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Autore: Lumos and Nox    15/01/2015    5 recensioni
"Il perdono è tutto dicevano sempre i Buoni. La vita è fatta di seconde possibilità.
Se conoscesse il termine, li chiamerebbe ipocriti.
A lui, a Lucignolo, la vita non aveva mai dato una seconda opportunità."
Non tutti hanno la fortuna di nascere di legno e in una famiglia dove scorre cibo e affetto in abbondanza. E Lucignolo ne sa qualcosa.
(Attenzione: è necessario aver letto la long Promessi Rivali: L'inizio per comprendere parte della storia)
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Cross-over, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
- Questa storia fa parte della serie 'Senza un Lieto Fine'
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La Seconda Opportunità






Il perdono è tutto dicevano sempre i Buoni. La vita è fatta di seconde possibilità.
Se conoscesse il termine, li chiamerebbe ipocriti.
A lui, a Lucignolo, la vita non aveva mai dato una seconda opportunità.

Era nato, Lucignolo, in un vicolo stretto e buio, di quelli nei bassifondi delle città, sempre troppo affollato dai topi e resti di immondizie. Era nato lì, il più piccolo di cinque fratelli. Mamma e babbo e tutti non avevano un vero lavoro: non ce ne era mai abbastanza da quelle parti e quelli che c'erano erano pericolosi e la paga era poca e si tornava sempre a casa con la schiena incurvata e molte ossa spezzate, che facevano scrish, scrosh ogni volta che si muovevano.
Mamma era una donna triste, con due occhi grandi e neri come il carbone e un naso storto e i capelli che d'un tratto diventavano corti, quando doveva venderli perché i soldi del lavoro non bastavano.
Babbo picchiava mamma, lo faceva da sempre, da quando Lucignolo aveva memoria, e nessuno diceva mai niente. E il sangue macchiava il pavimento sempre sporco e macchiava anche lui. Mamma non reagiva mai. Non si difendeva e non difendeva nemmeno lui, nemmeno Lucignolo.
Non importa, si diceva, avrò una seconda possibilità. Perché lui aveva qualcosa, aveva talento in qualcosa, doveva averlo, e perciò prima o poi la sua vita sarebbe cambiata.
Mamma se ne era andata quando lui aveva sette-quasi otto- anni. Dopo le botte di babbo, una sera non si era più alzata. Avevano portato il suo corpo via, babbo e i fratelli e un uomo tutto nero, e Lucignolo aveva pianto e gridato fino a farsi mal di gola- e babbo lo aveva picchiato- ma non l'aveva mai più vista.
Il giorno dopo, babbo lo aveva tolto dalla scuola, la stessa per cui mamma aveva venduto i suoi capelli lunghi, lunghi, lunghi. Lo aveva portato con lui e i fratelli al loro nuovo lavoro, in una miniera fuori città, dentro una grotta nera come gli occhi di mamma. E faceva tanto, tanto male quel lavoro e Lucignolo non voleva farlo. E non aveva lavorato sul serio, non ci aveva provato, anche se babbo lo colpiva forte sulla schiena e i fratelli ridevano con i loro denti storti; non aveva lavorato sul serio, perché Non importa, si diceva, avrò una seconda possibilità. Perché lui aveva qualcosa, aveva talento in qualcosa, doveva averlo, e perciò prima o poi la sua vita sarebbe cambiata.
Dopo un po' di tempo (non avrebbero saputo dire quanto, ma era un bel po') era venuto a casa loro il signore tutto vestito di nero e aveva detto a babbo che il suo figlio rosso doveva tornarsene a scuola, che tanto le cose per andarci ce le aveva- la mamma aveva venduto i suoi capelli lunghi, lunghi, lunghi per comprarle. Allora babbo aveva detto che tanto valeva meno di un asino in miniera, e lo aveva spedito con un calcio a scuola.
Ma a Lucignolo la scuola non piaceva. Babbo e i fratelli ridevano o si arrabbiavano o gettavano via tutto ogni volta che lui tirava fuori il suo quadernetto per fare i compiti. E insultavano lui, e il maestro e il Buon Dio che ci guarda da lassù, perché dicevano che quello che Lucignolo faceva tanto era inutile e stupido e inutile e gliel'avrebbero insegnate loro, le lezioni, a furia di legnate.
Lucignolo non li faceva più i compiti. E non voleva più andare a scuola. Voleva diventare grande, giocare a biliardo e fumare come il capo della miniera, perché così nessuno gli avrebbe più detto nessun insulto, no signore.
E il signor maestro a scuola si arrabbiava e gli colpiva le mani con un lungo bastone fino e lo faceva inginocchiare dietro alla lavagna sui sassi finché non piangeva, ma Lucignolo non imparava mai la lezione e Non importa, si diceva, avrò una seconda possibilità. Perché lui aveva qualcosa, aveva talento in qualcosa, doveva averlo, e perciò prima o poi la sua vita sarebbe cambiata.
Proprio a scuola aveva scoperto di quel posto dove andavano tanti bambini a vivere e a divertirsi. E lo stesso giorno che lo aveva scoperto, a fine scuola non era tornato a casa, ma era andato lì dove passavano le carrozze per quel posto, insieme a tanti altri bambini, e aveva preso la carrozza ridendo sguaiato e gridando per la gioia.
Perché lui aveva qualcosa, aveva talento in qualcosa, doveva averlo, e perciò prima o poi la sua vita sarebbe cambiata.
E quella era la sua opportunità: sarebbe andato in quel posto, nel Paese dei Balocchi, e avrebbe passato lì tutta la vita, a divertirsi e a mangiare tanto cibo buono- caramelle e dolci e non il pane duro e vecchio che avevano a casa- e a fumare e a giocare a biliardo come il capo della miniera e i suoi amici ricchi che ogni tanto gli tiravano delle monetine.
Era quella, la sua opportunità.
E sulla carrozza, Lucignolo aveva incontrato un bambino di legno, tutto proprio di legno. Si chiamava Pinocchio, e, anche se era di legno, aveva vestiti migliori dei suoi e sembrava aver mangiato meglio di lui- cosa mangiavano i tipi di legno?- però di sicuro non aveva mai fumato e non era avvezzo alle cose che faceva Lucignolo, alle cose da grandi.
Lucignolo aveva mostrato a Pinocchio come spaccare il vetro e i mobili e tutto e come fumare, tirando bene delle belle boccate dei sigari, e tante altre cose importanti.
Perché era quella, la sua opportunità.
Lo credeva davvero, Lucignolo.
Ma aveva sbagliato.
Ad un tratto le mani erano zoccoli, le orecchie erano lunghe e aveva urlato ed era uscito un raglio. E aveva provato a chiamare la mamma, ma il suo corpo non si era fermato e aveva bruciato tutta la pelle e si era ricoperto di pelo, rompendo tutti i vestiti che la mamma aveva comprato vendendo i suoi bei capelli.
E aveva chiesto aiuto a Pinocchio e al suo amico Grillo, ma erano scomparsi e... e non capiva, quella doveva essere la sua opportunità e... e...
Lo avevano fatto lavorare, Lucignolo, lo avevano frustato fino a sanguinare, fino a che la schiena si spezzava e le ossa facevano scrish scrosh molto più di quella di babbo e dei fratelli, e il poco che mangiava, lo vomitava. Non ricordava più se era stato un umano, un bambino, sul serio, ma gli mancava mamma, e i fratelli e perfino babbo e la scuola. Non era più quella la sua opportunità e lui stava quasi pensando di non crederci più e di lasciarsi cadere a terra e morire.
Poi, ad un tratto, tutto era cambiato, in modo confuso, ed era tornato Lucignolo, Lucignolo il bambino- o quello che ne era rimasto. E gli avevano dato un vestito che gli cadeva ad ogni passo e lasciava scoperte le costole. Lo avevano portato in un posto, perché tutti i Malvagi dovevano andare da una parte e i Buoni tutti da un'altra, perché ora tutti loro- anche se non capiva bene chi- abitavano nel Regno di Phentesia e funzionava così lì. Ma lui aveva detto di no, che voleva andare con i Buoni, perché lui aveva qualcosa, aveva talento in qualcosa, doveva averlo, e perciò prima o poi la sua vita sarebbe cambiata.
E con i Buoni, sarebbe cambiata di sicuro.
Allora Lucignolo aveva cercato e trovato Pinocchio e il Grillo e aveva detto che non gli piaceva quell'idea, che non era giusta, che voleva andare con loro, con i Buoni, perché aveva imparato la lezione e...
E il Grillo aveva scosso la testa e si era girato e aveva portato via con sé Pinocchio.
Lucignolo aveva gridato, tirato delle pietre contro i Buoni e aveva scalciato, e si era sentito trattato come l'asino che non era più. Ma non aveva potuto fare più niente e... e poi si era ritrovato nel Black Realm, la parte dei Malvagi e non sapeva che fare, che pensare perché non... non era quella la sua opportunità, non era stare con il Cocchiere che lo aveva frustato e quasi ucciso...
Ma non ne aveva... non ne aveva nemmeno più altre.
E quindi doveva stare lì, e faceva... faceva lo stesso che aveva fatto quando era stato un asino, lavorare con i denti e con la unghie per poter mangiare e coprirsi con una giacca la sera in una stanza piccola e buia, cercando di non avere troppo freddo.
E così lo aveva capito, Lucignolo. Aveva capito che lui in realtà non aveva nulla, non aveva talento in nulla, non aveva nulla e niente in più degli altri, ma solo in meno, e perciò la sua vita non sarebbe mai e mai cambiata.
La sua opportunità era scivolata via con Pinocchio e il Grillo e tutti i Buoni.
Aveva soltanto un qualcosa di nuovo, una cosa che aveva imparato- strano per lui- proprio nel Black Realm, tra il Cocchiere e tutti i Malvagi: la chiamavano Vendetta, e dicevano che era deliziosa.
E Lucignolo aveva smesso di aspettare la sua opportunità, ma aspettava, lavorando con i denti e con le ossa che facevano scrish, scrosh, aspettava che i Malvagi vincessero.
Perché i Buoni erano degli... ipocriti con il loro falso perdono e, senza nemmeno sapere che significava, gli avevano portato via la sua opportunità, quindi meritavano di morire.
E Lucignolo, stranamente, non vedeva l'ora di imparare ad ucciderli.


N.d.A.
Saaalve. Si, lo so, sto pubblicando cose deprimenti. E questa è solo la prima di altre due one-shot incentrate sui Malvagi. Perchè, insomma, chi ha stabilito che debbano perdere? E che abbiano torto? Magari Lucignolo ha subito traumi e violenze durante tutta la sua vita, magari Ade si è sempre sentito il meno considerato e il più emarginato tra tutti gli dei. Ora non voglio, con queste fanfiction, giustificare il loro comportamento, ma solo...vederlo da un altro punto di vista, il loro. In fin dei conti, i Buoni li hanno abbandonati, umiliati e, in alcuni casi, uccisi. Sono davvero così Buoni?
A voi la risposta ed eventuali commenti, che mi fanno sempre piacere :)
Baci
Nox
  
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