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Autore: HugMeSyko    19/01/2015    0 recensioni
Hey, posso vedere un segreto nei tuoi occhi, Nathan.
Potrei rubartelo.
« Sono come la pioggia.
A volte calma, a volte disastrosa.
A volte silenziosa, a volte rumorosa.
Odiata da molti, amata da pochissimi. »
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nathan Sykes, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Questa sensazione, come se fosse stata colpa mia, mi perseguita da anni ormai e lo farà per tutta la mia vita.”
Nathan era scappato di casa, consapevole di aver abbandonato il suo prescelto futuro.
Dopo due ore di viaggio verso Gloucester, la sua prima meta fu lo Starbucks Coffee.
Il suo sguardo era proprio come il sole quando inizia a scomparire.
Era offuscato dai sensi di colpa, ma allo stesso tempo era sicuro della sua scelta.
Il gelo mattutino iniziava a farsi sentire, il sole ad intravedersi.
Aveva un piccolo appartamento lì a Gloucester, ma non era solo.
C'era Jay, con lui.
La loro grande amicizia veniva condivisa pezzetto per pezzetto.
Decise di chiamarlo, indifferente all'orario, per mangiare delle ciambelle calde insieme, proprio per ricordare i vecchi tempi e la felicità che era facile come un bicchiere d'acqua.
Nell'attesa di Jay, decise di cancellare definitivamente Michelle dalla sua mente, partendo da quei vecchi messaggi sdolcinati alle dediche più profonde.
Per non parlare delle loro foto.
Ogni singola foto immortalava un momento, uno più bello dell'altro.
La prima cosa che Jay notò appena entrato nel locale, era la faccia da cane bastonato di Nathan.
Così non esitò a raggiungerlo.
“Buh!”,- Jay appoggiò le sue freddolose mani sugli occhi di Nathan, indietreggiandolo.
Nathan si voltò, con un sorriso forzato che non era proprio da lui, battendo il bugno contro quello di Jay.
Pareva quasi mortificato.
“Tu mi nascondi qualcosa.”, - Jay socchiuse appena un occhio, prendendo una sedia dal tavolo affianco e poggiandola di fronte a Nathan.
“Nath..”
Lui, nemmeno rispose.
Iniziava a battere ripetutamente la gamba sul pavimento, tanto da far scuotere il tavolo.
Si alzò di scatto, prendendo il suo cellulare dal tavolino e uscendo frettolosamente dal locale.
Jay era sperduto, preoccupato, seguì i suoi passi al momento.
Delle improvvise lacrime salate iniziarono a bagnare il viso di Nathan a dirotto.
Partendo dal viso, all'umido asfalto che man mano calpestava.
La prima cosa che si trovò davanti, buttò per terra.
“Fermati, cazzo!”, - Jay lo afferrò per un braccio, con forza, spingendolo in avanti verso la panchina che stava davanti i loro occhi.
“Voglio morire, porca puttana, voglio morire.”, - le lacrime gli impedirono di rendere chiara la frase.
I suoi occhi iniziarono a ricoprirsi di goccioline.
Quando cercò di rialzarsi, Jay piazzò la faccia di fronte agli occhi luccicanti di Nathan.
“Nate, sei il mio piccolino. Non voglio che ti distruggi prima di me.”, - passò il suo umido pollice sulle guance bagnate di Nathan, disfacendogli il ciuffo.
“Non..Non so come dirtelo.”, - le sue guance iniziarono ad impallidirsi.
“Pft, mi hai persino potuto ammirare da nudo, suddai.”
“Hai mai baciato un ragazzo..?”
“Sì, me stesso sullo specchio, Nath.”
Nathan si alzò di colpo, senza distogliere lo sguardo dagli occhioni blu mare di Jay.
Lo baciò.
Senza pensare alle conseguenze, senza pensarci due volte.
Jay rimase stupito, quasi del tutto incredulo.
“Come non detto..”, - Nathan abbassò lo sguardo, raccogliendo il suo zaino nero da terra e iniziando a camminare dalla parte opposta.
“Nathan, aspetta un momento!”
Nathan si voltò, guardandolo per qualche secondo, per poi rigirarsi.
“Io..non me l'aspettavo. Ma non mi sei mai dispiaciuto.”
“Che vuoi dire, Jay?”, - disse Nathan, appoggiando lo sguardo sul suo braccio che Jay stava stringendo.
“Sai che intendo.”, - gli disse, facendo un occhiolino.
“Non ho voglia di scherzare.”, - Nathan prese le distanze per un momento, dirigendosi nuovamente allo Starbucks Coffee per rilassarsi un attimo.
“Due Starbucks, per favore.”, - appoggiò il gomito al bancone del bar, scaraventando lo zaino sulla prima sedia che gli capitò di vedere.
Jay lo raggiunse, bloccandolo ancora una volta per il braccio.
“Non lo so, Nate. Una volta vedo noi due come grandi amici e un'altra volta immagino te che vieni e mi baci con passione. Non voglio rovinare la nostra grande amicizia..”
Come se nulla fosse, porse uno dei due Starbucks a Jay, rimanendo in silenzio e sorseggiando appena il suo.
“Lo prendo come un sì.”, - iniziò a ridacchiare Jay.
“Ma sta zitto e succhia. La cannuccia, intesi.”, - inarcò un sopracciglio.
Nathan lasciò i suoi dieci dollari sul bancone, voltandosi verso Jay con uno sguardo spento.
“Mi spiace..”, - Jay lo accostò, abbracciandolo improvvisamente.
“Anche a me spiace, non averti.”, - accennò una falsa e breve risata.

Nel frattempo, a Londra, il campanello suonò a casa Sykes, dove Michelle era l'unica sola rimasta.
“..Max?!”
“Ciao piccola.”, - Max entrò, dandole il buongiorno con un occhiolino dei suoi.
Aveva sentito benissimo.
Eccome, se ci aveva sentito.
Iniziò ad arrossire, facendo finta di nulla e socchiudendo lentamente la porta.
“Il tuo uomo, dov'è?”, - disse Max masticando un chewing-gum.
Michelle rimase ammutolita, spenta dalle sue parole.
“Shelle? Tutto apposto?”
“Mi hai chiamato Shelle.. Solo Nathan mi chiamava così..”
“Dove cazzo è, Sykes?”, - Max iniziò ad innervosirsi per il tanto sospetto.
Ancora una volta lei non rispose.
“E cos'è questo foglio?”, - era proprio il messaggio di Nathan, rimasto pieghettato sul tavolino.
“Niente, non è niente!”, - Michelle gli impedì subito di aprirlo.
Ma non fu possibile.
“Hey, rilassati piccola.” - disse Max, appoggiando le mani sui fianchi di Michelle - “Nathan non può lasciare sola una bambola come te.”
Le mani di Max si sentirono a pelle sulle tonificate cosce di Michelle.
“Smettila..”, - l'unica risposta che si sentì era la saliva che veniva inghiottita.
“Tu sai che perdita, s'è fatto quel coglione.” - le sue mani roventi iniziarono a scivolare sul culo di Michelle, finendo in bellezza con una leggera palpata.
Lei lo spinse fortemente con le mani, sul petto, credendo di distogliere quegli invitanti addominali dal suo corpo, facendogli cadere il cellulare dalla tasca involontariamente.
Ma tanto involontaria, non era la cosa.
Quando finalmente trovò una scusa per distaccarsi da lui, gli prese il telefono, correndo frettolosamente per le scale e chiudendosi in bagno nel giro di un minuto.

Nathan.
Era il primo ed ultimo nome che apparse nelle chiamate recenti di Max.
Non ci rinunciò affatto, a lui.
  
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