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Autore: Ozzy 99    18/01/2015    2 recensioni
Helena è una ragazza brillante, intelligente e astuta, un'erudita nata, nessuno sospetta niente, perfino Jeanine è sicura della sua scelta, tanto da riverlargli cose che non dovrebbe sapere...
Ma nonostante questo sceglie di essere un'intrepida.
Sa che lì c'è un fratello che la attende, ma non sa che non è più quello che conosceva perché anche il suo cuore, come i loro occhi, è diventato di ghiaccio.
Lo dico da subito: è la mia prima fanfiction perciò siate clementi con me!
è un po' diversa dalle solite storie quindi vi prego di leggerla e dopo potrete dirmi tutto quello che volete!!! Per piacere scrivetemi recensioni, belle o brutte che siano! Vorrei sapere che ne pensate e se vi piace questa idea un po' strana che mi è venuta in mente :-)
Genere: Azione, Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eric, Four/Quattro (Tobias), Jeanine Matthews, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La sorella del ghiaccio

 

 

Mi alzai controvoglia, due notti di insonnia durante l’iniziazione degli intrepidi non erano il massimo, mi prepari in fretta e furia e raggiunsi i miei amici che mi aspettavano vicino allo strapiombo
_ Ehi oggi ci prendiamo a coltellate!_ mi informò Gin con una nota di sarcasmo nella voce
Ringraziai mentalmente il cielo, non avrei potuto sopportare un combattimento dopo la “corsetta” di riscaldamento lunga 9 km di ieri, i miei muscoli stavano implorando pietà.

Presi i primi quattro coltelli che mi ritrovai e mi posizionai davanti a quei maledetti manichini che ultimamente, stavano diventando sempre più parte dei miei incubi. Presi le misure: la linea rossa da cui dovevamo lanciare era posta più o meno a due metri e mezzo dal bersaglio, tirai un coltello non mirando veramente ad un punto e questo si piantò perpendicolare al piano, perfetto, non avrei dovuto allontanarmi o avvicinarmi per conficcare meglio il coltello nel bersaglio.
Una vocina nella mia testa mi sussurrò:” Hanno già pensato a tutto loro perché tu non dovresti fare calcoli, ma agire e basta”

La scacciai con un cenno della testa, intanto non mi ero accorta che Elise mi aveva raggiunto nella postazione accanto alla mia, passavano i minuti quando un sorriso furbo le si aprì in volto, le rivolsi un’occhiata perplessa, all’improvviso mi disse:
_ Pensavo… Immagina se i nostri parenti ci vedessero in queste condizioni, vestiti di nero come dei teppisti mentre lanciamo coltelli!
Risi di gusto, me l’immaginavo proprio i nostri genitori insieme all’allegra combriccola della capo-fazione con un’espressione di scandalo sul volto.
_ Chissà magari potremmo riuscire a far comparire un’emozione sul viso di Jeanine!
_ Mi dispiace Helena ma non possiamo sconfiggere le leggi della natura!_ mi rispose a mo di battuta, ma vedevo che faticava a trattenere le risate anche lei.

Intanto non mi ero accorta di aver finito i coltelli e tutti, ovviamente, avevano raggiunto il centro del bersaglio tranne uno, probabilmente frutto della stanchezza.
_ Ma come fai?_ mi chiese Santiago indispettito e, vedendo il suo manichino dove solo due coltelli erano andati a segno capii anche il perché.
_ Mistero._ gli risposi con un ghigno maligno.

Mi girai per prenderne altri ma una figura possente mi si parò davanti e mi disse con arroganza:
_ Meglio che con le pistole lo devo ammettere…_ rimasi perplessa _ Anche se fare peggio era quasi impossibile_ completò sogghignando, sì questo era mio fratello ora lo riconoscevo, ma nonostante questo vidi una scintilla di orgoglio nei suoi occhi, sicuramente un’altra conseguenza dell’insonnia, ma anche se forse me l’ero immaginato ne fui felice lo stesso.

Gli allenamenti erano finiti ed ero stata maleficamente arpionata da Ginevra ed Elise ad una sessione obbligata di shopping, rivolsi un’espressione falsamente offesa a quest’ultima:
_ Traditrice! Credevo che la pensassi come me!
Inarcò le sopracciglia ed incrociò le braccia in un sorriso malvagio:
_ Se patisco io, patirai anche tu!
Dopo una buona mezzora, spesa a farci cacciare dai vari negozi, perché secondo Gin “non erano all’altezza delle sue aspettative”, finalmente ne trovammo uno che la soddisfaceva , o che comunque non le faceva venire un attacco isterico, e questo a noi andava più che bene. Con passo sicuro si diresse verso i vari vestiti e, dopo averli scrutati attentamente,ne prese una decina e ce ne porse due decisamente troppo scollati e corti, tanto che Elise era convinta che fossero delle magliette.
Entrai in camerino sconfitta e mi provai quella specie di indumento: era un vestito interamente nero attillato, sulla spalla destra si posavano tre spalline mentre la parte sinistra non ne aveva e dietro, era presente uno squarcio a V che mostrava quasi tutta la schiena tranne che per le strisce di raso nero che la attraversavano, rimasi stupita, l’immagine che rifletteva lo specchio non assomigliava affatto a quella che io ricordavo: non c’era nessuna maschera apatica a ricoprire il mio volto, i miei capelli ricadevano sciolti sulle spalle e si poteva intravedere un inizio di muscolatura sulle gambe snelle:finalmente ero me stessa.

Mi riscossi dai miei pensieri quando sentii Gin che ci stava richiamando piuttosto insistentemente, guardai Elise, a lei non era andata meglio: indossava degli shorts a vita alta neri strappati e sopra un top con delle paillettes, ci scambiammo uno sguardo d’intesa, ormai non c’era più traccia delle ragazze erudite che eravamo una volta.
Intanto non ci eravamo accorte che la nostra amica stava impazientemente attendendo che prendessimo le “scarpe delle torture”, sarebbe a dire dei vertiginosi tacchi e ce le provassimo, ma la mia dose di pazienza giornaliera era agli sgoccioli e non avrei di certo sopportato un altro suo capriccio, così con un gesto brutale presi le scarpe e le scaraventai dall’altra parte della stanza, la donna al bancone mi squadrò un attimo dubbiosa, ma dopo pochi istanti si ricompose e riprese a fare quello che stava facendo prima che la interrompessimo; forse scenate di questo genere erano normali fra gli intrepidi.
Avanzai sicura verso le vetrine, presi due paia di stivaletti neri e mi diressi a pagare il tutto ignorando beatamente Gin, che fu bandita dall’ennesimo negozio: sì, forse lì ci sarei ritornata più spesso.

Erano le dieci quando finalmente fummo pronte e, per quanto volessi bene a Ginevra dovetti ammettere che avrei preferito un’intera sessione di allenamento piuttosto che rivivere quel pomeriggio, ma ormai l’incubo era finito, e se ero riuscita a superare questo avrei potuto affrontare qualsiasi cosa.
Uscii dal dormitorio dove ci eravamo preparate fiera di aver resistito tanto a lungo e sganciai la bomba:
_ Chi vuole farsi un tatuaggio?
Ginevra spalancò la bocca e sgranò gli occhi sorpresa, mentre l’altra assottigliò lo sguardo e mi rivolse un’espressione gelida.
_ Non oseresti_ disse quest’ultima con voce neutra, anche se per chi la conosceva bene sapeva che dietro quel suo sorriso tirato si nascondeva un’espressione rabbiosa, ma soprattutto di sfida.
_ Mettimi alla prova_ Infastidita me ne andai prima che una delle due potesse ribattere, non lo dava a vedere ma Elise era ancora attaccata fermamente alle sue vecchie abitudini, non aveva capito che ormai facevamo parte di un altro mondo,e che non dovevamo cambiare il nostro aspetto o le nostre tradizioni, ma noi stessi.

Ero talmente immersa nei miei pensieri, da non accorgermi di essermi scontrata con qualcuno, per la seconda volta, persi l’equilibrio ma una mano salda mi afferrò in tempo:
_ Vedo che sta diventando un’abitudine, dimmi ti piace proprio andare a sbattere contro il mio petto?
Sorrisi imbarazzata
_ Quattro io ecco… Stavo andando ad una festa.. ma a pensarci bene non ho la minima idea di dove sia… Potresti…
Il ragazzo mi guardò divertito, era una situazione comica quella, le posizioni sembravano invertite: io, la ragazza sicura di me e spavalda, stavo impacciata di fronte ad un qualsiasi diciottenne, e lui, un abnegante che a malapena sfiorava le persone per paura di arrossire, se la stava ridendo tranquillamente per il mio imbarazzo.
Gli diedi un pugno amichevole sul braccio, per poi aggiungere:
_ Ridi, ridi, che avrai poche occasioni per farlo se continui così!

Dopo qualche minuto arrivammo a destinazione e Quattro, che fino ad ora non aveva potuto guardarmi veramente per colpa delle flebili luci dei tunnel, si pietrificò all’istante non appena posò gli occhi sul vestito.
_ Be..Bel vestito.._ balbettò sconcertato, sì, era tornato quello di sempre, feci una giravolta veloce facendo scompigliare i capelli.
_ Sono felice che ti piaccia, ma ora devi andare a vestirti decentemente, non posso uscire con uno che indossa la tuta anche di sera!
Le sue labbra si schiusero lievemente quando pronunciai la parola “uscire”, ma d’altronde anche lui doveva averlo capito, infatti si avvicinò e mi accarezzò la guancia, un fremito mi attraversò tutta la schiena, mi piaceva stare vicino a lui, mi piaceva essere toccata da lui; e, prima di andare via mi sussurrò piano “a dopo”, più vicino però alle labbra che all’orecchio.

Mi diressi verso la festa ancora estasiata fino a che Arkell non mi vide e preso da un momento di follia, mi mise un braccio dietro le spalle e l’altro sotto la piega del ginocchio, e con uno scatto improvviso mi sollevò letteralmente da terra e mi portò dai suoi amici.
Lì per lì rimasi interdetta, ma subito dopo scoppiai in una risata fragorosa, probabilmente aveva bevuto, o molto peggio, era semplicemente se stesso, lo guardai male in cerca di spiegazioni, e lui mi rispose con un tono un po’ folle mentre mi guardava  attentamente:
_ La mia compagnia ha detto che voleva conoscerti e io ti sto portando da loro.
_ Sai Ark, ho la vaga impressione che loro non intendessero in questo senso!
Sogghignò.
_Dici?

Finalmente il mio amico mi poggiò non proprio delicatamente a terra, subito mi aggiustai il vestito temendo che qualcosa potesse essere andato fuori posto ma fortunatamente non era accaduto, il primo che prese parola era un ragazzo alto biondo con gli zigomi marcati, aveva gli occhi terribilmente scuri rispetto ai capelli e magnetici, era inquietante, ma allo stesso tempo affascinante.
_ Kevin. Tu sei Helena vero? Arkell ci ha parlato così tanto di te!
Il sottoscritto si beccò all’istante una gomitata nelle costole dal ragazzo dai capelli e le lentiggini rosse accanto.
_ Scusalo, certe volte non sa proprio tenere la bocca chiusa! Io sono Andrea_ mi rassicurò sorridendo.
_ Comunque sì sono io_ risposi timidamente, dopo qualche secondo dissi:
_ So cosa voglio!_ esclamai questa volta a voce più alta
I tre mi puntarono gli occhi addosso all’unisono, insieme a mezza fazione presente alla festa
_ So cosa voglio tatuarmi_ Ripetei stavolta terminando la frase.
Gli occhi di Arkell si illuminarono.
_Beh allora cosa aspettiamo.

 

 

 

 

Ciao mondo!
Rieccomi qui con un altro capitolo che devo ammettere non è stato un granchè, purtroppo non posso fare altrimenti non posso saltare metà storia! Inoltre non so davvero come ho fatto a finire il capitolo perché circa a metà ho avuto il cosiddetto blocco dello scrittore, vi anticipo che nel prossimo i ragazzi saranno moooooolto più protagonisti di come lo sono in questo!!! Soprattutto uno che si chiama come un numero! Comunque ora basta spoilerare, alla prossima!
Bacioni Ozzy 99

   
 
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