Io conosco Voi, padre e, sì, posso affermare con certezza che Voi conoscete me."
"Non capisco. Che cosa volete, se non l'assoluzione?"
Volutamente il prete passò ad un pronome meno familiare.
Più passavano i minuti, più sentiva il bisogno fisico di allontanarsi dallo sconosciuto.
Ne aveva paura. Una irrazionale ed insensata paura.
Non sapeva da cosa derivasse, forse da quella voce bassa e roca, costantemente irriconoscibile o forse da quel tono deciso ed inamovibile e da quell'oscura aura che il parroco sentiva sollevarsi dallo sconosciuto che tuttavia rimaneva nascosto al sicuro dietro l'anonimato donatogli dal confessionale.
Aure…
Stupidaggini!
Padre Kishimori tentò di allontanare con una scrollata di spalle i pensieri assurdi ma un ennesimo brivido gelido gli scivolò lungo la schiena, quando sentì il profondo sospiro dello sconosciuto, sottolineato dal sinistro scricchiolio dello sgabello di legno.
"Deve essere pratico…" mormorò e proseguì, prima che il prete lo interrompesse.
"… potersi confessare, chiedere perdono con la certezza di ricevere l'assoluzione. Ricominciare una nuova vita, come se nulla fosse, nonostante i crimini commessi, solo recitando qualche insignificante preghiera."
Il tono divenne lievemente rabbioso, ma subito lo sconosciuto recuperò la freddezza.
"Ma in fondo non è della giustizia degli Uomini che vi occupate, padre. Voi vi occupate solo delle loro anime, voi dovete assolvere le anime dei vostri fedeli, perché questo vi impone il vostro credo."
Il parroco non riuscì a ribattere e, dopo un momento di silenzio, lo sconosciuto riprese:
"Deve essere straziante vivere così." constatò con semplicità.
"Cosa intendete?"
"Vivere giorno dopo giorno, ascoltando decine, forse centinaia di confessioni. Dai peccati più insulsi ai crimini più efferati, snocciolati come se nulla fosse perché tanto chi entra dentro questo minuscolo contenitore di legno sa che ne uscirà perdonato."
Padre Kishimori sussultò nuovamente, una morsa di ghiaccio gli attanagliò le viscere, quando le parole dell'uomo gli riportarono alla mente una voce familiare:

' Mi perdoni, padre, perché ho peccato. Io sono un mostro.'

"Non sentite la frustrazione insita nel perdono? Non vi siete mai sentito furioso o semplicemente castrato dall'obbligo di perdonare sempre e comunque?"
"Chi siete?" domandò finalmente il parroco, ma lo sconosciuto lo ignorò.
"Sicuramente sì, sicuramente sì. In fin dei conti, siete umano anche voi, padre. Anche io mi sono sentito così una volta, tanto tempo fa. È stato allora che ho perso la mia fiducia nella legge e nella giustizia degli uomini, così facile da manipolare, così facile da raggirare. A causa di questa mia sfiducia, ho abbandonato quella che avevo sempre creduto essere l'unica giustizia ed ho commesso dei crimini efferati, ho violato la stessa legge che credevo giusta e sacra. Ma ho presto scoperto, padre, che ogni mio crimine altro non era che una necessaria spinta verso un mondo migliore. Solo infrangendo le regole che ci sono state imposte e nelle quali più crediamo, possiamo creare il bene e la giustizia supremi. Voi potete capirmi meglio di chiunque altro, padre Kishimori, poiché voi, come me, vi siete sacrificato, avete infranto i vostri ideali per il bene degli altri ed avete così violato le regole, o meglio, una regola.
La regola.
La più sacra di questo vostro santo officio. Voi avete infranto il silenzio."
Il cuore di padre Kishimori prese a battere all'impazzata. La sua stessa voce gli rimbombò ora nella mente:

' Dovete fare qualcosa! Un uomo mi ha conf… egli mi ha confidato che… egli fa del male… quella povera creatura. Dovete fare qualcosa! '
' Si calmi. Che crimine vuole denunciare?'
' Io… non posso… Dovete fermare Kyosuke Otada, lui… non posso… Vi prego, fermatelo! '

"Avete spezzato il giuramento sacro e con esso la fiducia che permette a tutti i vostri fedeli di confessarvi ogni più intimo segreto."
Le parole dello sconosciuto scavavano nell'anima del prete senza alcuna pietà, riportando in superficie il senso di colpa e l'impotenza che provava ogni singola notte da ormai due lunghi mesi.
"Ma non fraintendetemi, padre, io non vi giudico, io non vi condanno. Capisco e condivido la vostra scelta. Per questo ora sono qui. Voglio mostrarvi che esiste un modo, che la giustizia può vincere anche in questo mondo, che non siete il solo che infrange le regole e soprattutto, padre, che il vostro sacrificio non è stato vano. Qualcuno ha ascoltato le vostre preghiere, Signor Kishimori, qualcuno oggi vi mostrerà la Vera Giustizia, quella che voi stesso avete invocato."
"Io non ho …" il parroco rimase interdetto e spaventato dalla forza e dalla determinazione presenti nella voce dello sconosciuto.
Nonostante parlasse in poco più di un roco sussurro, emanava una determinazione ed un carisma degni del più grande dei condottieri o del peggiore dei fanatici.
"Chi siete?"
Era una domanda futile, non aveva più importanza chi fosse davvero lo sconosciuto, padre Kishimori lo sapeva bene.
Ormai era stato scoperto, il suo tradimento sarebbe presto venuto alla luce anche davanti agli alti membri della diocesi di Tokyo. Sarebbe stato allontanato, gli sarebbe stato impedito per il resto dei suoi giorni di confessare e consolare il fedeli; nessuno si sarebbe mai più fidato di lui in ogni caso, come avrebbero potuto? Aveva snaturato il significato stesso del suo ruolo di confessore.
Lo aveva fatto per un motivo preciso, per una giusta causa; non aveva avuto il coraggio di esporsi in prima persona ma aveva preferito nascondersi dietro l'anonimato di una cabina telefonica, forse l'ultima sopravvissuta all'avvento dei telefoni cellulari.
Come risultato, purtroppo, era stato semplicemente ignorato dalle forze dell'ordine che avevano già abbastanza problemi con la caccia a Kira per poter dare ascolto alle parole di un anonimo che accusava nientemeno che Kyosuke Otada, uno degli uomini più ricchi e potenti dell'intera comunità del Kanto occidentale.
"Il mondo mi definisce genio, padre. Certo, forse esagerano ma, vi prego, voi non trattatemi come un qualunque idiota, entrambi conosciamo la risposta a questa domanda."
Padre Kishimori non ribatté. Rimase in silenzio per un lungo istante.
Cosa poteva voler dire lo sconosciuto?
Come poteva sapere chi fosse?
Si conoscevano?
No! Aveva fin da subito messo in chiaro di non essere neppure cattolico e ad ogni modo, come poteva un fedele essere a conoscenza del suo segreto?
Era un poliziotto?
Avevano rintracciato la telefonata ed erano risaliti a lui?
Come si sarebbe comportato davanti all'arcidiocesi se fosse esploso lo scandalo del confessore incapace di mantenere il Segreto?
Perché preoccuparsene? domandò un minuscolo angolo razionale della sua mente.
Se davvero aveva la possibilità di salvare un innocente, perché mai avrebbe dovuto preoccuparsi dell'arcidiocesi?
La giustizia e la salvezza dei più deboli non erano forse più importanti di qualsiasi scandalo?
La giustizia.
No.
Lo sconosciuto non poteva essere un poliziotto. Aveva disprezzato la loro incapacità di fronte ai criminali, aveva promesso una nuova giustizia. La vera Giustizia.
Il parroco sussultò, quando un nuovo quanto famoso nome gli sfiorò leggero la mente.
Non ebbe il coraggio di concretizzare il pensiero, bloccandolo prima che potesse raggiungere le sue labbra.

"Otada San! Benvenuto!" La voce di padre Roberto rimbombò tra le pareti di legno.
Padre Kishimori ascoltò in silenzio e subito si rese conto che anche lo sconosciuto attendeva trepidante, nascosto nel suo vano scuro.
"Non vi aspettavamo questa mattina. Oh, avete portato anche vostro figlio. Un giovanotto obbediente e rispettoso, senza alcun dubbio ed ormai pronto per la prima comunione. Dovete andarne fiero, Otada San."
"Grazie, padre Roberto."
Il confessore sussultò ancora al suono della voce conosciuta che appena due mesi prima, rotta dal pianto e dal senso di colpa, gli aveva confessato un abominio.
Il prete sentì lo sconosciuto muoversi sullo sgabello e d'istinto la sua mano corse alla maniglia della porticina che lo separava dal resto della Chiesa.
Non appena la spalancò posò immediatamente lo sguardo sui due uomini. Padre Roberto gli dava le spalle, un paio di metri davanti al confessionale, Otada Kyosuke era di fronte a lui, fasciato in un completo di seta lucido, il volto serio e fiero come si conviene ad un onorevole uomo d'affari.
Appena due file di panche dietro di lui, padre Kishimori riconobbe lo sguardo spaurito e timido del giovane Otada Daisuke. Non ebbe il coraggio né la forza di reggere la vista del ragazzino.
Otada San lo notò quasi immediatamente ed incrociò il suo sguardo, si inchinò rigidamente per salutarlo ma il padre non rispose, si limitò a fissarlo con occhi sgranati.
"Padre Kishimori…" mormorò l'uomo d'affari e mosse un passo verso il confessore: l'unico uomo al mondo a conoscenza del suo terribile segreto.
Non posò mai il piede a terra, a metà falcata si portò una mano al petto, mentre un dolore lancinante gli trapassò la cassa toracica, bruciando come un tizzone ardente e gli paralizzò il braccio sinistro.
Smise di respirare prima ancora di toccare il suolo e nella caduta notò lo sguardo vuoto del giovane Daisuke che non smetteva di fissarlo senza dimostrare alcuna emozione o paura.
Prima di morire ebbe l'insana visione di un essere alato: il volto circondato da folti capelli corvini sembrava truccato di bianco, le labbra rosse brillavano di sangue mentre gli sorrideva maligno e beffardamente poggiava una mano sulla spalla del suo unico erede.

"Otada San!" padre Roberto strillò, preda dell'isteria.
"Un medico, per l'amor di Dio! Chiamate un medico!"
Urla concitate si levarono tra i pochi fedeli e padre Kishimori non fiatò; guardò l'uomo cadere a terra inerte e non mosse neppure un passo per raggiungerlo.
Lentamente la seconda porticina si aprì con un cigolio alle sue spalle.
Il parroco non si voltò neppure quando lo sconosciuto gli sfiorò una spalla e gli bisbigliò all'orecchio:
"Perdonatemi, padre, perché ho peccato. Io sono Kira."
Senza esitazioni lo sconosciuto gli passò accanto e scivolò silenzioso tra le panche, attraversando con passo sicuro le navate.
Presto avrebbe raggiunto l'ingresso, invisibile agli occhi di tutti i presenti, troppo impegnati nel tentativo di guardare e se possibile sfiorare le spoglie mortali di Otada Kyosuke, per notare il suo assassino che, vestito come un importante uomo d'affari, si allontanava lentamente, abbandonando incurante la sua vittima e l'unico testimone che potesse confermare il suo coinvolgimento.
Unico testimone.
Ecco cosa diventava ora padre Kishimori: l'unico al mondo che avesse mai incontrato Kira e fosse sopravvissuto. L'unico che gli avesse mai parlato.
Doveva denunciarlo?
Doveva urlare, far sapere a tutti i presenti cosa stava davvero accadendo?
Doveva fermarlo!
Doveva fermare Kira!
Non era legato dal segreto, quella non era una confessione…
Perdonatemi, padre, perché ho peccato.
No, non poteva considerarla una confessione. Kira non era cattolico; niente lo legava al silenzio.
Con lo sguardo fisso sulle spalle larghe dello sconosciuto, boccheggiò silenziosamente, fino a che non lo vide sorpassare il giovane Daisuke Otada.
Daisuke fissava il volto dell'uomo che aveva appena assassinato suo padre.
Padre Kishimori fu sul punto di urlare ma, quando notò Kira esitare ed interrompere la lenta fuga per ricambiare lo sguardo del ragazzino, il grido d'allarme gli si bloccò in gola; le labbra del bambino si piegarono in un timido e luminoso sorriso, apparentemente il primo che avesse mai toccato quel viso.
A bocca aperta fissò Kira piegare il mento in un cenno di saluto e superare il bambino dopo avergli accarezzato gentilmente la testa.
Padre Kishimori chiuse gli occhi ed espirò profondamente senza alcuna parola di avvertimento o di accusa.
La figura dello sconosciuto sparì nel fiume di luce che filtrava dalla lontana porta, aperta per accogliere i fedeli alla messa delle undici, accompagnato dai sordi rintocchi della campana.
Si trascinò silenzioso verso l'altare, ignorando i richiami di padre Roberto, chino sul cadavere per impartirgli l'estrema unzione.
Raggiunse gli scalini e cadde in ginocchio, il volto stretto tra le mani, mentre calde lacrime scendevano a rigargli le guance.
"Perdonami, Padre mio, per i miei peccati …" mormorò.




Otada Kyosuke- 10 settembre 2008
Raggiungerà la cattedrale di St. Ignazio alle 10 e 50. Scambierà poche parole di cortesia con i conoscenti che incontrerà nell'edificio. Alle 10 e 58, colto dai sensi di colpa, morirà per attacco cardiaco, sotto gli occhi del suo confessore.


Yagami Light attraversò l'ingresso della cattedrale e si tuffò nella luce abbagliante della mattina ormai inoltrata.
Ryuk svolazzava silenzioso al suo fianco.
"Perché lo hai fatto?" domandò di punto in bianco, mentre sorpassavano un gruppetto di vecchie signore curiose che accorrevano verso la chiesa, attratte dalle urla.
Light non rispose ma sospirò con lo sguardo rivolto al cielo.
"È stato molto stupido da parte tua. Se il prete parlasse? Intendi uccidere anche lui?"
"Non mi ha mai visto in faccia." Light alzò le spalle incurante ma dalla sua voce trapelò una stanchezza che mai aveva mostrato.
"Beh, nella chiesa qualcun altro potrebbe averti visto. Il mocciosetto di sicuro. Era forse un sorriso quello che gli hai rivolto? Inquietante, conoscendoti."
Lo Shinigami si parò davanti al ragazzo che invece lo ignorò e proseguì il cammino senza neppure rallentare.
"E così anche il terribile e freddo Kira mostra compassione?" lo schernì ancora il Dio della Morte.
Light alzò ancora le spalle.
Era vero, aveva sorriso a quel bambino.
I muscoli del suo viso si erano tesi involontariamente come semplice risposta a quella smorfia innocente o aveva davvero provato qualcosa?
Ma che cosa?
Perché, subito dopo aver scoperto l'identità dello sconosciuto che aveva chiamato la centrale per denunciare un rispettabile uomo d'affari di chissà quale crimine, aveva deciso di incontrarlo di persona?
Cosa aveva reso quell'esecuzione diversa dalle altre?
Gli ci era voluto poco tempo per scoprire i reati di Otada Kyosuke. Gli era bastata una piccola ricerca nel database della polizia, una veloce lettura della sua fedina penale ed anche le più nascoste e passate piccole colpe dell'uomo erano bastate a chiarirgli il senso della telefonata.

'… egli mi ha confidato che… egli fa del male… quella povera creatura. Dovete fare qualcosa! '

Ma perché incontrare l'uomo che lo aveva denunciato?
Perché non limitarsi ad uccidere da lontano?
Il tradimento degli ideali.
Padre Kishimori aveva violato un sacro giuramento per difendere un senso di giustizia superiore. Tutto solo per la salvezza di un innocente.
Poteva davvero paragonare il gesto del parroco a tutto ciò che aveva fatto nel corso dei lunghi anni che lo avevano portato a diventare Kira?
Un piccolo spiraglio della sua anima gli diceva di sì. Tentava ancora di convincere quella lontana e sorda voce della sua coscienza che tutto il sangue che aveva versato, le morti ed il dolore che aveva provocato erano nulla paragonati al bene a cui tutto avrebbe condotto.
I suoi ideali erano sempre gli stessi, ciò a cui puntava era un mondo migliore, la stessa speranza che aveva scorto negli occhi di quell'innocente.
Per il bene supremo si costringeva a portare sulle spalle il peso delle sue innumerevoli colpe.
"Dico davvero, se il vecchio parlasse, finiresti in un bel casino!"
Light sospirò.
"Non parlerà" mormorò sicuro, mentre saliva in macchina per dirigersi spedito verso il quartier generale.
Pronto ad una nuova giornata di lavoro, nei panni di L, l'unico genio in grado di mettere le manette ai polsi del famigerato killer dei criminali.

(Fine)


  
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