Fanfic su artisti musicali > The Strokes
Segui la storia  |       
Autore: Christa Mason    19/01/2015    1 recensioni
Julian Casablancas è uno studente del Le Rosey e fa tremendamente freddo quando incontra Gil.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
  Nulla di tutto quello che segue è vero, naturalmente. Julian Casablancas ha davvero frequentato un collegio in Svizzera, ma non negli anni in cui lo descrivo. Ho scritto un'altra fanfiction con il personaggio di Casablancas, la trovate nella sezione degli Arctic Monkeys in quanto narra un incontro con Alex Turner, due personaggi che amo immensamente e che sì, vorrei tanto vedere insieme. Sono anche abbastanza stupida perchè pubblico una storia in questa sezione, poco considerata perchè probabilmente gli Strokes hanno un pubblico serio che non scrive fanfiction. Non sono seria, raga. A presto!

  Mi stringo nel mio vecchio giaccone, nel tipico freddo svizzero. Sento l’odore che emana quel giaccone, era stato di mia madre prima che me lo cedesse: c’aveva visto i Rolling Stones con quel giaccone, continuava a ripeterlo, e in qualche modo ancora se ne poteva sentire l’odore. Le belle esperienze hanno sempre un odore che s’impregna nei vestiti senza mai disperdersi, e questo giaccone ha decisamente l’odore di un concerto dei Rolling Stone. C’è la mia sciarpa preferita, quella odora di un Natale a Zurigo, quando Hans, il più bel ragazzo della classe, aveva baciato me, me e nessun altra. Poi c’era il paio di jeans che avevo comprato un anno fa, quelli odorano del cibo di strada di Londra e dei pub affollati. Mi stringo nel mio giaccone perchè fa maledettamente freddo, le mie unghie si colorano d’una sfumatura azzurra, e fremo sperando che l’autobus arrivi il prima possibile. Un paio di auricolari mi isolano dal rumore del traffico, è un paio di giorni che non faccio che ascoltare Wild Is The Wind di David Bowie. Il vento della canzone è caldo e ballabile, ma è ben diverso da quello che sfreccia sulle strade e mi irrigidisce le guance. 
  Sbrigati, cazzo, maledetto autobus.
  C’è un complesso di case popolari oltre il lago, là dove d’inverno tutto è bianco e azzurro, nebbioso e asettico. Chi vive al di là del lago è invisibile, ed è lì che sto andando. Ricchi viaggiatori abitudinari passano i loro weekend a sciare, si muovono nelle loro auto di lusso, e dimenticano che c’è chi nella bella Svizzera ci vive, o almeno ci prova. Faccio tristemente parte di quelle persone invisibili, quelle che puliscono le camere degli alberghi e gli spogliatoi delle stazioni sciistiche, e che aspettano gli autobus che non arrivano. 
  Maledetta neve.
  Noto un gruppo di ragazzi che fanno gli stupidi sulla riva del lago. Li osservo senza sentire cosa si urlano. Quest’inverno ha fatto abbastanza freddo, il lago non è completamente ghiacciato, è troppo grande perchè questo accada, ma certamente una lastra di ghiaccio piuttosto spessa si è impossessata dei bordi. Quegli stupidi si sfidano a camminare sul lago, fanno uno o due passi per poi tornare indietro spaventati. No, ragazzi, qui sta già per cedere. Riconosco le sciarpe e le giacche bianche sotto i loro cappotti fin troppo eleganti: sono quegli stronzi dell’istituto Le Rosey, giovani viziati e sfacciatamente ricchi che riempiono la Rolle e le zone limitrofe durante i periodi scolastici, per poi sparire durante l’estate. 
  Uno di loro fa un passo più degli altri, stupido idiota, penso, il ghiaccio s’estende solo per un paio di metri, non di più. Non sembra curarsene. Gli altri lo incitano, David Bowie copre le loro voci e sembrano dei bambini saltellanti e muti, dei goffi ballerini che seguono un ritmo tutto loro che di certo non è quello della mia Wild Is The Wind. Sorrido finché non li vedo fermarsi. Nessuno di loro si muove più. Ci metto qualche attimo a capire che il più audace e il più stupido di loro è caduto nel lago, nell’acqua gelata che ora si starà infiltrando nei suoi calzini e rendendo i suoi piedi pesanti. Devono sbrigarsi se vogliono tirarlo fuori
  Mi alzo in piedi. Alcuni di loro sono già corsi via, hanno già messo in moto le loro belle auto parcheggiate per sparire nella nebbia. Due sono rimasti, uno s’è sdraiato urla qualcosa che non sento verso la superficie ghiacciata. Wild Is The Wind. Tolgo gli auricolari. 
  - Cazzo, cazzo… - dice quello rimasto in piedi.  - Tiralo fuori, Julian, tiralo fuori dall’acqua. Io chiamo l’ambulanza! - sembra aver preso in mano la situazione finché non lo vedo rovesciare una manciata di monete nella neve, dollari americani e franchi svizzeri. Gli tremano le mani. Prende un paio di franchi e corre verso la cabina telefonica del piazzale. Non so cosa fare. 
  - Mi serve un’ambulanza! - urla in inglese.   - No, non lo so dove cazzo siamo! - 
  - Losanna! Piazzale Ovest, alla fermata degli autobus! - gli suggerisco io.
  - Losanna. Piazzale Ovest, alla fermata degli autobus. - ripete lui con voce rotta, guardandomi. E questa da dove cazzo spunta? sembra voler dire. - No, io non lo so. Un mio amico, no non è un mio amico, è uno che conosco, è caduto nel lago. Credo si chiami Gary Simmons. - Non capisco perchè  sapere il nome di uno sfortunato individuo che è caduto stupidamente nel lago possa fare una qualche differenza per i soccorritori, ma il ragazzo al telefono lo disse come se fosse importante. 
  Julian, è riuscito nel frattempo a tirar fuori lo stupido che aveva fatto un passo di troppo avanzando sulla superficie ghiacciata del lago, tutt’altro che stabile. Sembra non farcela, è alto abbastanza ma il cappotto di Gary è impregnato d’acqua e lo rendono incredibilmente pesante. Corro verso di lui, cerco di aiutarlo a sollevarlo il corpo svenuto e dall’espressione bluastra di Gary.
  - Almeno un paio di minuti. É stato sott’acqua almeno un paio di minuti. - continua l’altro battendo colpi nervosi contro il vetro della cabina telefonica. Ai suoi piedi ancora gli spiccioli che aveva fatto cadere cercando i franchi per la telefonata. Tre minuti e trentatrè secondi. Wild is The Wild dura tre minuti e trentatrè secondi, penso io e quel Gary stupido stupido Gary, ha lottato con il freddo del lago di Ginevra per oltre tre minuti. 
  Gary ci sfugge dalle mani, è troppo pesante, cadiamo sulla neve. Julian mi osserva, E questa da dove cazzo spunta?, ha uno sguardo sicuro tradito da un paio d’occhi gonfi di terrore. Gary guarda il cielo con gli occhi socchiusi, s’intravedono le pupille bianche. Non sente Julian che urla il suo nome, che l’afferra per il cappotto, lo scuote e gli implora di svegliarsi. Le labbra di Gary hanno le stesso colore della lavanda morente che mia madre ha smesso di annaffiare sul nostro balcone. 
  Julian avvicina l’orecchio alle labbra violacee di Gary. 
  - Respira? - chiede l’altro che, conclusa la telefonata era corso verso di noi. 
  Nessuno dice niente. 
  - Julian, cazzo! Dimmi se respira! - 
  - Non lo so, non capisco. Fa’ un po’ di silenzio, Alex! - 
  Julian rimane con l’orecchio vicino alla bocca dell’amico, bluastro e immobile. Forse dovremmo togliergli i vestiti bagnati, fargli la respirazione bocca a bocca o una di quelle cose che si vedono fare di solito nei film, e io di film ne vedo parecchi, ma non oserei toccare Gary, e rimango immobile a fissare quei tre ragazzi che avrei volentieri continuato ad osservare dalla pensilina della fermata dell’autobus che nel frattempo ci supera senza fermarsi. Ho perso l’autobus.
  - Non sento niente. - conclude Julian. La sua voce sembra risuonarci nel torace come una sentenza di morte. Mi guarda senza dire una parola. Sentiamo le corpose sirene dell’ambulanza. 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > The Strokes / Vai alla pagina dell'autore: Christa Mason