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Autore: Mexperience    20/01/2015    3 recensioni
"C’era tutta una confusione attorno a me, rumori, grida, fuoco, disgrazia. Se qualcuno avesse potuto fare un viaggio nel mio cuore, però, avrebbe visto certamente che era molto più straziato di quel luogo."
Genere: Drammatico, Guerra, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Aspettami
 

La testa mi girava per la forte botta contro le ruote del carro armato, parcheggiato nel vicoletto stretto e scuro, quello più vicino ai campi e alla libertà; si era aperta una ferita profonda prima della fronte e il sangue colava incessantemente lungo tutto il profilo del viso, per poi giungere al mento e gocciolare sul mio lurido camice. Sentivo a stento i rumori, i gemiti, gli spari, persino gli occhi avevano un velo davanti. Le orecchie erano stanche di sentire quella disperazione, gli occhi esausti di vedere tanto orrore sempre e ovunque. Chissà se era davvero il colpo a fare quell’effetto o semplicemente la pazzia che aspettavo da tanto… fatto sta, che era molto meglio così, tanto non valeva la pena di essere vissuta una vita simile. Il soldato era lì di fronte a me e urlava parole incomprensibili. Si agitava tanto che quella specie di guscio che teneva sul capo, cadde nella fanghiglia di una pozzanghera e sporcò la divisa verde scuro. A quel punto, più furioso di prima, afferrò il fucile, e lo puntò dritto verso di me. La maggior parte delle persone davanti ad una tale scena avrebbe cercato di fare qualcosa, scappare, urlare, non so. So solo che io ero impassibile, freddo, lucidissimo e che mai come quella volta mi sentivo sereno. Di una serenità terrificante e piuttosto tetra, ma pur sempre serenità. Chiusi gli occhi un istante, liberai la mente da tutte le cose orrende che da tempo vivevano in essa e permisi ai ricordi di prendere il sopravvento su di me, per una volta.

Sarah era appena arrivata a casa, il suo profumo familiare si distingueva fin dall’ingresso. Teneva in mano il necessario per la cena e già si apprestava a cucinare. Le cinsi i fianchi con un braccio e la baciai, “ciao, tesoro.” Si girò di scatto, aveva uno sguardo strano, commosso, e terribilmente dolce. Lasciò tutto sul tavolo e mi abbracciò forte; “Cosa ti prende, Sarah?”, “Nulla, voglio passare un po’ di tempo con te”, rispose. Non l’avevo mai vista così, semplicemente pensai che il suo comportamento fosse dovuto alle ultime vicende della guerra, alla persecuzione degli ebrei che stava avvenendo in quei giorni, alla sua preoccupazione. Le presi il viso dolcemente e la guardai fisso negli occhi; avevano sempre quello strano effetto su di me, dopo tanti anni, sapevano trafiggermi ancora. Afferrò la mia mano e mi portò nella nostra piccola camera. Si sdraiò sul letto e mi invitò vicino a lei. Prima una carezza, poi due, un bacio e un altro, poi un altro ancora. Il suo corpo stretto al mio, le nostre anime che si scoprirono in una nuova notte: la più bella della mia vita. “Ti amo”, disse all’improvviso; “ti amo”, risposi. Un rumore ci svegliò da quel dolce sonno, uno spiffero penetrò nella stanza e due sagome si avvicinarono a noi. Sarah iniziò a singhiozzare e si strinse a me più forte che mai. Non capivo niente, o forse non volevo capire. Uno dei due staccò bruscamente mia moglie dalle mie braccia, lei iniziò a dimenarsi e a piangere, mi fissava disperatamente. L’altro mi afferrò per le braccia. “Samuele, non lasciarmi, ti prego!”, “Ci rincontreremo, tesoro, non ti preoccupare, sta’ tranquilla!” L’uomo che la trascinava uscì per primo e sparì dietro l’angolo. Quella fu l’ultima volta che la vidi. Poi, portarono via me.

Aprii gli occhi, il soldato era ancora lì, indeciso se sparare o meno. Chissà qual era la sua storia, cosa aveva passato, se era felice o meno. Ma credo che un uomo felice sia diverso, differente da quello irascibile che avevo di fronte e un po’ più simile a me, fino a pochi mesi fa. Il vento portava via le lacrime che erano scorse sul mio viso, gli occhi iniziavano a bruciare. C’era tutta una confusione attorno a me, rumori, grida, fuoco, disgrazia. Se qualcuno avesse potuto fare un viaggio nel mio cuore, però, avrebbe visto certamente che era molto più straziato di quel luogo. Solo lei avrebbe potuto fare un viaggio del genere. Chiusi gli occhi, di nuovo. La immaginai con quel vestito rosso che tanto amavo, i capelli raccolti e la collana di mia madre che le avevo regalato. “Sto arrivando, tesoro, te l’avevo promesso”, sussurrai. Il rumore di un ultimo sparo.

 

   
 
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