Fanfic su artisti musicali > 5 Seconds of Summer
Ricorda la storia  |       
Autore: Holly Rosebane    08/01/2015    1 recensioni
Era così preso dal non sentire assolutamente niente, che si accorse del cambiamento soltanto quando il volume della musica passò dal rimbalzargli nella cassa toracica ad assordarlo con la propria assenza. Fu allora che spalancò gli occhi, lievemente infastidito, notando l’inconfondibile figura di Michael Clifford in piedi accanto allo stereo, le labbra rosate storte in una smorfia di disgusto. La penombra non rendeva giustizia al colore assurdo dei suoi capelli e forse era un bene. Ad Ashton non erano mai piaciuti i toni fluo.
«Porca merda, fratello, questo posto sembra una discarica» esordì, con la sua solita finezza da rimorchiatore di navi, lanciando un’occhiata circolare all’ambiente intorno a sé. «E basta con gli Enter Shikari. Questa robaccia ti fotte il cervello» seguitò, questa volta riferendosi al misto di urla e sintetizzatori psichedelici che gli avevano martellato direttamente sul cranio fino a pochi secondi prima.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Luke Hemmings, Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
Warning!: Questa storia era già stata precedentemente pubblicata sotto il nome di "3 Doors {Insanity}", nell'account "Aethereal" (sempre mio, ma provvisorio). Anch'essa verrà ripostata qui, nel mio profilo reale, revisionata e corretta.









1st
Door



"Non capisco come sia possibile che amare profondamente qualcuno voglia dire ferire quella persona in modo tanto crudele. Perché se così fosse, che significato avrebbe amare?"
H. MURAKAMI
 
 
 
 
 
L’amore.
Un sentimento universalmente riconosciuto, decantato dai più abili poeti lungo i secoli, fissato sempiternamente sulla carta da altrettante schiere di scrittori, sottinteso o esplicitato da diverse mirabili canzoni di ogni tempo. Per definizione, egli non ne alcuna. Ciascun essere umano lo sperimenta in modi e forme diverse, che non possono essere contate, così come le stelle. Provando a ridurre il campo a misura di terrestre, si potrebbe chiamare quella sorta di magia che stringe i polsi e i cuori di due individui, legandoli indissolubilmente, costringendoli a vivere dell’altro, fino a sentirsi l’uno parte delle membra di chi gli è accanto.
Per Daphne Collins e Ashton Irwin era amore. Lo sembrava fin nei minimi particolari. Nei momenti in cui, a casa della ragazza, si scattavano polaroids seduti al tavolo della cucina, di prima mattina, quando soltanto la tenera luce dell’aurora e il caffè erano tollerabili, nient’altro. Anche quando, distesi sull’alto letto in ferro battuto di lei, parlavano del più e del meno, con gli occhi persi fuori dalla finestra ad ammirare le luci notturne di Sydney, il capo di lui posato sul grembo della giovane, le dita intrecciate fra i capelli, le voci ridotte a poco più che sussurri.
Era amore. Nessuno poteva negarlo. Perfino Luke Hemmings, migliore amico di Daphne e componente attivo della sgangherata comitiva di casi umani di cui Ashton piaceva attorniarsi, lo riconosceva. Una di quelle coppie solide, che diventano storiche, delle quali l’aria già profuma di futuro, dove l’“io” diventa automaticamente “noi”.
Eppure, una sera, Ashton decise di uscire di casa da solo. Daphne avrebbe passato la notte con un’amica, la quale non vedeva da un anno intero. Azione più che comprensibile. Allora perché il ragazzo aveva avvertito l’urgenza di tirarsi dietro la porta dello spartano appartamento dove viveva, con la chiara intenzione di trascorrere una serata in compagnia di quelle tanto ammalianti quanto tentatrici bollicine dorate racchiuse in una gabbia di freddo vetro verde oceano o ocra scuro? Credeva di compiere un’azione molto tranquilla, nessuno l’avrebbe arrestato per una Heineken in un locale poco lontano da casa, in completa solitudine maschile. Forse era addirittura condivisibile da ulteriori opinioni estranee. Sentiva di doversi dedicare quel momento, essendo sempre stato impegnato a dividere la vita con Daphne. Per qualche ora sarebbe stato solo Ashton e nessun altro.
E così fu, dal momento in cui mise piede nel chiassoso pub, con le poche luci soffuse, i bisbigli sussurrati allo stesso volume di una qualsiasi altra conversazione, la musica al di sopra della soglia della tolleranza, il profumato odore di cocktails, le fresche risate della gente, i tacchi delle ragazze che ticchettavano ritmicamente sul pavimento. Aveva sorriso al barista, sedendosi sul consunto sgabello in pelle nera ormai levigata dall’uso, direttamente davanti al bancone, appoggiando entrambe le braccia sulla lustra superficie luccicante. Aveva ordinato una maxi e successivamente i suoi occhi si erano posati sul grande schermo piatto che campeggiava sulla parete laterale più distante, osservando uno psichedelico video dance senza capo né coda.
Appena l’enorme e lucido bicchiere di liquido ambrato ed effervescente fu posato accanto alla sua figura, magicamente apparve anche una giovane donna, scivolando silenziosamente sullo sgabello accanto al suo. Un dolce e pungente profumo dal sapore orientale aveva accentuato i suoi sinuosi movimenti da pantera, accompagnandone le lunghe e morbide matasse dei capelli, che le ricadevano lisce come seta lungo i fianchi e la schiena. Gli aveva sorriso, mantenendo una certa distanza fisica, mentre già avviava la conversazione s’un piano leggero e per nulla impegnativo. Ad Ashton non dispiacque. Lei era decisamente bella, spigliata… “easy”, come l’avrebbe definita quel testone di Michael, vecchia volpe.
Altrettanto magicamente com’era arrivata, anche le consumazioni raddoppiarono e triplicarono, fino a spingerli fuori dal locale stringendo una bottiglia verdastra per i collo, sorreggendosi a vicenda e barcollando, ridendo a gran voce su parole prive di senso. Senza nemmeno pensarci, Ashton la condusse fino al suo appartamento. Nonostante la sbronza, riuscì perfettamente ad infilare la chiave nella serratura e ad aprire la porta. Calciò via le scarpe, abbandonando la birra ormai vuotata sulla prima superficie libera, mentre la ragazza già lo attirava a sé, stringendo audacemente con le dita il tessuto della sua maglietta. Fu un attimo, il tempo di un paio di soffocate risatine e di baci dal sapore peccaminoso.
L’indomani, fu proprio Ashton a svegliarsi per primo, avvolto in un groviglio di lenzuola bianche spiegazzate, completamente nudo, con un forte mal di testa e un grande senso di disorientamento addosso.  Si guardò attorno, focalizzando il corpo flessuoso della giovane che riposava supino, le strette spalle bianco latte che si sollevavano ed abbassavano ritmicamente, inerme. Il ragazzo si passò stancamente una mano sul volto, quasi a voler lavare via di dosso l’odiosa sensazione di aver commesso qualcosa d’irreparabile. Si alzò, raccattando i pantaloni e la maglietta che aveva lasciato in terra la scorsa notte e indossandoli automaticamente, in un gesto che sembrava porre una netta distanza fra ciò che era accaduto e la propria persona. Poi, si trascinò stancamente fino allo specchio ormai opaco e pieno di ditate e scritte vergate in pennarello nero che tutti i suoi amici gli avevano lasciato. Riconobbe il proprio volto, ancora stropicciato come le coperte sul suo letto. Si tirò indietro i capelli, facendo una smorfia di stizza, individuando anche una macchia violacea lungo il collo, che aveva tutta l’aria di un livido, ma che nessuno avrebbe mai preso per tale.
Improvvisamente, sentì una chiave girare nella toppa e vide la porta aprirsi, rivelando la familiare figura di Daphne profilarsi pian piano. Il fresco sorriso dipinto sulle belle labbra della ragazza si gelò all’istante, quando vide Ashton in piedi davanti allo specchio, l’ambiente in disordine e abiti femminili che non erano i suoi sparsi in ogni dove. Il sacchetto con i cornetti ancora caldi che aveva preso per fare colazione con il suo ragazzo caddero in terra, ad evidenziare lo shock della giovane. Quasi nello stesso momento, l’altra donna che aveva trascorso la nottata con Ashton si svegliò, manifestando la sua presenza. Daphne non proferì neanche una parola, mentre la sconosciuta prendeva coscienza della situazione con aria di divertita colpevolezza, si rivestiva in tutta fretta e spariva dalla porta, tirandosela dietro con troppa foga.
«Posso spiegare» disse il ragazzo già pentendosene, mentre lei scuoteva il capo, incredula, la vista appannata dalle lacrime. Trascorsero l’ora successiva a litigare, urlandosi contro frasi offensive che tagliavano più dei coltelli, come mai avevano fatto prima.
«Non ero abbastanza per te, vero? Oppure il mio amore era troppo, visto che hai sentito così disperatamente il bisogno di evadere, non appena ti si è presentata l’occasione?» Domandò Daphne, afferrando con isterica violenza il tessuto grigiastro della maglietta di Ashton, il quale si era seduto sul pavimento, con la testa fra le mani. Lo costrinse ad alzarsi, strattonandolo, ritrovandoselo a pochi centimetri dal proprio volto. Il ragazzo si allontanò, quando lei lo spinse via, per poi tirarlo di nuovo a sé. Lui non ne poteva più di sentirla soffrire, di vederla piangere, di ascoltarla lacerargli i timpani e la coscienza con frasi che non avrebbe mai voluto udire.
Mentre un silenzio carico di elettricità calava sulle spalle di entrambi, lei chinò la testa sul suo petto, battendogli i pugni chiusi sulle spalle, il respiro rotto dal pianto. Lui le strinse i polsi, tenendoli fermi, mentre lei pian piano si arrendeva al suo abbraccio consolatorio, avvertendo tutto il calore di quelle braccia, che la cingevano stretta, con dolore e mortificazione. Quando fu abbastanza calma da sollevare il volto, Ashton le asciugò le tracce umide delle lacrime con i pollici, baciandole la fronte. Daphne scosse piano la testa, mordendosi le labbra talmente forte da sentire il sapore del sangue.
«È finita».





Nota: quasi sento le urla di disperazione del fandom dei 5sos, per aver infestato anche questo posto. Oh beh, sfortunatamente (?) ho trovato questi quattro australiani particolarmente interessanti dal punto di vista ispiratorio. E nulla ha potuto trattenermi dal lavorare su di loro!
Quindi, vi consegno anche questa breve storia (solo tre capitoli), visto che le mie long in progress stanno ormai per volgere al termine. Appena disporrò degli adeguati mezzi, allegherò alla ff anche il banner che avevo preparato, togliendo quel tristissimo titolo in corsivo che sono stata costretta a piazzare in mancanza di meglio. Vi ringrazio, tutti, per essere arrivati a leggere fin qui, ricordandovi che un'opinione in merito è graditissima e che non mordo (spesso)! Quindi non siate timidi! Ora scappo ad aggiornare le altre storie (la spada di Damocle delle pennette Internet pende inesorabile sul mio capo)! See ya!
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > 5 Seconds of Summer / Vai alla pagina dell'autore: Holly Rosebane