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Autore: Neverlethimgo    16/01/2015    7 recensioni
Era bastata una notte a far cambiare tutto e tre parole a far nascere decine di domande. Era solo un assassino, o era addirittura pazzo?
Dai capitoli:
Erano passati tre anni dall'ultima volta che misi piede fuori dall'istituto, avevo rimosso ogni cosa del mondo esterno, fatta eccezione per la luce del sole, sebbene la vedessi di rado ultimamente.
Sapevo che avrei dovuto trascorrere soltanto altri due giorni in quella prigione, sapevo che mancava cosė poco alla fine, eppure non percepivo il desiderio di sentirmi libero. Non ero mai stato libero davvero.

A Jason McCann story.
Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nč offenderla in alcun modo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Jason McCann, Miley Cyrus
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 26: I'm not lying, I couldn't be more sincere.

 

Jason


Da quella notte le parole pronunciate da Ivy furono un chiodo fisso.
Se, nelle ultime settimane, il pensiero di dover riesumare il passato aveva semplicemente accarezzato la mia mente, ora era diventato il mio più grande incubo.
Non avrei mai raccontato nulla di me ad una psicologa, non le avrei mai permesso di venire a conoscenza di ciò che avevo fatto.
Ero seduto al centro del letto matrimoniale, avvolto dall’oscurità che ormai da ore aveva reso l’atmosfera di quella camera più calma, ma non per questo serena. Ero sprofondato in un abisso di dubbi e paure, trovando conforto solo nella menzogna.
Mi tornarono alla mente le domande più frequenti che la psicanalista, all’interno dell’ospedale, era solita pormi, le mie risposte biascicate a fatica ed un oceano di bugie che mi circondava. Non le avevo mai raccontato la verità, non le avevo mai permesso di capirmi e mi sarei comportato allo stesso modo anche stavolta.
Con Ivy avevo imparato ad aprire il mio cuore, a concederle l’opportunità di conoscere il mio passato e ciò che mi tormentava, ma non l’avrei fatto con nessun altro.
Riponevo in lei la mia fiducia e tutto ciò che di positivo potevo trasmetterle, ma non sapevo realmente quanto tutto questo sarebbe durato.
 
Più trascorreva il tempo più mi convincevo del fatto che solo il mio vecchio diario avrebbe dovuto conoscere tutti gli aspetti del mio io interiore e, nel caso in cui avrei avuto la necessità di raccontare di più, l’avrei fatto sparire, impedendo a chiunque di leggerne il contenuto. Anche ad Ivy.
 
Ero rimasto solo quella notte, non avevo cercato Ivy e lei non aveva cercato me. Le ultime sue parole furono semplicemente: “ricordati che domani pomeriggio avrai la tua prima seduta con la psicologa. Verrò con te, non preoccuparti andrà bene.”
Non era della sua presenza che mi preoccupavo. Tuttavia, non chiusi occhio, pensando e ripensando a ciò che mi aspettava.
La luce del mattino invase la stanza com’era solita fare quotidianamente e non persi ulteriore tempo prima di abbandonare il letto. Mi avvicinai allo specchio appeso la parete, fissando la mia immagine riflessa e soffermando la mia attenzione sui cerchi violacei che mi contornavano gli occhi. Erano più marcati e mi facevo quasi paura.
Se la mia immagine, descritta nei giornali, rasentava quella di un pazzo omicida, chiunque mi avesse guardato in faccia non avrebbe faticato ad avere la stessa opinione. Non avrei potuto cambiare le cose in ogni caso.
Terminai di vestirmi e, una volta posato il cappuccio sulla testa, uscii di casa, raggiungendo a passo lento la scuola.
Non appena misi piede nel corridoio principale, tutti gli sguardi si posarono su di me ed arrestai i miei passi, cercando d’incrociare il campo visivo di ciascuno.
A dir la verità, non trascorreva giorno che io non mi sentissi costantemente gli occhi addosso. Sembrava quasi che, a scuola, le persone stessero aspettando soltanto il mio ingresso nel corridoio principale per zittirsi e concentrare la propria attenzione su di me.
I loro sguardi pungenti mi analizzavano per filo e per segno, arrivando a notare cose che solo io mi ero preoccupato di notare. E, probabilmente, l’espressione che aleggiava sul mio viso era meno rassicurante del solito.
Il corridoio era divenuto improvvisamente silenzioso nell'istante in cui i miei piedi cominciavano a posarsi sul pavimento di esso, fatta eccezione per bisbigli appena percettibili.
Furono sufficienti pochi secondi per darmi l’opportunità di ignorarli e riprendere il mio cammino, ma, mio malgrado, non tutti erano della mia stessa idea.
È sempre un dispiacere vederti vivo ogni giorno che passa.” Riconobbi la voce di Kayden, ma non mi voltai. Mi fermai semplicemente e con la coda dell’occhio cercai la sua figura alle mie spalle, ma senza risultati. Udii in seguito i suoi passi ed ecco che si posizionò davanti a me, il suo solito ghigno sul viso e lo sguardo compiaciuto di chi ha appena ucciso il suo miglior nemico. O, forse, ero semplicemente io ad interpretarlo in quel modo.
Ma, se devo essere sincero, mi è dispiaciuto di più vederti nel letto di Ivy,” continuò, ma il suo tono di voce non era più così divertito come all’inizio, sembrava addirittura infastidito e forse anche un po’ arrabbiato.
Non sono affari tuoi,” mormorai sommessamente.
Ciò che fai con lei, che sia sesso oppure no, sono comunque affari miei. Durerà poco, fidati.
Incrociai il suo sguardo, dedicandogli un’occhiata gelida che lo fece stizzire.
Non mi sono mai fidato nemmeno di mia madre, non mi fiderò di quel che dici tu.” Pronunciai quelle parole con una tale rabbia che non sapevo nemmeno di provare, almeno fino a quell’istante. Kayden non fu l’unico a sentirmi, perché, pochi istanti dopo, un leggero mormorio riempì l’aria e la folla iniziò a disperdersi.
Sei irrecuperabile, non credere che Ivy non se ne sia accorta. Si stancherà presto di farti da assistente sociale e di pararti il culo. Per uno come te non c’è più nulla da fare.
Così com’era arrivato, sparì, lasciandomi completamente solo mentre la campanella smise di suonare, dopo aver annunciato l’inizio delle lezioni. Rimasi immobile, intento a fissare il vuoto, fino a che un rumore di passi affrettati non giunse alle mie orecchie. Mi voltai verso l’ingresso ed incrociai lo sguardo di Ivy: le sue gote erano arrossate ed il respiro pesante. Aveva fatto tardi ancora una volta e la nostra prima lezione sarebbe stata quella di biologia, il professor Layton non sarebbe stato contento.
Perché non sei in classe?” mi domandò non appena mi raggiunse.
Ho fatto tardi anche io,” le dissi semplicemente.
Se non altro non sarò l’unica con la quale se la prenderà.
Entrammo in classe ed il professore, già seduto dietro la cattedra, voltò lentamente il capo verso di noi.
Oh, signorina Wayner, tra tutti gli studenti che poteva traviare, ha scelto proprio l’unico che alla mia lezione arrivava puntuale. Deve avere una sorta di potere manipolatore per riuscire in un intento del genere.
Mi scusi, io-
Non è stata colpa sua,” intervenni, riducendo lo sguardo ad una misera fessura e costringendo il professore a concentrare l’attenzione su di me.
Non le consiglio di mettersi contro di lui, potrebbe ucciderla nel sonno!
Non avevo notato, fino a quell’istante, la presenza di Kayden nella nostra classe. Tutti i presenti si voltarono a guardarlo, mentre lui sorrideva beffardo ancora una volta. Riportarono poi lo sguardo su di me, ma l’espressione che aleggiava sui loro volti era decisamente più spaventata.
Andate al vostro posto, ho già perso anche fin troppo tempo.” Fu tutto ciò che il professore disse e mi sentii quasi sollevato, se non fosse per le occhiate che gli altri ragazzi mi stavano dedicando. Detestavo trovarmi lì, detestavo il fatto che Kayden fosse lì e mi sfuggiva il motivo di tale presenza.
Perché lui è qui?” domandai ad Ivy.
Credo debba recuperare il compito che faremo tra un paio di settimane. L’anno scorso non era riuscito a recuperare l’insufficienza prima della fine del corso e, se fallirà anche stavolta, probabilmente verrà bocciato in biologia.
Sospirai e strinsi le labbra in una linea dura.
Tranquillo, sarà solo per due settimane,” tentò di rassicurarmi Ivy, ma servì a poco.
 
Biologia sembrò essere l’unica lezione a durare più del dovuto, ma fu soltanto una mia impressione, perché l’orologio non mentiva e funzionava alla perfezione: era trascorsa solamente un’ora.
Le ore seguenti furono meno pesanti ed ebbi la fortuna di non incontrare più Kayden a lezione, l’avevo intravisto solo un paio di volte nei corridoi, ma nulla più.
Mi ritrovai quasi a desiderare che la giornata non giungesse mai al termine; il pensiero dell’incontro con la psicologa non aveva abbandonato la mia mente nemmeno per un secondo e ciò mi rendeva estremamente nervoso.
 
Prima che potessi varcare la soglia d’uscita, una volta concluse le lezioni, Ivy comparve alle mie spalle, afferrandomi per il braccio e trascinandomi sino a raggiungere la sua auto.
Non dissi una parola e salii dal lato passeggero, mentre lei mise in moto e sfrecciò fuori dal parcheggio.
Il silenzio regnò sovrano, interrotto solamente dal rombo flebile del motore, per il resto nessuno dei due proferì parola. Non avevo idea di dove si trovasse lo studio, né tanto meno ero a conoscenza dell’orario dell’appuntamento. Non sapevo nulla ed era forse meglio così.
Dopo quasi mezz’ora di guida ininterrotta, Ivy fermò la macchina d’innanzi un piccolo edificio dalle pareti chiare, ma fredde, scese dall’auto e lo stesso feci io. Tese la mano verso la mia, aspettando che la stringessi a mia volta, ed iniziò ad incamminarsi verso l’entrata.
Salimmo una piccola rampa di scale e ci ritrovammo nel bel mezzo di una sala d’attesa, circondata da porte dal vetro trasparente. Tutte chiuse.
So perfettamente che te sarà difficile rivivere i momenti del tuo passato, così come so quanto detesti parlarne, e mi dispiace davvero per averti costretto, ma sono sicura che ti aiuterà,” mi disse, prendendo entrambe le mie mani e stringendole tra le sue.
Nessuno più di me vorrebbe vederti archiviare una volta per tutte ciò che ti rende triste. Ti chiedo solo di permetterle di aiutarti.
D’accordo, lo farò,” mormorai, facendo un breve cenno del capo. La vidi sorridere ed indietreggiò di qualche passo.
Ora vai, io ti aspetterò qui.
 
Feci esattamente ciò che mi aveva detto, aprii la porta e la richiusi immediatamente alle mie spalle, incrociando poi lo sguardo di una donna sulla cinquantina, i capelli scuri raccolti in una coda laterale e gli occhi altrettanto scuri, sovrastati da un paio di occhiali. Era completamente diversa dalla psicanalista che mi aveva interrogato per oltre tre anni, eppure me la ricordava parecchio. La postura composta, il viso coperto da un’espressione seria e per nulla amichevole, e le molteplici scartoffie che inondavano la scrivania mi fecero intendere che io non ero altro che uno dei tanti, capitato per errore al suo cospetto.
Siediti pure, Jason,” mi disse con tono pacato, ma assomigliava quasi ad un comando. Tuttavia obbedii. Il fatto che conoscesse il mio nome mi metteva a disagio, ma, d’altro canto, non esisteva persona che non ne fosse a conoscenza e la cosa mi turbava. Mi aveva sempre turbato.
Di che cosa vorresti parlare?
A differenza della precedente, la dottoressa che avevo di fronte preferiva andare dritta al punto, senza riempirmi le orecchie di discorsi futili e dispersivi.
Onestamente, di nulla.
Qualcosa dovrai pur dire, hai a disposizione un’ora e sono sicura che non vorrai perdere il tuo tempo stando in silenzio.
La guardai negli occhi, cercando di scorgere anche il più piccolo segno d’arroganza che le sue parole mi avevano appena trasmesso, eppure non lo trovai.
Lei sa perché sono qui. Conosce già la mia storia,” le dissi semplicemente e la vidi stringere le labbra.
Conosco ciò che ho letto sui giornali, ma non sempre raccontano la verità. Preferirei che fossi tu a dirmi come sono andate le cose.
Che cosa vuole sapere?
Sussultò alle mie parole, evidentemente non si aspettava che la seduta si svolgesse in quel modo e non la stavo aiutando ad aiutarmi, ma io non volevo farmi capire, né tanto meno aiutare.
Se potessi tornare indietro, rifaresti ciò che hai fatto tre anni fa?
Ad essere sincero, nemmeno io mi aspettavo una simile domanda.
Sì,” risposi spiazzandola.
Detestavi così tanto tua madre e tuo padre da volerli uccidere nuovamente?
Li ho uccisi una volta, lo rifarei se la situazione rimanesse tale.
Con un gesto lento, ma deciso, allontanò il blocco di fogli bianchi posato davanti a sé. Se inizialmente aveva intenzione di prendere appunti su ciò che avrei detto, ora era più che propensa a dimenticarsene, ne ero certo.
Anche tua madre era davvero così cattiva con te?
No.
E allora perché ucciderla?
Avrei preferito ignorare quella domanda, ma, dando una rapita occhiata all’orologio appeso alla parete, realizzai di non avere la più pallida idea di come trascorrere il tempo restante se non rispondendo ai suoi futili quesiti.
Non ha mai fatto niente per aiutarmi. Quando mio padre scatenava la sua ira contro di me, lei rimaneva in disparte, limitandosi a guadare.
Forse aveva paura,” commentò poi.
Anche io.
Rispetto a quando avevo messo piede lì dentro, il suo atteggiamento nei miei confronti era totalmente mutato. Ora sembrava aver paura di me, esattamente come chiunque venisse a conoscenza della mia storia, l’avrei classificata come tutti gli altri.
Non ero infastidito, tutt’altro, mi sentivo sollevato nell’aver appurato  che, ancora una volta, avevo ragione. Nessuno avrebbe potuto aiutarmi, nessuno mi avrebbe ascoltato senza giudicarmi.
Posso andare adesso?” le domandai, senza però guardarla in faccia, mi concentrai piuttosto sul quadrante dell’orologio.
Se non hai null’altro da dire, accomodati pure.
Mi alzai, ma non mossi alcun passo. “In realtà, sì, ci sarebbe un’ultima cosa.
Sul viso della donna si accese un barlume di speranza, quasi fosse realmente convinta che mi sarei confidato sinceramente con lei.
Se Ivy dovesse chiederle com’è andata, mi faccia il favore di dirle ciò che realmente vorrebbe sentire.
Se è questo ciò che vuoi.
Sì, è questo ciò che voglio,” ribattei, chiudendo entrambe le mani a pugno.
Mi voltai, avvicinandomi alla porta, ma la sua voce giunse nuovamente alle mie orecchie.
Devi tenere davvero molto a lei.
Più di ogni altra cosa.
 
Sbattei la porta alle mie spalle ed incrociai lo sguardo di Ivy, la quale balzò in piedi, raggiungendomi con un largo sorriso dipinto sulle labbra.
Com’è andata?” mi domandò con enfasi.
Mi strinsi nelle spalle. “Normale,” risposi, ma poi mi corressi. “Direi bene.
Ne sono davvero felice e apprezzo il fatto che tu voglia farti aiutare da qualcuno che non sia io.
Sobbalzai alle sue parole, non avrei potuto mentirle anche su questo.



 


Spazio Autrice

Insultatemi pure finché non avrete più insulti disponibili, perché è esattamente ciò che mi merito.
E' vero, novembre e dicembre sono stati mesi improponibili per me e ammetto che la nulla facenza di Justin ha contribuito in parte a questo mio 'ozio' nello scrivere qualcosa su di lui, ma ci ho riflettuto parecchio e non posso, né tanto meno voglio, lasciare in disparte le storie che scrivo su di lui.
Mi dispiace veramente tanto per avervi fatto aspettare e mi sentivo in colpa quando ricevevo le domande su ask in cui mi chiedevate se mai avessi aggiornato. Non era da me tardare così tanto e detestavo chi lo faceva, per cui potete anche solo immaginare quanto sia una brutta persona.
Non ho intenzione di mollare, né di farvi aspettare mesi. M'impegnerò ad aggiornare almeno una volta alla settimana, o ogni due settimane nel caso in cui non dovessi farcela, ma non oltre.

Vi ringrazio comunque infinitamente tanto perché ho notato con piacere che le recensioni al capitolo precedente ci sono e sono anche cariche di complimenti, per cui non me la sento proprio di farvi penare l'attesa.
Spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto e, sì, forse sarà stato tranquillo, Jason non ha preso a pugni Kayden e non ci sono stati momenti teneri tra lui e Ivy, ma lo considero un passaggio importante e più avanti capirete il perché.

Sono curiosa di sapere che cosa ne pensate, aspetto i vostri commenti :)



Alla prossima!
Much Love,
Giulia 

@Belieber4choice
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