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Autore: Blood Candy    09/01/2015    0 recensioni
E solo la luna sa cosa accadde quella notte, dentro quelle quattro mura, tra i due ragazzi.
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Brendon Urie, Jon Walker, Ryan Ross, Spencer Smith
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Warning!
La prima pagina di questa storia è, temo, noiosa. Ma non demordete! Dopo il tutto degenera in un demenziale fangirleggio! Detto ciò, buona lettura.

 


Only moon knows

 

Come ci era finito lì?

Chiuso nella sua stanza d’albergo, fermo, zitto, serio!?

“La solitudine è una brutta bestia, vero Urie?” si ripeteva mentalmente.

Era fermo là da ore, ad attendere il concerto che avrebbe dovuto affrontare quella sera, e con esso la voglia di fare.

Neppure Spencer era lì con lui: aveva ovviamente preferito passare una giornata con Jon, che era venuto a fargli visita e che non vedeva da tanto tempo, che con quel folle di Brendon.

Esatto, perché lui era quello pazzo, quello simpatico, lui era quello che non stava un attimo fermo, quello che non stava zitto un secondo. Lui era quello che sprizzava gioia da ogni poro, e nessuno ci avrebbe creduto se avesse detto che era triste.

«La solitudine è una brutta bestia, vero Urie?» sussurrò, per spezzare il silenzio cupo e monotono che di quel luogo che lo stava facendo impazzire.

Nessuno conosceva quel lato di Brendon, e anzi, neppure Brendon stesso lo comprendeva a pieno.

Quella tristezza latente e stantia solo poche volte nella sua vita l’aveva vissuta, e non lo aveva mai condotto a nulla di costruttivo.

Si alzò lentamente e, nel silenzio che si era ristabilito, andò a scaldare la tazza di tè preparata precedentemente.

Le tapparelle socchiuse proiettavano la flebile luce invernale dai piccoli spifferi rimasti aperti, e per una crudele coincidenza un fascio di queste pallide luci puntava dritta alla foto della sua band. Della sua band quando era intera, quando c’erano proprio tutti, quando le stanze d’albergo erano piene di luce, rumore e movimento, quando non era solo.

Ma in un istante il ghigno nostalgico si era formato sul volto di Brendon sparì: proprio acanto a lui nella foto c’era il ragazzo che voleva sentire chiamarlo, quello che ogni volta gli dava la carica giusta per rendere il massimo ai concerti.

Ryan Ross.

«Quello stronzo - pensò Brendon irritato – ha lasciato la band, che ora vive come una sedia senza due gambe: in piedi solo grazie a chi la sorregge, ma lui ha lasciato pure ci tiene su: ha lasciato anche i fan, tutti coloro che credevano in lui, che credevano in noi. Ha lasciato me…» faceva male ogni volta.

Ne era convinto Brendon, era convinto di essere stato preso in giro.

Ryan Ross, con il suo visino dolce, simile ad un bambino, era uno stronzo.

E lo era certamente più di Jon, o almeno questo valeva per Urie.

Perché Ryan aveva rubato un pezzo del suo cuore, ma quell’eccentrico cantante non l’aveva ancora capito.

Pensava che fosse stato tutto gioco tra loro due: quelle risate, quelle serate folli in cui, ubriachi avevano dato di matto, quegli sguardi, quei baci…era tutto un gioco, no?

E finché rammentava ciò accadde qualcosa, qualcosa di grande.

«Lo vado a cercare. Fanculo il tour, io voglio una cosa ora, e la avrò.»

Sorrise compiaciuto: avrebbe ottenuto risposta quella domanda che si poneva semplicemente da troppo tempo.

Aprì energicamente le persiane e con passo sicuro si diresse verso la porta.

Arrivato sull’uscio però, si rese conto che forse era preferibile l’uso di abiti; anche perché se si fosse presentato all’aeroporto così, probabilmente non gli avrebbero permesso di salire su alcun aereo, così torno indietro e si vestì.

Prese anche la valigia ed il portafoglio, perché certamente il volo dal Cile al Nevada non sarebbe stato gratuito.

Ecco sì, ora era pronto: aveva anche scritto una lettera a Specer, in cui spiegava i breve ciò che stava accadendo, e aveva lasciato poi un messaggio in segreteria al suo manager per dirgli che il concerto sarebbe dovuto esser rimandato al giorno successivo.

E con la valigia che rumorosamente lo seguiva, passava fila dopo ogni passaggio per arrivare al suo Ryan.

In aereo il tempo pareva non passare mai, e neppure la vista di quelle città illuminate nella notte da piccole luci calde appagavano ciò che quell’attesa stava scaturendo in Brendon.

Ma alla riuscì a mantenere la calma, e nel giro di 4 ore arrivò.

Una volta sceso capì, con un istinto quasi animalesco, dove doveva andare.

Conosceva alla perfezione la casa dell’ amico, ogni stanza, ogni suo angolo, ogni singola ragnatela, ed era certo che lo avrebbe trovato là…dove altro potrebbe essere alle 4 di mattina di un martedì invernale?

Ma, una volta uscito da lì, Brendon si rese conto di non avere la minima idea di come arrivarci, e allora chiamò il primo taxi di passaggio.

Ed ora eccolo, finalmente arrivato dopo quella sua piccola Odissea, fermo accanto alla porta Ryan.

Tremava d’emozione – e di freddo, ma soprattutto d’emozione – e non esitò un istante prima di pigiare il bottone che innescava il campanello dell’amico.

Non gli passò minimamente per la testa l’idea che Ryan potesse star dormendo, ma ciò poco ci importa.

Attese un po’, ma nessuno si prestò ad aprire quella porta, così suonò nuovamente.

Si stava per arrabbiare, e Brendon arrabbiato è come l’eruzione di un vulcano: meglio tenercisi alla larga.

Sentì, nel silenzio della notte, il suono dei passi pesanti di chi è stato svegliato controvoglia, e pensò che forse sarebbe stato meglio se se ne fosse andato.

Ma decise di non andare, ormai il danno era fatto e lui era lì, e allora non si sarebbe mosso finché non avesse trovato la risposta che bramava.

Ryan aprì la porta con un movimento lento e sgraziato, e stropicciandosi gli occhi cercò di distinguere il volto che gli si presentò davanti in quella notte di metà gennaio.

Il chitarrista, o meglio, l’ex chitarrista, era così piccolo nel suo imbarazzante pigiama di flanella rosacea, decorato on qualche indecifrabile disegno, e il suo volto era sempre il volto di bambino che lo caratterizzava.

«B-Brendon? Sei proprio tu? Che diamine ci fai qua!? Non dovresti essere in Ci- si bloccò: non poteva rivelare il fatto che seguisse, seppur distante, ogni concerto del tour della band, così cercò di sviare il discorso –Ah, non perdiamoci in chiacchere, suvvia, entra! Fa certamente freddo là fuori! Sei per caso impazzito?» Detto ciò, prese prepotentemente Brendon per mano, e fece per trascinarlo con sé dentro casa.

«Aspetta- fece resistenza l’altro- Prima mi devi una risposta» replicò quindi Urie, che pareva appena uscito da un film romantico di Natale.

«Va bene, basta che ti sbrighi» rispose Ross scocciato.

«Dimmi se ti amo» chiese Brendon, guardandolo negli occhi.

«Ma che… Ti sei fumato il cervello? Che domanda è? Come posso risponder- e fu sorpreso con un bacio.

Sentì il calore del corpo di Brendon, e ricordò la prima volta.

Ne era passato di tempo dall’ultimo bacio tra i due…troppo tempo.

Erano un tutt’ uno, in quel freddo inverno americano.

Ryan si staccò un attimo per prendere fiato, e decise, più o meno, di rispondere alla domanda che ancora non era stata risolta: «Non so se tu mi ami, ma una cosa mi è certa: io, George Ryan Ross III, ti amo, Brendon Boyd Urie»

Un sorriso segnò i volti dei due ragazzi, e mentre si riunivano in quel bacio speciale Brendon capì, e si rispose: « E io, Brendon Boyd Urie, amo te, George Ryan Ross» ridacchiò, evitando di puntualizzare il "III" nel nome del ragazzo che lo aveva sempre divertito.

E in quell’attimo fu espresso il desiderio che la luna non scendesse più, per far durare quella notte in eterno.

E solo la luna sa cosa accadde quella notte, dentro quelle quattro mura, tra i due ragazzi.

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Note dell'autore

Saaaaalve!
Sono nuova di qua, nonostante ascolti i panic da anni: semplicemente non avevo l'ispirazione giusta.
La storia era iniziata come qualcosa di serio e cupo, solo che poi, non so bene perchè, la mia mente ha iniziato a fangirleggiare facendomi perdere il senno e scrivere..questo.
E' certamente diversa da ciò che scrivo di solito, ma d'altronde sono i panic! Come si può scrivere qualcosa di serio e sensato?
Detto questo vi saluto perchè devo lasciare il computer a mio padre -.-"
With Rage n Love

Blood Candy

   
 
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