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Autore: Relie Diadamat    20/01/2015    8 recensioni
Arthur Pendragon ha 28 anni. Lavora nell'azienda di suo padre, insieme a sua sorella, Morgana. Da quando Merlen, una giovane tutto pepe, viene assunta come sua segretaria personale, il giovane perde la testa. S'innamorano e vanno a vivere insieme, anche se Arthur non è un tipo da coppia. Un giorno, rimane vittima di un incidente e la sua vita cambia, per sempre.
*
Siate gentili, è la prima Merthur che scrivo!
[ Settima classificata al contest I'll look after you indetto da Chloe R Pendragon sul forum di EFP]
Vincitrice del premio speciale "The Fray's Sig
Genere: Angst, Drammatico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Merlino, Principe Artù, Un po' tutti | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU | Avvertimenti: Gender Bender | Contesto: Nessuna stagione
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Note d'autrice: Salve!! Oggi sono impazzita e non lo dico solo perchè ho appena consegnato la storia o perchè già la sto pubblicando - anche se qusti sono chiari fattori di pazzia - ma perchè ho scritto una MERTHUR!
Okay... non proprio una Merthur visto che Merlin qui è una lei... ma la coppia Merlin/Arthur c'è, quindi posso stare in pace.
Chissà che ce ne siano altre...
Anyway, lasciatemi se volete i vostri pareri :)
Buona, spero, lettura!
 
MI PRENDERO’ CURA DI TE
 
Se non lo dico ora esploderò sicuramente
Mentre sto lasciando la sola che vorrei portare con me
Dimentica l'emergenza, piuttosto corri e aspetta
Il mio cuore ha cominciato a dividersi

- The Fray 
 
La casa era silenziosa. Tremendamente silenziosa.
Normalmente non avrei lasciato la luce del sole, filtrare dalle finestre, per illuminare ogni singolo oggetto, ogni singolo angolo, ogni minima sfaccettatura.
In quei giorni mi ero convinto che la luce non mi appartenesse, che non facesse parte di me.
Cammino piano verso le stanze che avevo imparato a conoscere in quei mesi, tra il divano del mercoledì sera e il tavolo da cucina graffiato. Arrivo in bagno, senza nemmeno sapere il perché. Osservo di sottecchi la doccia asciutta. Pulita come un brillante.
Poggio delicatamente una mano sul vetro freddo, chiudendo gli occhi. Il mio palmo si schiaccia contro la vetrata e mi sento pervaso da un improvviso calore. Adesso posso sentirle. Le gocce d’acqua, che calde e inesorabili scorrono lungo il suo corpo chiaro. Il vapore invade la stanza, mentre comincio ad avvertire la sua voce, ormai più matura, canticchiare, mentre si massaggia piano il cuoio capelluto.
Nero. È nero come la pece, nero come il manto piumato di un merlo.
Oh, oh, Be my baby
Ohhhhh
Oh, oh, Be my baby
I'll look after you
 
Quelle parole, intonate dalla sua voce, mi penetrano il cervello e rimbombano nel cranio. Decisa e cristallina è la sua voce, ormai da donna.
La schiuma bianca dello shampoo le ricade lungo le ciocche corvine, lisce come la seta, se non di più. Presto il bagno assume il suo stesso odore. Tutto diventa un perimetro inondato da un profumo fruttato di pesca.
Il suo preferito.
“ Ho freddo, vieni a riscaldarmi! ”
Gli occhi si riaprono.
Riscopro il bagno vuoto, senza alcun odore di pesca. I vetri non appannati, non racchiudevano una voce melodiosa. Silenzio.
C’era solo il silenzio.
Mi sposto in un’altra stanza senza neanche avvertire il movimento dei miei muscoli. Non riesco ad avvertire i passi sul parquet chiaro.
Mi ritrovo nella nostra stanza, ai piedi del letto. Il letto, quello matrimoniale, quello che lei aveva scelto e mi aveva costretto a comprare. Io lo odiavo.
Era fin troppo stretto per due persone.
“ Asino! Così possiamo restare vicinissimi, anche durante la notte! È romantico! ”
Soffocante. Ecco come le risposi. Non era romantico, era soffocante. O almeno così credevo.
Mi sporgo piano verso lo specchio, fissato contro il muro, ampio quasi quanto una tivù al plasma di quaranta pollici.
Intravedo una ciocca scura fluttuare nell’aria, mentre una risata cristallina riempie tutta la stanza.
“Oggi ho fatto tardi a lavoro. Quella vipera di Morgana se l’è presa con me, penso che mi odi. ”
Cerco di avvicinarmi, ma lei scompare di nuovo. Si smaterializza davanti ai miei occhi.
Non fa rumore mentre scompare, non emette suoni quando non è in mia presenza. Si manifesta solo avendomi accanto.
“ Ho cucinato il tuo piatto preferito. ”
Mi parla ancora. Questa volta la voce proviene dalla cucina.
Guardo le pareti della stanza incerto. Quella è casa mia. Quella è casa nostra.
Raggiungo più rapido che posso la cucina. Cavolo, sembra un tunnel senza fine. Aria, ho bisogno di aria. Improvvisamente me la sento mancare.
La sua voce cristallina ricomincia a chiamarmi, quasi a volermi svegliare da un sogno. Ma io non sto sognando. È lei ad essere troppo distante.
La sento vicina, eppure non posso raggiungerla.
È così che va avanti, almeno da tre mesi a questa parte.
Divento sordo di colpo.
La sua voce si spegne, la luce del sole viene inghiottita dal buio. Le pareti della casa tremano ed io rimango in piedi, mentre i muri crollano, senza far rumore. Mi sento come il protagonista di un film muto. Il silenzio è troppo, diventa assordante.
Ho bisogno di rumore.
Ho bisogno della sua voce.
«Dove sei?» chiedo preoccupato, accecato dal buio e reso sordo dall’assenza di suono.
Prego che tu mi risponda.
Mi sento annegare.
Mi sento solo.
Sono svuotato.
 
*
 
Ho riaperto gli occhi a malapena, riscoprendo il tocco della sua mano sulla mia guancia. Mi sta carezzando il viso, mentre sento di avere la mia nuca contro il suo grembo.
È così appagante questa sensazione, che vorrei non finisse mai.
Mi scosta delicatamente i capelli dal volto, come solo la sua mano sa fare. Morbida, calda e delicata. La sua mano è tutto per me.
Non mi serve più quel tocco angelico, adesso ho bisogno di sentirla reale. Ho bisogno di sentire il suo respiro sulla mia pelle. Ho bisogno di sbatterle la testa contro il mio petto.
Ho bisogno che ascolti i battiti ritmici del mio cuore.
Ho bisogno di lei.
Allungo a vuoto la mia mano, nel tentativo di sfiorarle la guancia, ma il palmo tocca il nulla. Aria.
Dio, sto impazzendo!
Ridatemi il suo corpo, se volete tenetevi la vista. Anche un cieco rimarrebbe abbagliato dal suo splendore. Lei è la stella più luminosa del firmamento, caduta sulla terra per portare la luce a chi vive nell’oscurità.
Ridatemela vi prego.
Vedo tutto nero, ho bisogno della sua luce.
 
*
 
Stamattina sono uscito.
Londra è uggiosa anche oggi. Niente sole. Niente luce. Sono destinato ad un’oscurità perenne.
Sono nella metro, seduto accanto ad un anziano sull’ottantina e una diciannovenne. Dio, se le somiglia! Per un attimo sono tentato nello sfilarle il cellulare delle mani e avvinghiarmi su di lei, togliendole vestiti, fiato, tutto da dosso.
La mia mente ritorna lucida. Quella diciannovenne non è Merlen.
Non ha occhi di topazio, azzurri come il cielo.
La sua pelle non odora di pesca. Forse le sue labbra non hanno neanche il sapore del miele.
I suoi movimenti non sono grossolani come il mio corvo. Non ha lo stesso sguardo sognante della mia confidente intima.
Intima, nel senso più puro della parola.
Era una confidente di corpo. Una confidente di piaceri e dolori. Era una confidente intima dell’anima.
La mia vita senza di lei, era un cielo senza stelle. Scuro, senza bellezza.
La verità è che io la sento.
È qui anche se non la vedo.
La sento anche se non posso toccarla.
Siamo due metà da ricongiungere, due corpi da incastonare. Siamo quell’incastro che tutti cercano, quelli che tutti chiamano perfetto.
Non riesco più a comprendere dove finisca la mia vita ed inizino i suoi ricordi.
Sospiro, scrollandomi i pensieri da dosso, ma non serve a niente.
Merlen non è nella mia mente. Merlen non è nel mio cuore.
Merlen si è insinuata nella mia pelle. Si è attaccata alle pareti del mio stomaco, è scivolata sui polmoni, poi è penetrata nelle mie ossa.
È lì che abita Merlen. Nelle mie ossa.
Scendo dalla metro delle otto, l’aria mi punge il viso o è solo impressione?
Non so rispondermi.
Tutto il mondo ha smesso di esistere da quando lei mi è stata portata via. Fanculo mondo, tieniti pure i tuoi profumi, i tuoi rumori ed i tuoi colori. Io mi tengo il mio angolo di paradiso.
 
*
 
Passano i giorni, Merlen viene a trovarmi più spesso.
Oggi ha cucinato il suo, di piatto preferito, prima di dissolversi. Porto il cibo alla bocca, tentando di addentarlo. Non so spiegare il gusto che abbia, ma deve essere buono.
Merlen è sempre stata brava in cucina, sicuramente molto più che con le pulizie domestiche.
Quando lei scompare i miei giorni diventano cupi.
Mi sento triste e solo.
Mi manca. Prego che torni da me, il prima possibile.
Necessito della sua voce, l’aria mi è inutile per la sopravvivenza.
 
*
 
Stanotte è apparsa nell’altra metà del letto.
Ne ho riconosciuto l’odore e il ritmico e lento respirare. Sentivo addosso il suo respiro e non ebbi bisogno di aprire gli occhi.
Mi bastava essere cullato dal suo fiato, dal suo respiro.
Era lì, accanto a me.
Il filo rosso non si era ancora spezzato.
*
 
Oggi era triste.
Non ha parlato un granché. È apparsa solo una volta, seduta sul divano, col le braccia conserte ed il viso imbronciato. I capelli di seta le ricadevano lungo il corpo snello ed asciutto.
“ So che mi puoi sentire, rispondimi! ”
L’avrei fatto Merlen. Ti avrei risposto con un bacio, ma tu sei come l’aria. Sei indispensabile per la mia sopravvivenza, sei sempre presente nella mia vita, eppure non ti vedo.
Ti prego Merlen, smetti di essere aria, torna ad essere luce.
Torna ad essere un corvo, io tornerò ad essere un asino.
Continua a parlarmi senza fermarti, senza dirmi qualcosa in particolare. Avverto la tua voce e mi rassicuro. Se ci sei, va tutto bene.
Anche all’Inferno.
 
*
 
Ormai vivo di piccoli stracci del suo amore.
Mi aggrappo ai brandelli della sua essenza, per non sprofondare nell’oblio.
Ho imparato a coesistere con questo mondo vuoto, spento e immobile. Sembra di aver messo STOP alla mia vita, mentre il tasto PLAY non è tra le mie mani. Anche se volessi non posso premerlo.
All’inizio avevo paura. Tanta paura.
Poi Merlen è tornata. Resta più spesso a casa e scompare di meno. La sua voce adesso conserva il suo timbro normale.
Oggi è mercoledì, il giorno della nostra maratona di film.
Dalla stanza filtra un po’ di luce, il suo volto mi è difficile da cogliere nella penombra. Non serve, lo ricordo a memoria.
Ha le labbra rosa, delicate come petali. Non ama sporcarle di trucco, Merlen preferisce averle così, naturali. È furba lei, sa che odio il trucco e non lo voglio sulla mia faccia.
Tanto le avrei accettate lo stesso, le sue labbra. Da lei mi sarei fatto sporcare volentieri, tutte le volte che l’avesse desiderato.
Si è sdraiata sul divano, al mio fianco. Posso sentirne l’odore di pesca, quello che fuoriesce dai mille fili corvini, lisci come la seta, se non di più. Me lo sento addosso e la cosa non mi dispiace.
Inizia a parlarmi, mentre io cerco di catturare con la mente il movimento delle sue labbra.
“Non ho voglia di vedere un film stasera. Voglio solo restare qui con te. ”
Sorrido, riscoprendomi dello stesso avviso. Finalmente riesco a muovermi e le stampo un bacio sulla nuca.
“Mi manchi Arthur. ”
Le sento dire ancora. La voce è rotta da un singhiozzo. Posso avvertire una lacrima scenderle dal viso. Non la vedo, ma sento che è scesa dall’occhio destro.
“Mi manchi e non so cosa fare. ”
Scoppia in un pianto soffocato da ritmici singhiozzi.
Perché piangi, vorrei chiederle. Ma qualcosa mi trattiene.
Non riesco a sentirla così triste, non riesco a saperla spezzata dal dolore. Mi ferisce.
Se lei è infelice, allora sono infelice anch’io.
Se qualcuno le fa del male, fa del male anche a me.
Siamo due facce della stessa medaglia. Siamo due corpi della stessa anima. Siamo due nomi in un solo destino.
Cerco di consolarla con la mia sola presenza, cerco di toccarla, ma diventa aria.
Cristo, sto iniziando ad odiarla, quest’aria!
Non mi serve a niente.
Sento che sto impazzendo. Sto crollando in mille pezzi.
Ho bisogno di Merlen, l’aria non riesce a tenermi vivo, mi toglie solo il fiato.
Quando saprò come fare, giuro Merlen, ti porterò via di qua. Ti bacerò con foga, togliendoti il respiro. Quest’aria deve sparire. Deve andare via. Ti rivoglio al mio fianco e non nella mia testa.
 
*
 
Sono passati quattro mesi.
Mi ha svegliato l’odore del caffè. Sono disteso nel nostro letto e ho paura di aprire gli occhi. Paura che, una volta aperti, tutto scompaia. Mi accorgo che non posso restare così in eterno.
Mi faccio forza, scendo dal letto e mi dirigo verso la cucina.
Oggi c’è tanto sole. La stanza è illuminata dai suoi raggi potenti. Batte forte sui mobili in legno, creando una colorazione che richiama il caldo. L’odore di caffè non se n’è andato.
Questa volta non mi sembra solo un sogno, o forse non mi sono ancora svegliato?
Oh, oh, Be my baby
Ohhhhh
Oh, oh, Be my baby
I'll look after you
      
       Questa è la voce ovattata di Merlen. Le piace cantare quando c’è il sole, la rende allegra senza motivo. È sempre sorridente, ma con la luce del sole, il suo sorriso sembra più luminoso del solito. Se mai dovessi descrivere Merlen in una sola parola, quella sarebbe ‘sole’.
Brilla di luce propria, illuminando tutto al suo passaggio. Tutte le cose, colpite dalla sua luce, acquistano bellezza e calore. Calda, Merlen è calda come il sole cocente nel deserto.
Amo il suo caldo.
Senza sole non c’è vita, così come senza Merlen tutto cessa di essere. Lei è il sole ed io sono la Terra. Merlen è il mio punto fisso e tutto il mio mondo gira intorno a lei.
Merlen è tante cose, tutte messe insieme. È forte. Non conosco né donna, né uomo con la sua stessa resistenza d’animo. Mi è sempre stata vicina. Si è presa il peggio di me e non l’ha mai rinfacciato. Ha amato anche quello, senza mai chiedere nulla in cambio.
Si è presa cura di me, come nessun altro in tutta la mia vita avesse mai fatto. Ed io l’amo.
L’amo per questo. L’amo senza sapere perché.
L’amo. So solo questo.
Quel giorno abbiamo fatto colazione insieme.
Lei mi ha raccontato della sua giornata, di come mia sorella l’abbia assillata, di quante scartoffie gli abbia propinato. Mi ha parlato di Gwen, la nostra cagnolona sterile. Mi ha detto che non è più la stessa. Le manco, ha aggiunto alla fine.
Manca anche a me. Non capisco perché da qui non la possa avere.
Merlen mi ha confessato che passa molta parte del giorno a guardare fuori dalla finestra. Scodinzola speranzosa, gettandosi alla soglia della porta ogni volta che viene aperta, nella speranza di rivedermi. Ma non accade mai. Triste e abbattuta, lascia un mugolio di saluto alla sua padrona e torna alla finestra.
Tornerò anche da lei, lo giuro. Fosse anche l’ultima cosa che faccio!
Aprirò la porta e sentirò il peso del suo corpo sul mio. Le strofinerò energico il suo manto macchiato, variopinto da pennellate di castano, nero e bianco. L’abbraccerò forte, mentre le sue zampe si avvolgeranno al mio collo. Metterò da parte anche la sua scappatella con quel randagio, adottato infine da mia sorella, anche se il nome mi sfugge al momento. Sento che a che fare con un lancio e la matematica…
Ritornerò anche da lei, considerandola più spesso rispetto a prima.
Come dice qualcuno, di sicuramente noto, a volte basta sentire l’assenza di qualcuno per capirne l’importanza.
Io sto vivendo in completa assenza di tutto. Assenza di profumo, assenza di suono, assenza di luce. So che tutto ciò che vedo e sento è solo frutto della mia mente.
Il mio nome è Arthur Pendragon, ho 28 anni e sono in coma. Da quattro mesi.
 
*
 
C’è chi dice che ce la farò, c’è chi dice che rimarrò stabile per sempre e c’è addirittura chi pensa al peggio. Mia sorella, Morgana, quando il lavoro nella nostra azienda di famiglia non è troppo opprimente, mi viene a trovare.
Non mi parla. Mai.
Dà per scontato che io non possa sentirla. Lei rientra nella categoria delle persone che pensano che io non ce la farò.
Viene a trovarmi per semplice formalità. Da quando ha messo piede nell’azienda di nostro padre non è più la stessa. Non ha ancora trovato marito, in quanto ritiene l’amore una stupida distrazione alla sua costruzione affaristica. Ambiziosa e catapultata nella carriera, Morgana ha chiuso il cuore ai sentimenti.
Tempo fa avrei accolto la sua idea, magari condividendola, ma poi è arrivata Merlen.
Voleva essere assunta a tutti i costi. Continuava a ripetere che aveva bisogno di un lavoro e che lei era all’altezza di tutto. In realtà ha anche aggiunto “Sicuramente sono molto più qualificata di un viziato raccomandato” alludendo chiaramente a me.
Odiavo la sua lingua lunga, ma è stata proprio quella a farmi innamorare di lei. Accettai – volente o nolente – la sua assunzione nell’azienda di famiglia da parte di mio padre, come mia assistente personale.
La sua devozione al suo lavoro erano commoventi. Non avevo mai conosciuto, prima d’ora, una persona che desse tutta se stessa, anche il cuore in un compito che riguardasse, principalmente, me.
Me ne innamorai come le foglie cambiano colore d’autunno, o come la neve che in una sola notte imbianca intere distese di terra.
Me ne innamorai senza sapere come. Me ne innamorai. Sapevo solo questo.
I suoi occhi di topazio azzurro, scrutavano la mia anima, ne leggevano ogni minima sfaccettatura. Il suo sorriso mi migliorava la giornata e, inconsapevolmente, finì per migliorarmi la vita.
Merlen, finì per migliorare me. Non fui io, a darle la parte migliore di me, ma fu lei che con la sua costanza e con la sua semplice essenza riuscì a tirare fuori il meglio di me.
Non so come ma ci riuscì.
Merlen è per me una madre che non invecchia. È il mare che osservo quando sono immerso nei miei pensieri. Merlen è per me tutto e al contempo niente.
Merlen è aria. Prima era luce.
Merlen è un libro indecifrabile, una storia senza fine, una canzone senza sottotitoli, ma piace. A me piace. Adoro la sua melodia, le sue righe emblematiche, la sua storia contorta. L’adoro perché ormai fa parte di me, perché siamo un’unica cosa.
 
*
 
Sei mesi, tredici giorni, due ore e quarantaquattro secondi.
Non ho cognizione del tempo, ma sento che è così. Sento che è esattamente quello, il tempo che è passato nell’altro mondo, quello reale. Quello pieno di suoni, di colori e di odori. Il mondo vero, quello in movimento. Quello dove la luce del sole ti colpisce e ti riscalda. Quel mondo, pieno di Merlen.
È arrivata anche oggi nella mia stanza.
Ne sento il profumo di pesca. Si guarda intorno, cercando di cogliere qualcosa nell’aria, ma la sento bloccarsi alla macchina che mi tiene in vita.
Deglutisce, prende aria respirando pesantemente con la bocca, poi mi si avvicina.
Sento che soffre. Non posso vederla, ma posso ricordarla. So che Merlen è a pezzi, so di essere io la causa del suo dolore, ma so anche che non me lo farebbe mai capire.
Scusa Merlen, ormai conosco anche i tuoi silenzi.
Oggi è scossa, ma tiene il respiro calmo, quanto può.
Smettila Merlen, smettila all’istante di fingere. Sii te stessa in quest’angolo di mondo. Sii te stessa almeno qui dentro. Sii te stessa almeno con me.
Sento la mia mano che mi stringe, non avverto il contatto, ma so che è così. Inizia a parlare della sua giornata, oggi non l’è piaciuta. Dice che i clacson delle macchine fanno troppo rumore, che il cielo è troppo cupo, che l’odore del cibo sta diventando nauseante.
Ad un certo punto la sua voce si rompe, ed inizia quasi a sussurrare «Stamattina mi sei mancato più del solito. Ho trovato quel vasetto di marmellata che ti avevo nascosto, perché ne eri ingordo. Adesso sono io a mangiare solo marmellata.» una breve pausa segue un respiro irregolare, dovuto dal groppo che le si è formato in gola «Ho quasi finito la riserva, quindi ne dovrò comprarne altri barattoli. Lo so che mi ammazzerai se non la trovi in casa.» scoppia a piangere, mentre stringe più forte la mia mano «Torna da me, ti prego Arthur. Torna a casa con me.»
L’unica risposta che riceve è lo stesso pulsare della macchina che mi tiene in vita e sento il suo cuore piegarsi. Non è spezzato, perché sa di non avermi ancora perso, ma si è piegato e le duole da morire.
I medici sono degli incompetenti. Pensano che quella macchina mi tenga in vita, ma sono solo stronzate. È Merlen a tenermi in vita ed è lei stessa ad uccidermi col suo pianto.
Ogni suo singhiozzo è una lama dritta nel petto.
Mi ha ferito. Non so dove. So solo che l’ha fatto.
 
*
 
Il tempo passa, scorre inesorabile.
Sono passati trecentosessantacinque giorni, un mese, due ore e sei secondi.
I secondi li invento, le ore le immagino, il resto del tempo lo sento dai medici, quelli che hanno perso ogni speranza. Quasi tutti l’hanno persa.
Mia sorella l’ha persa. Ormai neanche viene più a trovarmi.
Mio padre l’ha persa, mi ha già dato per morto dall’incidente, piangendomi come se fosse il mio funerale.
I miei amici si sono rassegnati.
L’unica ad aspettarmi è Merlen. Lei non ha ancora perso le speranze.
Ogni giorno la sento entrare dalla porta e restarmi accanto per tutto il tempo. Penso abbia perso il lavoro, dato che neanche me ne parla più, anche se so che non è così.
Le cose si rimetteranno a posto. Ritornerò al suo fianco e ce ne andremo via.
La porterò lontano e vivremo in campagna, come lei ha sempre desiderato. Le donerò la vita semplice che aveva sempre desiderato. La renderò regina in una casa umile, principessa in una serata d’amore, serva del mio cuore.
Come ogni giorno, prende posto accanto al letto e mi stringe la mano, cominciando a raccontarmi della sua giornata «Oggi è stata una giornata snervante. Gwen ha di nuovo preso la fissa per Lancillotto, da non credere! Meno male che è sterile, se no…»
L’ascolto ridere per me, poi riprende pacata «Dovresti vederla…»
Può sembrare sana, può sembrare non ferita da nessuna cicatrice, ma il dolore è presente nel suo corpo. Posso avvertirlo. È lo stesso che mi corre del sangue e che avverto nelle ossa.
È dolorante, ma sorride. È ricoperta da mille lividi, ma tenta di nasconderli.
Ma con me, Merlen resta Merlen. Diventa se stessa, senza alcuna maschera e dopo nemmeno qualche secondo crolla, senza opporre resistenza «Mi dispiace. Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace.» ripete all’infinito, fin quando i suoi occhi non si inondano di nuove lacrime «Avrei voluto prendermi cura di te ed invece non riesco neanche a svegliarti. Ogni giorno, la mia vita senza di te diventa sempre più simile al nulla. Mi sento svuotata di ogni pezzo della mia anima. Mi sento portata al limite, stretta alla gola. Mi sento come se il mondo volesse vedere fino a che punto possa resistere. Cerco di non crollare, ma casa nostra è diventato un luogo così freddo da quando non ci sei. Così vengo qui e l’unica cosa che so fare è piangere. Volevo darti il mio sostegno, farti sapere che ci sono ed invece, so solo piangere.» cerca di riasciugarsi le lacrime, e trattenere le lacrime, adesso ha una voce distante «Sai, a volte mi chiedo tu dove sia. Se stai ancora ridendo insieme ad un’altra Merlen, se hai già imparato a giocare con un’altra Gwen. Cerco di immaginarti in un prato infinito, verde e con mille fiori. T’immagino disteso sull’erba, con un dente di leone tra le labbra… cerco di focalizzarmi sulle rughe distese della tua faccia, mentre piano ti appisoli. È lì che allora, sogno di gettarmi al tuo fianco, urlandoti di alzarti. Tu, allora ti rigiri dal mio lato e mi sorridi dicendomi “Non stavo dormendo, ti stavo aspettando.”» la voce si rompe di nuovo, mentre sento i miei muscoli vibrare. Lei ricomincia a piangere e stavolta so, forse, che il suo cuore sta iniziando a spezzarsi.
Voglio aprire gli occhi. La devo vedere. La devo toccare.
Devo baciarla, devo stringerla.
È qui, vicino a me e non posso raggiungerla.
Sto iniziando ad odiare tutto questo. Devo riaverla.
Le mi sta ancora aspettando, ed io non posso deluderla.
 
*
 
Sono passati due anni.
Mio padre è impazzito. Mia sorella è diventata sadica, col cuore impietrito.
Hanno deciso di staccare i fili della macchina, costringendomi all’oblio.
Merlen piangeva disperata, ringhiando contro tutti di fermarsi, dicendo che mi sto per svegliare.
Non ha ancora perso la speranza, mentre ormai tutti l’hanno già fatto da tempo.
I medici non le danno retta e la incatenando con le loro braccia, impedendole di fare gesti insensati.
Un uomo col camice bianco mi si avvicina. Ho paura. So quello che sta per fare.
Non ho paura di morire, di quello non me ne frega. Ho paura di lasciare Merlen da sola. Ho paura di quello che potrebbe fare, quando io non ci sarò.
Piange, urla, si dispera.
Ma nessuno l’ascolta.
Nessuno le crede.
Pochi secondi. Posso ancora svegliarmi.
Devo aprire questi dannatissimi occhi. Ce la posso fare.
Sento le palpebre pesanti, ma posso muoverle, sento di potercela fare.
Posso farcela.
Tra qualche minuto rivedrò la luce del sole. Il mio sole, quello che mi sveglia tutte le mattine e che ha gli occhi di topazio azzurro. Il sole dalle labbra rosa, delicate come petali.
Il sole che profuma di pesca. Il sole, che mi ricanta ancora la nostra canzone. Riesco a sentirla…
«Arthur…»

*
 
Riapro gli occhi.
Qui c’è tanta luce. C’è sempre odore di pesca e il sole risplende anche di notte. Ci sono molte rose in giro, quasi tutte di colori pallidi.
Sono in un campo verde. È immenso ed intorno non c’è niente, solo un cielo azzurro a fargli da tetto.
Sento abbagliare da lontano e mi volto sorridente. Gwen mi raggiunge e si getta tra le mie braccia, mentre io le carezzo energico il pelo. La sento piangere di gioia, mentre la sua coda come impazzita, dondola da una parte all’altra.
Iniziò a correre, e solo allora mi accorgo di avere i piedi nudi. Mi volto spesso indietro, a vedere se la mia cagnolona mi stia seguendo e mi rendo conto che è così.
Corro verso l’infinito e lei non si stanca, e per una mezz’ora nemmeno io. Quando il mio fiato si fa corto, stramazzo al suolo, aprendo le braccia sul manto verde e fresco.
Fisso gli occhi al cielo, mentre rido come un bambino. Cado nella tentazione di portarmi un dente di leone alla bocca, tenendolo tra le labbra.
Le palpebre si chiudono in automatico ed il vento comincia ad accarezzarmi la pelle.
«Svegliati!»
La voce di Merlen mi scuote dal mio attimo di pace, mentre sento le sue labbra impresse sulla guancia sinistra.
Apro gli occhi e mi rigiro verso il suo lato. Le sorrido dicendole “Non stavo dormendo. Aspettavo te.”
È tutto perfetto.
La riprendo a baciare con foga, togliendole il respiro.
La domino e lei mi lascia fare, certa che quello fosse il suo ruolo. A me non importa. I nostri corpi sono fatti per essere incastonati, qualunque sia la posizione.
La sento sorridere nel bacio, un attimo prima che diventi tutto buio.
La macchina che mi teneva in vita è stata spenta.
Tutto ha perso luce.
Tutto è diventato muto.
Non riesco più a sentire il pianto strozzato di Merlen, accasciata sul mio corpo. Non riesco più a sentirne l’odore di pesca, non riesco più a vederne la sua luce.
Le sue labbra non mi toccano più.
Il suo corpo chiaro è diventato aria.
Sono lontano.
La Terra ha smesso di girare intorno al suo sole.
Non sento più niente.
So solo di essere leggero.
So solo di averla persa.
Adesso tutto a ripreso luce.
Sento il cuore palpitare nel mio petto.
Io e Merlen siamo due facce della stessa medaglia. Mi sono solo ricongiunto a lei.
Sono proprio qui. Dentro di lei, nel suo cuore.
Da qui non ci uscirò più.
Sono contento.
Adesso, finalmente, sarò io a prendermi cura di lei.
 
   
 
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