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Autore: 9Pepe4    18/01/2015    3 recensioni
Aggiornamento rimandato perché sono un disastro ;_;
Harry Osborn è sopravvissuto allo scontro con Venom e Sandman.
Ora che sa la verità, la sua amicizia con Peter e Mary Jane è più forte che mai, e in ospedale il ragazzo conosce Liz Allen, una giovane infermiera che farà del suo meglio per aiutarlo.
Ma nuove nubi si profilano all’orizzonte...
[Attenzione! Presenza di personaggi del fumetto mai apparsi al cinema!]
(Aggiunto capitolo 22: Un piccolo imprevisto)
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harry Osborn, Mary Jane Watson, Peter Parker
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 21 – Complicazioni

«Toglimi una curiosità, oh impiegato sottopagato del Bugle».
Peter, seduto al tavolo della cucina di casa Osborn, gettò ad Harry un’occhiata esasperata. Forse passare a trovare l’amico non era stata un’idea geniale.
«Chi è che inventa i nomi per i criminali di New York? Con l’ultimo non ha avuto molta fantasia».
Peter si portò automaticamente una mano alla benda che – ben nascosta dalla maglietta – gli fasciava la spalla. Subito dopo, riabbassò il braccio, ricordando a se stesso che era meglio non andar troppo accanto alla ferita.
Da parte sua, Harry gli sventolò l’ultima edizione del Bugle sotto il naso.
Peter colse solo un frammento del titolo in prima pagina – LIZARD, il nome scelto per la spaventosa creatura – e gettò uno sguardo infastidito all’amico.
«Non so chi decida i nomi» disse, con voce pesante. «Di sicuro non sono io».
Harry fece un breve sorriso. «Be’, questo è un sollievo». Mise da parte il giornale, e prese posto di fronte a Peter. «Allora? Cosa pensi di fare?»
L’altro aggrottò la fronte. «Il solito» sospirò. «Tenere le orecchie e gli occhi aperti, e se quel mostro dovesse ripresentarsi…»
Harry intrecciò le dita sotto il proprio mento. «Quindi sei certo che non ti serva un aiuto? Da parte di New Goblin, per esempio?»
«Harry» sibilò Peter, «ti ho già detto che è fuori discussione».
«Sicuro? Anche dopo che ti hanno sparato?»
«Mi hanno colpito di striscio».
A quelle parole, Harry emise uno sbuffo divertito. «Oh, okay, allora è tutto a posto…»
Peter evitò di replicare. A dire il vero, la ferita stava guarendo in fretta, probabilmente grazie ai cambiamenti che il suo organismo aveva subito in seguito al morso del ragno. Più che altro, a turbarlo, era stato il modo prepotente in cui il ricordo della morte di suo zio era riemerso nella sua mente.
«Sia come sia» brontolò, «non mi serve l’aiuto di una testa calda come te. Tutt’al più mi farebbe comodo parlare con qualcuno che s’intenda di lucertole».
Harry tornò serio. «Quindi pensi che sia una specie di lucertola? Non era qualcosa come un costume?»
«Non lo era» affermò Peter. «Forse è una lucertola geneticamente modificata, non ne sono sicuro. Mi ha parlato».
«Prego?» domandò l’amico, sorpreso.
«Quando mi ha guardato, ha detto “Spider-Man”».
«Oh». Harry sbatté le palpebre. «Caspita».
Per qualche istante, entrambi rimasero in silenzio.
«Perché non chiedi l’aiuto del professor Connors?»
Peter fissò l’amico. «Cosa?»
Harry scrollò le spalle. «Non hai detto che è un erpetologo? Potrebbe avere un’ipotesi su cosa sia quel lucertolone, o su come neutralizzarlo».
«Uh» disse Peter, senza riuscire a nascondere la propria meraviglia, «in effetti non è una cattiva idea».
Harry roteò gli occhi. «Non suonare così sbalordito, ti prego».
L’altro non poté fare a meno di sorridere. «Volevo dire, grazie, lo farò». Si accigliò. «L’unico problema è che non so quando lo vedrò. L’altro giorno era assente, e in più ora hanno chiuso l’università per fare alcuni accertamenti».
Questo era stato un problema quando si era trattato di recuperare i suoi vestiti. Non lo avevano lasciato passare, ma poi Mary Jane era andata in avanscoperta e Peter era rimasto sbigottito nel vederla tornare con i suoi abiti.
«Va’ a casa sua» suggerì Harry, riscuotendolo da quei ricordi. «In fondo sai dove abita».
«Sì, ma… sarebbe un po’ irrispettoso, non trovi? Non mi ha invitato».
L’altro lo fissò. «Ti preoccupi di questo, davvero? In una situazione simile?»
Peter allargò appena le braccia.
«Okay» fece Harry. «Allora potresti andare da lui travestito da Spider-Man, no? O il dottor Connors lo odia?»
«Non che mi risulti».
«Allora è perfetto» concluse Harry. «Chi rifiuterebbe mai di prestare aiuto ad un leggendario supereroe?»
Peter inarcò un sopracciglio. «Qualche agente di polizia, a quanto pare».
«Ottima osservazione» concesse l’amico, trattenendo un sorriso.
«Ci penserò più tardi» affermò Peter. «Piuttosto, tu hai qualcosa da fare?»
Harry scrollò le spalle. «Vado a casa di Liz».
«Davvero?» chiese Peter, cercando di non suonare troppo interessato.
Il cipiglio dell’amico lo informò che aveva fallito miseramente. «Sì, davvero» confermò Harry, un po’ piccato.
«Per caso è…?»
«Non è un appuntamento».
«Io non sono mai stato a casa sua» mormorò Peter.
«Non vuol dir niente, non ci vediamo in un lussuoso ristorante» replicò Harry. «È solo che lei è stata qui molte volte, e a quanto pare ha voluto ricambiare l’ospitalità».
A dirla tutta, lui aveva provato a declinare l’invito, ma la ragazza era stata irremovibile. Pensandoci, Harry aveva qualche difficoltà a ricordare anche solo una volta in cui fosse riuscito ad averla vinta con lei. Avrebbe dovuto preoccuparsi?
«È stata qui molte volte?» Peter era del tutto incapace di suonare disinteressato. «Sul serio?»
«Non più di te o Bernard» ribatté Harry. «Siamo amici. Caso chiuso».

Nel tragitto dalla propria casa a quella di Liz, il giovane si trovò a desiderare di poter zittire i propri pensieri come aveva zittito Peter.
Purtroppo, non sembrava possibile.
E se Liz avesse avuto un doppio fine e lui non se ne fosse nemmeno accorto?
Sfiorandosi la guancia sfigurata, si disse che quell’ipotesi era da escludere.
D’altra parte, lui aveva iniziato ad informarsi sui chirurghi plastici di New York… Non che ne avesse parlato con Liz – né con nessun altro ad eccezione di Bernard, se era per questo – ma lei era un’infermiera, e sapeva quanti soldi avesse l’amico. Probabilmente dava per scontato che lui, prima o poi, potesse sottoporsi ad un’operazione al viso.
Harry si sentì immediatamente un idiota per quel pensiero.
Non solo implicava che la decisione di Liz di stare o non stare con lui potesse dipendere unicamente dal suo aspetto fisico, e la ragazza non era così superficiale… Ma oltretutto, viso sfigurato o meno, quello che lui era non cambiava.
Fosse anche stato bello come un attore hollywoodiano, Harry dubitava che una ragazza avrebbe mai potuto innamorarsi di lui.
Arrivato di fronte al condominio dove abitava Liz, il giovane suonò il citofono e lei gli aprì quasi subito. Harry entrò nella palazzina e, dopo aver salito qualche rampa di scale, arrivò al pianerottolo dove viveva la ragazza.
Lei era già sulla soglia, vestita con un paio di jeans e una maglietta rosa, e lo accolse con un accenno di sorriso. «Allora quello di non prendere l’ascensore è un tuo vizio».
«Preferisco fare un po’ di moto» replicò Harry. La verità era che salire a piedi gli aveva dato il tempo di spingere da parte i propri pensieri. «Da dove credi che venga il mio fisico sportivo?»
Liz fece mostra di alzare gli occhi al cielo. «Smettila e vieni dentro» lo invitò, facendosi da parte per lasciarlo entrare.
Harry si sfilò la giacca nell’ingresso, guardandosi attorno mentre lei chiudeva la porta.
«Ebbene, signor Osborn» disse infine la ragazza. «Benvenuto nella mia umile dimora».
Gli fece fare un rapido tour dell’appartamento, che sembrava essere stato riordinato in gran fretta in occasione dell’arrivo dell’ospite. Non era molto grande: una sola stanza fungeva sia da cucina che da sala da pranzo, il salotto non conteneva più di un divano e una tivù, e infine c’erano un bagno ed una camera da letto.
«Be’» si lasciò sfuggire Harry, quando giunsero all’ultima tappa, «è davvero piccolo».
Un istante dopo avrebbe voluto mordersi la lingua. Adesso, infatti, riconosceva che erano proprio commenti come quello ad aver allontanato Mary Jane all’epoca in cui erano fidanzati.
Fortunatamente, Liz non parve prendersela. «Lo so» si limitò a dire, «non è certo il lusso a cui sei abituato».
Harry non seppe replicare.
«Io mi sono messa a piangere, quando ho capito che senza i soldi dei miei genitori questo era il massimo che potevo permettermi» confidò allora la ragazza.
Lui la guardò ed arrischiò un sorriso. «Non sembra così terribile».
Liz fece un gesto strano, come se avesse avuto la mezza idea di pungolarlo con un dito e poi ci avesse ripensato. «Ah, sì?» disse invece. «Vorrei sapere cosa avresti fatto tu, signor riccone. Considera anche che era un periodo movimentato, ero già sfinita per il lavoro, e questo… diciamo che è stato il colpo di grazia».
«Okay, posso capirlo» disse Harry, avanzando di qualche passo.
Un armadio, un letto adornato da un buon numero di cuscini e una scrivania ingombra erano tutto il mobilio presente.
Ad un esame più attento, il giovane notò un libro abbandonato sul letto e le ciabatte di Liz – una si trovava sotto la scrivania, l’altra sulla sedia lì davanti.
«Alla fine mi ci sono abituata, però» aggiunse la ragazza, con una scrollata di spalle. «E non è così male… perlomeno è un posto mio».
Quella considerazione colpì Harry. Casa sua non era solo casa sua, era anche casa di suo padre, nonché il posto dove Goblin aveva iniziato a manifestarsi. Si sarebbe sentito meglio, in un posto nuovo?
Accattonò in fretta quel pensiero. Non era certo il momento di mettersi a progettare un trasloco.
«E come va il lavoro?» chiese, per non lasciar cadere la conversazione.
«Tutto bene» assicurò lei. «E tu cosa mi combini? Fai sempre lo stacanovista?»
«Ci sono molte cose da decidere, alla OsCorp» rispose Harry, forse un po’ sulla difensiva.
«Senza dubbio». Liz sorrise. «Ma fa’ attenzione a non svenire da qualche parte».
«Lo terrò in conto» replicò lui, asciutto.
La ragazza ridacchiò. «Oh, dimmi quando ti viene fame, ho preparato qualcosa per la merenda».
«Per ora sono a posto».
Cercando di non sembrare troppo indiscreto, si avvicinò alla portafinestra che dava su un piccolo balconcino. «Com’è la vista?»
«Grandiosa» rispose Liz. «Puoi vedere una strada e dei tetti, degli altri tetti… e altri tetti ancora. Ma forse una delle case che vedi da qui dà su un panorama interessante».
Harry contrasse le labbra in un sorriso divertito e scostò la tenda, solo per scoprire che la descrizione di Liz era stata piuttosto accurata. Distolse lo sguardo, spostandolo sulla scrivania della ragazza.
Accanto ad un portatile chiuso, si trovava qualche portamatite pieno di penne, un quaderno, e una considerevole pila di libri. Di medicina, per lo più, e da molti di essi spuntavano i bordi di alcuni fogli ricoperti di una grafia fitta e frettolosa.
Al muro sopra la scrivania era appesa una tabella. Avvicinandosi appena, Harry poté vedere che vi erano segnati i turni di Liz all’ospedale.
«Vedo che sei molto occupata» commentò, prima di abbassare lo sguardo e notare una fotografia.
Non era incorniciata, ma era appoggiata sul piano del tavolo come se Liz l’avesse tirata fuori da un cassetto per guardarla e poi se ne fosse dimenticata.
La foto sembrava risalire a qualche anno prima. Ritraeva Liz con un sorriso radioso e un taglio a caschetto, e un ragazzo più grande di lei. Lui aveva i capelli color cenere e gli occhi castani, una mascella decisa, e teneva un braccio attorno alle spalle di Liz in modo quasi protettivo.
Per qualche motivo, Harry si sentì seccare la gola.
«Che cosa stai…?»
La voce di Liz per poco non lo fece sussultare – la ragazza gli era arrivata alle spalle senza che lui se ne rendesse conto. Si girò a guardarla.
Quando lei vide la foto, i suoi occhi azzurri si dilatarono appena, ed un piccolo «oh» le uscì dalle labbra.
«Lui chi è?» domandò Harry.
Liz spostò il proprio peso da una gamba all’altra, fissando la fotografia. «Lui?»
Harry inarcò un sopracciglio. «Sì, lui».
«Be’, è… È un amico» disse la ragazza, mettendo una mano sulla foto come per nasconderla ai loro occhi.
Harry aveva la netta sensazione che ci fosse qualcosa di più. «Un ex compagno di classe?» si informò.
Liz non rispose alla sua domanda. «Non importa» disse invece, frettolosamente, «comunque è un po’ che non lo vedo».
Harry la osservò mentre faceva scivolare la fotografia nel cassetto della scrivania. Sembrava decisamente nervosa. Lui pensò velocemente a qualcosa da dire. «Non mi dispiacerebbe fare merenda, adesso».
Gli occhi azzurri di Liz guizzarono sul suo viso. «Oh… sì, ma certo» disse lei, sollevata. «Vieni, andiamo in cucina».
Aveva preparato alcune focaccine con la mortadella, ed una macedonia.
«Lo so che non è il massimo» gli disse, una traccia di nervosismo ancora presente nella voce, «ma non sono un granché come cuoca».
«Va benissimo» le assicurò Harry, addentando una delle focaccine per dissimulare il fatto che non sapeva cos’altro dire.
Anche Liz si servì, e il giovane la scrutò di sottecchi.
In realtà, una parte di lui avrebbe voluto insistere a proposito dell’identità del ragazzo nella fotografia… Era abbastanza sicuro che Liz avesse mentito, dicendo che era solo un amico.
Ma perché dire una bugia? Harry non se lo spiegava.
Liz aveva detto che se n’era andato… Forse era quello il punto. Che si trattasse di un ex ragazzo? Forse l’aveva lasciata, ma lei non l’aveva dimenticato?
Gli sembrava la spiegazione più plausibile, e non gli piaceva affatto.
«Avevo visto degli stuzzicadenti con delle bandierine» disse Liz in quel momento, cercando di suonare disinvolta. «Li volevo comprare e usarli per dare più un’atmosfera di festa, ma me ne sono dimenticata».
Harry scrollò le spalle, mandando giù un boccone. «Non penso sarebbero degli stuzzicadenti simili a fare la differenza».
«No» concordò Liz, «ma erano carini».
Il giovane la guardò mentre si serviva di un’altra focaccina con la mortadella.
Improvvisamente, gli tornò in mente la sera in cui erano andati a teatro. Liz aveva parlato di una persona, qualcuno che lei aveva cercato di aiutare senza riuscirci… Forse il collegamento era un po’ forzato, ma… e se si fosse trattato di quel ragazzo?
Harry ricordò il modo in cui le parole le si erano bloccate in gola, e provò l’impulso di tendere una mano ad afferrarle il polso. Invece, cercò di concentrarsi sul proprio cibo.
Se il ragazzo sconosciuto l’aveva davvero lasciata dopo che lei aveva cercato di aiutarla, Liz non avrebbe più dovuto pensare a lui.
Lei si meritava di meglio, meritava…
«Oh, porca miseria!»
Harry alzò di scatto gli occhi: Liz stava guardando dentro la ciotola della macedonia con aria a dir poco inorridita.
«Che succede?» domandò lui.
La ragazza lo fissò. «Credo di averci lasciato dentro il nocciolo delle albicocche».
Harry non poté fare a meno di mettersi a ridere.
«Sono un disastro» si commiserò Liz ad alta voce. «Lo sapevo che non avrei dovuto prepararla dopo il turno di notte».
«Non mi sembra così grave» replicò Harry.
Per tutta risposta, lei gli spinse la ciotola sotto gli occhi. «Come no?»
«Dai, passami le tazze che faccio le parti. Starò attento a non strangolarmi con nessun nocciolo, te lo prometto».
Liz gli gettò un’occhiata imbarazzata, ma fece come aveva chiesto il ragazzo.
Se non altro, quell’incidente servì ad alleggerire la tensione tra loro, e ben presto tornarono a chiacchierare con disinvoltura.
Quando per Harry giunse il momento di andarsene, Liz lo accompagnò alla porta. «Allora ci sentiamo» lo salutò, mentre lui usciva sul pianerottolo.
«Certo» confermò il giovane, chiudendosi la giacca.
Liz sorrise, poi parve avere un ripensamento. «Harry, mi dispiace…»
Lui aggrottò la fronte, alzando lo sguardo. «E per cosa?»
«Be’, per…» La ragazza si morse il labbro. «Per i noccioli nella macedonia» concluse poi, cercando di buttarla sullo scherzo.
«Oh» disse Harry. La fotografia. Era piuttosto sicuro che Liz si riferisse alla fotografia. «Non fa niente. Come vedi, sono sopravvissuto. E la macedonia era buona».
La ragazza abbozzò un sorriso. «Va bene... Ciao, allora».
«Ciao».
Harry iniziò a scendere le scale, e sentì la porta dell’appartamento che veniva chiusa.

Con addosso il proprio costume da Spider-Man, Peter scese lungo il muro di casa Connors a testa in giù.
Non era sicuro del perché avesse seguito il consiglio di Harry persino a quel proposito.
Dopotutto, però, sarebbe stato più veloce chiedere aiuto nelle vesti di supereroe, anziché perdere tempo a spiegare che lui conosceva Spider-Man ed era lì per conto suo.
Si affacciò alla prima finestra che trovò, ritrovandosi a guardare un salottino che trovò abbastanza grazioso.
Una poltrona ed un divano color lillà si trovavano da una parte, separati da un tavolino su cui era posato un vaso di fiori… e di fronte ad essi si trovava una televisione a schermo piatto.
Ciò che attirò la sua attenzione, però, fu la donna seduta sul sofà. Aveva capelli biondo scuro, tagliati abbastanza corti, ed un vestito blu. Si teneva una mano sulle labbra e, qualsiasi fossero i suoi pensieri, non dovevano essere molto gradevoli.
Peter allungò una mano e bussò sul vetro.
La donna sobbalzò e guardò verso la finestra, lasciandosi scappare un grido di sorpresa.
Un momento dopo, si alzò e andò ad aprire le imposte. «Spider-Man?» chiese, alzando lo sguardo su di lui.
«In persona» rispose Peter, facendo dondolare appena la testa. «Lei è la signora Connors?»
«Martha Connors» annuì lei.
«Suo marito è in casa?»
A quella domanda, i pugni della donna si strinsero in una morsa nervosa. «Cerchi Curt? Perché?»
A Peter il suo tono di voce sembrò strano, ma forse gli stava solo andando troppo sangue alla testa. «Be’, non so se ha letto i giornali…» iniziò.
La signora Connors lo interruppe. «Si tratta di Lizard, non è vero?»
«Sì» disse Peter, stupito, «come lo sa?»
Per tutta risposta, lei si fece indietro. «Entra» lo invitò.
Peter lo fece con un certo sollievo. Quando ebbe i piedi ben piantati sul pavimento, tornò a rivolgersi alla donna: «So che suo marito è un esperto di erpetologia».
«Sì» confermò Martha Connors, abbassando mestamente gli occhi.
Il giovane si sentì un po’ perplesso di fronte a quel comportamento. Forse si era già pentita di avergli permesso di entrare?
Un improvviso nodo allo stomaco, però, gli suggerì che si trattasse di qualcos’altro.
«Be’, sì, okay» riprese lui, un po’ incerto. «Quindi volevo chiedergli se per caso…» Si interruppe. «Mi scusi, ma suo marito è in casa?»
Lei lo guardò, sbattendo le palpebre. «Allora non lo sai».
Il brutto presentimento di Peter si rafforzò. Una frase simile non prometteva mai nulla di buono. «Che cosa non so?»
La donna si posò una mano sugli occhi. Sembrava quasi combattuta.
«Si… si sente bene?» chiese Peter, sentendosi un po’ a disagio. «Posso fare qualcosa?»
Lei abbassò la mano e lo guardò. «Mio marito… mio marito è Lizard».
Dietro la maschera, Peter aprì la bocca e la richiuse, sentendosi come se fosse stato investito da un treno in piena corsa.
Il professor Connors era Lizard? Quel mostro? Ma com’era possibile?
A meno che…
«Oddio» si lasciò sfuggire.
La ricerca! Quella per la quale Connors aveva chiesto dei finanziamenti ad Harry! Il professore voleva mescolare il DNA delle lucertole a quello umano…
Con una fitta di sgomento, Peter ricordò la conversazione che aveva avuto con l’amico a proposito di quel progetto.
Come idea è affascinante, non posso negarlo, però… ci sono molti punti che non mi convincono.
Ad esempio?
Be’, mettiamo che funzioni. Quali potrebbero essere gli effetti collaterali? E se la nuova specie innestata, la lucertola, si rivelasse quella dominante?
“Oh, diavolo” pensò. A quanto pareva, la sua ipotesi si era rivelata corretta…
Ma credeva che il professor Connors avesse rinunciato alla sua ricerca. E invece, invece… pareva che avesse solo deciso di sperimentarla su di sé.
«Lo so». La voce della signora Connors lo riscosse. «Mio marito stava svolgendo alcuni esperimenti… e il risultato non è stato quello che si aspettava».
Peter si morse la lingua. «Capisco» disse. «Per caso… per caso può dirmi qualcosa di più sugli esperimenti del professore?»
Martha Connors strinse le labbra in una piega decisa. «Seguimi» lo invitò.
Peter obbedì, e la donna lo guidò sino allo studio di Connors. Il tavolo da lavoro era stato spaccato in due, e sul pavimento era sparpagliata una caterva di oggetti. Libri, per lo più, con tutta l’aria di essere stati gettati a terra, ma anche numerose scartoffie, fogli accartocciati, e i pezzi di vetro di alcune provette infrante.
«Ha lavorato qui» affermò la donna. «È stato qui che… che è successo. Non so come, deve essere stato un incidente. Io ero in cucina, quando ho sentito degli strani rumori. L’ho chiamato, ma lui non mi rispondeva, perciò sono corsa qui, ho aperto la porta… e mi sono trovata davanti quel… quel…»
«Lizard» suggerì Peter.
Martha Connors annuì. «Subito non ho capito. Perché come poteva quel mostro essere mio marito?»
Il giovane inclinò la testa. «Ma ora ne è certa».
«Mi ha attaccato» continuò la donna, e il suo tono sembrava una conferma. «Ho cercato di scappare, ma ad un certo punto mi sono ritrovata sul pavimento, con quella… con Lizard che incombeva su di me. Poi ho sentito Billy urlare».
Billy. Il figlio del professore.
«È stato quello a fermarlo» aggiunse Martha Connors. «L’ho sentito sibilare il nome di nostro figlio, poi è tornato a fissarmi e ha sibilato anche il mio… E subito dopo è fuggito».
Ci fu un momento di silenzio.
«Da allora, non l’ho più rivisto» concluse la donna, con una certa stanchezza.
«Mi dispiace» offrì il giovane. «Posso… posso vedere se riesco a trovare qualcosa di utile nel suo studio?»
Lei lo guardò aggrottando la fronte.
«Sa, io sono… sono una specie di scienziato» disse allora Peter. «Sa, quando non… thwip, thwip. Vorrei cercare un modo di aiutare suo marito».
Gli occhi della donna parvero riaccendersi. «Credi di poterlo fare?»
«Lo spero».
Lei trasse un respiro. «Prenditi tutto il tempo che vuoi».
















Note:
Prima di tutto, vi ringrazio per il bentornato che avete dato a questa storia.
Sul serio, non me lo aspettavo (e direi che non lo meritavo neanche), e mi ha reso felicissima.
Questo capitolo è abbastanza lunghetto, ma spero che non sia risultato pesante da leggere. La battuta di Peter, “sono una specie di scienziato. Sa, quando non… thwip, thwip”, è una sorta di citazione non programmata da Sensational Spider-Man (vol. 2) Annual #1, che adoro. (La battuta originale è: I’m kind of a scientist, believe it or not. When I’m not—you know. Thwip-twhip.)
Detto ciò, il prossimo aggiornamento va a domenica 8 febbraio (molto avanti, lo so, ma c’ho degli esami di mezzo e non so se riuscirei a preparare prima il nuovo capitolo).
Alla prossima!
  
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