Fandom: Sherlock (BBC)
Tipo: one shot
Personaggi: Sherlock Holmes, John Watson
Coppia: slask
Rating: PG, verde, K
PoV: terza persona
Disclaimers: i personaggi non sono miei, ma di Sir Arthur Conan Doyle, e per Sherlock (BBC) di Steven Moffat
e Mark Gatiss. I personaggi e gli eventi in questo
racconto sono utilizzati senza scopo di lucro.
Cicatrici
di Bombay
John
entrò in casa e passò davanti alla porta della camera da
letto di Sherlock, senza volerlo gettò uno sguardo all’interno e vide il
suo inquilino finire di vestirsi, ma prima che il tessuto di seta coprisse
quella pelle diafana, Watson scorse qualcosa che sperò ardentemente di non aver
visto.
Senza
riflettere entrò nella stanza non curandosi dell’espressione contrariata del suo
coinquilino.
“Togliti
la camicia” disse perentorio.
“Prego?”
ribadì l’altro sollevando un sopracciglio.
“Hai
capito benissimo: levati la camicia” ordinò avanzando di un passo minaccioso.
“Non
capisco perché dovrei?” ribatté iniziando ad abbottonarla.
“Voglio
solo controllare una cosa” spiegò frenando con la propria, le mani di Sherlock.
Il
consulente investigativo rimase immobile per un lungo momento, infine
umettandosi le labbra, liberò i bottoni dalle asole e lasciò scendere la
camicia oltre le spalle, questa cadde a terra con un fruscio.
John
gli osservò la schiena “Mio Dio… Sherlock…” mormorò portandosi una mano alle
labbra, con l’altra gli sfiorò l’epidermide segnata da delle bianche cicatrici.
Holmes
chiuse gli occhi e la sua pelle si increspò di brividi
a quel tocco caldo e gentile.
“Cosa
ti hanno fatto?” domandò tornando a fronteggiarlo posandogli una mano sul petto
dove altri segni deturpavano quella pelle altresì immacolata.
Sherlock
deglutì e riaprì gli occhi, il suo viso era una maschera di cera
imperturbabile.
“Chi
ti ha fatto questo?” chiese ancora, ma l’altro si era trincerato dietro ad un
muro di silenzio. Si chinò a prendere la camicia e finì di vestirsi. John lo
osservò lo conosceva abbastanza bene da sapere che insistere era inutile.
“Sherlock…”
lo chiamò prima che l’altro lasciasse la stanza da letto facendolo fermare e
voltare appena “Sono stati due anni molto lunghi, John.”
Il
dottore rimase fermo in mezzo alla stanza sentendo il coinquilino prendere il
cappotto e lasciare l’appartamento.
Il
consulente investigativo rientrò a notte fonda e John era lì ad aspettarlo
seduto sulla sua poltrona, preoccupato ed in ansia.
Come
se neanche ci fosse, Sherlock prese il violino e prese
a suonare, una sonata veloce e nervosa, proprio come doveva essere lui in quel
momento.
Quando
smise di suonare, si lasciò cadere sulla sua poltrona, sembrava stremato e a
John si strinse il cuore vederlo in quello stato.
Da
quando il consulente investigativo era tornato, erano così distanti, non c’era
più l’alchimia che li legava prima, che li faceva comprendere con uno sguardo,
sulle prime era convito di essere lui il colpevole di tenere involontariamente
a distanza Sherlock per chissà quali ragioni, ma era esattamente
il contrario era proprio Holmes che era schivo e lontano e talvolta
interrompeva le frasi scuotendo il capo, lo stava tenendo fuori dalla sua vita.
“Sherlock
parlami” si trovò a mormorare protendendosi in avanti, ma l’altro rimase
immobile fissando il vuoto.
“Cosa
ti è accaduto in questi due anni, a me puoi dirlo.”
Sherlock
spostò i suoi occhi chiari in quelli dell’altro che rimase folgorato da quello
che vi scorse: tristezza, disperazione, paura. Non aveva mai visto Sherlock in
quello stato si protese ancora più avanti finendo in ginocchio davanti all’altro,
posando una mano sulla sua gamba.
“Parlami.”
Sherlock
semplicemente scosse la testa, sembrava smarrito e perso e non aveva pienamente
il controllo della situazione. Stava tremando leggermente e la sua fronte era
imperlata di sudore.
“Come
ti sei procurato quelle cicatrici?”
Sherlock
strinse le labbra in una linea sottile, dura, ma infine parlò: “Ho smantellato
l’organizzazione di Moriarty, ma non è stato così
semplice come credevo e sono stato catturato e torturato…” raccontò e la sua
voce si spense sull’ultima parola.
“Perché,
Sherlock, perché?”
L’altro
aprì la bocca per parlare ma la serrò e si alzò di scatto, facendo
capitombolare il dottore.
Si
avvicinò alla finestra e guardò fuori. Non era bravo in quel genere di cose,
non era bravo per niente.
John
gli si accostò, voleva delle spiegazioni, non si sarebbe fermato, sarebbe stato
implacabile.
“Ingenuamente
credevo che, una volta ricomparso, tutto sarebbe tornato come prima” cominciò
con voce bassa e roca “Che mi avresti perdonato… per averti mentito e che tutto
sarebbe tornato al suo posto, tu, io… in questa casa.”
“Io
ti ho perdonato… lo ammetto mi ci è voluto un po’… ma
sei tu che mi stai tenendo lontano… l’altro giorno se non mi chiamava Lestrade
non avrei nemmeno saputo che stavi lavorando ad un caso.”
“Tutto
è cambiato John” gridò voltandosi verso di lui “Tu stai con quella Mary e…” si passò le mani tra i capelli.
Watson
lo guardava sconcertato, aveva capito bene? Sherlock era geloso di Mary?
“Va a casa è tardi. Me la caverò benissimo anche da solo. Me la sono sempre cavata” sussurrò allontanandosi e raggiungendo la
cucina.
John
lo guardò prepararsi una tazza di tè e senza dire niente gli si avvicinò e si
fermò sulla soglia.
“Io
sono già a casa” mormorò comprendendo in quel momento troppe cose non dette.
Sherlock
sollevò gli occhi dal bollitore e li puntò in quelli del dottore “Cosa?”
sussurrò le labbra gli tremavano appena.
“Questa
è casa mia” specificò con un sorriso avvicinandosi e posando una mano sulla
guancia di Sherlock, il quale chiuse gli occhi e sospirò piano.
“Io…
io… non sono bravo in queste cose” bisbigliò riaprendo gli occhi scoprendo che
John si era avvicinato ancora, tanto che i loro respiri si mescolavano.
“Nemmeno
io, ma possiamo fare pratica insieme” asserì colmando la distanza che c’era tra
loro in un tenero ed umido bacio, Sherlock gli prese
il viso tra le mani approfondendo il bacio mentre John tuffava le mani tra i
suoi riccioli scuri.
Sherlock
si sollevò posando la fronte su quella dell’altro “Cosa farai
con Mary ora?”
“Le
parlerò, anche se credo che abbia compreso molto prima di te e me” mormorò
tornando ad impossessarsi di quelle labbra tanto
sognate.
***
L’alba
li colse abbracciati nudi nel letto, nessuno dei due dormiva, si beavano semplicemente l’uno della presenza dell’altro.
John
osservava Sherlock che teneva gli occhi chiusi e sorrideva appena, quel lieve
sorriso che lo aveva fatto innamorare di quello strampalato consulente
investigativo.
Per
due anni aveva visitato la sua tomba, per due anni gli aveva chiesto di tornare
ed ora era lì e nulla li avrebbe più divisi.
Con
un dito percorse una linea bianca appena sotto il capezzolo.
“Un
giorno me ne parlerai?” chiese in un sussurro, Holmes
aprì gli occhi “Un giorno, te lo prometto.”
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Note dell’Autrice: allora mi è venuta fuori questa cosetta su John e
Sherlock, non è nulla di che, proprio una storia senza pretese.
Ora penso di non aver centrato Sherlock, ma mi ci vuole un po’ per
sintonizzarmi e rodarmi con i personaggi, quindi temo per voi che scriverò
altro su di loro.
Detto questo vi auguro una buona sera.
Un Kiss
Bombay