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Autore: metaldolphin    11/01/2015    5 recensioni
Un black hole (o buco nero) è un corpo celeste che una volta era una stella tra le più luminose. Ma quando non ha più energie da dare, diventa come un vampiro cosmico, attirando a sè qualsiasi cosa, materia ed energia, non lasciando sfuggire nemmeno la luce, distruggendo ciò che lo circonda.
Harlock si sente così, quando scopre qualcosa che nessuno avrebbe mai dovuto vedere.
L'antimateria è esternamente uguale alla materia, ma le cariche elettriche invertite delle sue particelle subatomiche la fanno diventare intimamente il suo contrario; se dovessero incontrarsi, si annullerebbero in un'esplosione di energia.
Yuki Kei si sente così, su una Terra ormai a lei estranea, dopo essere stata abbandonata dal suo Capitano.
E' troppo tardi per entrambi?
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harlock, Un po' tutti, Yuki
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Harlock non aveva dato una rotta al suo Amico: la cosa importante, in quel momento, era raggiungere al più presto lo spazio aperto, per evitare il consueto, noioso scontro con le forze aeree terrestri.
Non aveva detto nulla agli altri, dopo aver dato loro il permesso di tornare a bordo: era sparito nel suo alloggio poppiero e non si vedeva in giro nemmeno Yuki.
Avrebbe parlato con gli altri più tardi, adesso era il momento delle spiegazioni e delle scuse con qualcuno in particolare.
Yuki Kei lo guardava, seduta composta e rigida sulla sedia, lo sguardo interrogativo, velato di rabbia repressa e colmo di una inquietudine nuova.
Cosa era accaduto?
Perché era tornato indietro e le aveva detto quelle parole?
-Ti chiederai perché l'ho fatto- esordì lui, dandole le spalle, guardando dalla sua privilegiata postazione panoramica lo spazio che si lasciavano dietro, la Terra ben visibile con i suoi colori vividi contro il nero sfondo puntellato di stelle.
-Cosa? Lasciarmi indietro o tornare?

Il Capitano rimase muto.
Non aveva tutti i torti ad essere arrabbiata.
Ma ciò che più lo colpì fu la totale mancanza di fiducia in lui, chiara nelle parole dette e nel tono in cui le aveva pronunciate.
Mai si sarebbe aspettato di vederla così.
E scoprì di avere davvero paura di non essere tornato in tempo, che la Yuki conosciuta potesse essere ormai un ricordo lontano nel tempo, lasciato sfumare quando i potenti motori dell'Arcadia lo avevano portato lontano senza una parola di commiato, senza una spiegazione.

Non si voltò a guardarla, mentre le rispondeva cercando di mantenere il solito timbro caldo ed un tono di voce non troppo alto: -Forse entrambe le cose. Hai diritto a tutte le risposte.
Stavolta toccò a lei trattenere il fiato, come aveva fatto anche in quella radura, tra tutta quella gente, mentre lui la abbracciava e poi la conduceva, tenendola per mano, a bordo.

Lui continuò: -Sono andato via perché credevo che fosse giusto così. C'era e c'è ancora bisogno di persone come voi per ricostruire e fare di quel pianeta un posto migliore… i Terrestri sono soltanto dei rammolliti che non sanno cosa vogliono. Inoltre non volevo più sapervi in pericolo, dato che nonostante tutte le promesse fatte, il Governo continua a dare la caccia all'Arcadia. In quanto al mio ritorno… - si voltò a guardarla, poi si avvicinò alla vecchia scrivania di legno che completava l'eterogeneo arredamento della sua camera e ne aprì un cassetto chiuso con una chiave annerita dal tempo. Ne estrasse la scheda del diario e Yuki arrossì, imbarazzata, riconoscendola.
-So bene che non avrei dovuto leggerla. Ma è successo e la cosa non mi dispiace, perché mi ha aperto gli occhi. Scusami, non avevo capito. O non volevo capire, non lo so nemmeno io.

Le narrò, non senza emozione, di molti anni prima, di lui e di Maya, di come l'avesse persa e di quanto ne avesse sofferto. Di come avesse chiuso il suo cuore, anno dopo anno, rivolgendo la sua mente ad altro, sui nemici da affrontare e alla difficile vita da fuggitivo nello spazio. Della successiva perdita del suo Amico, del nuovo dolore che gli aveva lacerato l'anima, e l'aveva spinto a chiuderla in una fortezza quasi inaccessibile.

Le si fece vicino e si chinò a posarle una mano guantata sul viso chiaro, da cui traspariva una partecipazione che si confaceva al suo carattere.
-Perdonami. Accetterò se non vorrai più seguirmi. Se vorrai tornare indietro non hai che da dirlo.

Una lacrima le segnò il viso.
Poi un'altra.
Vennero fuori in silenzio, senza un sospiro o un singhiozzo: scorrevano mute, semplicemente, da due occhi troppo azzurri per essere dimenticati e troppo coraggiosi per essere sottovalutati. Ma non vi lesse perdono o completa fiducia, non ancora.

C'era qualcosa che doveva essere messo in chiaro, prima.
Si alzò in piedi, in quegli strani abiti civili, così fuori posto in quel contesto già di per sé così singolare, tra legno, cuoio, velluto ed acciaio.
Anche se non era abbastanza alta da guardarlo in viso senza alzare gli occhi, lo fronteggiò con il coraggio che lui ben conosceva e che sapeva essere ancora presente in lei, nonostante l'aspetto fragile.
-Cercherai ancora di decidere della mia vita?- gli chiese, calcando il tono su quel possesso che, a ragione, lei considerava soltanto suo.

Era quello il punto: a Yuki non andava il fatto che lui avesse deciso per lei, con quell'abbandono, forzandola ad una separazione mai chiesta, ad una vita che non desiderava condurre.
Harlock l'aveva capito leggendo quello stralcio del suo diario, glielo stava ribadendo lei stessa a voce.
Lui, che si vantava di di viaggiare sotto un vessillo che considerava di libertà, non ne aveva dato al suo equipaggio: liberamente lo avevano seguito e li aveva costretti a sbarcare e rimanere sulla Terra.
Sorrise con amarezza, piegando appena le labbra, poi scosse il capo.
-No. Né della tua, né di quella degli altri.

Solo a quelle parole un pallido sorriso le si affacciò sul volto ancora umido e nello sguardo tornarono a far capolino vecchi sentimenti, mai scomparsi, ma soltanto sopraffatti dalla disperazione e dalla delusione.
-Allora va bene- gli confermò.

E poi volle sentire soltanto il suo calore, avvolgendosi delle sue braccia e stringendolo a sé, per imprimere bene nella mente quella sensazione: non aveva capito con chiarezza i sentimenti di lui, se ci fosse stata occasione di provarla ancora una volta… quello era un momento particolare, che probabilmente non si sarebbe ripetuto.
Però, quando fece per staccarsi, Harlock la trattenne, carezzandole la schiena con impacciata ed inaspettata delicatezza.
-Resta con me, Yuki- le mormorò e lei si irrigidì, non credendogli ancora.

Cercò ancora una volta il suo viso, per una conferma a lungo desiderata e la trovò nel suo occhio profondo che la guardava con una luce tutta nuova.
Senza riuscire a parlare, si limitò ad annuire, ridendo.
Non aveva sperato più di sentirgli dire quelle parole, ormai da tanto tempo, da prima che la abbandonasse.

E poi dietro di lui il cielo e le stelle si confusero in un unico vortice che poco dopo incluse anche l'arredamento della cabina del Comandante, mentre le assaggiava le labbra in un primo bacio, poi in un altro ed un altro ancora, fino a che nulla parve più esistere intorno a loro: c'erano soltanto l'uno per l'altra e nulla più.
 
 
 
 
 
 
  Angolo dell'Autore a piè (di pagina):
Salve a tutti!
Come notato da coloro che hanno dedicato il loro tempo a leggere la prima parte di questa mia, la storia è il mio personalissimo proseguo alla serie classica, quella che vidi da bimba e che più di tutte mi è rimasta dentro.
Le mie perplessità coincidono con quelle di Yuki, che libertà è se poi li costringi a sbarcare?
Allora sogno il ritorno di un Capitano che comprende questa sua (momentanea?) incoerenza e fargli abbracciare una Yuki che, evidentemente, solo e soltanto nei miei ricordi un po' appannati vuole stare con lui.
Perdonate sviste, incongruenze e svarioni scientifici: qualora ce ne fossero è solo colpa di chi scrive!

Ringrazio chiunque dedichi il suo tempo per seguirmi: non è cosa dovuta in questa vita sempre di corsa e quindi doppiamente preziosa!
   
 
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