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Autore: kid_napped    12/01/2015    4 recensioni
“Secondo me dovresti affrontare la cosa da un punto di vista diverso… che ne dici di una donna matura che ricorda la sua gioventù, passata tra alcool e storie d’amore?”
Alex alzò gli occhi dal foglio e la fissò intensamente.
“Cos’è che fa rima con adolescent?”
Genere: Introspettivo, Slice of life, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alex Turner, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Alex?”
“Uhm?”
“Ho paura di invecchiare”
Alex si girò per guardarla. Il sole mattutino baciava la pelle tesa, morbida e olivastra della sua pancia, facendola apparire tutt’altro che attempata.
“Ti spaventano le rughe e i capelli bianchi? No, perché ne hai una qui…” e sfiorò col dito la piccola increspatura che le veniva all’angolo della bocca quando rideva “… e uno qui!” disse, cercando nella massa bruna dei suoi capelli il bianco traditore. Lei saltò su dal letto e corse ad esaminarsi allo specchio, ma, non trovando nulla di cui preoccuparsi, cercò qualcosa da lanciare al ragazzo che si spanciava dal ridere, rotolando tra le lenzuola.
“Sei uno stronzo, Al” sibilò. Si lasciò cadere seduta sul letto e portò le ginocchia al mento, cingendole con le braccia. “Vorrei vedere te, quando sarai in andropausa” profetizzò, guardando il suo riflesso nello specchio.
“Dai, Jo…” le si avvicinò, accarezzandole le braccia nude e baciando la sua testa scura. “E comunque non è quello che mi preoccupa!” disse, scansandolo. Si stese e lo guardò negli occhi. “Cosa, allora?”
“Diventare una casalinga disperata, ecco cosa” sentenziò. “Di quelle sempre in vestaglia e bigodini?” chiese lui, serissimo. Lei annuì, spalancando gli occhi.
“Che giocano a bingo e comparano il loro glorioso passato con un presente vuoto e grigio?” continuò lui, pomposo.
Jo lo guardava terrorizzata, annuendo. Alex la scrutò indecifrabilmente per qualche secondo… e improvvisamente cominciò a farle il solletico sulla pancia, facendola ululare dalle risate.
Lottarono per qualche minuto e poi, stanchi e sudati, si abbandonarono tra le lenzuola, abbracciati.
“Non diventerai mai così, Jo” le bisbigliò all’orecchio. “Non tu. Tu sarai un’adolescente per sempre”
Lei sorrise e lo baciò a lungo, grata per quel modo che aveva di farle sempre passare i cattivi pensieri.

 

“Cos’è che fa rima con adolescent?”
Alex scribacchiava sulla carta intestata dell’albergo. Jo era in bagno, probabilmente a lavarsi.
“Scent?”
“È cacofonico e poi sa troppo di Smells Like Teen Spirit
“Uhm… Incessant?”
“Nha…”
La ragazza uscì dal bagno, strofinando i capelli bagnati con un asciugamano.
“Stai scrivendo?” disse, leggendo oltre la spalla di lui le righe stentate che era riuscito a buttare giù.
“Ci provo…” 
Jo rifletté qualche secondo, mordicchiandosi le labbra.
“Secondo me dovresti affrontare la cosa da un punto di vista diverso… che ne dici di una donna matura che ricorda la sua gioventù, passata tra alcool e storie d’amore?”
Alex alzò gli occhi dal foglio e la fissò intensamente. Jo conosceva quello sguardo: in realtà non stava guardando lei, ma l’idea che gli si andava formando davanti agli occhi, tanto concreta da poterla quasi toccare.
“Cos’è che fa rima con adolescent?”


 
Passarono giorni febbrili, urlandosi parole da un capo all’altro della stanza come se giocassero a scarabeo, litigando sulla metrica del verso, sui termini da usare, sulle rime e le assonanze, cercando di dare un senso a quella filastrocca disillusa e un po’ sconcia che gli era scivolata fuori dalle dita. Raramente, nel corso della loro vita, si sarebbero divertiti così. Raramente, nel corso della loro vita, avrebbero trovato un’intesa così perfetta.
 

***


Johanna non avrebbe mai pensato di trovarsi in una situazione del genere. Insomma, dover pagare per ascoltarli dal vivo. La cosa le ricordò che non era nata col pass al collo e la fece sentire più leggera.
Erano anni che non si parlavano. Si erano sicuramente incontrati da qualche parte, salutati, magari, e cordialmente, ma in cuor loro avevano preferito credere di non essersi mai più visti. 
Aveva scelto così, per non dare nell’occhio, o più verosimilmente, per assecondare il desiderio inconscio di non farsi riconoscere, per non ammettere a se stessa di aver voglia di rivederli, di rivederlo. Non aveva rimpianti, si era solo accorta che lui le tornava in mente più frequentemente, da qualche tempo a questa parte.
Aveva pensato spesso, con l’avanzare degli anni, a quella premonizione che lui aveva formulato, in quell’estate che avevano passato insieme, chiusi in albergo, notando con piacere che aveva avuto ragione, in un certo senso: le non si sentiva cresciuta per niente.
Lì, in fila all’apertura dei cancelli, pronta a correre per guadagnarsi un buon posto per dover fare a meno di sgomitare per tutto il concerto, non era tanto dissimile dalle ragazze e ragazzine che la circondavano. Si sentiva viva, fluorescente.
 


Le ricordava ancora, le parole. Così come il suo viso, ombreggiato da quel ciuffo alla teddy boy che chissà da dove aveva ripescato. Era cambiato così tanto, lui. Lei no, e come sempre il motivetto la fece ondeggiare sui talloni, battere le mani, avvolta nella luce magenta che dal palco pioveva sulla folla esigua del Marathon Music Works. Lo scioglilingua, sillabato col suo accento di Manchester, era allegro e frizzante come una caramella. La linea di basso cadenzava il suo saltellare felice.

Oh, that boy’s a slag!
The best you’ve ever had,
The best you’ve ever had
Is just a memory…


Jo era presa, presa nella morsa dolce del ricordo, e, compromettendosi, urlò a squarciagola anche lei, adolescente, che il migliore che avesse mai avuto – that slag! - era soltanto un ricordo ormai, eppure lo poteva vedere, in carne e ossa, cantare davanti a lei, strascicare le finali con quel vocione così diverso dal tono sottile a cui era abituata. 

Alex parlava al suo pubblico, lo punzecchiava, ammiccando, con le labbra incollate al microfono in quel modo per cui lei l’aveva sempre preso in giro, dicendogli che sembrava che lo stesse limonando, e che ancora la faceva sorridere. Un turbine di pensieri la invadeva – “Ma che cacchio si è messo addosso?!”- offuscandole quasi la vista, inebriandola di quelle parole che aveva contribuito a scrivere, urlando e ridendo della Mecca Dauber come la prima volta che lui le aveva suggerito quel paragone.

Si sentiva fiera di lui, orgogliosa persino della sua presunzione, che la riempiva di affetto perché sapeva che, in fondo, era rimasto sempre quello di una volta, timido e senza un pelo di barba. Forse lo era molto più di lei, che pure si sentiva così uguale a se stessa, che, pure volendosi ingannare e mescolandosi a quella folla, rimaneva sposata e con due figli.
Nel momento stesso in cui ci pensò, Jo si rese conto dell’enorme divario che li separava e smise di saltare, fissando quel volto che conosceva così bene eppure per nulla, a cui aveva detto addio, ma che l’avrebbe accompagnata per sempre.
 
“Oh, Flo… where did you go?”
 

Il suo sguardo cercava tra la folla e Jo se lo sentì addosso per puro caso, come una leggera puntura di spillo. In meno di un secondo sembrò farle tutte quelle domande che, se si fossero trovati faccia a faccia, non avrebbe avuto il coraggio di porle: dove fosse stata, cosa avesse fatto tutto quel tempo, se stesse bene, se fosse felice… 

Probabilmente non l’aveva nemmeno riconosciuta. Già guardava altrove, accusandola di aver preso un’altra strada, di essersene andata e per sempre, ma perdonandola, con un altro breve sguardo, del fatto che non sarebbe tornata. La sua voce disperata sembrò dirle addio ancora una volta. Una lacrima le spuntò all’angolo dell’occhio, dove si cominciavano a vedere le prime rughe leggere, e rotolò giù per la guancia liscia che lui aveva accarezzato, baciato.

Era passato. Dolce, struggente, meraviglioso passato, che Jo si perdonava di rivivere ancora per poco. Sì buttò a capofitto nell’ultimo ritornello, cantando con lo stomaco annodato, mentre lacrime grosse come gocce di pioggia le colavano sul viso che sorrideva, disperatamente cercando di contenere quell’ondata profonda di tristezza che l’aveva assalita, affogando nella loro canzone senza sentimentalismi, tutto ciò che rimaneva del suo amore.
  
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