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Autore: riki_ch    22/11/2008    0 recensioni
un ragazzo si ritrova abbandonato in un autogrill... ma alla fine scoprirà che non è così...
Genere: Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Alimentando complessi d’abbandono...

 

Ero sceso dall’ autobus, solamente qualche momento per poter svuotare la mia vescica. Ovviamente la mia assenza non fu notata, dopotutto è sempre stato così: alle scuole elementari venivo lasciato in disparte da tutti, a casa si dimenticano di preparare i pasti anche per me e di farmi regali per Natale o per il mio compleanno, e non solo i miei genitori ma tutti i familiari e li amici. A quanto pare anche i docenti, pur avendo la lista degli allievi sotto gli occhi, si dimenticano di me durante la conta... L’ unico che ricorda la mia esistenza è Potato, il piccolo e batuffoloso cagnetto randagio che ogni tanto mi fa compagnia e mi porta del cibo, anche se questo cibo sono lucertole o simili; dovete sapere che unite al sapore della bava di cane, sono fantastiche.

Vagando per la stazione di servizio, notai di non essere l’unico pinguino abbandonato al suo destino; infatti era stata, probabilmente volontariamente, abbandonata anche Sancta Claus, un’ impacciata ragazza – sempre si possa definire tale – frequentante la classe seconda, nella sezione “g”. La Cosa mi somigliava solo per un aspetto: anche lei aveva un certo complesso d’abbandono, che veniva alimentato ad ogni azione di ignoranza nei suoi confronti da parte del resto dell’ecosistema, prendendo come sistema di riferimento la Terra.

Anche lei notò me, e quando lo fece si mise a correre con foga tale da poter tagliare l’aria. Un’ espressione raggiante stampata in viso. Mi arrecava pavento. Pensai fosse meglio andarle in contro. Mi mossi con passo lento e calmo, non l’avessi mai fatto. Mi trovavo a cinquanta centimetri di distanza da lei, quando inciampò in un piccolo buco nell’asfalto cadendomi addosso. La mia testa batté per terra, sentii il sangue penetrare ed invadere il mio cervello; Ma la mia paura giunse al culmine quando sentii una sensazione di bagnato sulla mia fronte. Già, se l’avessi sentita sulla nuca sarebbe stato diverso. Temetti il peggio. Aprii gli occhi. L’ammasso molliccio del corpo della Creatura si trovava su di me, a quattro zampe, dalla sua bocca colava un liquido ripugnante, probabilmente addirittura corrosivo. Stava sbavando sulla mia fronte perché aveva avvistato delle persone uscire dall’autogrill con una scatola di ciambelle.

La spinsi via con un colpo deciso, lei ruzzolò per qualche metro.

- Gao! – Gridò. Restai interdetto. Che cosa poteva mai essere quello strano suono? Un richiamo per altri esemplari della sua specie? No, era il segnale che potevo compiacermi. Il mio obbiettivo, quello di farle capire chi comandasse, era stato raggiunto. Infatti “Gao!” era l’esclamazione che l’Essere usava per far capire di essersi fatto male, o quando, in generale, gli succedeva qualcosa di brutto. Un ghigno malvagio comparve nella mia espressione.

Si rialzò. L’espressione truce in volto. Fui costretto a ricredermi; piuttosto che subire l’ire dell’ Idra, avrei preferito inchinarmi, immolando la mia libertà a lei. Mi coprii il volto, attendendo il mio funesto destino. Un dito si avvicinò, invase il mio spazio vitale, poi si fermò, attese che io mostrassi nuovamente il volto, per poi strillare una cacofonia di suoni... no, aspetta, chiamava il mio nome. – Boooooriiiiiiis!  Che cosa tu fare?! Non sapere che fanciulla non si dovere trattare come pesce morto in mio frigo da quattro mesi? – Si può pensare che fosse un vivente straniero, tuttavia l’italiano era proprio la sua linguamadre. Non si sa ancora perché, ma Sancta parlava come una specie di marziano analfabeta. Moltissimi psicologi avevano studiato il suo caso, ma finirono tutti  da uno psichiatra.

– Senti, Essere, con tutta la gente che c’era su quel pulmino, proprio tu dovevi restare qui? –

– Come tu essere maleducato! Ma io amare te lo stesso!! –

Ecco, ora capite perché quella creatura era per me impossibile da vedere?

Lei mi amava e, se qualcuno mi ama, io perdo tutto il mio fascino da abbandonato cronico!!

– Ti rendi conto che io non ti sopporto e preferirei vederti morta, vero? –

– Certo! –

– E allora dimmi, perché continui a tormentarmi? –

– Perché io avere voglia, e perché tu cedere prima o poi. –

– Non sai parlare in modo normale? –

– Certo, io sapere! –

– E allora perché non parli decentemente? –

– Ma io stare già parlando decentemente, e tu stare cambian... Boris?! –

Approfittai della dissertazione per andarmene. La lasciai lì, chiedendosi dove io fossi finito. Mi ero nascosto in un posto in cui non mi avrebbe mai trovato. Dietro di lei. Là non guardava mai, e nessun essere intelligente guarderebbe mai dietro di sé per controllare se...

– oh, ma tu essere qui! –

Cosa? mi aveva trovato? È completamente impossibile! Come ha fatto... Forse ho sbagliato i miei calcoli...

– allora, che cosa potere noi fare? Chiamare qualcuno di classe? Chiamare genitori? –

Con il tempo che avrei dovuto passare insieme a lei, decisi che forse fosse meglio cercare di collaborare per poter separarci il prima possibile.

– io non ho il numero di nessuno della mia classe. E i miei genitori non mi hanno mai dato il loro numero perché, quando si ricordano che esisto, dicono che se mi dovessi perdere, dovrei imparare e costruirmi una vita e stare per conto mio... Non so bene cosa intendono, ma credo che non mi vogliano tra i piedi. –

– Tu dire? –

La sua espressione era leggermente stupita, come se avessi detto qualcosa di ovvio senza che me ne rendessi conto.

– Comunque sia, tu hai qualche numero utile registrato nel tuo cellulare? -

– Che cosa essere cellulare? –

– magari, forse, eh, sono quei telefoni che si usano molto ultimamente, tascabili, comodi, che ti uccidono con le onde che emanano... –

– Mai sentiti. –

La sua ignoranza mi fece esplodere, la situazione non aiutava. Corsi contro un muro e ci sbattei la testa, poi lanciai un urlo. Tutti mi guardavano con aria interrogativa, chiesi con tono di sfida che cosa avessero da guardare, e che dovevano provare a passare un po’ di tempo con l’Essere. Sancta mi venne incontro, ma io la precedetti. Scappai, con una velocità superiore a qualsiasi essere umano. Dopo un po’ di tempo di fuga cieca... “Mi ritrovai per una selva oscura, ché la dritta via era smarrita”. Queste furono le parole che sentii riecheggiare nella mia mente. Mi girai. Vidi un uomo con una toga rossa e un copricapo contornato di foglie d’alloro, dall’ aspetto, a mio avviso, antico. Qualcosa non andava. Perché vedevo Dante? Che fossi finito nell’inferno dantesco? No, impossibile credo.

– E se stessi sognando? –

– Tu come fai a dirlo? –

– Non saprei, forse perché ci troviamo nel tuo sogno, e tutto questo è controllato dal tuo inconscio che cerca di darti la risposta ai tuoi quesiti? –

Il poeta non aveva tutti i torti, ma allora che cosa era successo, come era terminata la mia fuga? Ma cosa più importante, come facevo a controllare i miei pensieri durante un sogno e, un po’ meno strano, a narrarli? Misteri della vita, direbbero le persone normali.

Decisi di seguire il poeta finché non avesse trovato Virgilio, dopotutto non deve essere piacevole percorrere la selva del peccato da soli. Durante la nostra camminata si mise a piovere. Non ricordavo che in questo punto della Divina commedia piovesse. Vidi il nulla. Qualche istante dopo lo scenario cambiò. Mi ritrovai in una situazione già vissuta, o almeno simile ad una già vissuta. Sancta Claus  stava sbavando sulla mia faccia. L’espressione ebete in volto. La spinsi via con un colpo deciso, un’altra volta e lei, un’altra volta, ruzzolò per qualche metro, esclamando di conseguenza il suo “Gao!”.

– Boooooriiiiiiis!  Che cosa tu fare?! Non sapere che fanciulla non si dovere trattare come pesce morto in mio frigo da quattro mesi? –

– Senti, evitiamo questo pezzo, lo abbiamo già vissuto. È ovvio che se mi sbavi in faccia io ti spinga via! –

– Ma io avere fatto per svegliare te! –

– Esistono anche altri modi. –

­– Dettagli. –

– Comunque, sorvolando e passando ad altro... Hai trovato un modo per farci venire a prendere?! –

Sapevo che la risposta non mi avrebbe soddisfatto, ma tentai lo stesso.

– Certo, altri stare aspettando in piccola rientranza di autostrada. –

Appunto, lo sapevo, Questo coso è inutile, non sa fare nulla... No, cosa? Ha detto che ci stanno aspettano?! Non me lo aspettavo, ha fatto qualcosa di buono.

– sei stata tu ad avvisare tutti? –

– Ovvio che no! Autobus essersi fermato per guasto, poco dopo partenza. Quando tu essere scappato, io avere inseguito te ma io avere trovato autobus. Allora io essere restata lì a dormire, e avere abbandonato te. –

Questo non mi fece sentire meglio. Ero stato abbandonato da una persona (persona?) che dice di amarmi, e che per di più viene da tutti abbandonata come me.

– uff, muoviamoci, andiamo all’autobus. –

– Beh, ecco, in venire a cercare te, io avere dimenticato dove autobus trovarsi. ­­­–

Mi rassegnai, dopotutto non mi serviva lei per ritrovare gli altri. Mi bastava andare verso l’autostrada. Ovvio, no? Questo fu quello che feci, uscii dalla selva e mi... No, come dalla selva? Ora comincio davvero a spaventarmi, cosa è successo? Io mi ero svegliato, ne sono sicuro!! Sentii una voce dall’alto, che mi parlava di un ascensore, di un guasto, che presto sarei ripartito. Infatti, qualche istante più tardi, vidi un bagliore aureo apparire davanti a me, e una specie di dodo mi fece segno di entrarvi.

– Vieni, vieni. Ora saliremo in paradiso. Spero ti sia divertito nella selva delle illusioni, che è simile a quella del peccato. Ci spiace che il problema sia durato per tutte queste settimane. ­–

Settimane, ma cosa sta dicendo? Da quando i dodo parlano? Questo è sicuramente ancora un sogno.

– Se ti stai chiedendo di cosa sto parlando, perché sto parlando e se fosse un sogno, sappi che sei morto due settimane fa, investito da una bicicletta. Salendo in paradiso c’è stato un guasto e ti sei fermato qui per un po’. I dodo sono addetti al trasporto delle anime dalla Terra al paradiso, e parlano perché è così. Non ci sono risposte. ­–

Detto questo, l’addetto fece partire il divin elevatore e senza più intoppi mi ritrovai qui.

– Allora, le è piaciuta la mia storia, sant’ Antonio? –

­– Cosa? Parlavi con me? ­–

– non preoccuparti, lui è abbastanza sordo. È naturale che non ti abbia ascoltato. Ma la prossima volta che ti propone di giocare a scacchi, digli di no. Eviterai il tormento di dover raccontare la tua vita a qualcuno che non ti ascolta. ­–

­– Grazie, sant’ Anna, seguirò il tuo consiglio. ­–

­– Bravo ragazzo. Scusami, ma ora devo andare ad accudire il fanciullo divino. Sua madre è andata a ubriacarsi con le altre Marie, e quel bambino non smette di piangere a causa di tutte le bestemmie dette dagli individui che abitano la Terra. Ma a chi sarà mai venuta in mente l’idea di farlo nascere? Si sarebbero evitate tante magagne, bah! –

  
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