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Autore: Caramel Macchiato    11/01/2015    1 recensioni
Questa storia è incentrata su Kentin e Amira: come si sono conosciuti, come si svilupperà la loro relazione, cosa dovranno affrontare insieme o da soli.
È la prima storia che pubblico, spero vi interessi! Se avete critiche, consigli o altro, scrivetemi per favore! Mi interessano i vostri pareri :)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Era l’estate dei miei sedici anni, avevo appena finito la scuola obbligatoria, un futuro splendente mi si parava davanti. Allora perché ero così infelice?
 
Da quando ne avevo memoria, la mia vita era sempre stata una passeggiata:  bella, intelligente, brava nello sport… A scuola ero sempre stata una star, e ne ero consapevole.
E allora com’era potuto cambiare tutto in così breve tempo?
Era iniziato tutto a dicembre, quando il professore di storia aveva scelto di farci fare una ricerca a coppie sui vari secoli, dal paleolitico fino a oggi, e mi aveva abbinato a Kentin. Kentin!
 Forse il più grande perdente della scuola, o dell’intera città, e ora vi spiego il perché: alto un metro e settanta appena, capelli tagliati a scodella color cioccolato al latte, occhiali a fondo di bottiglia, faccia rotonda e corporatura  di chi non ha ancora visto la pubertà, vestiti smessi di fratelli e parenti… Kentin era l’esempio vivente del più grande grande imbranato che io avessi mai incontrato. Come se non fosse già abbastanza, si presentava come un odioso sapientino con i voti bassi, una totale schiappa nello sport … Insomma, non mi era mai stato necessario considerarlo fino a quel momento. Il prof chiamò il mio nome. E poi il suo.
-Amira, tu hai ottimi voti. Sono sicuro che  potrai aiutare Kentin, che arranca verso la sufficienza- Disse il prof, continuando il suo elenco delle coppie ignorando il mio sguardo incredulo.
Io mi girai lentamente verso il banco dove sapevo che stava seduto quell’essere, e incontrai i suoi occhiali e il suo sorriso trentadue denti. Con orrore notai che dondolava le gambe come un bambino. Completamente gelata tornai lentamente a fissare la lavagna, chiedendomi cosa avessi fatto per meritarmi questo colpo basso da parte del karma.
La campana della pausa trillò di colpo, facendoci alzare tutti come un sol uomo, mentre il prof cercava di sovrastare il nostro frastuono finendo la sua consegna.
Mi affrettai a raccogliere la mia roba dal banco e a infilarla malamente nella borsa, per poi fuggire fuori dall’aula e da Kentin, che sembrava intenzionato ad attaccare bottone.
- Caspita Amira, che sfortuna! Con Kentin!- Pigolò una delle mie compagne di classe, raggiungendomi e piegando le labbra in una smorfia imbronciata da bambina.
- Di tutti gli insufficienti della classe, proprio lui! Il prof poteva abbinarti a me!- Concordò un’altra.Io restai in silenzio senza ascoltarle veramente, avvicinandomi alla macchinetta delle merendine e preparando i soldi per una scatola di mikado.
- Amira! Ehi Amira!-Il dito mi si congelò a mezz’aria quando sentii quella voce stridula e poco virile chiamarmi. Mi girai lentamente seguita dalle ragazze e vidi Kentin che si sbracciava in mezzo alla folla e s’avvicinava, eccitato come un cagnolino. Appena ci raggiunse, sotto lo sguardo attonito delle mie amiche, si aprì in un enorme sorriso.
- Ciao, tutto bene? Sono proprio felice che il prof mi abbia abbinato a te!- Si mosse un po’, per niente a disagio, mentre io sentivo un disgusto disumano solo a guardarlo. Mi irritava nel profondo.
- Lavorare con te mi salverà di sicuro, spero che non ti abbasserò la medi…-
- ZITTO!-Mi ero lasciata andare, le guance rosse di rabbia, gli occhi pieni di disprezzo. Gli studenti che capitavano da quelle parti si girarono perplessi.
- IO NON VOGLIO LAVORARE CON TE, CHIARO? IL SOLO PENSARCI MI RIEMPE DI DISGUSTO! QUINDI VEDI DI NON RIVOLGERMI PIÙ LA PAROLA QUI A SCUOLA, SONO STATA CHIARA?-E così dicendo girai sui tacchi infuriata e respirando come un bisonte, dimenticandomi dei mikado. Camminai a passo di carica nei corridoi fino a raggiungere la classe della lezione seguente, per poi sedermi con mala grazia su una delle panche posizionate fuori dall’aula.
Cercai di darmi un contegno prendendo una profonda boccata d’aria e chiudendo gli occhi. Odiavo questa situazione, non volevo farlo, non era giusto, che rabbia!
Mi passai una mano tra i capelli color carota e presi un ultimo profondo respiro  per poi riaprire gli occhi e… Ritrovarmi Alexy a due centimetri dalla faccia! Ci mancò poco che dallo spavento gli sferrassi una violenta testata.
-Alexy! Ma sei pazzo?-
Lui si allontanò e sorrise.
- È che mi sembravi terribilmente giù di corda, Am. È successo qualcosa?-Alexy è di certo il mio più caro amico, e uno dei pochi veri. Sono cresciuta con lui e il suo fratello gemello Armin e li conosco bene come conosco me stessa: Alexy è solare, spigliato, con un abbraccio sempre pronto nel momento del bisogno e una carezza affettuosa per ogni carenza di zuccheri. Armin invece è fissato con i videogiochi, è un tipo facilmente irritabile, e un po’ scontroso perché ha paura di essere preso in giro per il suo hobby, ma se ti apre il suo cuore diventa un tipo estremamente divertente e protettivo.
Mi alzai e aprii le braccia con la faccia da cucciolo e Alexy mi abbracciò con entusiasmo, come un fratello maggiore farebbe con una sorellina.
- Racconta- M’incitò, battendomi affettuosamente una mano sulla testa.
- Sono stata abbinata per un progetto di storia al più grande incapace della città: Kentin-
- Sei così giù per questo?-
- Sì. Non voglio dover lavorare con lui-
- Ma ci hai mai parlato?-
- No, e non voglio farlo-
- Magari salta fuori che è simpatico! A me non sembra male!-
- Tu sei uno un po’ strano, il tuo gusto in fatto di persone è discutibile! E poi il solo vederlo mi disgusta! Non voglio, non voglio, non voglio!-
- Parlane con il prof-
- Mi darà della bambina-
- E non è vero?-Gli feci una linguaccia e sciolsi l’abbraccio, mentre lui ridacchiava. Parlarne con Alexy era sempre così facile. Immaginare di parlare così con Armin… Era troppo surreale. Con Alexy potevo parlare di qualsiasi cosa, forse perché era un po’ donna anche lui…
- Quando comincerete il progetto?-
- Non lo so. Non gliel’ho chiesto-
- Direi che è la prima cosa da fare-
- Ma l’ho insultato pochi attimi fa-
- Ciò non toglie che dovete fare un progetto insieme, no?-Gli rivolsi un’occhiata lacrimosa.
- Oh Alexy, sei sempre così rilassato, ma come fai?-Lui scrollò le spalle con un sorriso.
- Non mi faccio nemici, non ho motivo per esser triste…. E ho un gemello adorabile!-Scoppiai a ridere vedendo Armin comparire in fondo al corridoio proprio in quel  momento, gli occhi color ghiaccio incollati alla console. Sentendo la mia risata alzò gli occhi e ci raggiunse.
- Ti è passato subito il mal umore è?- Commentò, passandomi una scatola di mikado e mettendo in pausa la partita che stava giocando.
- Hai assistito alla mia scenata?- Gli chiesi sconsolata, prendendo la scatola.
- Già. Povero Kentin-
- Ma è la verità! Io non posso lavorare con lui!- Esclamai, ficcandomi un mikado in bocca e sgranocchiandolo nervosamente in pochi secondi.
- Ma se non ci hai mai neanche parlato!-Gli rivolsi un’occhiata esasperata e poi mi rivolsi ad Alexy – Ecco perché siete gemelli-.
Dopo di che entrai nell’aula sdegnata, accomodandomi al mio posto e continuando a sgranocchiare mikado con il broncio in faccia.
Sapevo di essere stata sgarbata, odiosa, di aver ferito i suoi sentimenti molto probabilmente, ma non volevo avere Kentin tra i piedi a scuola. Ci tenevo alla mia immagine! Era così sbagliato?
Il prof entrò in classe interrompendo i miei pensieri e facendo filare i miei compagni ai rispettivi posti. Amavo la matematica, mi affascinava nel profondo, amavo la logica che stava dietro ad ogni calcolo. Grazie ad essa il pomeriggio volò veloce. Quando suonò la campanella di fine lezione ero arrivata alla conclusione che, se facevo il progetto con quell’idiota, avrei di sicuro fatto una bella figura. Amira la paladina degli insufficienti. Disgustoso, ma anche l’unica motivazione che avevo, così mi misi a cercarlo. Per i corridoi gli altri studenti mi salutavano e io rispondevo assente, gli occhi che saettavano da un angolo all’altro della scuola, pensando a come avvicinarlo senza dare nell’occhio. Dal momento che nella scuola non lo trovai, radunai tutta la mia forza di volontà ed uscii nel gelo della serata, dove il sole se n’era andato da un pezzo. Nel giardino trovai alcune ragazze del club di giardinaggio che s’affrettavano verso la serra tra risolini e gomitate. Mentre le seguivo con lo sguardo l’occhio mi cadde sulle scale anti incendio dove, proprio Kentin, stava rannicchiato a mangiare biscotti. Bel posto per risultare invisibili. Mi riempii i polmoni dell’aria gelata invernale e mi avvicinai. Era tutto imbacuccato nel suo cappotto verde militare deforme e troppo grande per lui, una sciarpa di lana bitorzoluta attorno al collo. Le mani gli tremavano dal freddo mentre si portava un altro biscotto alla bocca, piena di residui di briciole. Nuvole di vapore gli uscivano dalla bocca ad ogni morso.
- Ehi- Lo salutai, fermandomi in fondo alla scala.Lui alzò lo sguardo e lo vidi rabbuiarsi quando.
- Ciao-
- Ascolta, voglio scusarmi per quello che ti ho detto. Ero nervosa e mi sono sfogata su di  te-Lui si mosse un po’ a disagio e tirò su con il naso rumorosamente.
- Voglio dire: dobbiamo fare un progetto assieme ed io l’ho iniziato nel modo più sbagliato. Scusami-
- Grazie, per le tue scuse- Mormorò lui, arrossendo.
- Bene. Ora che ci siamo chiariti: quando si comincia? Mi piace l’ottocento, quindi non dovrebbe essere un problema!-Lui annuì e un timido sorriso gli apparve sul viso rotondo.
- Domani?-
- D’accordo. Dopo le lezioni in biblioteca-
- Perfetto. Uhm… Ti va un…. Biscotto?-Presi in considerazione l’idea di rifiutare, ma la golosità era il mio tallone d’Achille.
- Perché no- Acconsentii con una piccola scrollata di spalle.Lui allungò il pacco verso di me e io afferrai un biscotto e lo ringrazia. Feci per andarmene quando mi fermai di colpo.
- Un’ultima cosa: per favore non parliamoci a scuola, facciamolo fuori orario -.Lui annuì rabbuiandosi di nuovo.
- Okey. Ho capito-
- Grazie-Detto questo me ne andai, sentendomi più meno in pace con me stessa. Diedi un gran moro al biscotto e subito il sapore del cioccolato mi riempi il naso. Ne era valsa la pena.
 
   
 
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