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Autore: Kristah    19/01/2015    3 recensioni
E' da un mucchio di tempo che non pubblico una storia. Finalmente oggi mi sono decisa a farlo! Comunque, senza tergiversare: una song-fic; "Kinda Outta Luck" di Lana del Rey mi fa pensare a Natasha Romanoff. Una piccola Clintasha con qualche Missing Moments delle due spie appena ventenni, in Est Europa.
Genere: Angst, Azione, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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I WAS BORN BAD… 


Mosca, 1989
«Romanova, Natalia»
Una ragazzina di 14 anni si fece avanti: tratti tipicamente russi, lunghi capelli rosso fuoco acconciati in un severo chignon; indossava un tutù bianco con un intricato disegno di diamanti nella parte del corpetto. 
Senza proferire parola la ragazzina iniziò la coreografia nell’istante in cui partì la musica: i suoi movimenti erano eleganti, precisi e limpidi. Sembrava quasi che la ballerina stesse volteggiando in aria, tanto leggeri erano i suoi piedi sul pavimento. 
Quando la melodia si interruppe, la ragazzina si fermò nel punto dove ha iniziato; una donna dall’aspetto austero la fissava: portava un paio di occhiali da vista con una vecchia montatura allungata color grigio topo come i suoi capelli. 
Sbuffò, si tolse gli occhiali e assottigliò lo sguardo esaminando attentamente la ragazza. 
Un breve sorriso: «Benvenuta nella compagnia del Teatro Bolshoi, Natalia» 

BUT THEN I MET YOU… 

Drezna, 1991
Natalia correva per le strade innevate della città; indossava un paio di pantaloni militari multi-tasche e un giubbotto imbottito sotto il quale aveva il suo giubbotto antiproiettile: non mancava mai di metterlo. 
Diede uno sguardo dietro di sé, intercettando l’agente che la stava seguendo: i loro occhi si erano incrociati nel bar centrale. 
A Natalia era bastato un secondo per capire che lei era sua missione, a lui qualche momento in più; momenti che avevano dato alla ragazza la possibilità di uscire dalla piccola finestra del bagno. 
La ragazza si trovò davanti ad un bivio; non si era mai spinta così lontano dal centro della città. Oltre quelle rade case c’era soltanto la fredda steppa russa: il suo vantaggio era quello di essere abituata al freddo; l’agente avrebbe presto rinunciato a seguirla. 
Pensiero azzardato: sentì un sibilo dietro di lei. Si abbassò in ginocchio guardando la freccia andare a conficcarsi nel palo di legno che teneva su i due segnali stradali. Si voltò con un ghigno dipinto sulle labbra rosse osservando il suo inseguitore incoccare un’altra freccia, prendere la mira e scoccare in un battito di ciglia: ancora una volta, Natalia fu più veloce di lui. Rotolò sulla neve, si rimise in piedi con un salto e riprese a correre. 

YOU MADE ME NICE FOR A WHILE… 

Budapest, 1994
Il getto caldo della doccia aveva creato una nebbia impenetrabile: Natalia si gettò l’asciugamano addosso e socchiuse appena la porta, cercando di non fare rumore. Passò una mano sullo specchio rivelando il suo riflesso: una diciannovenne dai capelli rossi con un brutto livido sull’occhio destro, segno inconfondibile di una missione non finita nel migliore dei modi. 
Sentì dei passi leggeri avvicinarsi alla porta e si lasciò scappare un sorriso, prima di guardare il suo partner fare capolino con la testa. 
Clint era messo peggio di lei: si era ritrovato con la testa rotta, letteralmente, e una storta alla caviglia sinistra nonostante la quale riusciva ancora a camminare senza fare rumore. 
«Non sapevo che ti piacesse la sauna, Tasha» 
Cercò di trattenere un sorriso nel sentire il soprannome con il quale il ragazzo la chiamava costantemente: aveva capito la sua necessità di lasciarsi alle spalle Natalia Romanova, la prima ballerina del Teatro Bolshoi, più giovane spia ad essere addestrata dal KGB. Era stato lui a suggerirle, pochi mesi dopo il loro primo incontro, di cambiare nome. 
«Qualsiasi cosa che mi faccia dimenticare il freddo che ho preso su quel tetto è ben accetta» gli rispose lei per le rime. 
Lo sguardo di Clint le fece immediatamente capire che lui aveva qualcosa in mente… 

BUT MY DARK SIDE’S TRUE… 

Mosca, 1994 
«Natalia?» 
Natalia annuì, alzando impercettibilmente un sopracciglio: «Voglio parlare con Alexi, Sasha» disse la ragazza in russo. 
Il suo interlocutore, un trentenne biondo e muscoloso scosse la testa: «Non è a Mosca. Devi parlare con me»
La ragazza non si scompose: sapeva perfettamente che Alexi l’aveva seguita fino a Budapest per controllare la missione.
«Ho un regalo per voi»
«Un regalo è il minimo che devi offrire, per essere scomparsa per tre anni, Natalia… Gira voce che te la sia spassata con uno sporco americano» 
Nemmeno questa frase fece effetto a Natalia; sapeva di essere guardata a vista da agenti del KGB nell’istante in cui aveva messo piede in territorio ungherese: «Lui è il mio regalo. E’ uno degli agenti con il grado maggiore nello S.H.I.E.L.D.»
Sasha osservò attentamente la ragazza che aveva di fronte: Natalia sapeva che lui la stava esaminando, proprio come aveva fatto lei non appena aveva varcato la soglia dell’edificio dove si nascondevano i suoi colleghi. 
«Hai tagliato i capelli» disse infine l’uomo con un sorriso. 

Uscì e due agenti del KGB recuperarono Clint, incappucciato, dal bagagliaio della berlina nera. 
Il ragazzo oppose resistenza, scalciò e imprecò in americano. Natalia rimase impassibile di fronte a quella scena.
Arrivò davanti a Sasha che sfilò il cappuccio al ragazzo, ammirando quasi con stupore l’occhio pesto e il rivolo di sangue ormai secco all’angolo della bocca. Guardò Natalia orgoglioso: «L’hai ridotto tu così?» 
La ragazza si limitò ad annuire. 
Sasha prese Clint per un braccio, costringendolo ad alzarsi e lo sbatté malamente sull’unica sedia presente nell’enorme stanza. 
«Come si chiama?» domandò il russo senza staccare gli occhi da Clint. 
«Barton. Agente Clint Barton» 
«Capisce il russo?»
Natalia scosse la testa.
Clint si voltò verso di lei: «TASHA!» gridò, guardandola con il terrore negli occhi. 
Natalia vide il cambiamento di espressione nello sguardo del ragazzo. Clint aprì e chiuse la bocca un paio di volte. 
Fu la ragazza ad interrompere il silenzio: «Sei stato la mia prima missione sotto copertura, agente Barton» gli disse in americano.

Interminabili ore dopo, l’agente dello S.H.I.E.L.D. era inginocchiato a terra, tossendo e sputando sangue ad intermittenza. 
Sasha si pulì le mani con uno straccio sporco e alzò lo sguardo su Natalia, la quale aveva passato il tempo in un angolo ad osservare la scena completamente impassibile. 
«Uccidilo» 
L’ordine restò sospeso in aria mentre l’unico suono che si sentiva erano i passi della spia russa avvicinarsi alla nuca dell’agente Clint Barton. 
Estrasse la pistola. Tolse la sicura con un colpo preciso e la puntò alla testa dell’americano.
Il ragazzo abbassò la testa e mormorò: «Tasha… Ti prego… Natasha, io ti amo» 


IS IT WRO-WRONG THAT I THINK IT’S KINDA FUN,
WHEN I HIT YOU IN THE BACK OF THE HEAD WITH A GUN?


Istanbul, 1994 
«Era necessario, vero?» 
Clint Barton aveva in mano una borsa del ghiaccio che teneva premuta sulla sua nuca: aveva ancora un occhio nero e numerosi lividi su varie parti del corpo, ma era vivo. 
Natasha gli sorrise, seduta dirimpettaia a lui sull’aereo dello S.H.I.E.L.D. che li avrebbe riportati in America: «E’ stata la prima volta che mi hai detto ti amo. Mentre eravamo in missione e io ti stavo per sparare» 
«E’ stato un fantastico tocco finale, Tasha, ammettilo» 
«E’ stato un colpo basso, Clint» 
Fu il turno di Clint di sorridere: afferrò il polso di Natasha con la mano libera e la tirò dalla sua parte. 

I minuti passarono lenti, il silenzio era interrotto solo dalle rare comunicazioni del pilota con la torre di controllo a New York. 
Natasha era seduta con la testa di Clint sulle gambe: il ragazzo aveva gli occhi chiusi, ma non stava dormendo. 
«Clint…» mormorò Natasha, accarezzandogli i capelli. 
«Mh?» mugugnò lui, aprendo l’occhio sano e guardandola. 
Natasha fu sul punto di dire qualcosa, ma alla fine ci ripensò e scosse la testa; Clint allungò la mano e le accarezzò la guancia: «Dimmi, Tasha» disse mettendosi a sedere. 
«Non avrei dovuto colpirti con il calcio della pistola a Mosca» 
Il ragazzo annuì semplicemente: «Mi pareva di averne prese abbastanza, in effetti. Quello è stato il colpo di grazia e in più mi sono perso anche la parte più divertente» 
«Volevo solo dirti che…»
Natasha non capiva come mai doveva essere così difficile esprimere a voce quello che provava. 
Fortunatamente Clint le venne incontro, aiutandola ancora una volta: «Lo so, Tasha» 
Si avvicinò lentamente a lei e le diede un bacio. 





 
Note:
Eccomi con la prima FF nel MarvelUniverse, nonostante ne abbia ormai scritte a centinaia nel mio computer!
Solo... Niente, spero che vi sia piaciuta ed ogni recensione è ben accetta.
XX
Kristah. 
Link alla canzone: Kinda outta Luck
  
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