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Autore: Kimmi    10/01/2015    0 recensioni
Karkat e John trovano del tempo da trascorrere assieme, loro due soltanto...
[Pensò che, se stava ricevendo tutta quella passione, poteva anche voler significare che Karkat stesse cercando di trasmettergli i suoi sentimenti.
John, in cuor suo volle tener valida questa risposta]
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: John Egbert, Karkat Vantas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le cicale chiacchierone non accennavano a star zitte un minuto e liberare l'aria dai loro piagnucolii. Erano tante e dappertutto, ma nessuna identificabile, si nascondevano tutte nella fitta erba: era una sconfinata risaia in una qualche terra di nessuno.
Il sole emetteva raggi di un certo teporino con una lieve predisposizione all'afa; l'abbigliamento ideale sarebbe stato esser nudi, direttamente.
Le nuvole erano percepibilmente trascinate via con velocità dagli assopiti sospiri del vento, un vento malinconico, ma in pace con sé stesso.
Pareva un paesaggio mistico, ma era soltanto la primavera.
Eppure al giovane umano John sembrò ci fosse dell'altro... 
Che provasse timore nel non essere in grado di poter leggere ciò che un tempo era affisso alle indicazioni che erano ora sbiadite completamente? 
Inquietudine nei confronti di quelle rotaie che ad un certo punto andavano ad invadere letteralmente il campo, conscio che, ridotte com'erano, quelle erano rotaie di disperazione in quanto non avrebbero mai più portato nessuno da alcuna parte?
Abbassando la testa lo notò: aveva già i piedi bagnati perchè si ostinò a mettere i soliti vestiti, e dunque le stesse, basse scarpe da ginnastica, quasi non ne avesse altre. Passeggiando quà e là per una risaia non poteva non aspettarselo.
Per fortuna era attrezzato meglio per quanto riguardava lo zaino: tutto doveva essere perfetto per la sua fuga romantica, o per lo meno provarci.
Era forse arrivato sul luogo dell'incontro troppo presto? E se sì, quanto ancora si sarebbe dovuto struggere, angoscioso, prima di vedere quel volto?
Senz'altro era questo dubbio ciò che lo agitava maggiormente tra le cose, e ne ebbe la conferma quando notò di fianco all'indecifrabile cartello una figura che cercava forse di nascondersi dietro l'insegna e sbirciava però, curioso, nella sua direzione.
Fu dunque in quel momento che le catene di ansia si spezzarono: Karkat!
Era lì.
John avrebbe giurato di aver sentito il loro rumore di rottura ronzare un paio di volte all'altezza delle sue orecchie. Poi, beccato, il troll che si fece attendere tanto prese l'iniziativa: "Dio...John, che cazzo fai?"
John venne colto da un' irrefrenabile sorpresa: "Ti... ti stavo aspettando e..."
Si rendeva conto di come si fosse conciato in modo alquanto imbarazzante, ma fece un patto con sé stesso nel voler provare l'esperimento 'mi-metto-delle-corna-finte-e-mi-pitturo-di-grigio-per-sembrare-come-lui' , giusto per strappargli un sorriso.
Ma non fu così esattamente. 
Karkat poteva davvero essere un musone a volte, ma la sua espressione poco dopo s'addolcì come miele appena sciolto in una tazza di thé, e John ne fu compiaciuto; ebbe fin il coraggio di prenderlo per mano ed invitarlo a seguirlo. In quel modo, lo trascinò semplicemente nell'acqua dove c'era anche lui.
Ops...
Forse si erano bagnate anche le sue calze ora! E sapeva quanto Karkat odiasse avere la sensazione di umidità addosso, ma per sua fortuna oggi sembrava più di buonumore del solito tanto da lasciar correre ogni piccolezza da John commessa e che, normalmente, gli avrebbe fatto guadagnare un abbonamento a insulti gratis per la durata minima di una settimana intera, del resto anche il cuore dell'aspirante mago stava imparando a fischiettare per la gioia.
Risollevando la testa e lasciando alle spalle l'imbarazzo o almeno una parte di esso, John diede al cancerino una scossa che come conseguenza lo fece sbuffare, ma che in compenso gli fruttò qualcosa di molto speciale.
Il troll aveva posato le sue assai scure labbra su quelle pallide ma carnose dell'umano. 1000$ dollari, o anche 1000 martelli pogo dei suoi non erano la stessa cosa in confronto a quello che stava ricevendo in quel momento: l'incontro delle due labbra si stava ora evolvendo in un bacio vero e proprio, dopo questa fase di durata 5 secondi massimi belli e buoni, il tutto si trasformò in una lotta tra lingue. John non sapeva da dove Karkat, o meglio la sua lingua prendesse tutta quella energia e foga. Provò ad ipotizzare che forse era dovuto all'anatomia dei troll, se già la lingua era uno dei muscoli più forti in un essere umano, come lui, trattandosi di un troll poteva solo immaginarsi! Anzi, lo stava già sperimentando, al momento.
Era una stramba idea, Karkat ai suoi occhi appariva così gracilino, e probabilmente anche secondo tutti gli altri.
Poi fu il turno in cui un'ipotesi diversa gli balenò tra i suoi pensieri.
Pensò che, se stava ricevendo tutta quella passione poteva anche voler significare che Karkat stesse cercando di trasmettergli i suoi sentimenti.
John, in cuor suo volle tener valida questa risposta.
Un'istante di spazio tra i due visi, seppur l'uno solleticato dalla punta del naso dell'altro, e poi di nuovo assenza di spazio.
Come erano in grado di spezzare catene, accorciare gli spazi, insieme avrebbero potuto davvero fare sfaville, o almeno fuocherelli d'artificio.
Così pensò ciascuno dei due, ritornarono poi mentalmente sulla Terra.
Inoltre, Karkat si era allontanato da Alternia con scuse ben improbabili dopo aver organizzato l'incontro con John; decisero d'incamminarsi.
Se avevano una meta?
La meta c'era eccome: era tuttavia indefinita.
Così Karkat, con una mano dietro la schiena reggeva il manico di una scomoda valigetta rossa e grigia contenente tutti i suoi orpelli vari più importanti, con l'altra, afferrava la lievemente sudata mano di John, che pareva decisamente a livelli troppo alti di agitazione.
"Dai, li tolgo..." riferendosi ai cornini.
"Soprattutto... l'incredibile modo cazzuto con cui hai applicato il grigio in fronte... seriamente John, fattelo togliere." disse e riprese: "Fermati quì."
Detto ciò, s' inginocchiò di fronte a lui come un cavaliere medievale farebbe per conquistare la sua bella, ma in realtà aveva ben altre intenzioni che fargli da baciamano. Posizionò le sue mani sul bacino di John, lo afferrò per un momento come per ribadirgli di stare fermo, avrebbe volentieri fatto qualcosa, qualcosa che però non fece ma che venne semplicemente rimandato. Curandosi ben poco del dettaglio dei pantaloni ora fradici pure loro, estrasse dalla famigerata valigetta un qualche prodotto anomalo che servì comunque a risolvere il pasticcio da John creato.
Al termine, travolto dalla più totale sorpresa, fu John, di fatto, a lasciare un candido bacio sulle nocche di Karkat.
Se sembravano due sposini, il mondo lo poteva urlare forte.
Il troll, per rovinare l'atmosfera, o forse per salvarsi da quella situazione che stava prendendo una piega eccessivamente smielata e imbarazzante si mise a picchiettare il ragazzo, il quale reagì caricandosi Karkat e valigia da sé.
Sollevandolo, ebbe la conferma di che razza di piuma il cancerino fosse, gli venne fin il dubbio che non mangiasse regolarmente, anche se non aveva effettivamente la benché minima idea di cosa ci fosse nei principi alimentari di un troll o i suoi bisogni vitali; poteva essere che non fossero così diversi. 
L'umano arrivò a fare non più di un 5 metri scarsi a piedi trasportandolo in stile principessa, nonostante le varie proteste per via di un tale trattamento.
Fece il ragionamento che, se lo voleva azzittito per un attimo, la bocca doveva essere occupata in altro, quindi ci provò, in nome di un minuto di silenzio.
"Possibile che abbia sempre qualcosa da controbattere?" Spesso si chiedeva, ma invano in quanto la risposta era sempre e comunque affermativa.
"Sto cercando di diventare un dominante, uuh... " pronunciò, in modo palesemente confuso tanto da mettere a discutere quanto appena detto.
"Tsk, guarda che tu... vai bene così." il cancerino intendeva forse fargli un complimento.
John prese allora a spiccare in alto, in alto tra quelle bianche nuvole con la fretta alle calcagna, e prese esempio da loro mentre si dirigeva verso nord, avendo addocchiato un posticino... ideale, semplicemente perfetto.
Man mano che saliva, Karkat si accorse dell'altezza e protestò: "JOHN. ORA. METTIMI. GIU'."
Volle accontentarlo, lo lasciò andare.
Non un grido, non un suono uscì dalle labbra del ragazzo del Cancro durante la caduta, un unico e flebile: "Uohh" all'inizio appena si rese conto di non essere più tra le braccia del suo umano preferito.
A mezz'aria come una furia, venne diretto verso di lui a riprenderselo John, tramite una insolita salda presa, riposizionò Karkat dove era prima, tra le sue braccia, dove era giusto che stesse.
Non appena lo ebbe acciuffato gli sembrava di aver visto un'ombra di sollievo sul viso del ragazzo che stringeva nuovamente a sé.
"Stavo... scherzando!" disse il ragazzo fluttuante, in un tono mortificato, quasi di scuse e pentito pur non essendo precisamente nel torto.
"Anch'io. 
E per la cronaca, ci sei cascato!
"
"Anche tu!" scherzò John anche se effettivamente, Karkat solo un attimo fa era seriamente proiettato nel vuoto, quindi cascato giù dal cielo, il che, pericolosuccio.
"Sai,John, c'è sempre da ricredersi su di te. Sei il tipico coglione che nei momenti richiesti tira fuori le palle!" e John poteva benissimo vedere da sé che non fosse una menzogna: sul viso di lui aleggiavano beate due nubi rosee colme d'imbarazzo, che solamente dopo un po svanirono.
"Lo... prenderò per un complimento, Karkat, ti ringrazio!" Rischiava di fare la figura di uomo imbarazzato anche lui, sentiva già il magone agli occhi ed era, tra tutte le magie che lui conoscesse, la più ammaliante. Un Karkat è, in fin dei conti, una creatura magica.
Non indugiarono di più nel raggiungere il luogo da John addocchiato partendo dalla risaia.
Il cancerino venne adagiato su quello che una volta doveva essere il possente tronco di un albero imponente, ora spezzato del tutto, con una tale cura paragonabile a quella impiegata per posizionare invece uno Swarovski su di un ripiano.
Qualcosa prese il sopravvento nella mente dell'umano, si era ora messo ad osservare quanto di vivo c'era accanto a lui, rendendosi conto che, nonostante si udissero il suono dei grilli, i cip dei passerotti, le strimpellate delle ali di qualche insetto volante, ai suoi occhi nulla, nessun tesoro, nessuna bellezza della natura sarebbe valsa come Karkat. Il tutto, la visuale, in un qualche strano modo lo esaltava.
Ripercorreva più volte con gli occhi questo tratto, dal basso verso l'altro: le nere scarpe con la bianca suola erano, senza esercitare forza, adagiate sul letto di foglie sotto la chioma dell'acero alle loro spalle, più in sù le esili gambe, paragonabili a quelle di un fenicottero, tanto fragili d'apparenza ma evidentemente con una loro forza da permettergli di reggersi, decisamente troppo larga invece, la maglietta, che comunicava al mondo a quale segno zodiacale appartenesse e, infine c'era il volto, quel volto.
I capelli neri sbarazzini, quasi fosse o appena sveglio o appena fulminato, labbra che per lui erano le più desiderabili al mondo, soprattutto quelle rare volte i cui angoli erano rivolti verso l'alto e sorrideva; quel naso, forse un po schiacciato, ma anch'esso sprizzava tenerezza da tutte le narici, e quegli occhi infine...
Gli occhi di Karkat, pensava John, gli ricordavano quelli di un simpatico lemure del Madagascar, oppure quelli di un drogato.
E nel complesso, pensava che fin dall'inizio non gli fosse mai importato del fatto che lui era un umano e il suo amato un troll, al contrario, quest'ultimo sembrava averci più volte riflettuto ma mai fatto un dramma. 
John credeva che se Karkat fosse stato un umano, i giochi sarebbero stati già dall'inizio molto più facili; credeva anche che, nel caso fosse invece stato un peluche, avrebbe dormito tutte le notti accoccolato al suo fianco, ancora, se fosse stato un veleno, si sarebbe avvelenato, ma di fatto, voleva essergli accanto. Karkat era in ogni caso un troll, e John gli dava il suo amore.
Un John umano sempre più stuzzicato si chinò su di un Karkat troll innanzitutto per schioccargli un bacio sulla fronte, poi sul setto nasale, successivamente per incomiciare ciò che si era sempre proibito e mai azzardato a fare, prendendo il ritmo grazie al venticello che da quando si erano sistemati in quel posticino non li aveva abbandonati; e tutto il cumulo di foglie raggruppate sotto la veglia della pianta venne dissolto e ogni foglia persa nell'aria: in parte colpa del vento che tirava, in parte colpa dei due.




 
  
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