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Autore: Be Mine    21/11/2008    4 recensioni
Fanfiction vincitrice del concorso "Waiting for the dawn" indetto da ALE2 e Setsuka.
RoyEd
"Lui...aveva la mia anima, il mio corpo, il cuore, me: quel tutto e niente che era la mia esistenza, Edward l’aveva.
Pur non volendo l’avrebbe sempre avuta."
Genere: Romantico, Poesia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Edward Elric, Roy Mustang
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fanfiction vincitrice del contest "Waiting for the Dawn" indetto da ALE2 e Setsuka.

http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=7769886&p=3

Manco da tanto e forse è giusto che ora mi senta fuori luogo…

Questa fan fiction davvero per me è stata uno “sforzo”. Mi piace, nel contesto, anche se reputo di aver scritto di  meglio.

A voi il giudizio finale.

Riporto in fondo alla pagina il voto delle giudici ALE2 e Setsuka, che ringrazio.

Un bacio a tutte le vere amanti di questa coppia e alle vere scrittrici, quelle che sanno mettersi in gioco e giocare con serietà.

 

                                                Titolo: Un solo, eterno giorno da rivivere.

                                                 Autrice: Be Mine.

                                                Fandom: Fullmetal Alchemist.

Tema (citazione): Odio e amo. Perché mai, tu mi chiedi.
Non so. Ma sento che è così, ed è un tormento.

[Catullo]

Pairing: RoyEd.
Genere: malinconia, (introspettivo), one shot.
Rating: verde.
Credits:
i personaggi implicitamente trattati in questa storia non mi appartengono e sono proprietà esclusiva di Hiromu Arakawa. Nell’usufruirne da parte mia non c’è alcuno scopo di lucro.

 

Un solo, eterno giorno da rivivere

 

 

Ho sempre preferito la musica al silenzio:

lei almeno ha i suoi tempi.

Non sentire nulla é invece il dolore più forte di tutti: credere di non essere capace di percepire sensazioni palesi, sentirsi insensibili al calore quando lo si percepisce, provare angoscia di fronte all’evidenza dell’apatia.

Qualora una tortura trovi corpo in un guscio vuoto non può far alcun danno, come la tempesta quando viene inghiottita dal mare.

 Certo ci si sente soli, così soli che il tempo potrebbe ingoiarti senza spezzare il suo equilibrio, mentre aspetti settembre e l’autunno della vita.

Aspettando di svelare un senso che in fondo non esiste: l’amore che non arriva, che non sai dove cercarlo, ma esiste laddove ancora non hai potuto raggiungerlo, che esplode e che si rassegna, che alla fine ti trova.

E già l’odi perché non si lascia vincere dalla rassegnazione.

Perché ti stanca e ti assorbe.

Perché è egoista.

Deliziosamente, si snoda e fluido scivola nell’esaurirsi.

Decisamente, l’odi.                                                                     E l’ami, anche.

La sua luce, la bellezza a schiarire le tenebre, silenzio a scandire le ore.

E quando pure la breve luce cade, resta un’eterna notte da dormire.*

 

“Solo una volta, l’ultima volta…

Te lo giuro l’ultima. Ti prego, ti prego”.

“N…no. Ah…smett…mh…Basta, vattene. Ho detto…basta”.

“No, ti prego o impazzirò!”

“Non è vero, no. Non mentirmi, non farlo”.

“Io ti amo, Edward. Davvero ti amo”.

“Bugiardo. Sei un bu…gia…ah…Ti odio, ti odio, ti odi…o!”

“Anch’io, da impazzire”.

Quella notte nulla volle sapere di esistere. Nessuno prestò più attenzione alla propria realtà e il mondo porse l’orecchio alle sue imprecazioni, alle sue dolci preghiere sussurrate, ai singhiozzi che annegò nel cotone di quella camicia sfatta. No, quella notte il silenzio divorò tutto quello che c’era intorno, lasciando alle spalle una melodia ben più dolce di qualsiasi altra: la ninna nanna della notte, che tutto assopisce.

Presto il crepuscolo giunse drammaticamente triste e l’ultimo fascio d’oro portò via con sé i pensieri più infelici, quando la luce della luna rischiarò l’oscurità eterna.

Finalmente mai più soli, insieme nel fluire del tempo che non sarebbe mai bastato: perché dà tempo al tempo e chiederà ancora tempo, aspetta di sperare e rassegnati all’istante.

L’amore non è come credi che sia: è squallido e abbietto nei suoi voltafaccia, nella sua illusionistica apparenza, nudo, impudico, spietato, insensibile. Viscido ti viola, accende i sensi al peccato, per poi gettarti via come una qualsiasi puttana.

No l’amore non è la felicità, ma un vuoto tanto grande da riempire ogni spazio; non sa ricambiare un bacio, né accettare una carezza, né chiede scusa quando è opportuno.

Simile alla dea pagana del supplizio, che timida ti penetra: fredda e costante, estranea, travolgente.

Delicata lama** affilata, compagna, amica.

Ferisce, rimane qualche istante ad assaporare il gusto delle carni squarciate e soddisfatta lascia ad un’appagante agonia.

E nulla, ti soddisfa, ti regala quello che ossessivamente è protagonista della tua vita: il dolore, quasi non lo senti scivolare via, quasi non provi nulla di fronte alla vita che ti abbandona, quasi ne sei contento.

Il corpo una volta così bello ora cos'è se non figurazione della disfatta: tanto seducente quanto vuoto, spento nei sensi, nei gesti, nelle reazioni.

Si, esattamente: perdi la vita intera in cerca di un significante e quando lo trovi ecco che la necessità ti spinge a trovarne l’accezione che l’identifica.

Sprechi l’esistenza cercando di amare, per poi capire che l’amore è l’odio più forte che si arrende a se stesso.

 Lasci vivere perché è la cosa più giusta, per poi capire che il vero amore è fatto d’impedimenti, subordinazioni e bugie.

L’amore, quello vero, non è in grado di rendere felici perché non conosce altro se non il senso del supplizio.

E lo strazio più grande era vederlo riverso in un angolo del letto, ai margini del mondo, sospeso tra l’essenza del mondo e la partitura del tempo, vederlo lì assopito e malinconico, stanco, irritabile e quantomeno irrealmente bello.

 Spezzato come un cristallo in frantumi e delicato come la puressenza della grazia, fugacemente stabile e variabilmente precario, mentre cerca di imparare l’odio e scopre sempre più l’amore, provando a reclamare la rinuncia e imparando il valore della pretesa.

Perché Edward l’amore non lo aveva mai preso sul serio, mentre io invece lo volevo né più né meno di quanto lo bramasse il resto del mondo: in una volta - solo - riuscii a desiderarlo quanto l’universo intero non riuscì in una vita, perché davvero lo amo.

Dolce, il mio amore, delizioso.

Ingenuo e per questo ancor più dolce.

E se non fosse stato per il tempo -domani e domani e domani ancora…- quel senso di assuefazione e l’instabilità del mio sentimento ribelle alla razionalità mi avrebbero ucciso: lui è una malattia celata dal sottile velo dell’illusione, coi miei occhi troppo lontani ed il cuore con loro, ad esplorare infiniti universi sconosciuti a cavallo tra la sua idealizzazione e l’esplicazione di un desiderio forte quanto il senso di solitudine appena abbandonato.

Il quotidiano annegare nel baratro dei deliri, il sempre più pressante bisogno di gettare nel vento il troppo che l’anima riserverà sempre e solo lui, l’esagerazione del sentimento e il volerlo sminuire nel contempo: così come l’amavo e l’amo ancora, avrei voluto sempre e solo odiarlo.

Aveva la mia anima, il mio corpo, il cuore, me: quel tutto e niente che era la mia esistenza, lui l’aveva.

Pur non volendo l’avrebbe sempre avuta.

Ancora fu il bisogno d’infelicità, ancora la minaccia nascosta nella notte dei ricordi a respingermi, consapevole che se l’avessi avuto tutto avrebbe perso senso e la vita avrebbe potuto giustamente abbandonarmi alla follia dell’assoluto. Io Edward l’amo come la luna, che passa la vita in ascetica contemplazione di ogni bellezza umana pur sapendo di non poterne mai essere compartecipe, senza mani con cui almeno provare a toccarlo, senza occhi capaci d’intravvederlo e distinguerlo almeno in lontananza, mai troppo insolito per ricevere un solo istante della sua attenzione, eternamente troppo lontano dagli occhi e troppo poco dal cuore.

L’amo, perché per me è tutto quello che il mondo ha da offrire e nulla di meno di ciò che ho mai desiderato.

L’odio, perché ciò che di lui il mondo vuole concedermi non potrebbe mai bastare.

Dove andrebbe il cuore, dove la speranza, il cielo e l’incanto di ciò che indiscriminatamente va, per non ritornare mai? Dove qualora perdessi me stesso nel tempo? Dove quando avessi già deciso di sposare l’assoluto della sua sublimazione?

Io non ho mai creduto che l’arresa sia una sconfitta: è solo un’idea.

 Ma non è sopportabile, non il pensiero di cedere e perdere in una sola volta ogni ragion d’essere. Io che l’amo e l’amo e l’amo ancora, seppur nei deliri, anche se implicitamente, col mio odio represso…

Io che l’amo d’amore puro e soffro di una sofferenza ancor più pura, che nonostante tutto mento a me stesso e agli altri…per lui, vestito della castità più ipocrita, velato dalla trasparenza meno reale e bello come l’idea di Dio.

Il punto morto della mia vita, lui, dal quale non so scappare, che ancora oggi non voglio perdere, che è nulla -come me- ma in sé ha il tutto al quale non saprei mai rinunciare.

 E’ essenza nuda della felicità quando felicità è perseguire cecamente la razionalità, la stessa che conforma il folle d’amore al folle d’odio

Le cose si spezzano, si rompono per il puro piacere.

Care o meno, finiscono inghiottite dalle passioni estreme.

E gli angeli lo sanno: la virtù è nel mezzo, ma non coincide mai con la felicità.

Perché la felicità non esiste.

Lui sa anche questo.

Sa che seppur non l’amassi continuerei ad odiarlo per tutta la vita, solo per non scordarlo.

Lui sa…

Sa che anche se il mio sentimento non fosse dei più puri il senso di quello che vivo è la reazione di ciò che gli inerisce e di tutto quello che rinuncia a sé solo per contemplarlo più a lungo.

Lui lo sa che anche se non compartecipasse alla bellezza assoluta sarebbe per me ciò che la musica è per il silenzio:

la giusta scusa per tacere di fronte alla bellezza più autentica e il pretesto più dolce per cui cedere all’adorazione spassionata.

Perché amo lui quanto chiunque abbia mai adorato la propria vita e l’odio infinitamente più di quanto abbia mai odiato me stesso.

Il suo nome aleggerà infinitamente nello spazio e nel tempo, quando pure il tempo ci avrà dimenticati stipati in un angolo buio della sua memoria, quando pure il buio avrà fine e rimarrà un solo eterno giorno da rivivere.

FINE

*CITAZIONE DA CATULLO, da Vivamus atque amemus mea Lesbia (noto anche come Carme dei baci)

** …dea pagana…(e i seguenti sostantivi e agg. al femminile sono riferiti alla lama).

 

GIUDIZIO

Un solo, eterno giorno da rivivere, di Be Mine.


Giudizio di Setsuka.

Trama: 10. Nonostante sia un racconto introspettivo basato su ricordi, non è assolutamente statica, anzi è viva e appassionante.
Lessico: 10. Elegante, maturo, ricercato e poetico. In una sola parola: ottimo. E' lui che strega, affascina e conquista il lettore.
Grammatica: 10. Non ho trovato nulla che non andasse, tutto assolutamente perfetto.
Sviluppo della storia in relazione alla citazione scelta: 10. Lo sviluppo è perfetto, anche se non avessi detto qual'era la citazione alla quale ti ispiravi si sarebbe capito, anche perchè c'è tutta una riflessione su ciò

Sconcertatamente bella.
Un amore puro e una bellezza pura tu narri, ma allo stesso tempo la esprimi con appassionata eleganza in questa storia.
Tra citazioni filosofiche e letterarie dei grandi autori Greci e Latini, uniti, e aggiungendoci la tua poetica, la tua filosofia, hai parlato d'amore platonico come un'artista del Romanticismo.
Tante frasi significative, su cui meditare, piccole verità pungenti, strazianti degne di un Mustang, lui, che è così passionale e che si rivela al silenzio, rivela la più saggia delle follie: l'amore.
Un amore che non può esser taciuto, tanto è bello.
Un amore che è un sogno, ed è egoista tenerlo per se.
Un odio per la più deleteria debolezza che lo fa esser folle.
Un odio che dovrebbe essere ma non è.
E se non potesse esser amore sarà odio, e se non dev'esser odio sarà amore.
"L’amore, quello vero, non è in grado di rendere felici perché non conosce altro se non il senso del supplizio." dal mio punto di vista è la frase chiave della storia, chiave perchè spazza via il dubbio di quello che può esser successo, chiave perchè riflettendoci bene, riflettendo anche semplicemente sul rapporto tra Roy e Ed, è vera.
Edward violentato per amore, perchè doveva conoscere, doveva sapere ed è sporcato, per questo Roy ha un motivo ( ma ne ha a centinaia ) per odiare l'amore stesso, ma allo stesso tempo nella brutalità del gesto, l'unica vittima, è Roy.
Edward è come una divinità profanata dall'umanità ( l'amore ) dei sentimenti che non sono sempre così belli e puri, nella loro purezza infatti ci sono oscuri abissi e hai reso alla perfezione quest'idea, sposandola in maniera incantevole al tema da te scelto.
Una splendida introspenzione densa di dolore, senza alcuna via di fuga per la felicità, se non quella illussoria che dura per un tempo brevemente finito.

Voto finale: 40/40

Giudizio di ALE2


Trama
L’introspezione di Roy ed il vago nonsense, di cui la fan fiction è impregnata, sono resi con grande abilità.
Non possiamo davvero far altro che elogiare l’IC del personaggio e la sua caratterizzazione.
Voto: 10

Lessico
Il linguaggio scelto è molto vario e non disturba minimamente la lettura.
Straordinara è stata la tua capacità di passare facilmente dal un linguaggio forbito ad uno decisamente più comune, riuscendo abilmente a non perdere il filo del discorso e l’organicità della storia.
I periodi, inoltre, sono strutturati bene e raramente sono contorti.
Segnaliamo solo due errori di battitura e nient’altro.
Voto: 8.5

Grammatica
Attenzione solo a qualche virgola.
Voto: 9

Sviluppo della storia in relazione alla citazione scelta:
Nulla da dire; la storia nasce dalla citazione e la esplica perfettamente.
Voto: 10

Voto finale: 37.50/40

 

 

   
 
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