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Autore: Kagedumb    15/01/2015    2 recensioni
Un ritorno al passato; diciassette anni fa, diversi avvenimenti riuscirono a scuotere e a portare via la tranquillità e la pace di Burbank, una cittadina ben lontana dall'industrializzazione di LA. Adam Lambert, oggi giovane ventiduenne, è stato protagonista di molte delle stranezze e decide di raccogliere in un diario tutte le sue esperienze, tentando di trovare risposte agli accaduti più inspiegabili.
[Attenzione! Storia ideata dopo un'intera serata passata a leggere e raccontare storie horror! Alcune parti sono un po' creepy, per questo vi consiglio di valutare bene se andare avanti con la lettura o meno! Niente di troppo traumatizzante, ma non vorrei che qualcosa vi facesse gelare il sangue! Tutto nelle vostre mani!]
Genere: Angst, Horror, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Adam Lambert, Altri, Tommy Joe Ratliff
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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In serata, degli agenti di polizia arrivarono a perquisire i dintorni della casa. Quando bussarono alla nostra porta per parlare con mia madre, lei aveva gli occhi rossi e gonfi per i disperati pianti dettati dalla paura, mentre spiegava la situazione. Mostrò all'agente più giovane tutte le foto che mi ritraevano, e poi il biglietto scritto col sangue. Sembrava una vicenda surreale; se l'avessi raccontata in giro, probabilmente nessuno mi avrebbe creduto e tutti avrebbero riso di me.
Il panico, letteralmente dipinto sul volto della mia giovane madre, Leila, era sicuramente la cosa che mi incuteva più preoccupazione in assoluto. Non avevo mai visto mia madre spaventata così. Iniziai a capire che avevamo bisogno di riguardarci un po' di più.


Dalla finestra di camera mia potevo vedere la polizia che perlustrava il bosco con circospezione, dando un'occhiata ovunque e interrogando chiunque si trovasse sulla loro strada. Gli agenti erano velocissimi a lanciare sguardi attenti in giro, persino nella mia direzione. Sicuramente erano più veloci di quanto non fossi io a nascondermi alla loro vista. Con quelle occhiatacce pensavo volessero dirmi Cosa fai ragazzino, ficchi il naso?, così ogni volta mi spostavo dalla finestra di colpo, abbassandomi.
Ovviamente, dopo qualche minuto tornavo ad osservarli, come un ladruncolo che aspetta il via libera per fuggire via.

Potevo chiaramente distinguere i gesti che si facevano, le occhiate di delusione che si scambiavano, anche se iniziavano ad addentrarsi sempre di più tra la vegetazione del boschetto. Realizzai che neanche loro sapessero davvero cosa fare con la nostra ambigua situazione. Non avevano risposte, tracce, o piste da seguire. E non potevano aiutarci.


Quando a sera tornarono ad avvisarci dei risultati, - inesistenti -, che avevano ottenuto con la perlustrazione dei dintorni, l'agente più giovane e quello che mi ispirava più simpatia - Credo avesse circa trent'anni -, si sedette al nostro tavolo chiedendo gentilmente un bicchiere d'acqua a mia madre. Il suo sguardo preoccupato e al contempo rassicurante, penetrò il mio animo. Li avevo mai visti degli occhi così profondi?
Non riesco proprio a dimenticarlo. Aveva due perle nere, grandissime, e la loro espressività era eccezionale. Oltre ad essere un bellissimo uomo, sembrava una persona molto devota al suo lavoro, disposta ad aiutare il prossimo. Mi piacque forse troppo il modo in cui parlò; con quei suoi modi gentili era decisamente un tipo da ammirare. Ed io lo ammirai.
Per un secondo mi passò per la mente che da grande sarei voluto essere anche io un poliziotto. - Fortuna che ho cambiato idea... -

Quando trovò in casa nostra la quiete e la pace di una casina isolata dal traffico cittadino, sembrò rinascere. Si sistemò sulla sedia e mia madre gli sedette di fronte. Sembrava una di quelle riunioni di famiglia che si fanno per discutere per cose realmente serie... Ma questa riunione di famiglia la stavamo facendo con un perfetto sconosciuto. Rimasi ad ascoltare tutto sullo stipite della porta della cucina, senza spiccicare parola.

- Signora Lambert, voglio darle un consiglio spassionato. Le parlerò come agente, ma anche come... padre. -, quelle parole mi colpirono in pieno. Mia madre per un secondo non riuscii a trattenere un sussulto. Padre? Non riuscii ad afferrare subito il concetto dei suoi discorsi. - Deve prendere suo figlio e scappare il più lontano possibile da qui. - Potrebbe sembrare una minaccia se ci penso a lucido, ma credo che fosse il consiglio migliore che mia madre avesse mai sentito, per la prima volta, da uno sconosciuto.

Ma cosa significava scappare? E da chi, poi?

- Suo figlio è giovane, è ancora solamente un bambino. Ha tutto il diritto di vivere una vita normale, e lei deve aiutarlo a realizzare questo progetto, per il bene di entrambi. Deve preservarlo da certe cose, salvarlo, e anche piuttosto in fretta. Inoltre non sappiamo chi ci sia dietro tutto questo, signora Lambert. Non ne abbiamo la più pallida idea.
Lei crede che restare ancora in questa casa le porterà qualcosa di buono? - si prese una pausa, mentre potevamo udire lo scorrere dei secondi dettato dal ticchettio dell'orologio da muro che c'era nella nostra cucina. - Adesso siamo potuti intervenire. Fortunatamente, o sfortunatamente, dipende dai punti di vista, non abbiamo trovato niente che ci sembrasse sospetto. Ma la prossima volta? La prossima volta potrebbe non essere una lettera consegnata a mano, potrebbero non essere solo delle stupide foto. E noi potremmo arrivare troppo tardi.


I suoi colleghi lo raggiunsero nella nostra umile abitazione, probabilmente per scrivere un verbale e fare un resoconto di tutto ciò che era successo. Portavano delle pistole vere sulla cintura dei pantaloni. Uno dei tre ricaricava un'arma, gli altri appuntavano delle cosucce su un foglio.
Fui sicuro che mia madre si prese un attimo per riflettere, perchè la sua risposta al giovane agente arrivò con qualche minuto di ritardo, ma fu una risposta breve, diretta e coincisa. - Ha ragione, agente.

 
***


 Il mattino seguente, mia madre mi avvisò che ci saremmo trasferirti e che era già in cerca di una nuova casa, magari più grande, più bella, e soprattutto meno isolata dal centro. Non capii immediatamente, ma ricollegando velocemente il discorso dell'agente riuscii a venire a capo di tutto. Dovevamo scappare da lì. Dalla vicinanza col bosco, dalla casa, dalla cantina, dai mostri, dalle lettere scritte col sangue. Un brivido mi percosse la schiena.
In breve tempo, avrei detto addio al luogo in cui ero cresciuto. Un incubo, che purtroppo era la nostra realtà.

Ci saremmo trasferiti.

In quanto tempo? Ah, all'epoca non lo sapevo, non lo immaginavo neppure. Credevo si trattasse di mesi, tre o quattro, magari cinque oppure sei. Mi ero fatto un'idea tutta mia della situazione e per questo non sentivo questo opprimente bisogno di fuggire via il più lontano possibile da lì. Non percepivo il pericolo, sembravo non ne avessi coscienza. Eppure, avevo dodici anni suonati e una spiccatissima intelligenza... Beh, comunque ci saremmo trasferiti nel giro di tre settimane.
Mia madre aveva trovato un appartamento di nuova costruzione abbastanza vicino al centro di Burbank, ma decisamente lontano da quella che era ancora la mia vecchia casetta. Insomma, mi spiegò che saremmo stati lontani dai guai.


- Niente più mostri, mamma? Niente più rumori in cantina? - il suo sguardo sembrò rasserenarsi per un secondo.

- Niente di niente, piccolo mio.


Aveva messo in vendita la casa circa cinque giorni dopo l'incontro con gli agenti, e ormai era inevitabile; ce ne saremmo andati e basta.

 
***



Quando Leila iniziò a inscatolare tutto ciò che avremmo dovuto portare via, nella vecchia casa iniziai a vivere il caos, la fretta e la preoccupazione che genera la parola trasloco.  
Nei giorni a seguire, quando trovavo del tempo per me stesso, passavo i pomeriggi ad impacchettare con cura tutti miei vestiti ed i miei giocattoli. Con tanto ordine, riponevo i miei affetti in degli scatoloni abbastanza grandi e resistenti, li richiudevo con attenzione e poi andavo ad appoggiare tutto in un angolo del pavimento della cucina, dove mia madre stava raggruppando quel che avremmo portato con noi nella nuova abitazione. Non avevamo molto, e per questo ce la prendemmo con comodo. Poi, per quanto mi riguardava, ero pronto da un pezzo per andare via da lì.  Le mie cose erano già pronte per essere portate via.




Era un Martedì. Mamma stava sistemando le ultime cose e faceva l'ultimo giro di telefonate prima che ci staccassero la linea telefonica. Ricordo che ero nella mia stanza, seduto sul letto con le gambe incrociate. Avevo tra le mani un vecchio fumetto ingiallito, e fingevo di parlare col me cattivo che, vista la mia infinita noia, mi consigliava di andare fuori a giocare... Nonostante la mamma me l'avesse proibito.

Quando lei spalancò la porta, con ancora la cornetta del telefono appiccicata all'orecchio, mi guardò con un sorriso e mi disse che ci saremmo trasferiti il giorno stesso, perchè aveva parlato con l'agente immobiliare ed era riuscita ad organizzare una partenza anticipata. Restai piuttosto stranito, perchè non me l'aspettavo, e improvvisamente mi assalì una sensazione di malinconia.

Ci saremmo trasferiti con una settimana di anticipo? Come, dove sarei stato senza la mia vecchia casina?


Provavo a rallegrarmi col fatto che avrei messo un punto con i mostri, i rumori, e tutte le cose spiacevoli che avevo visto succedere tra quelle quattro mura... Ma, per una manciata di secondi, mi sembrò che ben presto quegli incubi mi sarebbero mancati. Voglio dire, ormai ai rumori  mi ci ero abituato. Di notte, anche se non riuscivo quasi mai a dormire per tante ore di fila, dopo dodici anni non mi sembravano più tanto spaventose.
Certo, ero ancora triste per la scomparsa di Lupo e per tutto ciò che avevo passato le settimane precedenti, ma pensai che avrei sentito davvero tanto la mancanza della mia casa.


Scattai in piedi, giù dal letto, e corsi ad aiutare la mamma a ricontrollare che non avessimo dimenticato niente. Mettemmo a posto altri oggettini, prendemmo lo stretto indispensabile e finimmo di impacchettare gli ultimi scatoloni.
Lei sembrava così felice della notizia della partenza, mentre io, invece, avevo appena assunto un'espressione di rammarico. Avevo giusto infilato l'ultimo maglione in uno scatolo, quando mia madre mi prese il viso con le sue mani delicate e calde e mi guardò negli occhi. Vidi chiaramente il mio riflesso nelle sue iridi, e scrutai la mia espressione così triste e desolata che... Non riuscii a trattenere le lacrime, alla vista di come ero conciato.


- Lo so che ti mancherà questa casa, Ad... - mi sussurrò in un abbraccio materno, nel quale non trovai altro che amore e protezione. Sentivo un bisogno smisurato di provare affetto e conforto. La strinsi forte, mentre quel suo buon profumo mi faceva sentire a casa.

- Non possiamo ritardare la partenza? Per favore, mamma... - Le feci quella supplica quasi in ginocchio, ma non ci fu verso di convincerla. Scosse la testa in un quasi severo No, e non ne volle sentir parlare. Nè le lacrime, nè il mio lamentarmi, e nè i miei occhioni tristi riuscirono a farla ragionare e a ritardare la partenza. Neppure di un giorno.


E fu la cosa migliore.



Quelli del camion dei trasporti sarebbero venuti a ritirare la roba e ci avrebbero portati nella nuova abitazione in un'oretta, o forse meno. Mamma richiuse la finestra della cucina mentre gli impiegati entravano per trasportare i pacchi fino al camion.
Quando guardò fuori dalla finestra, per l'ennesima volta, potè vedere l'albero sul quale avevo passato l'infanzia ad arrampicarmici, e si fece scappare un lieve risolino. - Qualche anno fa ti tenevo sempre d'occhio da qui, mentre sistemavo le stoviglie... - mormorò, mentre io mi avvicinavo a lei a passo lento; volevo condividere direttamente quei pezzi di memoria.
Mi affacciai alla finestra e ammirai l'imponenza del boschetto. Tanti ricordi mi sfrecciarono velocemente davanti agli occhi. - Quando ti arrampicavi, alcune volte Lupo usciva in giardino a cercarti. - mi disse. Mi mancava tanto, Lupo. - Non ti trovava, ovviamente, e tornava qui, in cucina. Faceva dei borbottii strani, come se piagnucolasse... - Riuscii a vedere il sorriso dolce che le illuminò il viso - Eri ancora sull'albero, quando balzava sul tavolo e iniziava a miagolare disperatamente. Gli mancavi molto, anche se stavi via solo qualche minuto...


Dovetti trattenere le lacrime, o sarei scoppiato e le avrei raccontato tutta la verità.
Deglutii a fatica per farmi coraggio e resistere. Forza Ad, non cedere. Non adesso. Queste parole mi rimbombavano incessantemente in testa.

Mamma mi posò una mano sulla testa mentre mi accarezzava i capelli. Si chinò a baciarmi la fronte, e poi ad accarezzarmi una guancia. Aveva sul volto un sorriso molto rassicurante, che mi calmò in un istante. In cuor mio la stavo ringraziando infinitamente. 

- Vedrai, Lupo è molto intelligente. Se è scappato e si è perso, magari un giorno ci ritroverà e tornerà a casa.

- Ma, mamma... Cambieremo casa... - Mi portò un dito sulle labbra, sussurrando uno shhhhh!

- Lupo è in gamba, lo sai.

Feci un cenno col capo. Nonostante sapessi che Lupo non sarebbe mai tornato, avevo la fiducia che un giorno, col tempo magari, lo avrei rivisto in paradiso o da quelle parti lì. Pensavo che quello sarebbe stato il giorno più bello di tutti, perchè finalmente avrei potuto riabbracciare il mio gattone e scusarmi se qualche volta l'avevo fatto star male, regalandogli alcune carezze tra le orecchie.
Beh, quelli erano i periodi in cui non avevo ancora perso la fede.

Avevo dodici anni, d'altronde.


Andammo via col camion dei trasporti alle undici in punto del mattino.


 
 
 
 
 
 
 ANGOLO AUTORE!

Indovinate con quanto ritardo?
INDOVINATE?!
Ragazzi, sono quattro mesi.
Quattro, suonati.
RAGAZZI MI DISPIACE UN CASINO DI AVERVI FATTO ATTENDERE MA PURTROPPO D: ... Tentate di capirmi. Mi sono calato a pieno in questo terzo anno di liceo (del cazzo, perchè mi sta dando non pochi problemi -.-) e mi sono allontanato da tutti e tutto!! Specie da EFP e amicizie. Mi dispiace un casino anche per quanto è corto il capitolo, ma è uno stacco importante che avevo bisogno di fare, perchè nell'ottavo ricomincerò meravigliosamente : )
Scusatemi, perdonatemi l'assenza e tutte le cose bruttissime.. çwç non volevo essere così ritardatario e così scemo!

Vi mando tanti bacini, grazie se mi seguirete anche dopo mesi e mesi. Vi voglio tanto bene!

♥ Lix, a te che leggerai.. Mi manchi un casino piccola, appena posso ti chiamo. Promesso!

Lars ~
 
  
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