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Autore: Lux in Tenebra    16/01/2015    3 recensioni
[-Creepypasta-]
(Volevo raccontare la storia di uno Slenderman diverso dal solito, ispirata da alcune fan art e racconti che si trovano sul web (e non intendo le solite ficcy xD). Se siete fan della versione crudele dello Slender vi consiglierei comunque di leggere questa fic perché offre una visione differente sul personaggio. Tutta la storia è incentrata dal punto di vista del nostro protagonista maschile.)
La vita era una lunga routine, piena di mal di testa, rose invadenti, vestiti alla moda e pois multicolore che apparivano misteriosamente sulle sue cravatte.
Slender voleva fuggire via da quel caos, ma non poteva lasciare i suoi fratelli senza una guida.
Probabilmente si sarebbero autodistrutti.
Nel profondo c'era qualcosa che gli diceva che doveva restare e che, forse, prima o poi ci sarebbe stato un cambiamento, uno spacco in quel circolo vizioso:
Una tempesta si approccia impetuosa, scaraventando via tutte le barriere che proteggono il cuore e l'anima di quella creatura chiamata mostro.
Solo una cosa è certa, niente sarà più come prima.
Genere: Comico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Offenderman, Slenderman, Splendorman, Trendorman
Note: AU, Otherverse | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le disavventure degli Slenders'
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Introduzione  


Aspirai una profonda boccata d’aria, fissando le stelle in cielo: era passato così tanto tempo dalla prima volta che ci eravamo incontrati. I giorni erano volati e io facevo ancora fatica a credere che tutto ciò fosse successo per davvero.  Passai una mano sul volto, rassegnato a mandare avanti quella stupida farsa, e le parlai nuovamente:
"Come fa a non farti rabbia pensare a tutto ciò che gli uomini hanno combinato fino ad ora?! Sanno solo puntare il dito contro coloro che non ritengono normali, come se fossero dei sulla terra, sempre pronti a giudicare chiunque abbia la sfortuna di passargli davanti. Si credono tanto buoni, ma le loro anime sono nere come la pece! Sebbene io possa sembrare saccente, questo è quello che penso e nessuno lo può cambiare. Io amo definirmi come realista."
Conclusi il discorso, lasciando ricadere le mie braccia e cercando di rendere il mio tono di voce il più serio possibile. Volevo e dovevo provocarla. Il vento stava diventando a dir poco gelido, mentre una goccia d’acqua cascò sulla mia testa, facendomi rabbrividire per qualche secondo.
Fissai quella creatura negli occhi, cercando ogni minimo segno di cedimento nella corazza impenetrabile che proteggeva e oscurava le sue emozioni, nascondendo dei segreti a me inimmaginabili. Mentre si girava verso di me, un’espressione di totale indifferenza le attraversò il volto:
"Hai ragione, non siamo la migliore delle razze. "
Alzò le spalle come se niente fosse e scese dall'albero.
Sarebbe stata più dura del previsto, ma una cosa era certa: avrebbe fatto più male a me che a lei.
 
 
 
 
°°°°
 


Piccola parentesi per chi non lo sa ancora: qui non si narrerà dello Slender dei videogiochi, né di quello che mangia le persone per cena. Volevo affrontare un nuovo modo di vedere questo personaggio: a mio parere, non tutto ciò che sembra al di fuori della norma è per forza malvagio.
Insomma, di certo non siamo soli nell’universo (troppo grande per non avere altre forme di vita) e le cose “diverse” non dovrebbero scandalizzarci così tanto.
Per quanto ne sappiamo potremmo essere noi gli alieni su questo pianeta. Chiusa parentesi.

 


°°°°
 
 
 

1. Knocking on the roof.
 
 



Rovistai nella libreria alla ricerca di un buon libro da leggere e, trovatone uno che avevo letto solo tre volte, lo appoggiai con delicatezza sul tavolino vicino alla poltrona. Un leggero fischio segnalò che l'acqua per il tè era pronta, la versai nella tazza, stando ben attento a non scottarmi, e vi posai un filtro del mio tè migliore: qualche minuto e avrei avuto tutto ciò che mi serviva per distendere i muscoli e rilassarmi, senza che nessuno avesse la remota possibilità di rovinare quel momento. Buttandomi a peso morto sul velluto rosso spento e appoggiando le lunghe braccia sui comodi braccioli, mi concessi un sospiro di sollievo. La mansione era deserta finalmente! Mi spostai un po' per trovare una posizione più comoda, stendendo le lunghe gambe per terra. Aprii il libro, prendendo la tazza e soffiandoci sopra con estrema calma. Era tutto così tranquillo e bello da non sembrare ver-
 
Tonf!!
 
“Ma che accidenti?!”
Il soffitto tremò un’altra volta, facendo ondeggiare il candelabro minacciosamente, mentre la polvere cadeva fitta ricoprendomi come fa la neve quando cade giù da un ramo. (Una cosa che trovavo molto fastidiosa, soprattutto quando erano i miei fratelli a farlo di proposito.)
Cacciai via la sostanza grigia dallo smoking, creando delle nuvolette nell’aria circostante, e mi alzai per teletrasportarmi fuori.
 
Tonf!!
 
La tazza mi scappò dalle mani a causa della nuova scossa e il contenuto mi finì diritto in faccia, ustionandomi il volto. Cercando di trattenermi dal gridare e imprecando varie volte, mi appoggiai ad un lato della poltrona mentre la terra tremò ancora.
“Giuro che se becco il responsabile di tutto ciò, gli farò fare un bel volo giù dalle cascate vicine!” ringhiai tra i denti e, dopo vari tentativi a vuoto, riuscii ad arrivare al disopra dell’edificio sotterraneo.
Mi nascosi con cautela tra gli alti alberi, badando bene che nessuno potesse scorgere la mia figura: c’erano degli uomini, probabilmente degli operai visti i vestiti che indossavano, e delle ruspe. A quanto pare stavano spianando il terreno per costrire un nuovo edificio.
Come si erano permessi di entrare nel mio territorio?! Non avevano dato retta alle voci che si erano diffuse nel paese vicino?! Molti prima di loro avevano tentato di violare la foresta, ma ero riuscito a scacciarli via tutti e qualcuno ci era pure restato secco. (Ammetto che la cosa mi aveva fatto sentire in colpa per un breve periodo di tempo.)
Iniziai ad osservarli, arrampicandomi sulla cima di un albero con i lunghi viticci nero pece che si estendevano fluidamente, cingendo i tronchi con maestria, portandomi abbastanza in alto per tenere la situazione sotto controllo.
Decisi di aspettare fino al tramonto, svolgendo allora il mio ruolo senza alcuna fatica.
 
Eheh, vedrete che bel benvenuto vi ho preparato, stolti!
 
Pensai, mentre un sorriso si dipinse sul mio volto, mostrando un’infinità di denti affilati.
 
 
Qualche ora più tardi…
 
 
Il sole era completamente sceso, facendo cadere sull’area circostante un’atmosfera a dir poco spettrale, e gli operai si stavano preparando a ritornare nelle loro case, alquanto impazienti di cenare e riempire i loro stomaci vuoti.
Ero stato davvero fortunato: una densa nebbia si era diffusa nella foresta, era a dir poco perfetto per ciò che avevo pianificato di fare. Respirai l’aria densa e mi teletrasportai vicino ad un’escavatrice dove due operai stavano discutendo animatamente. Mi fermai ad ascoltare.
“Senti, ma non è imprudente stare in un posto come questo?” chiese l’uomo con voce tremolante. Era chiaro come il sole che fosse terrorizzato.
“Che intendi dire?”
“Sai… tutte le storie su questo posto, non sono rassicuranti. Soprattutto su… tu sai cosa.”
“Intendi dire lo Slenderman?”
“Shhh! Non dire il suo nome, potrebbe apparirci alle spalle all’improvviso!”
Sorrisi: non era una cattiva idea. Muovendomi velocemente, salii sulla ruspa, oscurando i pochi raggi lunari che attraversavano la nebbia con il mio corpo snello.
“Ehi, cos’è quell’ombra-?” disse uno dei due, indicando la nera silhouette della mia figura sul terreno. Tirai fuori i viticci in posizione di attacco, lasciandoli ondeggiare minacciosamente al vento, mentre iniziai a fissare i due con scherno.
Quei poveri stolti si girarono e per poco non morirono a causa dell’infarto che gli feci prendere. Il primo rimase congelato sul posto, trattenendo il respiro e forse anche l’anima, mentre il secondo se la diede a gambe levate, incespicando ogni tanto e gettando qualche imprecazione randomica contro l’ennesima pietra che rischiava di farlo cadere al suolo.
Mi concentrai su quello a portata di mano, avvicinandomi a lui. Quando solo pochi centimetri ci separavano, inclinai la testa e la pelle del mio viso iniziò ad aprirsi, fino a rivelare una serie di denti affilatissimi. Un ghigno compiaciuto mi si dipinse sul volto.
Quel mollaccione non resse a lungo, cascando per terra come se fosse stato morto. Sospirai: quando la finiranno di darmi fastidio? Non chiedo tanto, voglio solo stare solo!
Teletrasportandomi alle spalle dell’altro e attorcigliandogli un viticcio attorno alla caviglia, lo trascinai in aria. Quello iniziò a ribellarsi come un forsennato, tanto che dovetti avvolgerlo fin sulla vita per fermarlo. Ripetei lo stesso procedimento di prima, facendogli intendere che lo avrei divorato vivo, ma quello non svenne come l’altro:
“Lasciami andare, bestia immonda che non sei altro! Perché non vai al diavolo?!”
Uh, perché certa gente non può starsi zitta?! Che pezzo di idiota! Come se fosse stato nella condizione di dirmi quelle cose. Debole essere umano, non sai fare altro che giudicare anche quando sai che farai la fine del pollo.
Sorrisi, teletrasportandomi via nel profondo della foresta. Qualcuno griderà parecchio questa notte!
 

Ciò che successe poi…
 

Dopo quella notte, passati i primi due giorni, la situazione sembrava essersi calmata. Non c’era più nessuno e mi sentii sollevato dal fatto che avessero deciso di mollare tutto dopo lo spiacevole incidente accaduto a quegli operai.

Ma purtroppo mi sbagliavo terribilmente…

Il terzo giorno tornarono e portarono con loro la polizia. Appena lo scoprii, rimasi di sasso. Ora dovevo stare attento il doppio, non essendo immune ai proiettili e non avendo capacità illimitate. C’erano troppe persone, mi sentivo come in trappola, stretto dalla morsa della paura di essere rinchiuso nuovamente. Avevo sperato di non provare mai più quella sensazione opprimente, mentre vecchi ricordi riaffioravano alla mente, ricordi che volevo rimanessero sepolti nei meandri della mia memoria, senza riaffiorare mai più alla superficie.
Tutta quella attenzione era insensata: non avevo nemmeno iniziato a infastidirli per davvero! Come si sarebbero comportati se qualcuno fosse morto per sbaglio? Avrebbero mandato l’esercito?
Fui costretto a nascondermi più di una volta e la casa sotterranea rischiò di crollare in molte occasioni. Spaventato da quest’ultima evenienza, dovetti trasferirla in un’altra ubicazione, consumando tutte le mie forze e afflosciandomi successivamente sul mio letto, completamente stremato.
Durante la seconda settimana, decisi di indagare: da ciò che appresi, quel pezzo di terra vicino al limitare della foresta apparteneva ad una vecchia che se ne voleva disfare a tutti i costi, a causa delle voci insistenti sul mio conto, e l’avrebbe venduta a qualcuno che l’aveva comprata a condizione che ci fosse stata una casa di montagna per le vacanze compresa. (Il tutto pagato comunque da questa fantomatica acquirente, non si sa bene per quale misterioso motivo.) Quella vecchia doveva essere davvero disperata! Bizzarro, non credevo gli umani mi temessero così tanto da accettare uno scambio del genere. In un certo senso fui sollevato, almeno non era un centro commerciale o un parcheggio e simili, quelli sì che sarebbero stati problematici da “sgomberare”. Appena i lavori fossero finiti e avessi recuperato tutte le forze, avrei scacciato facilmente chiunque avesse avuto l’ardore di stabilirsi in quella casa.
Iniziò a ronzarmi in testa l’idea di prenderne possesso e di ribattezzarla come mia dimora personale: quella vecchia era ridotta malaccio, l’avrei mollata ai miei “coinquilini” senza guardarmi indietro due volte.
Mentre il pensiero di una nuova casa mi accarezzava dolcemente, prospettando un lungo periodo senza alcun mal di testa, salvo nelle molte occasioni in cui i miei consanguinei sarebbero venuti a farmi visita, iniziai a riflettere sul modo in cui avrei scacciato i probabili abitanti del piccolo edificio. Decisi infine che li avrei spaventati a morte (si fa per dire) e, finalmente, avrei avuto la pace che mi meritavo dopo tutto quel tempo. Niente più cravatte a pois arcobaleno, montagne di rose o vestiti “fashion”! Da troppo tempo stavo aspettando quel momento e ora era così vicino che potevo già sentirne il sapore.
 


°°°°
   
 
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