Alimentando complessi d’abbandono...
Ero
sceso dall’ autobus, solamente qualche momento
per poter svuotare la mia vescica. Ovviamente la mia assenza non fu
notata,
dopotutto è sempre stato così: alle scuole
elementari venivo lasciato in
disparte da tutti, a casa si dimenticano di preparare i pasti anche per
me e di
farmi regali per Natale o per il mio compleanno, e non solo i miei
genitori ma
tutti i familiari e li amici. A quanto pare anche i docenti, pur avendo
la
lista degli allievi sotto gli occhi, si dimenticano di me durante la
conta...
L’ unico che ricorda la mia esistenza è Potato, il
piccolo e batuffoloso
cagnetto randagio che ogni tanto mi fa compagnia e mi porta del cibo,
anche se
questo cibo sono lucertole o simili; dovete sapere che unite al sapore
della
bava di cane, sono fantastiche.
Vagando
per la stazione di servizio, notai di non
essere l’unico pinguino abbandonato al suo destino; infatti
era stata,
probabilmente volontariamente, abbandonata anche Sancta Claus,
un’ impacciata
ragazza – sempre si possa definire tale –
frequentante la classe seconda, nella
sezione “g”. La Cosa mi somigliava solo per un
aspetto: anche lei aveva un
certo complesso d’abbandono, che veniva alimentato ad ogni
azione di ignoranza
nei suoi confronti da parte del resto dell’ecosistema,
prendendo come sistema
di riferimento la Terra.
Anche
lei notò me, e quando lo fece si mise a correre
con foga tale da poter tagliare l’aria. Un’
espressione raggiante stampata in
viso. Mi arrecava pavento. Pensai fosse meglio andarle in contro. Mi
mossi con
passo lento e calmo, non l’avessi mai fatto. Mi trovavo a
cinquanta centimetri
di distanza da lei, quando inciampò in un piccolo buco
nell’asfalto cadendomi
addosso. La mia testa batté per terra, sentii il sangue
penetrare ed invadere
il mio cervello; Ma la mia paura giunse al culmine quando sentii una
sensazione
di bagnato sulla mia fronte. Già, se l’avessi
sentita sulla nuca sarebbe stato
diverso. Temetti il peggio. Aprii gli occhi. L’ammasso
molliccio del corpo
della Creatura si trovava su di me, a quattro zampe, dalla sua bocca
colava un
liquido ripugnante, probabilmente addirittura corrosivo. Stava sbavando
sulla
mia fronte perché aveva avvistato delle persone uscire
dall’autogrill con una
scatola di ciambelle.
La
spinsi via con un colpo deciso, lei ruzzolò per
qualche metro.
- Gao!
– Gridò. Restai interdetto. Che cosa poteva
mai essere quello strano suono? Un richiamo per altri esemplari della
sua
specie? No, era il segnale che potevo compiacermi. Il mio obbiettivo,
quello di
farle capire chi comandasse, era stato raggiunto. Infatti
“Gao!” era
l’esclamazione che l’Essere usava per far capire di
essersi fatto male, o
quando, in generale, gli succedeva qualcosa di brutto. Un ghigno
malvagio
comparve nella mia espressione.
Si
rialzò. L’espressione truce in volto. Fui
costretto a ricredermi; piuttosto che subire l’ire
dell’ Idra, avrei preferito
inchinarmi, immolando la mia libertà a lei. Mi coprii il
volto, attendendo il
mio funesto destino. Un dito si avvicinò, invase il mio
spazio vitale, poi si
fermò, attese che io mostrassi nuovamente il volto, per poi
strillare una
cacofonia di suoni... no, aspetta, chiamava il mio nome. –
Boooooriiiiiiis! Che
cosa tu fare?! Non
sapere che fanciulla non si dovere trattare come pesce morto in mio
frigo da
quattro mesi? – Si può pensare che fosse un
vivente straniero, tuttavia
l’italiano era proprio la sua linguamadre. Non si sa ancora
perché, ma Sancta
parlava come una specie di marziano analfabeta. Moltissimi psicologi
avevano studiato
il suo caso, ma finirono tutti da
uno
psichiatra.
–
Senti, Essere, con tutta la gente che c’era su quel
pulmino, proprio tu dovevi restare qui? –
–
Come tu essere maleducato! Ma io amare te lo
stesso!! –
Ecco,
ora capite perché quella creatura era per me
impossibile da vedere?
Lei mi
amava e, se qualcuno mi ama, io perdo tutto il
mio fascino da abbandonato cronico!!
–
Ti rendi conto che io non ti sopporto e preferirei
vederti morta, vero? –
–
Certo! –
–
E allora dimmi, perché continui a tormentarmi? –
–
Perché io avere voglia, e perché tu cedere prima
o
poi. –
–
Non sai parlare in modo normale? –
–
Certo, io sapere! –
–
E allora perché non parli decentemente? –
–
Ma io stare già parlando decentemente, e tu stare
cambian... Boris?! –
Approfittai
della dissertazione per andarmene. La
lasciai lì, chiedendosi dove io fossi finito. Mi ero
nascosto in un posto in
cui non mi avrebbe mai trovato. Dietro di lei. Là non
guardava mai, e nessun
essere intelligente guarderebbe mai dietro di sé per
controllare se...
–
oh, ma tu essere qui! –
Cosa? mi
aveva trovato? È completamente impossibile!
Come ha fatto... Forse ho sbagliato i miei calcoli...
–
allora, che cosa potere noi fare? Chiamare qualcuno
di classe? Chiamare genitori? –
Con il
tempo che avrei dovuto passare insieme a lei,
decisi che forse fosse meglio cercare di collaborare per poter
separarci il
prima possibile.
–
io non ho il numero di nessuno della mia classe. E
i miei genitori non mi hanno mai dato il loro numero perché,
quando si
ricordano che esisto, dicono che se mi dovessi perdere, dovrei imparare
e
costruirmi una vita e stare per conto mio... Non so bene cosa
intendono, ma
credo che non mi vogliano tra i piedi. –
–
Tu dire? –
La sua
espressione era leggermente stupita, come se
avessi detto qualcosa di ovvio senza che me ne rendessi conto.
–
Comunque sia, tu hai qualche numero utile
registrato nel tuo cellulare? -
–
Che cosa essere cellulare? –
–
magari, forse, eh, sono quei telefoni che si usano
molto ultimamente, tascabili, comodi, che ti uccidono con le onde che
emanano... –
–
Mai sentiti. –
La sua
ignoranza mi fece esplodere, la situazione non
aiutava. Corsi contro un muro e ci sbattei la testa, poi lanciai un
urlo. Tutti
mi guardavano con aria interrogativa, chiesi con tono di sfida che cosa
avessero da guardare, e che dovevano provare a passare un po’
di tempo con
l’Essere. Sancta mi venne incontro, ma io la precedetti.
Scappai, con una
velocità superiore a qualsiasi essere umano. Dopo un
po’ di tempo di fuga
cieca... “Mi ritrovai per una selva oscura, ché la
dritta via era smarrita”.
Queste furono le parole che sentii riecheggiare nella mia mente. Mi
girai. Vidi
un uomo con una toga rossa e un copricapo contornato di foglie
d’alloro, dall’
aspetto, a mio avviso, antico. Qualcosa non andava. Perché
vedevo Dante? Che
fossi finito nell’inferno dantesco? No, impossibile credo.
–
E se stessi sognando? –
–
Tu come fai a dirlo? –
–
Non saprei, forse perché ci troviamo nel tuo sogno,
e tutto questo è controllato dal tuo inconscio che cerca di
darti la risposta
ai tuoi quesiti? –
Il poeta
non aveva tutti i torti, ma allora che cosa
era successo, come era terminata la mia fuga? Ma cosa più
importante, come
facevo a controllare i miei pensieri durante un sogno e, un
po’ meno strano, a
narrarli? Misteri della vita, direbbero le persone normali.
Decisi
di seguire il poeta finché non avesse trovato
Virgilio, dopotutto non deve essere piacevole percorrere la selva del
peccato
da soli. Durante la nostra camminata si mise a piovere. Non ricordavo
che in
questo punto della Divina commedia piovesse. Vidi il nulla. Qualche
istante
dopo lo scenario cambiò. Mi ritrovai in una situazione
già vissuta, o almeno
simile ad una già vissuta. Sancta Claus
stava sbavando sulla mia faccia. L’espressione
ebete in volto. La spinsi
via con un colpo deciso, un’altra volta e lei,
un’altra volta, ruzzolò per
qualche metro, esclamando di conseguenza il suo
“Gao!”.
–
Boooooriiiiiiis!
Che cosa tu fare?! Non sapere che fanciulla non si dovere
trattare come
pesce morto in mio frigo da quattro mesi? –
–
Senti, evitiamo questo pezzo, lo abbiamo già
vissuto. È ovvio che se mi sbavi in faccia io ti spinga via!
–
–
Ma io avere fatto per svegliare te! –
–
Esistono anche altri modi. –
–
Dettagli. –
–
Comunque, sorvolando e passando ad altro... Hai trovato
un modo per farci venire a prendere?! –
Sapevo
che la risposta non mi avrebbe soddisfatto, ma
tentai lo stesso.
–
Certo, altri stare aspettando in piccola rientranza
di autostrada. –
Appunto,
lo sapevo, Questo coso è inutile, non sa
fare nulla... No, cosa? Ha detto che ci stanno aspettano?! Non me lo
aspettavo,
ha fatto qualcosa di buono.
–
sei stata tu ad avvisare tutti? –
–
Ovvio che no! Autobus essersi fermato per guasto,
poco dopo partenza. Quando tu essere scappato, io avere inseguito te ma
io avere
trovato autobus. Allora io essere restata lì a dormire, e
avere abbandonato te.
–
Questo
non mi fece sentire meglio. Ero stato
abbandonato da una persona (persona?) che dice di amarmi, e che per di
più
viene da tutti abbandonata come me.
–
uff, muoviamoci, andiamo all’autobus. –
–
Beh, ecco, in venire a cercare te, io avere
dimenticato dove autobus trovarsi.
–
Mi
rassegnai, dopotutto non mi serviva lei per
ritrovare gli altri. Mi bastava andare verso l’autostrada.
Ovvio, no? Questo fu
quello che feci, uscii dalla selva e mi... No, come dalla selva? Ora
comincio
davvero a spaventarmi, cosa è successo? Io mi ero svegliato,
ne sono sicuro!!
Sentii una voce dall’alto, che mi parlava di un ascensore, di
un guasto, che
presto sarei ripartito. Infatti, qualche istante più tardi,
vidi un bagliore
aureo apparire davanti a me, e una specie di dodo mi fece segno di
entrarvi.
–
Vieni, vieni. Ora saliremo in paradiso. Spero ti
sia divertito nella selva delle illusioni, che è simile a
quella del peccato.
Ci spiace che il problema sia durato per tutte queste settimane.
–
Settimane,
ma cosa sta dicendo? Da quando i dodo
parlano? Questo è sicuramente ancora un sogno.
–
Se ti stai chiedendo di cosa sto parlando, perché
sto parlando e se fosse un sogno, sappi che sei morto due settimane fa,
investito da una bicicletta. Salendo in paradiso
c’è stato un guasto e ti sei
fermato qui per un po’. I dodo sono addetti al trasporto
delle anime dalla
Terra al paradiso, e parlano perché è
così. Non ci sono risposte. –
Detto
questo, l’addetto fece partire il divin
elevatore e senza più intoppi mi ritrovai qui.
–
Allora, le è piaciuta la mia storia, sant’
Antonio?
–
–
Cosa? Parlavi con me? –
–
non preoccuparti, lui è abbastanza sordo. È
naturale che non ti abbia ascoltato. Ma la prossima volta che ti
propone di
giocare a scacchi, digli di no. Eviterai il tormento di dover
raccontare la tua
vita a qualcuno che non ti ascolta. –
–
Grazie, sant’ Anna, seguirò il tuo consiglio.
–
–
Bravo ragazzo. Scusami, ma ora devo andare ad
accudire il fanciullo divino. Sua madre è andata a
ubriacarsi con le altre
Marie, e quel bambino non smette di piangere a causa di tutte le
bestemmie
dette dagli individui che abitano la Terra. Ma a chi sarà
mai venuta in mente
l’idea di farlo nascere? Si sarebbero evitate tante magagne,
bah! –