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Autore: _ems    16/01/2015    4 recensioni
Anzi, a pensarci bene, Paolo non l’aveva mica mai detto (…) e se c’era una cosa che sua madre gli aveva insegnato - quando ancora poteva, quando ancora voleva – e che quando le cose, le persone, sono belle come il Vento del Nord bisogna dirlo.
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Perché per il Vento del Nord la Terra del Sud è la destinazione e tutto il resto è solo un viaggio, una fuga andata male – ma anche bene – da una vita che ti ama.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Lia, la mia Terra del Sud e
Carlotta, il mio vento del Nord.
(Vi voglio bene ragazze).

Sale dagli occhi, il sapore delle lacrime ¬
la bellezza del Vento del Nord e della Terra del Sud.


¬ spuma di mare e vita di terra.
[- Le ho mai raccontato del vento del Nord?]


Era bella come il Vento del Nord.
E se gli chiedevi il perché, non sapeva risponderti.
Perché Paolo, proprio lui, non aveva idea di cosa significasse essere belli come il Vento del Nord. Era una cosa che diceva sempre sua madre quella, non lui. Anzi, a pensarci bene, Paolo non l’aveva mica mai detto ma lei era bella come il Vento del Nord e se c’era una cosa che sua madre gli aveva insegnato - quando ancora poteva, quando ancora voleva – e che quando le cose, le persone, sono belle come il Vento del Nord bisogna dirlo.
« Amaranta? »
« Uhm? »
« Sei bella come il Vento del Nord ».
Chi l’ha detto che isolarsi fa male,
quando serve per dimenticare
che il dolore ti dice “Non ora!”

Pioveva quel giorno e con la pioggia bisogna starci attenti, che si deve correre se si è a piedi ma andar piano se si è in macchina. Quindi quel giorno pioveva e bisognava stare attenti, nascondersi sotto un ombrello, proteggersi con un capello, rifugiarsi in un bar e poi andare al mare. Bisogna farlo quando piove, o meglio: quando smette di piovere.
Paolo l’ha sempre fatto, fin da piccolo.
Aspettava i giorni di pioggia e l’inverno con ansia, passava interi pomeriggi con il naso schiacciato sul vetro - il visino paffutello che si tingeva di quel bianco innaturale dovuto alla pressione contro il freddo del vetro della finestra – ed aspettava la pioggia.
Perché quando piove – o meglio, quando smette di piovere – il mare è bello come il Vento del Nord.
Così diceva sua madre.
La madre di Paolo veniva da un’isola ma era contadina. Sapeva che la terra, come il mare, erano ricchi e, come i ricchi, avari.¹
«Che Dio non ti renda mai ricco come il mare, figlio mio».
Gli diceva, quei pomeriggi lì dove il mare era bello, e il vento era freddo e le mani ghiacciate. Quei pomeriggi dove s’usciva con i guanti e la sciarpa, la giacca e il capello. Glielo diceva sempre, la mamma, che il Buon Dio ci pensasse due volte, prima di renderlo ricco come il mare. Come il mare che se ne stava lì, davanti ai loro occhi e s’agitava come fa un bambino il giorno della Befana, che di dolci ne ha mangiati troppi e al mal di pancia non è scampato. Brontolava, di tanto in tanto, e chissà magari chiamava a gran voce la madre anche lui, con le sue onde, cercandola sulla riva.
«Questo mare è bello come il Vento del Nord».
Diceva la mamma, guardandosi attorno con i capelli frustati dal vento ed il naso arrossato dal freddo. Con le mani nella tasca, la sciarpa attorno al collo ed il capellino rosso, quello che tanto le piaceva, quello che gli aveva regalato il papà a Natale.
«Cosa significa?»
Chiedeva allora Paolo, nel suo giubbotto imbottito blu, coperto fino al nasino dalla sciarpa azzurra e fino alle sopracciglia dal capellino di lana rossa.
«Che è bello».
E allora si tornava a casa, perché il mare quel giorno era bello come il Vento del Nord e come tale non andava sciupato. Perché “ci torniamo la prossima volta che smette di piovere” diceva sua madre, e ci tornavano sempre. Con i loro giubbotti imbottiti e i capellini rossi.
La madre di Paolo si chiamava Angela, e come tutte le madri anche lei era invecchiata. L’aveva fatto assieme al marito, quasi in simultanea, guardando quel unico figlio tanto amato - e che mai sarebbe stato ricco come il mare - crescere felice.
Felice e riconoscente.
E Paolo aveva comprato una casa su quella spiaggia, davanti a quel mare.
L’aveva fatto quando la madre era lì lì tra la vita e l’aldilà, assieme all’aldiquà.² L’aveva fatto per potersene stare sul portico di casa propria, con i loro giubbotti imbottiti – giusto più grandi di qualche taglia – ed i capellini rossi. Che la madre sarebbe morta guardandoselo ogni giorno, ogni notte, quel mare bello come il Vento del Nord.
«Quando la mamma è morta, papà, il mare era bello come il Vento del Nord».
Diceva Paolo a papà Francesco, quando lo vedeva giù e sapeva – come lo sapeva anche il mare – che di ricordi ci si ammala e di malinconia si perisce. E allora Paolo doveva ricordarglielo, a papà, che quando la mamma era morta il mare era bello come il Vento del Nord e se non sapevi cosa significava andava bene così, perché il mare era comunque bello e stava là, nel suo perenne mal di pancia a lacrimar spuma, chiamando la mamma, con le onde, a gran voce sulla riva.
«Cosa significa?»
Gli aveva chiesto una volta suo padre, portando gli occhi tristi su quel mare.
«Che è bello».
Gli aveva risposto.
Perché Paolo, proprio lui, non aveva idea di cosa significasse essere belli come il Vento del Nord e suo padre se n’era andato, così come sua madre, col mare bello come il Vento del Nord e Paolo era rimasto in quella casa da solo, col suo mare ed il vento di sua madre.
 
Chi l’ha detto che abbracciarsi fa male,
che fermarsi non è continuare,
quando il cuore ti dice “sei sola?”

Amaranta era bella come il Vento del Nord, e se gli chiedevi il perché non sapeva risponderti. Era arrivata lì con la pioggia, nascosta in una barca in attesa del bel tempo, era saltata su quando l’acqua le era arrivata alle ginocchia.
Sputacchiava, tra le risate, spuma di mare e vita di terra.
Aveva gli occhi di chi fugge, dalla vita e da se stessi e lo sguardo di chi si rifugia – e l’ha già fatto tante volte – nella vita degli altri per ingannare la propria. Aveva le mani di chi ama, prima gli altri e poi se stessi ed il sorriso di chi soffre, ma dimentica perdona e corre avanti.
«Si sente bene, signorina?»
Aveva chiesto Paolo, comparendo alle sue spalle, nel suo giubbotto imbottito e il capellino di lana rossa. L’aveva chiesto perché Amaranta rideva così forte – ma proprio forte – che il brontolar del mare sembrava quasi una nenia e non primeggiava col suo chiamar a gran voce per i troppi dolci, o i troppi uomini.
«Più che bene, signore».
Aveva risposto lei, col sorriso di chi soffre e i capelli di chi è di corsa, che non c’ha tempo per farsi bella, ma più che altro non c’ha voglia. Amaranta era bella come il Vento del Nord e come lui correva, fermandosi solo per le cose belle.
«Se resta ancora un po’, signorina, la pioggia smettere di scendere» stava già dicendo Paolo, mentre allungava l’ombrello in avanti per proteggere chi vive. «Così il mare, poi, è bello come il Vento del Nord».
E Amaranta si ferma, perché le cose belle si cercano, si trovano e poi si guardano. Alcune s’attendono ma Amaranta era di corsa e non attendeva neanche se stessa - però Amaranta si ferma, su quella spiaggia, in un giorno di pioggia mentre il mare diventa bello, bello come il Vento del Nord.
«Paolo» gli sta chiedendo, un giorno nuovo, col mare già bello e la pioggia già sparita, mentre se ne sta seduta su quella spiaggia come solo le cose belle sanno fare, arenata come un relitto, misteriosa come un veliero. «Che significa che il mare è bello come il Vento del Nord?»
Gli chiede e se lo guarda tutto, quel mare bello come il Vento del Nord perché le cose belle si cercano, si trovano e poi si guardano.
«In realtà» confessa Paolo, per la prima volta, guardando il mare. «Credo di averlo appena capito».
Amaranta alza la testa e lo guarda: guarda Paolo nei suoi trent’anni, col suo giubbotto imbottito e il capellino di lana rossa, guarda Paolo e il suo ombrello sempre alla mano, la sciarpa a coprirgli la bocca.
«Il Vento del Nord e bello come la tristezza e la malinconia delle cose perdute e mai ritrovate. È bello come la vita degli altri, quella che non sei mai riuscita a vivere e non t’appartiene. Il Vento del Nord e bello come la vita persa e mai più ritrovata, come i ricordi andati e la colla tra le mani».
Paolo abbassa la testa e la guarda: guarda Amaranta nei suoi venticinque anni, col suo capottino rosso ed il capellino di lana beige, guarda Amaranta e la sua matita sempre alla mano col foglio ripiegato in una tasca e la frangia a coprirgli gli occhi chiari.
«Un po’ triste questo Vento del Nord».
Paolo scuote la testa e sorride.
Lo fa perché Amaranta sorride poco, perché sua madre sorrideva tanto e suo padre quanto bastava. Sorride perché gli e stato insegnato che bisogna farlo, a volte anche solo per ricordarsi come si fa. Sorride perché “bisogno essere riconoscenti dei doni che Dio ci fa” diceva sempre sua madre.
«La bellezza del Vento del Nord non appassisce, dura nel tempo» sta dicendo Paolo, inginocchiandosi accanto al suo relitto preferito. «È immortale» precisa, perché forse “non appassisce” e “dura nel tempo” rendono l’idea, ma “immortale” definisce l’essere.
«Il Vento del Nord, Amaranta, è bello come la speranza svanita. Sai cosa succede quando la speranza svanisce?»
Le sta chiedendo, guardandola come si guardano le cose belle, come si guarda il mare bello come il Vento del Nord. E come tutte le cose belle Amaranta scuote la testa – perché sono belle e non lo sanno e quindi va bene così.
«Torna più forte di prima».

« Amaranta? »
« Uhm? »
« Sei bella come il Vento del Nord ».

Amaranta era bella come il Vento del Nord e come lui correva, fermandosi solo per le cose belle. E si ferma, perché le cose belle si cercano, si trovano e poi si guardano. Alcune s’attendono ma Amaranta era di corsa e non attendeva neanche se stessa e allora l’aspettava Paolo.
Paolo che non era bello come il Vento del Nord, ma come la Terra del Sud. Paolo con le mani di chi è solo, col suo capellino di lana rossa ed il sorriso di chi è grato. Paolo con gli occhi scuri di chi vede troppo e lo sguardo di chi viaggia, ma mai con i piedi. Paolo che la guarda come si guardano le cose belle, quelle preziose che ti porti dentro. Paolo che capisce più di quanto vuole e lascia intendere meno di quanto dovrebbe.
Paolo che è bello come la Terra del Sud.
«Come il Vento del Nord, dici?» sta già chiedendo Amaranta e Paolo sorride, annuendo piano timoroso. Paolo che non feriva, che chiedeva scusa e non scappava. «È allora tu sei bello come la Terra del Sud» l’ha già confessato, Amaranta, anche se si morde forte il labbro per non lasciarselo sfuggire.
Nei ricordi di Amaranta la Terra del Sud è casa, unico appiglio di una vita da nomade per il Vento del Nord la Terra del Sud è l’arrivo. La conclusione di un viaggio, bello o brutto che sia, ed il riposo di un istante.
Nei ricordi di Amaranta la Terra del Sud ha le spalle grandi e le mani callose, ha l’odore della terra e dei biscotti fatti in casa di sua nonna. Ha la voce di suo nonno ed i richiami di suo padre.
 
Meravigliosa creatura, sei sola al mondo.
Meravigliosa paura di averti accanto.
Occhi di sole, mi tremano le parole,
amo la vita meravigliosa.

«Amaranta» le sta chiedendo Paolo, in un giorno nuovo, con i suoi occhi grandi e curiosi di chi ha esplorato troppo poco, ma tanto basta. «Com’è essere belli come la Terra del Sud?»
Nei ricordi di Amaranta la Terra del Sud ha lo sguardo severo di sua madre e le sue carezze prepotenti, ha gli avvertimenti fatti a mezza voce che “donna avvisata, mezza salvata” diceva sempre sua madre.
«Essere belli come la Terra del Sud è essere madre e padre, nonno e nonna. È rimboccarsi le maniche e farsi in quattro, più per gli altri che per se. Essere belli come la Terra del Sud è amare, ma farlo senza pretese».
Sta dicendo Amaranta, che si alza e s’avvicina al mare con i piedi nell’acqua, il pantalone ripiegato fino alle ginocchia ed il capottino rosso, che gli arriva alla vita, ed il capellino beige, che vola via e l’afferra Paolo che essere bello come la Terra del Sud gli sta bene, che se basta ad Amaranta basta anche a lui.
Perché essere belli come la Terra del Sud è amare, ma farlo senza pretese.
 
Meravigliosa creatura, un bacio lento,
meravigliosa paura di averti accanto.
All’improvviso tu scendi nel paradiso.
Muoio d’amore meraviglioso.

Amaranta un giorno glielo disse ancora a Paolo che era bello come la Terra del Sud.
«Sei bello come la Terra del Sud, ma sei anche il mio sale dagli occhi» gli disse e sorrideva, con la testa bassa. Perché toccava a Paolo starsene seduto sulla spiaggia, arenato come un veliero, misterioso come un relitto.
«Come scusa?» Stava già chiedendo Paolo, che essere bello come la Terra del Sud gli andava bene, ma il sale dagli occhi sembrava già un’altra cosa.
«Sale dagli occhi» ripete Amaranta, che lo sa bene lei, com’è. «Da piccola, quando piangevo, mamma non faceva altro che ripetermi che non dovevo mostrarmi debole».
Pausa, esitazione.
«Per convincermi, quando proprio non riuscivo a smettere, mi diceva che le lacrime erano sale dagli occhi e facevano male alla pelle, perché il sale corrode».
Lui sta zitto, la guarda.
«Sei il mio sale dagli occhi».

 
[- Le ho mai raccontato della Terra del Sud?]
 

E la guarda e sorride e le bacia le lacrime perché alla fine, a Paolo, sotto sotto gli è sempre piaciuto il sapore delle lacrime.
Il sapore delle lacrime che è così simile alla bellezza del Vento del Nord.
Come le labbra di Paolo, che sanno di casa.
Che sanno di Terra del Sud, forti passioni e deboli rimpianti.
Perché per il Vento del Nord la Terra del Sud è la destinazione e tutto il resto è solo un viaggio, una fuga andata male – ma anche bene – da una vita che ti ama.
« Paolo? »
« Uhm?»
« Sei bello come la vita che mi manca ».


Note:
1. La frase “veniva da un’isola ma era contadina. Sapeva che la terra, come il mare, erano ricchi e, come i ricchi, avari.” è presa dal libro di Erri De Luca “Non ora, non qui”.
2. La frase “tra la vita e l’aldilà, assieme all’aldiquà” è tutta farina del mio sacco e, ovviamente, ha questo “aldiquà” che non sono sicura esista.
Su un sito, però, ho trovato queste parole qua, che era esattamente quello che volevo dire:
“Se andiamo a cercare su qualsiasi dizionario, il significato reale, ci verrà fornita una descrizione che suona più o meno così: Tutto ciò che concerne la realtà oggettiva, quindi tutto ciò che ha un’effettiva esistenza.”
3. Le prime due citazioni/canzoni sono prese dalla canzone di Baby K. (Feat Tiziano Ferro <3) “Sei Sola”. Le ultime due citazioni/ canzoni sono prese dalla canzone di Gianna Nannini “Meravigliosa Creatura”.
4. La frase iniziale: “Le ho mai raccontato del vento del Nord?” (quella sotto la foto) è il titolo di un libro di Daniel Glattauer. La frase finale, invece, è semplicemente una modifica della frase originale.
Aggiunta "personale":
Come ultima cosa ci tengo a dire solo questa: tengo molto a questo testo. Mi sono davvero impegnata tanto affinché venisse fuori come volevo, non credo di esserci riuscita al 100% e a distanza di moolti mesi dopo averla scritta... uh, beh, non sono più molto sicura di questo scritto. Ma ci tengo e se mai avesse bisogno di essere migliarato, beh non avete che consigliare!
Ask, Tumblr, Facebook, Recensione... come vi pare, 'nsomma!
Questa è davvero l'ultima cosa: Ringrazio Plotti per la betatura! Finalmente riesco a pubblicarla, eh? XD
 
 
   
 
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