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Autore: MargaretMadison    14/01/2015    1 recensioni
Quella mattina, Michael era rientrato a Sidney alla prime luci dell’alba e subito aveva raggiunto la villetta di Margaret situata nella periferia Nord della City.
Avevano fatto l’amore due volte quella notte – come sempre d’altronde – la prima volta veloci, troppo vogliosi per fare le cose con calma e allora alla camicia di Michael erano saltati i bottoni e le collant di Margaret giacevano strappate sul pavimento, mentre la seconda era stata più lenta e duratura, con baci rubati e parole d’amore sussurrate nell’orecchio dell’altro mentre con le mani accarezzavano quel corpo che tanto avevano sognato e desiderato per mesi.
[...]
E quando ne parlava con gli altri, anche loro si accorgevano che qualcosa mancava, forse era il luccichio negli occhi, il sorriso che gli spuntava ogni volta che citavano il nome di lei o, più semplicemente, sapevano la verità e appena Michael se ne andava, Luke ripeteva sempre la stessa frase «Gli piace Agathe, ma non è Margaret»
[ispirata a una poesia di Pablo Neruda, sequel di questa OS http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2977371&i=1 da leggere anche separatamente]
Genere: Malinconico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Michael Clifford, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ALCUNE SERE (posso scrivere i versi più tristi stanotte)


A Sara, perché è davvero un’amica eccezionale nonostante non ci siamo mai incontrate, a lei che mi segue da tempo e che mi ha sempre dato dei consigli straordinari, grazie di tutto.
 


«Posso scrivere i versi più tristi stanotte.
Scrivere, per esempio: “La notte è stellata, e tremano, azzurri, gli astri, in lontananza.”
Il vento della notte gira nel cielo e canta»
.
 
 
 
Faceva freddo a Perth quella notte, ma forse era una sensazione di Michael che era uscito sul balcone dell’hotel senza giacca con la scusa di fumarsi una sigaretta prima di partire per l’arena e concludere così il loro ultimo tour australiano.
Alla fine, la fama che tanto cercavano di ottenere, riuscì anche a rovinarli. Luke, ad esempio, iniziò ad avere degli attacchi di panico quando usciva da solo per fare due passi o andare a compare il latte perché aveva la certezza di essere costantemente seguito da paparazzi o fan che non conoscevano bene il significato della parola "privacy". Calum, il dolce e buon Calum, prese il vizio dell'alcool e ogni sera uno dei ragazzi lo doveva andare a ripescare in qualche villa di celebrità perché lui era troppo fatto o ubriaco per guidare e tornare a casa. E che dire di Ashton? Il più loquace e chiacchierone della band consultò molti psicologi per la sua invalidante depressione che aveva iniziato a manifestarsi già due anni prima, quando non spendeva soldi per sedute o antidepressivi, cosa che Michael continuava a reputare inutile dal momento che il suo amico non migliorava, anzi.
Lui, bene o male, era rimasto lo stesso Michael Clifford di sempre: quello che se ne stava un po' per le sue, quello che, se interveniva, era perché prima aveva studiato attentamente la situazione guardandosi intorno, quello che capiva subito le persone semplicemente osservandole per qualche minuto.
Ma forse anche lui un po' cambiato lo era, perché in fin dei conti era vero che la fama ti plasma e dopo sette anni di quella vita diventata ormai troppo frenetica e difficile da sostenere, decisero di sciogliere la band così da dedicarsi ai propri progetti.
Si ricordava ancora quella sera: erano tutti a casa Hood, stanchi per il concerto e frastornati dal jet-leg. Parlarono per un'ora valutando attentamente ogni situazione. Avevano poco meno di trent'anni, un conto bancario che a volte li faceva quasi imbarazzare e si erano goduti fino in fondo gli anni migliori della loro vita, che potevano volere di più?
«Samantha è incinta» parlò poi Luke passandosi una mano tra i capelli, non era ancora riuscito a incassare il colpo perché –andiamo- tutti e quattro erano sempre stati serviti e riveriti, come avrebbero fatto ad arrangiarsi? «Voglio essere presente nella vita di mio figlio»
Ashton sospirò e andò a prendere un bicchiere d'acqua dalla credenza mentre Calum batté una mano sulla spalla del biondo come a volersi congratulare.
«Forse dovrei chiedere a Monique di sposarmi» se ne uscì invece Calum «Stiamo assieme da tre anni ormai e lei mi ama nonostante il mio caratteraccio» e qui Michael vorrebbe aggiungere  «E le corna» ma restò in silenzio e annuì mentre gli altri due lo guardarono torvo, avranno pensato anche loro la stessa cosa.
«Insomma» continuò «Ho ventisei anni, se non lo faccio ora quando lo faccio?» ma sembrò quasi che stesse parlando con sé stesso che con gli altri.
«Io penso che andrò in Africa» disse invece Ashton, lo sguardo perso chissà dove e Michael se lo sarebbe aspettato un commento simile dal riccio che aveva sempre detto che prima o poi sarebbe partito per fare volontariato e costruire degli ospedali o delle scuole nei paesi più poveri del mondo e questo gli faceva davvero onore.
«E tu, Michael?» chiese Luke, i gomiti appoggiati sul tavolo e le mani ancora tra i capelli.
«Sopravvivrò» rispose scrollando le spalle.
Gettò una nuvola di fumo fuori dalle labbra screpolate e tornò al presente. Il cielo era libero dalle nuvole, riusciva perfettamente a vedere le stelle e si chiese se anche lei, a pochi chilometri di distanza, stesse osservando quei puntini bianchi come lui e un velo di malinconia si stense sul suo cuore e sui suoi pensieri.
 
 
 
«Posso scrivere i versi più tristi stanotte.
Io l’ho amata e a volte anche lei mi amava.
In notti come questa l’ho tenuta tra le braccia.
L’ho baciata tante volte sotto il cielo infinito.»
 
 
 
 
E ancora si ricordava del loro primo appuntamento, sette – quasi otto - anni fa quando l’aveva portata al planetario a vedere le stelle perché fuori il cielo era coperto di nuvole. Si toccò le labbra ripensando al loro primo bacio, su quelle scomode sedie in cui non ci stava nemmeno e al dolce sapore della labbra di Margaret sulle sue a come l’aveva amata in quei due anni della loro relazione finita poi nel peggiore dei modi.
Gli tornò in mente quando una sera, distesi sula spiaggia, erano finalmente riusciti a vedere le stelle dal vivo e lui l’aveva stretta a sé quando capì che quel vestito troppo leggero –ma che le calzava a pennello-  non la scaldava a sufficienza, così da far scontrare il viso di lei col suo petto, giusto all’altezza del cuore. E poco dopo fecero l’amore rotolando sulla sabbia, con la paura di essere scoperti e la passione negli occhi. La strinse nuovamente a sé baciandola infinite volte sotto quel cielo stellato, testimone del loro amore.
«Ti amo Margaret» le aveva sussurrato, baciandole la fronte e pettinandole i capelli lunghi e biondi con le mani liberandoli dai nodi.
E lui raramente esternava i suoi sentimenti a parole perché aveva sempre creduto che i gesti dicessero molto di più ma quella notte, sotto le stelle, sentì una sensazione strana all’altezza del petto, fu come la prima volta in cui la vide, gli sembrava di essersi innamorato una seconda volta e anche se lui al “per sempre” non ci aveva mai creduto, era quasi convinto di potersi ricredere perché amava Margaret più di quanto volesse realmente dimostrare.
 
 
 
«Lei mi ha amato e a volte anch’io l’amavo.
Come non amare i suoi grandi occhi fissi.»
 
 
 
E lei, dal canto suo, lo amava.
Lo amava così tanto da sopportare la lontananza, il fatto che milioni di ragazza anche più belle di lei lo desiderassero, nonostante i continui gossip su di lui e altre celebrità. Eppure il suo amore non riusciva a toglierle tutte quelle paure che la perseguitavano e sembravano non volerla abbandonare.
Quella sera, per la prima volta, gli disse ciò che pensava con le lacrime agli occhi e la voce tremante accoccolandosi ancora una volta al petto caldo di lui.
«Ho paura, Mikey» disse piano «Ogni volta che parti ho paura che tu ti scorda di me, di noi, che magari da qualche altre parte del mondo una ragazza più bella di me sia in grado di amarti molto più di quanto lo faccia io. O se no mi spaventa l’idea di vederti con un’altra celebrità, Ariana Grande e Selena Gomez hanno detto che sei la loro celebrity crush e io? Come dovrei reagire a tutto questo?»
«Davvero Ariana Grande e Selena Gomez hanno una cotta per me?» chiese divertito ottenendo una gomitata nel costato che lo fece gemere.
Prese il viso di Margaret tra le mani in modo da far scontrare i loro sguardi e – Dio! – come si faceva a non amare quei profondi occhi verdi? O il suo nasino alla francese ereditato dalla madre, le labbra sottili o il suo corpo mozzafiato?
Era bella, bella da stare male, quel tipo di bellezza di cui lui non si sarebbe mai stancato di osservare e, francamente, non capiva cosa dovesse invidiare alle modelle che comparivano sulle riviste dei giornali o alle cantanti che aveva citato prima. Erano belle sì, ma Margaret era decisamente di un’altra categoria.
«Devi pensare che io voglio te» sussurrò a pochi centimetri dalle sue labbra «E che ti vorrò per tanto, tantissimo tempo» calcò bene la penultima parola facendola arrossire perché in fin dei conti lui era Michael Clifford, il ragazzo di cui era innamorata da tre anni.
 
 
 
«Posso scrivere i versi più tristi stanotte.
Pensare che non l’ho più. Sentire che l’ho persa.
Sentire la notte immensa, ancor più immensa senza lei.
E il verso scende sull’anima come la rugiada sul prato.
Poco importa che il mio amore non abbia saputo fermarla. La notte è stellata e lei non è con me.
Questo è tutto. Lontano, qualcuno canta. Lontano»
 
 
 
Ma poi tutto finì, le paure di Margaret divennero realtà e lui la perse per sempre.
 
«Cosa significa questo?» chiese Margaret sbattendogli in faccia una rivista.
Quella mattina, Michael era rientrato a Sidney alla prime luci dell’alba e subito aveva raggiunto la villetta di Margaret situata nella periferia Nord della City.
Avevano fatto l’amore due volte quella notte – come sempre d’altronde – la prima volta veloci, troppo vogliosi per fare le cose con calma e allora alla camicia di Michael erano saltati i bottoni e le collant di Margaret giacevano strappate sul pavimento, mentre la seconda era stata più lenta e duratura, con baci rubati e parole d’amore sussurrate nell’orecchio dell’altro mentre con le mani accarezzavano quel corpo che tanto avevano sognato e desiderato per mesi.
Poi Margaret era uscita a prendere la colazione da Starbucks – muffin al cioccolato e tea caldo per lei e cookie e un caffè macchiato per lui – e quando era passata davanti a un edicola, le cadde la sua bevanda calda nel vedere le copertine delle riviste e i suoi occhi si riempirono di lacrime.
Michael si era appena svegliato, con una mano si stropicciava gli occhi ancora chiusi e con l’altra reggeva il piumino così da coprirsi il corpo.
«Io pensavo che mi amassi, Michael» disse con la voce rotta dal pianto mentre lanciò sul letto altre cinque riviste diverse, tutte con la stesa foto in copertina.
“Michael Cliffors e Ariana Grande, coppia dell’anno?” o “Cliffors + Grande, sarà vero amore?” “News dal mondo della musica, nata una nuova oppia”.
Michael storse il naso nel leggere il suo nome storpiato e nel vedere una foto che lo ritraeva con la bella cantante mentre si scambiavano un bacio, ovviamente quella foto era stata ritoccata perché lui e Ariana Grande non si erano mai incontrati, tanto meno baciati.
«Hanno scritto male il mio cognome» sbottò allontanando le riviste da sé.
«È tutto ciò che mi sai dire, Michael?» pianse lei mentre le gambe iniziavano nuovamente a tremare «Non ci credo che tu non sia in grado di guardarmi in faccia e dirmi “Margaret, non ti amo più” perché io l’ho capito Michael, ho capito che per te non significo più niente se no mi chiameresti la sera come facevi un tempo, faremmo Skype prima dei concerti e torneresti a Sidney durante le pause invece di andare a Las Vegas con Calum quindi, una volta per tutte: tu mi ami? Perché io non ce la faccio più della distanza, dei tuoi silenzi e riuscire a vederti solo da dietro uno stupidissimo schermo senza poterti toccare, soprattutto se vedo che tu non fai niente per noi»
Fu in quel momento che capì che quella che stava per fare era la scelta migliore di tutte anche se avrebbero sofferto. Margaret si meritava un ragazzo presente, che la potesse amare molto più di quanto era in grado di fare lui, qualcuno che poteva dargli un famiglia e non backstages per i suoi concerti. Perché Michael sapeva che, dopo la storia dell’aborto, Margaret voleva costruire una famiglia a tutti i costi ma lui non sarebbe stato in grado di soddisfarla, sempre in giro per il mondo a fare concerti o a firmare autografi quindi l’unica soluzione per renderla davvero felice e libera era finirla lì.
«Forse è meglio se la finiamo qua, per il bene di entrambi» parlò piano, lo sguardo basso perché sapeva che, se l’avesse guardata negli occhi avrebbe rimangiato tutto.
Margaret si morse il labbro fino a sentire il sapore metallico del sangue e annuì, cacciando indietro le lacrime «è la scelta migliore per me o per te, Michael?» sputò lei, gli occhi carichi d’odio e di rabbia «Perché anche se fa male, tremendamente male, io ti aspetterei per sempre. E sai un’ultima cosa? Se lo fai perché questa è la strada più semplice da fare, spero di mancarti e che tu rimpianga questo giorno per avermi lasciato andare via dalla tua vita con tutta questa facilità. Ora vestiti ed esci, non ti voglio mai più vedere»
Uscì sbattendo la porta e Michael giurò di averla sentita singhiozzare.
Non aveva capito che tutto quello l’aveva fatto per lei, per farla stare bene affianco a una figura sempre presente capace di darle tutto l’amore che lui, sempre distante, sempre occupato, non riusciva più a concederle.
E sì, lei gli mancava.
E sì, rimpiangeva quel giorno.
Una lacrima sfuggita alla trappola delle ciglia solcò il suo viso ancora giovane e si affrettò ad asciugarla perché sotto quel cielo, si sentiva ancora più solo del solito.
«Michael!» la voce di Luke lo riportò alla realtà e si sbrigò a spegnere la sigaretta, gettando via il mozzicone.
 
 
 
«La mia anima non si rassegna d’averla persa.
Come per avvicinarla, il mio sguardo la cerca.
Il mio cuore la cerca, e lei non è con me.
La stessa notte che sbianca gli stessi alberi.
Noi, quelli d’allora, già non siamo gli stessi.
Io non l’amo più, è vero, ma quanto l’ho amata.
La mia voce cercava il vento per arrivare alle sue orecchie.»
 
 
 
A volte si svegliava ancora con la convinzione di averla al suo fianco ma quando, invece di una cascata di boccoli biondi, trovava una chioma castana stesa in parte a lui, capiva che l’aveva sognata ancora una volta.
Spesso gli capitava di ritrovare i suoi occhi, i suoi zigomi alti, il suo sorriso dolce nelle fans, in una commessa al supermercato o nella sua vicina di casa che aveva diciassette anni e assomigliava tremendamente a Margaret quando era ancora un’adolescente.
Ora si diceva che non l’amava più e un’altra donna era riuscita – con molta fatica - a conquistarlo ed il suo nome era Agathe.
Agathe non aveva i capelli biondi, gli occhi verdi o la risposta sempre pronta, non gli portava nemmeno la colazione da Starbucks dopo aver fatto l’amore - lei preferiva Costa - non conosceva gli All Time Low e diceva che i muffins al cioccolato fanno venire la cellulite. Era molto più tranquilla e riservata rispetto a Margaret ma lo amava e lui a lei ci teneva, gli andava bene così e Agathe sembrava accontentarsi anche se sapeva che qualcosa – o meglio qualcuno – sarebbe sempre stato sopra di lei.
A volte Michael la trattava come se fosse un’amica e non la sua fidanzata, quella che tra qualche mese sarebbe diventata sua moglie.
E quando ne parlava con gli altri, anche loro si accorgevano che qualcosa mancava, forse era il luccichio negli occhi, il sorriso che gli spuntava ogni volta che citavano il nome di lei o, più semplicemente, sapevano la verità e appena Michael se ne andava, Luke ripeteva sempre la stessa frase «Gli piace Agathe, ma non è Margaret»
 
 
 
«D’un altro. Sarà d’un altro. Come prima dei miei baci.
La sua voce, il suo copro chiaro. I suoi occhi infiniti.
Ormai non l’amo più, è vero, ma forse l’amo ancora.
È così breve l’amore e così lungo l’oblio.
E siccome in notti come questa l’ho tenuta tra le braccia,
la mia anima non si rassegna d’averla persa.
Benché questo sia l’ultimo dolore che lei mi causa,
e questi gli ultimi versi che io le scrivo»
 
 
 
Aveva ancora il suo numero salvato in rubrica – e lo conosceva anche a memoria sebbene sospettava che fosse cambiato – teneva nascosto da qualche parte il loro album dei ricordi e comprava ad Agathe lo stesso profumo che usava Margaret.
E ok, forse l’amava ancora – non aveva mai smesso di farlo – ma da quanto aveva visto su Instagram, Facebook e Twitter lei ora era sposata e aveva un figlio, Christopher. E sì, aveva pianto – ma giurava che gli fossero uscite solo due lacrimucce – perché quando stavano assieme avevano deciso di chiamare così il loro futuro bambino. E si chiese se l’avesse fatto apposta, se anche lei sotto sotto lo amava ancora.
Una parte di lui era ancora convinta di averla e ci soffriva tuttora sebbene fossero passati così tanti anni dall’ultima volta che si erano visti, dall’ultima volta che si erano amati e non è vero che il tempo guarisce le ferite perché Michael, dedica ancora ogni suo pensiero a Margaret e non può osservare un cielo stellato senza pensare a lei.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ok, sto piangendo.
È che io amo Michael Clifford più della mia - merda di – vita e immaginarmelo così mi fa spezzare il cuore.
Probabilmente se Pablo Neruda leggesse quello che ho scritto morirebbe una seconda volta e sono più che certa che si stia rigirando nella tomba come una frittella (?)
Però amo questa poesia e il mio Cliffy quindi nella mia testa sembrava una combinazione perfetta quando invece una volta scritta mi ha fatto venire voglia di lanciare il pc giù dalla finestra (e io sono al quarto piano, lol.
Diciamo che vedo questa OS come il seguito di Lost Boy (
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2977371&i=1 ) quindi se ho stuzzicato la curiosità di qualcuno, vi invito a passarci *passa una balla di fieno* *grilli di sottofondo*
Va beh, visto che ho tante cose da fare e poco tempo per realizzarle tutte mi dileguo e spero che vi sia piaciuta perché, davvero, io ci ho messo l’anima per questa cosa quindi vi pregherei per una piccola, minuscola recensione *si inginocchia* siate buone con me, plizzz
 
E va beh, alla prossima con la mia Fan Fiction (inutile dire chi è il protagonista)
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2821524&i=1
 
Buon mercoledì pomeriggio, cocche
Bacissimi,
Megghy
  
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