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Autore: Vodia    24/11/2008    2 recensioni
Versione AU del “Kakashi Gaiden”, con in più alcune mie personali opinioni, su quanto è successo dopo (e che, naturalmente, si sono rivelate sbagliate)...
ATTENZIONE: strettamente aderente alla storia originale.
Accetto qualsiasi tipo di commento, perciò non trattenetevi dal commentare!
11^ (penultima) classificata al concorso “[ Naruto – Alternative Universe Special ] – Scegli dove ambientare la tua FanFiction!” proposto da DarkRose86, per il quale è stata scritta.
16^ (quartultima) classificata al concorso “Di universi alternativi e storie edite” indetto da ro-chan e superkiki92.
Partecipa alla challenge "D’infiniti mondi e AU" organizzata da AleDic sul forum di EFP.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Kakashi, Hatake, Obito, Uchiha, Rin, Rin, Nohara | Coppie: Obito/Rin
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Nessun contesto
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È mattina presto. Un uomo sui trentacinque anni, alto, capelli biondo platino, un occhio bendato e l’altro nero, scende dall’auto dopo averla parcheggiata vicino a un lampione... e si abbandona ai suoi pensieri.

***

Ormai, torno qui tutti i giorni. Qui, sotto questo lampione, dove tu hai perso la vita. Tu, mio fratello, il mio migliore amico. Rimpiango di non averlo capito allora. Ma ero cieco. Troppo cieco nella mia arroganza. Talmente cieco da provocare la tua morte, senza volerlo... e questo non me lo perdonerò mai, finché avrò vita.

Ti ricordi? Eravamo cresciuti insieme, per strada, io, te e Rin. Tutti e tre provenienti da famiglie in vista della nostra città, eppure soli e abbandonati a noi stessi. Io ero orfano dall’età di tre anni. Tu eri sempre stato rifiutato dai tuoi, che ti volevano migliore (come se fosse stato possibile... tuttavia me ne rendo conto solo adesso). E Rin era figlia di medici pieni d’impegni, i quali non riuscivano mai ad avere tempo per lei... letteralmente. E così ci siamo sempre fatti compagnia a vicenda, sin dal nostro primo incontro, due anni dopo la morte di mio padre. Un poliziotto spinto al suicidio dal disprezzo dei suoi stessi colleghi, perché – pur di salvare i propri compagni – aveva mandato all’aria una grossa operazione. Per questo io mi ero ripromesso che non avrei mai ceduto ai sentimenti, né dato la priorità alla salvezza dei compagni rispetto all’obiettivo da portare a termine.

Ciò nonostante la nostra squadra funzionava bene, in quanto ci completavamo a vicenda. Io ero il capo, freddo e calcolatore, spesso ti facevo irritare ma qualunque impresa che io intraprendessi la portavo a termine con successo. Tu eri un ragazzino dal cuore d’oro, allegro, impulsivo e anche un po’ stupido... mi hai sempre considerato il tuo rivale, perché ero più forte di te e ti trattavo con disprezzo... ed effettivamente non ti ho mai considerato come un mio pari, pensavo che tu fossi troppo debole ed emotivo, a malapena adatto a sopravvivere... anzi, forse nemmeno quello. E Rin... lei era bella e gentile. Semplice, forse troppo. Sempre lì a cercare di farci smettere di litigare, oppure a curare le nostre ferite... in fondo eravamo i teppisti più noti del quartiere. Tu l’amavi. A lei piaceva il sottoscritto. Mentre io... io non me la filavo nemmeno. Non volevo più avere legami, per non dover soffrire di nuovo. Oh, quanto mi sbagliavo... ma la cosa peggiore è che non lo sapevo.

Crescendo, niente è cambiato fra di noi. Diventammo poliziotti, tutti e tre... Rin si era laureata in medicina, quindi faceva pure il medico legale. Io sempre fissato con le regole, tu sempre indisciplinato, lei sempre pacificatrice.  

Poi... accadde la tragedia. Dovevamo catturare quella banda di criminali...  ma nel corso dell’operazione, a causa di una banale svista, Rin fu rapita. Quando venimmo a sapere cosa le era successo, nel modo più brutale («Lasciateci andare, se no le capiterà qualcosa di molto brutto»), nessuno di noi due era disposto a cedere. Tu però volevi andare subito a salvarla... mentre io volevo dare la priorità al compimento dell’operazione: con un po’ di fortuna, saremmo riusciti anche a salvarla. Questo ti dissi. Ma non hai voluto ascoltarmi. Mi sbattesti in faccia la mia freddezza, la mia indifferenza... mi dicesti che chi abbandona i compagni per raggiungere i propri obiettivi, è inferiore alla spazzatura. Non cercai di fermarti. Non ci sarei mai riuscito... ma la verità è che non volevo farlo. Fu allora che compresi. Compresi che tu avevi perfettamente ragione, che i compagni vengono prima di tutto... e che a volte bisogna seguire il cuore, per non avere rimpianti o – peggio – rimorsi. Non eri stupido come credevo... anzi, valevi dieci volte più di me. Ma questo lo capii troppo tardi... decisamente troppo tardi per non dover pagare il prezzo della mia indifferenza. Un prezzo che fu incredibilmente alto... troppo alto per uno che, come me, cercava solo di evitare altra sofferenza.

Il prezzo da pagare fu la tua vita... Come ho potuto essere così stupido?! COME?! OH KAMI-SAMA! Ero venuto ad aiutarti, avevo pure dato in cambio uno dei miei occhi... Però uno di quei bastardi fece scoppiare una bomba, provocando il crollo di un albero molto grosso... sarei stato travolto se non mi avessi spinto via... però lì sotto ci sei rimasto tu, e questo non è giusto! NON È ASSOLUTAMENTE GIUSTO! Io... ti avevo sempre trattato malissimo, e tu invece... hai salvato la mia vita, pagando con la tua... Perché, poi?! PERCHÉ?! TU meritavi di sopravvivere a quell’esplosione... non certo io! Senza contare che io non avevo minimamente compreso di aver sempre avuto al mio fianco un vero amico... MA SI PUÒ ESSERE PIÙ STUPIDI DI COSÌ?!  

Come ultimo desiderio hai voluto che ti promettessi che avrei avuto cura di Rin, sempre e comunque. Promessa che sono riuscito a mantenere, sia pure a prezzo di grandi sacrifici... me ne sono perfino innamorato, pur di riuscire a prendermi cura di lei come si deve. Non che io l’abbia mai avuta. Non la meritavo... non certo dopo che l’avevo trattata in quel modo. Tuttavia lei non è più qui, qualche anno fa una brutta malattia se l’è portata via... nemmeno Tsunade, il miglior medico del Paese, è riuscita a salvarle la vita* . Obito, Rin, mi mancate così tanto... al punto che a volte (molte volte, a dire il vero) non riesco a capire come faccio a sopportarlo. Tuttavia ho giurato a me stesso e sulla vostra memoria che mai avrei reagito come papà... quindi non mi rimane altra scelta che andare avanti.  

In questi dieci anni sono cambiato parecchio, finendo con l’assomigliarti... ho giurato che una simile tragedia non si sarebbe mai ripetuta. Mai. E lo sa tutto il resto della polizia, che io non mi faccio scrupoli ad infrangere le regole, se necessario per salvare una vita, quali che debbano esserne le conseguenze... e che dunque non riuscirebbero a farmi fare la fine di mio padre.

***

L’uomo sente la radiotrasmittente suonare dentro l’auto.  Sospira: deve tornare al lavoro, anche se preferirebbe rimanere dov’è... ma poi sorride: ancora una volta sarebbe arrivato in ritardo, come succedeva sempre quando andava a trovare il suo amico.

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* Mia opinione personale circa quanto è successo dopo il “Kakashi Gaiden”... potrei benissimo sbagliarmi...

   
 
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