Era
tutto pronto, tutto era
in ordine. Sul tavolo in formica della cucina erano disposti i suoi
attrezzi, con
cura quasi maniacale. Per cominciare quella che sarebbe stata, molto
probabilmente,
l’ultima serie di azioni della sua vita. Doveva solo
prenderli e
sistemarli nel borsone. Ma dopo mesi di preparazione,
vacillò. Era insicuro,
aveva paura di fallire, ma il pensiero lo attraversò solo
per un attimo,
spazzato via quasi subito dalla sua mente fredda e calcolatrice. Dopo
quello
che gli avevano fatto, non poteva tirarsi indietro, non ora. Dovevano
pagare,
tutti. Prese uno per uno i suoi strumenti, riponendoli nel borsone con
delicatezza, per evitare qualsiasi tipo di danno dovuto ad una sua
disattenzione. Chiuse la sacca, se la mise in spalla, e si diresse
verso la
porta per uscire di casa. Una luce fioca attraversava i corridoi,
dandogli un’atmosfera
quasi spettrale, cosa dovuta anche al fatto che il mobilio nella casa
era
ristretto all’essenziale. Molte cose infatti senza di
“loro” non erano più
necessarie, e piuttosto che convivere con oggetti che gli riaprivano
ferite nel
cuore alla loro vista, aveva preferito sbarazzarsene. Era davanti
all’uscio in
procinto di uscire, ma si fermò, voltandosi verso
l’interno dell’appartamento.
Quella casa che una volta aveva rappresentato tutta la sua vita, ora
era vuota
come non lo era mai stata. Le risate, le urla, e le vivaci parole che
una volta
la riempivano, ora non c’erano più. Ora
c’era solo il silenzio a regnare, come
a ricordargli il vuoto di quelle stanze. Ascoltando il suono di quel
silenzio,
non riuscì a trattenere qualche lacrima.
E
mentre piangeva, la sua
faccia si deformava dalla rabbia.
Si
ricompose, asciugandosi le
lacrime, e affondando il viso nelle sue mani unite.
Restò in quella
posizione qualche secondo, e quando ne riemerse, la sua espressione era
totalmente cambiata. Ora aveva un espressione qualunque, forse un
po’ indifferente.
Come se quel gesto lo avesse aiutato a montare una maschera, e divenire
qualcun
altro. Già, perché il suo vecchio se stesso non
avrebbe mai i compiuto i gesti
che stava per fare, ma il suo nuovo io, non avrebbe esitato nemmeno un
secondo.
Si
voltò per aprire la porta,
quando si bloccò di nuovo. Aveva dimenticato una cosa, forse
la più importante.
Corse in camera sua e afferrò il blocchetto sopra un
comodino. Mentre lo
guardava sorrideva. Lo mise anch’esso con cura nel borsone, e
una volta
sistemato si diresse verso la porta, uscendo finalmente di casa.
La
luce lo investì,
costringendolo a ripararsi gli occhi. In casa le tende erano tutte
tirate,
quindi c’era poca luce, ma fuori il sole splendeva alto e
luminoso, nonostante
la fredda giornata invernale. Una volta abituato alla luce raggiunse la
sua
macchina, parcheggiata di fronte a casa sua. Salì in auto,
si sistemò con
calma, dopodiché estrasse un foglietto dalla tasca interna
del giaccone. Lui la
chiamava “lista della spesa” e in un certo senso,
forse non alla portata di
tutti, la si poteva considerare tale.
Sei
“prodotti” c’erano sulla
lista, e lui non ne avrebbe dimenticato nemmeno uno.
Lesse
il primo della lista,
il meno importante, ma certamente indispensabile come tutti gli altri.
Sapeva
dove andare, quindi accese la macchina e si avviò.
Non
era la sola macchina in
circolazione a quell’ora della mattina, quindi
paradossalmente videro tutti che
strada stava imboccando, ma ciò che nessuno sapeva, era che
stava per essere
fatta la “spesa” più cara che Chicago
aveva conosciuto negli ultimi dieci anni.