Raphael
non aveva mai amato svegliarsi presto.
Prima.
Era
Leo quello che si gettava fuori dal letto all'alba, dopo nemmeno
poche ore di sonno, che si riducevano a volte in una mezz'ora scarsa,
a seconda dei guai in cui erano incorsi la notte prima di ronda; ma
da Splinter Junior c'era da aspettarselo.
Donnie
era sempre in piedi da presto, e a volte non andava nemmeno a
dormire, perciò vagava nel rifugio anche in piena notte,
creando
chissà cosa nel suo strampalato laboratorio; si era chiesto
più
volte come diamine facesse a sostenersi, con che cosa si alimentasse,
dato che il riposo non era uno dei suoi segreti. Caffè,
probabilmente, si rispondeva quasi sempre.
Per
ultimo veniva Mikey, di certo non il più propenso a lasciare
la
comodità del letto di mattina, eppure riusciva ad alzarsi ad
un
orario considerevolmente normale, per preparare la colazione a tutti,
dato che si divertiva da morire a cucinare, magari soffocando giusto
un paio di sbadigli.
Ecco,
loro erano tipi mattinieri, che pensavano a coprire con
produttività
le ore di una giornata sin dalle sue prime luci.
Ma
non lui.
Raphael
si era sempre svegliato verso l'ora di pranzo, con tutta la calma del
mondo, senza fretta nel lasciare il letto per affrontare le
moltitudini di problemi che si affacciavano nella loro vita
praticamente un giorno sì e l'altro pure, affondando la testa nei cuscini per cercare di
catturare quei flebili sogni normali che faceva, quelle lievi
sensazioni di pace che il sonno sapeva dargli.
Perciò
non si era mai svegliato presto, men che meno all'alba.
Prima.
Perché
tutto era cambiato da quando c'era lei.
Perché
ora, quando apriva gli occhi, lei era lì, addormentata con
la
guancia premuta buffamente contro il cuscino.
E
il fatto che lei non dovesse esserci affatto, gli faceva solo
più
piacere. Ogni mattina era una scommessa, prima di aprire gli occhi,
nell'indovinare se lei sarebbe stata lì.
Isabel aveva ripreso possesso della sua camera, dall'altra parte del pianerottolo ad anello, tra le stanze di Mikey e Leo, con loro somma gioia. Splinter d'altronde la amava come una figlia ed era felice che tutto si fosse risolto e che loro due stessero assieme, ma non avrebbe permesso che dividessero la stessa stanza.
C'erano
sempre delle regole di rispetto da tenere conto, gli aveva detto, e
anche loro avrebbero dovuto attenersi ad esse.
Perciò
Isabel non avrebbe dovuto essere lì. Anche se ormai, in
effetti,
c'era quasi tutte le mattine: non sapeva come, ma riusciva a
sgattaiolare fuori dalla propria stanza e ad intrufolarsi nella sua,
quasi tutte le notti, subito dopo che tornava dal giro di ronda.
La
prima volta, quando per sbaglio l'aveva toccata mentre si girava nel
sonno e aveva spalancato gli occhi dalla sorpresa, quello era stato
il più emozionante dei risvegli: trovarsela lì
aggrovigliata alle
sue coperte, coi capelli in disordine e abbracciata ai suoi cuscini,
dei quali si era egoisticamente appropriata, con l'espressione
più
dolce e serafica mai vista prima.
Era
rimasto ad osservarla per qualche istante con stupore e un'emozione
crescente, il battito del cuore più accelerato; e aveva
allungato
una mano per toccarla, per sincerarsi che fosse reale: una ciocca di
capelli tra le dita e il dorso sulla guancia calda e morbida.
Era così reale. Ed era sua e sua soltanto.
Aveva
allungato le mani e abbracciarla era stato un istante, stringendosela
contro e poggiando il mento sulla sua fronte, inalando il suo
profumo: Isabel aveva mormorato qualcosa in italiano, dai toni
vagamente frettolosi, mentre si accoccolava meglio nell'incavo del
suo collo, con un sospiro morbido.
Aveva
sorriso, tanto da far male alle guance, e con un bacio sulla sua
fronte si era riaddormentato sereno e felice, il pensiero che
Splinter li avrebbe potuti uccidere non l'aveva nemmeno sfiorato.
Quella
mattina, come le altre, sentì il confine labile tra il sogno
e la
realtà farsi sottile, la coscienza che tornava a svegliarsi,
le
sensazioni fisiche del suo corpo.
Allungò
le gambe per stiracchiarle senza aprire gli occhi, ancora, tendendo
invece le orecchie: il respiro delicato si fece strada nel silenzio e
si trovò a sorridere.
Isabel
era lì, scoprì aprendo gli occhi, anche lei nel
momento del
risveglio, con le ciglia che sfarfallavano per riprendere il contatto
con la realtà, infastidita dalla flebile luce che filtrava
dalla
finestra magica.
I
suoi occhi scuri si aprirono al mondo e poi si fermarono nei suoi.
“Buon
giorno” sospirò teneramente, con un timido
sorriso, stringendo il
cuscino al petto e nascondendocisi parzialmente dietro.
Sì,
pensò allungandosi per stringerla, svegliarsi presto non era
decisamente male.
Note:
Ma
ciao!
Che
felicità ritornare! Perdonate il ritardo!
Queste
sono quattro OS sulla Raphibel, 4 momenti dolciosi o buffi. Niente di
ché, solo per farvi vedere un po' di momenti tranquilli
prima della
nuova avventura che si promette... niente spoiler!
Abbraccione,
mi siete mancati!
A
presto!
Due
OS le metto oggi, due domani e domenica il primo capitolo della terza
storia! Yeeeh, lanciatissima!