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Autore: Siranne    18/01/2015    2 recensioni
Si rese conto solo ora del liquido caldo che scorreva dai suoi occhi, inumidendo la maglia del moro.
Sollevò le braccia attorno alla sua schiena, stando attento a non svegliarlo.
Era così giusto.
Amarlo era la cosa più giusta al mondo.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Masamune Takano, Ritsu Onodera | Coppie: Takano/Onodera
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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The right thing



«Ci sono abissi che l'amore non può superare,
nonostante la forza delle sue ali»
(H. de Balzac)


«Masamune, ascolta, non avrei mai voluto arrivare a questo punto, ma…» Mikoto Takano strinse la stoffa della gonna tra le mani.
 
«Sii diretta, non mi piacciono i giri di parole» disse seccato. Era venuto, assecondando il suo volere, ma questo non significava che gli facesse piacere trovarsi lì. Si sentiva un estraneo in casa di sua madre.
 
«Ok» prese un respiro. Aveva difficoltà a guardarlo negli occhi, o era una sua impressione? «ti ho visto insieme ad un altro uomo e involontariamente ho sentito che lo hai chiamato Onodera Ritsu»
 
Masamune sgranò gli occhi per qualche istante, ecco perché voleva parlargli: «Ti metti a spiare la gente ora?»
 
«Non è questo il pun-»
 
«Non mi interessa sapere cosa pensi della mia vita privata, quindi questa discussione non ha alcun senso» si alzò dalla poltroncina per dirigersi verso l’ingresso a passo svelto.
 
«Masamune, aspetta! È importante riguarda il padre di quel ragazzo!» cercò di fermarlo, alzandosi a sua volta.
 
Il moro si bloccò, voltandosi.
 
«E tu che cosa sapresti del padre di Onodera?» sputò con disprezzo.
 
«M-mi dispiace, mi si spezza il cuore a dirti una cosa così orribile, ma…» la voce si incrinò e  le lacrime iniziarono a scenderle dal viso. In quel momento, Takano aveva iniziato a preoccuparsi, non ricordava di aver mai visto sua madre piangere.
 
«Circa ventotto anni fa io e Onodera Shuichi abbiamo avuto una relazione che si concluse nel giro di pochi mesi. Poco tempo dopo scoprii di essere incinta…»
 
«Cosa?» chiese atono e istintivamente.
 
‘Incinta? Di chi? Ventotto anni fa… aspettava me?’
 
Improvvisamente la mente, il cuore, l’animo di Masamune si svuotarono appena comprese le parole della madre. Non riusciva più a pensare, avvertiva solo un grande buco nero nel fondo della sua anima, uno spazio che avvertiva si sarebbe presto riempito. Con dolore, forse?
 
«Mi hai sentita?» la voce della madre lo risvegliò. Lei sembrava essersi calmata, come se si fosse tolta un macigno dalla coscienza. Aveva gli occhi rossi, ma non piangeva più.
 
«T-tu, cosa… cosa vorresti dirmi con questo?» aveva la gola secca, anche parlare si stava rivelando un’impresa.
 
«Tu sei figlio di Onodera Shuichi» rispose decisa, con un tono che avrebbe fatto più male di una spada nello stomaco. Mentalmente però era quasi grato che aveva messo la faccenda in quei termini. Poteva anche dire che lui era…
 
‘Mio Dio’
 
Lui e la persona che amava, erano fratelli? Non era possibile, non poteva essere possibile.
 
«Non ci credo»
 
«Co-»
 
«Non ci credo. Se fossi stato figlio di un uomo così influente, non avresti perso nemmeno un secondo a spiattellare la verità» aggiunse duro, ricordando che la madre era tutt’altro che una persona corretta o non legata al denaro.
 
«Non l’ho detto perché io ero già sposata e…»
 
«Voglio il test del DNA» continuò imperterrito, senza dare ascolto alle parole di Mikoto, seguiva solo il suo flusso scoordinato di pensieri.
 
La donna si portò le mani ai fianchi e guardò per qualche istante un punto imprecisato della stanza, come se si volesse riprendere e riposare dalla fatica della conversazione.
 
«D’accordo» mormorò «anche se non vorrei che questo ti deludesse ancora di più»
 
«Io… devo andare» si voltò meccanicamente e uscì da quella casa.
 
Mikoto osservò la porta chiudersi. Tirò un lungo sospiro. Era stato davvero stancante.
 
 ***
 
 Cosa aveva detto? Cosa voleva dire? Perché?
Solo l’idea che lui e Ritsu possano essere fratelli, gli distruggeva il cuore. Come poteva essere possibile una cosa del genere? Aveva una maledizione addosso? Pensava di aver raggiunto il fondo anni fa, dopo aver scoperto di non essere figlio di suo padre, ma adesso vedeva un baratro buio e profondissimo che non aspettava altro che lui si buttasse di sotto per avvolgerlo nell’oscurità.
Ogni volta che trovava un brandello di luce, -e quel brandello aveva un nome e un cognome ben precisi-, sembrava che fosse automaticamente destinato a stare peggio di come stava prima di incontrarlo.
Era successo così al liceo, quando pensava finalmente di aver trovato qualcuno che lo amava veramente, per poi ritrovarsi solo e abbandonato.
Stava succedendo anche adesso?
 
Lo ama e lo ha amato con tutto se stesso, il suo carattere, il suo corpo, i suoi atteggiamenti, lo amava completamente.
Non sapeva come fosse un rapporto tra fratelli, ma ciò che provava per Ritsu era sicuro non fosse minimamente paragonabile ad un normale affetto per un famigliare.
Eppure sua madre…
 
Il clacson di una macchina lo risvegliò dai suoi pensieri. Il semaforo era diventato verde da chissà quanto tempo.
Proseguì la guida con calma, combattendo tra due opposti desideri che gli erano nati nel cuore. Da una parte voleva accostare, non arrivare mai a casa, non rivedere mai più quegli occhi verdi, quella fonte di dolore. Dall’altra voleva correre a casa, dimenticare quella giornataccia, abbracciarlo, affogare nel calore di quel corpo d’amore.
 
Giunto nell’edificio, suonò alla porta di Onodera. Dopo qualche istante sbucò il castano.
 
«Ah, Takano-san»
 
«Ero passato per avvisarti che sono tornato… vado a preparare la cena» fece per andare nella porta accanto.
 
«No, aspetta, ho già cucinato io»
 
Entrò nel genkan e si sfilò le scarpe. Rimase a fissare il corpo di Onodera allontanarsi verso la cucina.
No. Non c’era la minima somiglianza. E due fratelli si somigliano sempre un minimo… vero?
Come poteva minimamente accennare ad Onodera il discorso avuto con la madre? Non voleva perderlo, non voleva che si allontanasse da lui.
 
Pensò di andare via. Non poteva stargli accanto in quelle condizioni, si sarebbe sicuramente accorto che c’era qualcosa che non andava.
 
«Vuoi venire ad aiutarmi o devo fare tutto io?» gridò Ritsu dalla cucina.
 
Forse se se ne fosse andato lo avrebbe davvero fatto preoccupare, più di quanto non avrebbe fatto se fosse rimasto.
 
«Sì… arrivo» si decise ed entrò in casa.

 
 
Note dell’autrice:
Dopo secoli torno ad aggiornare, mi scuso per i tempi geologici che ho impiegato ma come ho spiegato a delle persone che mi hanno chiesto se avrei continuato la storia, purtroppo la scuola occupa molto tempo (è la maturità, compatitemi :’P ) e mi era venuta pure l’ispirazione per un’altra storia, quindi se aggiorno una non aggiorno l’altra e viceversa XD
Comunque finalmente ce l’ho fatta!
Tornando al capitolo, spero di avervi sconvolto (era questo l’intento XD). Sarà vero o mamma Mikoto ha raccontato una bufala? Chissà…
Spero di aggiornare in tempi ragionevoli, grazie a chi si è preoccupato di pressarmi per pubblicare, senza di voi non sarei stata così rapida ^^''''
Un bacio :3


 
   
 
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