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Autore: 9Pepe4    21/11/2008    14 recensioni
In un eccesso di insofferenza nei riguardi della sorellina, Trunks compie uno sbaglio che rimpiangerà amaramente.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bra, Trunks
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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AVVERTIMENTO: L'inizio della storia è ispirato a "La solitudine dei numeri primi" di Paolo Giordano. Visto e considerato, però, che quel benedetto romanzo non l'ho mai finito, il resto della trama sarà completamente di mia invenzione.



You will be in my heart

Capitolo 1 – Cosa ho fatto?

«Trunks, io sono stufa!»
Il ragazzo sospirò esasperato.
E Trunks sono stanca e Trunks ho sete, e Trunks mi prendi quel gioco, e Trunks entriamo in pasticceria… Certo che sua sorella era davvero una lagna!
Per di più, quel giorno era stato obbligato a portarsela appresso.
E pensare che avrebbe dovuto essere una festa tra ragazzi, lui, Goten e basta!
Invece, a causa di un convegno, sua madre si era ritrovata fuori casa, e di conseguenza lui era stato obbligato a trascinarsi dietro quella mocciosa di quattro anni, che non faceva altro che piagnucolare, urlando e battendo i piedi.
Il giovane aveva provato a convincere i genitori che quella serata era davvero importante, e in fondo era più di un mese che lui e il suo migliore amico la progettavano!
Quella, poi, era la loro occasione: Chichi era riuscita a trascinare il marito in un locale di cui aveva letto ottime critiche, perciò la casa sui Paoz sarebbe stata tutta per loro due. Avrebbero potuto spassarsela in santa pace, chiacchierando e guardando qualche film. Magari avrebbero persino ritentato la tecnica della Fusione, dopo tanti anni in cui non l’avevano più sperimentata.
I suoi, però, non gli avevano dato il minimo ascolto. Anzi, persino suo padre l’aveva apostrofato seccamente, intimandogli di non fare il bambino. E pensare che mai prima di allora si era intromesso in una faccenda simile!
«Comprami un gioco, così dal tuo amico non mi annoio!» pretese in quel momento Bra, pestando i piedi e strattonando la mano del fratello.
«Io il gioco non te lo compro» ribatté Trunks, irritato da tutti quei capricci. Altro che serata tra uomini! Con la sorellina che si lagnava ininterrottamente, sarebbe stato un inferno!
La bambina, dal canto suo, non pareva per niente contenta della risposta del ragazzo. «Io voglio un gioco!» strillò, gonfiando le guance per dare maggior enfasi alla dichiarazione.
Trunks fece per replicare, esasperato, ma i suoi occhi furono distratti dall’entrata del Parco della Città dell’Ovest, che si trovava poco lontano. Era in quel parco giochi che lui e Goten avevano sempre giocato da bambini; in quel parco giochi che Bra era stata più volte accompagnata…
E, improvvisamente, un’idea balenò nella mente del giovane. «Senti, Bra» esordì lui, deviando verso l’entrata del parchetto, «vorresti stare in un luogo da principesse?»
La bambina lo guardò, e il suo visetto mostrò un’espressione compiaciuta. «Io sono una principessa» ricordò. «Ci voglio stare! Dimmi dov’è!»
Trunks la condusse vicino ad una casetta di legno, posta proprio accanto allo scivolo che un tempo era stato il suo preferito, perché più alto di tutti gli altri. «Eccola» disse alla sorellina, «questa dimora fa parte di un regno incantato… Vuoi restare qui ad aspettarmi?»
«Io sono una principessa» ribadì Bra. «Sto nel luogo delle principesse».
Ciò detto, lasciò la mano del fratello ed andò a sedersi all’interno della casetta, tenendosi ben stretta nella propria giacchetta di jeans.
«Bene» sorrise Trunks, «allora io vado». Deglutì, esitando. «Tu non muoverti, però» si affrettò a raccomandarsi. «Rimani ferma qua».
Bra alzò gli occhi azzurri, incrociando quelli dello stesso colore del fratello, ed annuì.
Allora, incerto, il ragazzo si diresse verso l’uscita del Parco. Dapprima si voltò indietro ogni due passi a cercare con gli occhi la chioma turchina della sorellina, poi, assicuratosi che Bra restava ferma nella casetta, prese a camminare con maggior velocità, e infine si alzò in volo.
L’aura di Bra non era potente, eppure baluginava nella mente del ragazzo, e per merito della natura mezza saiyan e mezza terrestre della bambina, era abbastanza particolare per non smarrirsi tra tutte le altre forze spirituali del mondo.
Infatti, nel momento in cui il ragazzo atterrò davanti a casa Son, riusciva ancora a percepire distintamente la bambina.
Goten lo accolse con entusiasmo ed impazienza. «E Bra?» domandò, perplesso, quasi si fosse ricordato di colpo del fatto che la piccola avrebbe dovuto essere presente.
«Non l’ho portata» rispose Trunks, evasivo, sentendo un’ondata di disagio.
Goten sorrise con la spontaneità che lo caratterizzava. «Visto? Sapevo che i tuoi genitori avrebbero capito!» esclamò.
“Invece no, non hanno capito” pensò Trunks, e per un momento il malessere causato dall’aver lasciato sola la sorellina fu sostituito dalla scontentezza per il fatto che tanto il padre quanto la madre avessero preso le difese di quella peste.
Seguì Goten in salotto, mentre prendevano a parlare del più e del meno.
L’amico si era organizzato in modo che ci fosse il frigorifero pieno e a loro completa disposizione. Tra un morso e l’altro, i due ebbero maniera di scherzare e concordare su quanto i loro padri premessero affinché loro si allenassero.
Goten era allegro, spensierato come quando era un bambino ma con un interesse decisamente più spiccato per le ragazze.
Trunks, però, non riusciva a sentirsi a proprio agio. Aveva la gola asciutta e, nonostante fosse sicuro di avvertire l’aura di Bra, bastò che trascorresse una manciata di minuti perché l’ansia lo invadesse.
Ad un certo punto, poi, non resse più. Si alzò di scatto dal divano e, ignorando le domande esterrefatte e gli occhi interdetti di Goten, si lanciò in volo verso il Parco.
Col cuore in gola, notò che ormai si era fatto buio. Immaginò la sorellina sola, e il senso di colpa mise gli artigli sul fondo del suo stomaco.
Vedere le luci della Città dell’Ovest non gli comunicò nessun sollievo, e quando finalmente atterrò ebbe l’impressione di essere sul punto di soffocare. Corse a perdifiato sino alla casetta, e quando sbirciò all’interno si sentì mancare.
Di Bra non era rimasta neanche l’ombra, ma solo un guantino di lana con un cagnolino ricamato sopra.
«Bra!» urlò il ragazzo, con il cuore che batteva all’impazzata. La sua voce uscì distorta e stonata. “Cosa ho fatto, cosa ho fatto?!” «Bra!»
Il silenzio che gli giunse in risposta lo fece tremare sin dentro le ossa.
«Bra!»
Si mise alla ricerca della bambina, disperato, chiamandola ad alta voce, correndo da un gioco all’altro. Il cigolio della altalene mosse dal vento sembrava aggiungere un ché di spettrale all’atmosfera cupa del Parco deserto.
«Bra!» gridò ancora, angosciato.
Nulla.
Barcollante, il ragazzo si sentì assalire da un’ondata di nausea, e per evitare di cadere dovette appoggiarsi ad un albero. La corteccia graffiò la sua pelle, ma lui non vi badò.
Ripensò agli occhioni azzurri della sorellina… Come aveva potuto essere così bastardo?
Tremante, sconvolto, si prese il volto tra le mani.
In quel momento, Goten atterrò accanto a lui. «Trunks» chiese, confuso, «che è successo?»
Il giovane, pallido in viso, fissò l’amico. «Goten» mormorò. «Che cosa ho fatto...»
  
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