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Autore: AlessiaDettaAlex    15/01/2015    3 recensioni
[One-shot prima classificata per il contest di un forum, che ci aveva affidato il tema: "Cenere"]
In un campo di concentramento, durante il Terzo Reich.
Joachim von Klein è un ufficiale la cui vita sarà cambiata dalla visione di un vaso di cenere.
Genere: Drammatico, Storico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Olocausto
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Il vaso di cenere

 
Il sergente von Klein, nella sua divisa scura, attillata, col totenkopf[1] scintillante, ben in vista tra le altre onorificenze e lo stemma del Reich, marciava sullo sterrato arido del campo di concentramento, accompagnato da due soldati semplici. I due giovani, appena ventenni e da poco arruolati nelle SS, seguivano il superiore con fatica, tossendo seccamente per i polveroni alzati dalle jeep mimetiche che passavano di tanto in tanto.
In quel ricettacolo d’acciaio e polvere tutto sapeva di morte e il grigiore del cemento di cui erano fatte le casupole spoglie trasmetteva gelo. I due soldatini a guardarsi intorno sentivano ancora più freddo di prima, vedendosi costretti a stringersi meglio il colletto già aderente nel disperato tentativo di proteggersi dalla frescura novembrina.
Von Klein si fermò di botto, gridando un ordine in tedesco.
«Siamo arrivati nell’ufficio del maggiore Kuhn, qui verrete assegnati ai vostri posti di controllo»
«Sì, sergente!» si affrettarono a rispondere in coro le due reclute.
L’uomo li spinse dentro, accennando con la testa al maggiore Kuhn che fumava dietro la sua scrivania, coperto da pile di fogli con i rapporti delle esecuzioni. Nell’avanzare attraverso la stanza mentre von Klein era rimasto sulla soglia della porta a braccia incrociate, i due soldati semplici notarono con curiosità un vasetto di vetro a un angolo della scrivania di Kuhn; era riempito fino all’orlo di una strana polverina grigiastra. Il maggiore sogghignò e precedette le loro domande sul nascere:
«Ceneri ebree, è questo che sono» affermò, affilato.
Anche il sergente da dietro aveva posato gli occhi sul vaso. Non poteva far a meno di osservarlo tutte le volte che entrava nell’ufficio di Kuhn.
«E’ il trofeo che il comandante Himmler mi ha concesso di possedere per i miei anni di fedele servizio al magnifico Hitler nella squadra» continuò il maggiore.
I giovani rabbrividirono al sentir nominare con quella sicurezza sia il dispotico e cruento capo delle SS che il carismatico Führer. Kuhn ridacchiò di nuovo alla reazione dei due, sputando poi a terra un grumo di saliva e tabacco.
«Quali sono i vostri nomi?»
«Wittmann, signore»
«Steiner, maggiore»
«Wittmann, Steiner, se vi applicherete e obbedirete fedelmente agli ordini che vi verranno dati, un giorno Himmler premierà generosamente anche voi. Giusto sergente?»
L’uomo chiamato in causa alzò lo sguardo dalla cenere al suo superiore esibendo il colore vitreo delle sue iridi.
«Certo, maggiore» rispose meccanicamente.
Poi con un inchino e un cenno del capo chiese il permesso di congedarsi dall’ufficio, per lasciare solo Kuhn con i novellini.
Il sergente von Klein tornò alla sua ronda solitaria di supervisione seguendo la via che istintivamente faceva ogni mattina. Edifici pietrosi e turbinio di polvere era tutto ciò che lo circondava. Di tanto in tanto spuntavano degli ufficiali vestiti come lui, con lo stesso volto e lo stesso fare autoritario, che conducevano file interminabili di deportati abbaiando come cani al gregge.
Quella volta il sergente si soffermò un attimo di più sul volto di un anziano ebreo. Era brutto, scarno, le guance solcate da profonde rughe e rivoli di sudore che finivano per gocciolargli sugli stracci che le SS lo avevano costretto a indossare. Era più simile a un ammasso di pelle e ossa che a un essere umano. Un ammasso di pelle e ossa che si sarebbe presto trasformato in cenere.
Von Klein, sorpreso dai suoi stessi pensieri, scosse la testa e si sistemò il fucile sulla spalla prima di tornare a marciare verso un altro punto del campo; ma il pensiero del vaso di cenere del maggiore e del volto dell’ebreo non gli dava pace. Quel vecchio sarebbe diventato solo un trofeo da esibire per ricevere grazie dai superiori. Il cuore che ancora batteva sotto quelle membra maciullate era destinato a sciogliersi in gas e cenere in un forno crematorio. Ma questa era la politica degli ariani, della razza perfetta; così doveva andare. Era l’inevitabile  corso naturale delle cose.
Anche il vecchio sarebbe presto diventato parte di quel miscuglio di cenere grigiastra sulla scrivania del maggiore Kuhn. E allora perché preoccuparsi? L’importante era eseguire gli ordini.
«Il sergente Joachim von Klein»
L’uomo si voltò, intuendo di chi fosse la voce che aveva parlato.
«Tenente Meier» rispose, accennando un inchino.
Meier, uomo di poche parole, con quel suo caratteristico sguardo cupo stampato in volto continuò:
«Proprio lei cercavo. C’è un compito che devo affidarle nell’Area Ovest. C’è già una squadra ad attendere i suoi ordini. Ma mi raccomando: voglio un lavoro veloce e pulito»
«Come sempre, tenente» tagliò corto il soldato allontanandosi, già consapevole di ciò che avrebbe dovuto fare.
«Ah, von Klein… appena ha finito faccia rapporto lei al maggiore Kuhn» concluse il tenente in tono di sfida.
Von Klein non rispose e continuò la sua marcia. Quello che doveva fare era semplice: accompagnare i detenuti non in grado di lavorare nella camera a gas e farli rinchiudere dentro; poi si sarebbero smaltiti i corpi nei forni crematori per farne nuda cenere. Già, cenere. Nuovamente, il vaso tondo del maggiore Kuhn gli si parò di fronte agli occhi, a mo’ di macabra premonizione. Quella sterile polverina lo perseguitava ormai fin sotto le coperte del suo letto la notte.
Il sergente raggiunse la squadra che era in attesa di lui e dette ordine di procedere alle operazioni sotto la sua supervisione. Questa volta i condannati erano bambini. Vide i suoi uomini accostarsi a loro esibendo falsi sorrisi. Li condussero uno alla volta verso gli spogliatoi, per poi prepararli a quella che loro in gergo chiamavano “la doccia”.
Il sergente stava eretto, immobile, il fucile ai suoi piedi, con le braccia dietro la schiena e il petto in fuori, ornato di medaglie sporche di polvere, mentre anche l’ultimo bambino veniva condotto all’interno della stanza.
«Chiudete le porte!» gridò un ufficiale a due suoi soldati.
«Procediamo all’apertura dei condotti!» esclamò un altro.
Von Klein ebbe un brivido a quell’ultimo ordine. Era strano: l’aveva fatto tante volte, era stato addestrato a farlo sempre a sangue freddo, per il bene dei suoi cari, del suo popolo, della sua razza… ma adesso aveva in mente solo il colore grigio della cenere, sulla scrivania sporca di tabacco di Kuhn.
Con uno scatto felino raccolse il fucile e si scagliò sui rubinetti delle tubature del gas, tempestandoli di colpi col manico dell’arma nel tentativo di bloccare quella macchina di morte.
I soldati accorsero verso di lui, tentando di bloccarlo e disarmarlo, stupiti dalla reazione del loro superiore, mentre uno di loro dette l’allarme al quartier generale del campo, l’ufficio del maggiore Kuhn.
Il maggiore, con le gambe robuste appoggiate sopra la sua scrivania, giocherellava col vasetto pieno di cenere.
«Sapevo che prima o poi sarebbe successo, sergente…» mormorò tra sé con un ghigno prima di alzarsi e contattare il tenente Meier per recarsi sul luogo del tradimento.
Von Klein, braccato da ogni lato, smise di opporre resistenza e si arrese alle braccia superiori degli uomini fino a pochi minuti prima suoi sottoposti, che lo riempivano di calci per sfinirlo. Un colpo ben assestato gli fece sputare un grumo di sangue che macchiò lo sterrato polveroso. Cadde in ginocchio, tremante e affannato, quando una voce gli fece rialzare il capo.
«Caro Joachim, sapevo che avresti fatto questa mossa prima o poi… » affermò il maggiore Kuhn seguito dal fedele tenente Meier.
«E’ forse per causa di questo?» chiese sarcastico lanciando ai suoi piedi il piccolo vaso grigiastro.
Il contenitore si frantumò e la cenere si sparse a terra, sporcando le ginocchia del traditore. Il sergente la fissò e ne ebbe ribrezzo.
«Ho indovinato… hai deciso di non aderire al grande progetto del Führer, tradendo il sangue del tuo sangue. Ma mentre tu cercavi di ribellarti i miei uomini hanno già fatto giustizia sulla razza inferiore! Quell’ammasso di marmocchi sta già per diventare la cenere che tu hai ripudiato»
Von Klein chiuse gli occhi, soffocando un ringhio. Il maggiore si avvicinò all’uomo in ginocchio e si abbassò fino al suo livello; afferrò il mento con indice e pollice e gli alzò il volto a forza.
«Non ho intenzione di essere svilito agli occhi di Himmler a causa di un poveraccio come te» fece guardandolo negli occhi, «diventa cenere anche tu».
Pronunciata la sua sentenza si rialzò, gli voltò le spalle e fece un cenno al tenente Meier.
Il tenente ordinò alla sua squadra di prenderlo e portarlo in un angolo isolato del campo. Qui, mentre due soldati lo tenevano fermo per le braccia con la schiena al muro, l’ex-sergente lanciò un’occhiata di rimprovero al suo superiore. Questi rispose alla sfida:
«Cosa credevi di fare? Pensavi forse di fermare tu da solo la potenza del Reich? Tu sei solo un piccolo, minuscolo ribelle che sfida la gigantesca ondata sollevata dal nostro Führer. E come tutti quelli pericolosi per la razza sei destinato a morire».
Ma l’uomo aveva continuato a guardarlo impassibile negli occhi, e non smise finché questi non si chiusero da soli, obbligati dal sopraggiungere della morte. Si accasciò a terra tra la polvere e il sangue che sgorgava dalla ferita provocata dal fucile dell’ufficiale, e non si rialzò più.
Joachim von Klein fu bruciato per far sparire ogni traccia della sua esistenza.
E la sua cenere fu lasciata confondersi con quella degli ebrei che aveva protetto.
 
[1] Teschio con ossa, simbolo delle SS

 
Note di Alex
Prima e ultima volta che mi cimento in un tema storico, promesso. Non sono perfettamente sicura del risultato.
Himmler e Hitler sono ovviamente gli unici due personaggi storici, il resto è tutto di mia invenzione.
Spero non faccia altamente schifo, visto anche il tema delicato di cui tratta. Ho una paura immensa.
Alex

 
   
 
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