Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: someeonelikeu    21/01/2015    8 recensioni
«Prima dimmi come ti chiami.»
Il ragazzo fece per estrarre una sigaretta dal pacchetto, ma una mano lo fermò.
Una voce maschile, con un accento norvegese ben nascosto, seguì il gesto immediatamente.
Cassiope sbatté la palpebre, realizzando poco dopo che il ragazzo stava parlando con lei e non con la sua amica riccia.
Genere: Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Just a stranger on a bus


L’aria di Oslo era fredda, sicuramente più fredda di quella che poteva esserci in Italia il 5 di agosto. 
Cassiope si chiuse la giacca e Melissa, che era uscita con gli shorts, la invidiò per essere stata più previdente di lei; anche se era sempre così.
Quando davanti agli occhi delle due ragazze comparve la  Stazione di Oslo, allora entrambe capirono di aver sbagliato direzione.
«È la seconda volta che passiamo di qui.»  Disse Melissa, sbuffando e portandosi dietro l’orecchie un ciuffo di capelli ricci e rossi che le ricadeva davanti agli occhi.  
Cassiope estrasse dalla borsa la cartina della città e la guardò ancora una volta,  rendendosi conto di non sapere in che direzione andare.
Si strinse nelle spalle, guardando a destra, dove riconobbe  l’ “Operahuset “, il teatro del Balletto di Oslo.
Essendo figlia di due architetti, la ragazza castana aveva sempre avuto una passione per gli edifici moderni.
Senza ascoltare le lamentele dell’amica, Cassiope estrasse la macchina fotografica per  scattare una foto alla grande vetrata del teatro che dava sul mare.
Era la seconda volta che passavano per quella strada, ma non si era mai  fermata ad osservare cosa ci fosse. 
Scattò tre foto di cui una con il cellulare, pensando che l’avrebbe potuta mandare ai genitori che ne sarebbero stati felici.
Un tocco di dita sulla sua spalla destra la costrinse a girarsi.
«Ho voglia di una sigaretta, perché non ne chiediamo una a quei ragazzi in fondo?»
La bruna seguì con gli occhi il punto indicato dall’amica e riconobbe un cerchio di tre ragazzi, biondi come tutti gli abitanti della città, che stavano per accendersi una sigaretta; tutti tranne uno.
Cassiope sapeva che con il “chiediamo”, Melissa intendeva che lo chiedesse lei, dato che a differenza sua,  l’amica non aveva un inglese fluente e arrivava a dire le cose basilari, sbagliando anche, ogni tanto.
La ragazza scosse la tesa, facendo leggermente ondeggiare  i capelli castani davanti al viso.
 Fu tutto inutile, la rossa si era già diretta verso i ragazzi, con i ricci che la rimbalzavano sulle spalle.  
«Possiamo avere una sigaretta, per favore?»
Cassiope raggiunse velocemente Melissa, chiedendo al ragazzo con un tatuaggio sul braccio – quello che aveva in mano il pacchetto- una sigaretta per la sua amica usando il suo inglese fluente. 
«Prima dimmi come ti chiami.»
Il ragazzo fece per estrarre una sigaretta dal pacchetto, ma una mano lo fermò. 
Una voce maschile, con un accento norvegese ben nascosto, seguì il gesto immediatamente. 
Cassiope sbatté la palpebre, realizzando poco dopo che il ragazzo stava parlando con lei e non con la sua amica riccia.
«Cassiope.»
Il ragazzo sembrò soddisfatto della risposta- non che Cass avesse potuto rispondere in modo diverso- e allontanò la mano, lasciando che l’altro le porgesse la sigaretta.
«È per lei.»  
La bruna indicò con il mento Melissa che se ne stava zitta affianco a lei, a tremare dal freddo; eppure lei glielo aveva detto di mettere il jeans e di portarsi la giacca.
La rossa prese la sigaretta tra le mani, accendendola con l’accendino che gli porse il ragazzo.
Cassiope guardò il tatuaggio che il ragazzo aveva sul braccio destro: una specie di drago con una scritta che doveva essere in norvegese.  
«Sono Aleksander.»

Melissa e Cassiope si girarono velocemente verso il ragazzo, quello che era stato in silenzio per tutto il tempo, che tendeva la mano destra verso di loro.   
Era più pienotto rispetto agli altri due e aveva i capelli e gli occhi di un colore più scuro.
Cassiope ripeté il suo nome, Melissa si presentò per la prima volta.
«Kristoffer.»
Le ragazze strinsero la mano anche al ragazzo tatuato. 
L’unico che rimase in silenzio fu quello che agli occhi di Cassiope era risultato come il più sfacciato, quello che le aveva chiesto il nome.
Se ne stava appoggiato al muro della stazione, con i capelli biondi che si scompigliavano al vento e gli occhi azzurro chiaro che fissavano la figura della bruna.  
«E tu?»  Chiese Cassiope.
«Dennis.» Il ragazzo sorrise leggermente e due fossette gli spuntarono agli angoli della bocca.  
La bruna si chiese per quale motivo lei e l’amica fossero ancora li dopo aver avuto la sigaretta, potevano benissimo salutarli e continuare per la loro strada.
Quando si girò verso Melissa, la trovò seduta sui gradini della stazione insieme agli altri ragazzi, intenta a dire qualcosa nel suo inglese poco corretto. 
«Dovevamo andare in un museo a  vedere “Il grido” o come si chiama, ma Cass non sa leggere le cartine e siamo finite qui per la terza volta.»
Melissa, che già aveva preso confidenza con Kristoffer, stava lamentando il fatto che Cassiope avesse sbagliato strada più di una volta, ma aveva tralasciato il fatto che per tutto il tempo lei non aveva dato uno sguardo alla cartina, lasciandosi trascinare dall’amica e lamentandosi che con le scarpe alte che aveva indossato, non poteva camminare così tanto. 
«”L’urlo”. È di Munch.»
Prima che potesse farlo Cassiope, Dennis corresse Melissa, che tra un tiro di sigaretta e l’altro, sembrava più interessata a parlare con Kristofffer che a sentire la correzione al suo sbaglio. 
La ragazza spalancò gli occhi, stupita da ciò che il biondo aveva detto; si sedette anche lei, stanca di stare in piedi, tanto non sarebbe stato facile staccare l’amica dal ragazzo.
«Ma qui i musei alle 18.00 chiudono, siete giusto con due ore di ritardo.»
Cass lo sapeva, aveva controllato bene gli orari, ma era stata tanto testarda da non voler chiedere informazioni a nessuno, sicura di poter trovare la strada da sola; e adesso eccole li, con tre ragazzi sconosciuti, quando i musei avevano ormai chiuso. 
«Ma voi siete italiane?» Chiese Aleksander, che intanto aveva finito la sua sigaretta e la stava schiacciando sotto la scarpa; l’unico che non aveva fumato era stato Dennis.
«Sì. Lo hai sentito dal mio accento?» Cassiope subito si preoccupò, pensando di aver perso quell’accento americano che mascherava perfettamente le sue origini, quando parlava in inglese.
«Non dal tuo, dal suo.» Rispose Aleksander, ridendo appena, divertito dal tono che aveva usato la ragazza.
La bruna si sentì sollevata, in un certo senso.
Melissa parlava davvero un inglese terribile e, infatti, continuava a chiedere se Kristoffer la stesse capendo o se la assecondava solamente.
Sia Dennis che Aleksander parlavano perfettamente l’inglese, Kristoffer meno, aveva un accento norvegese fortissimo e spesso sbagliava i tempi verbali e l’ordine dei sostantivi.
La bruna notò che Kris fece cenno a Melissa di aspettare e disse qualcosa in norvegese a Dennis.
«Chiedi se vogliono venire con noi  a BygdØy. Teniamocele strette, io la rossa me la faccio.»
Kristoffer disse qualcosa, incomprensibile per le ragazze, che fece ridere lui e Aleksander, mentre Dennis rimase impassibile.
«Zitto, din idiot.»
Il biondo rispose e Cassiope capì solo che aveva dato dell’idiota all’amico.
«Chiediglielo, io non lo so dire.»
Le ragzze si guardarono stranite, mentre cercavano di capire, senza nessun risultato, cosa stessero dicendo i tre.
Dennis guardò anche Aleksander, che annuì con il capo, prima di parlare.
«Volete venire con noi a BygdØy? È una penisola che possiamo raggiungere con il battello dal porto.» 
Agli occhi di Melissa, Dennis non sembrò troppo entusiasta. 
«Abbiamo l’alcol.» Kristoffer intervenne, indicando lo zaino nero che Aleksander portava sulle spalle.
Perfetto, penso Cassiope, adesso non c’erano speranze che Melissa avrebbe potuto rifiutare.
Lei non  riusciva a fidarsi completamente, ed era normale: andare con tre ragazzi sconosciuti su una penisola, sapendo che avevano anche dell’alcol, era da pazzi.
Eppure sapeva che, se avesse detto di no, per tutta la vacanza e anche dopo, avrebbe dovuto sopportare l’amica che si lamentava.
«Certo che veniamo!» Esordì Melissa con un sorriso sulle labbra, portandosi i ricci color rame dietro le spalle. 
Non aveva neanche chiesto cosa ne pensasse l’amica.
Finì la sigaretta, insieme a Kristoffer, e la gettò a terra, spegnendola con il tacco a zeppa della sua scarpa.
Cass si era già immaginata la fine della serata: i tre ragazzi ubriachi, compresa Melissa, e lei che doveva riportare a casa l’amica che non si reggeva in piedi. 
«Andiamo, il prossimo battello è alle 20.40» Aleksander si alzò, porgendo la mano a Cassiope, che gli sorrise gentilmente e accettò l’aiuto ad alzarsi. 
Gli altri tre si alzarono, cominciando a camminare.
Melissa parlava con Kristoffer, mentre lei se ne stava con le mani in tasca a camminare affianco a Dennis. 
«Siete qui in vacanza o che altro? Per quanto vi tratterrete?»
Il ragazzo paffutello, ormai Cassiope nella sua mente gli aveva dato questo soprannome, le si materializzò accanto. 
La ragazza non riuscì ad  evitare  di sorridere leggermente, notando che Aleksander ce la stava mettendo tutto per fare conversazione e che sembrava davvero interessato a ciò che lei avrebbe potuto rispondere. 
«Mio zio ha sposato una donna di Oslo e vivono qui, ma adesso loro sono in Italia e mi hanno offerto di venire qui in vacanza con alloggio gratis. Ci tratteniamo fino a fine mese, finchè non tornano.»
Il vento soffiava forte, facendo muovere i capelli di tutti e cinque i ragazzi.
Non camminarono per molto e, per il tragitto, Cassiope continuò a parlare con Aleksander e Melissa con il ragazzo con il tatuaggio; Dennis, che stava al centro, camminava silenzioso con le mani in tasca e lo sguardo dritto davanti a se.  
«Fate presto, è già arrivato.»
Il ragazzo, che non aveva detto una parola per tutto il tragitto, fu il primo a vedere il battello giallo con le persone che cominciavano a scendere e quelle che, in fila, aspettavano di salire.
Detto ciò aumentò la velocità dei suoi passi, facendo si che gli altri quattro gli stessero dietro. 
Entrati nel battello, che aveva i posti a sedere fatti da tre sedili, Melissa e Kristoffer – che sembravano conoscersi da anni ed essere inseparabili – andarono a sedersi in una delle file di sedili.
Dennis scelse un’altra fila, scivolando fino al posto vicino al finestrino. 
Aleksander, che era ancora in piedi con Cassiope, fece per sedersi affianco al biondo, ma la voce di Kristoffer lo fermò.
«Siediti affianco a noi, Aleks. Melissa voleva sapere qualcosa della vita notturna di Oslo e dei documenti falsi, tu sei il più esperto in questo campo.»
Cassiope non capì ciò che l’amico aveva detto al ragazzo, ma di certo qualcosa che gli fece cambiare idea, dato che immediatamente andò ad occupare l’ultimo posto libero affianco a Melissa e il suo interlocutore.  
La ragazza restò per un secondo spiazzata, ma quando sentii che il battello era ormai partito, decise di sedersi affianco a Dennis, non che avesse molta scelta. 
«Melissa.»
Cassiope chiamò l’amica che era seduta davanti a lei.
La rossa si girò con aria interrogativa, portandosi un ciuffo dietro l’orecchio.
«Ho notato tutti i sorrisi, le mani nei capelli e il modo in cui ti stringi a lui per “riscaldarti”.»
Mimò le virgolette con le mani all’ultima parola.
Dopo due o tre minuti di silenzio, la bruna che era molto loquace – a differenza di Dennis, evidentemente – decise di fare in quel momento il “discorsetto” all’amica.
«L’hai appena conosciuto, non vorrei che iniziassi già a farti film mentali, ti conosco.»
Melissa cominciò ironicamente a sbattere le palpebre dei suoi occhi azzurri, per poi sbuffare e girarsi nuovamente verso i due ragazzi; Cassiope era certa che l’amica avrebbe avuto una reazione del genere, ma ciò non le impediva di farle sapere come lei la pensava.
I tre ragazzi davanti parlavano e ridevano, a differenza di lei e il suo vicino che non si erano neanche scambiati una parola. 
Finalmente la barca attraccò e le persone, in modo ordinato, liberarono il posto ai prossimi passeggeri .
L’aria fuori era fredda, tanto che la bruna – pur avendo la giacca – rabbrividì.
Melissa e i ragazzi erano vestiti in maniera più che estiva, solo che a differenza della sua amica, loro non erano abituati ai 23° di media; infatti era l’unica ad avere freddo, si vedeva dal modo in cui rabbrividiva, anche se tra un sorriso e l’altro cercava di mascherare il disagio.
«Adesso dobbiamo camminare per un pochino, così arriviamo nell’interno e stiamo tranquilli.»
A Cassiope piaceva il modo in cui Aleks parlava, aveva un tono gentile e il sorriso sempre stampato sulle labbra.
«Guardate che io con queste scarpe non faccio neanche un passo.»
La rossa intervenì in un inglese poco corretto, indicandosi i tacchi alti che aveva ai piedi.
L’amica la guardò con una certa disapprovazione e poi lanciò uno sguardo alle sue “Converse” che le avevano permesso di camminare tutto il giorno senza soffrire.  
«Vieni sulle mie spalle, ti porto io.»
Kristoffer ebbe un’idea che alla rossa sembrò geniale, dato che cominciò a sorridere e poi, circondandogli il petto con le gambe, gli salì sulla schiena.
Dennis sembrava più che altro annoiato, dato che pronunciò a bassa voce qualcosa come “idiot”, prima di girarsi di spalle e cominciare a camminare.
La bruna scosse leggermente il capo, per poi raggiungere gli altri quattro che si erano già allontanati di poco; davanti a tutti c’erano Melissa e il biondo con il tatuaggio. 
Dopo trenta minuti di camminata, più o meno,  i ragazzi entrarono in un enorme parco, una sorta di distesa verde che si trovava sulla penisola; Cassiope, tra le prime cose che aveva visto, era stata colpita dal rapporto natura-città che c’era: era come se si completassero a vicenda.
Si inoltrarono più nell’interno, il cielo cominciava a farsi buio e la ragazza non era convintissima di quella situazione in cui erano finite; avrebbe potuto fare una passeggiata tra le vie illuminate del centro, ma non avrebbe mai lasciato l’amica con tre ragazzi sconosciuti.
«Quindi che si fa?»
La bruna alzò leggermente le spalle, per poi guardarsi intorno: tutto era silenzioso e non c’era nessuno, non aveva idea di cosa si potesse fare in un posto come quello se non rapinare due povere e ingenue turiste italiane; ma forse era un po troppo pessimista.
Kristoffer staccò per un attimo lo sguardo dagli occhi azzurri, o forse da quello che c’era un po più i basso,  di Melissa e si girò verso di lei.
Le sorrise in un modo che le diede fastidio, prima di sedersi sul prato, con la rossa che lo imitò immediatamente.
Anche Dennis e Aleksander fecero lo stesso e lei, che si era ritrovata per la terza volta ad essere l’unica in piedi, piegò le ginocchia fino ad arrivare a terra, tra il biondo silenzioso e il ragazzo moro.  
Dallo zaino nero che i ragazzi si erano portati sulle spalle per tutto il tempo, cominciarono ad uscire quattro bottiglie  di alcolici, un mazzo di carte e dei bicchieri di plastica.
La situazione non faceva che peggiorare, per Cassiope. 
Ad ognuno fu distribuito un bicchiere, mentre il mazzo di carte venne posizionato al centro del cerchio.
«Bisogna pescare una carta a testa, ogni seme indica un’azione diversa: se esce una carta di picche tutti devono bere, chi ha pescato una di cuori può scegliere quanto e a chi far bere,  se si prende quella di fiori allora beve chi l’ha pescata, una di quadri e si fa una domanda alla quale tutti devono rispondere. Chiaro?»
L’inglese di Kristoffer, condito da un fortissimo accento norvegese, infastidiva le orecchie di Cassiope, ma probabilmente era stato proprio il contenuto del discorso a farlo.
Melissa annuii con il capo e allora Aleksander cominciò a versare della vodka nel bicchiere di tutti, ma saltò quello di Dennis.
Quando arrivò a quello della ragazza, lei lo fermò con una mano sotto lo sguardo interrogativo di tutti meno che del biondo, lui sembrava stupito.
«Sono astemia.»
La bruna riuscì a percepire il suono di uno sbuffo da parte del ragazzo tatuato e dell’amica.
Quindi, per quello che era riuscita a capire,  avrebbe dovuto guardare gli altri giocare e in poco tempo sarebbe rimasta l’unica sobria insieme a Dennis, poi sarebbe tornata a casa con la rossa barcollante appoggiata alla sua spalla.  
«Inizio io!»
Kristoffer allungò il suo braccio tatuato verso il mazzo di carte, mostrando così una scritta a caratteri cubitali sul bicipite: KAD.
La carta era una di quadri: domanda.
Cassiope riuscii a leggere il sorriso malizioso che comparve sulle labbra del ragazzo e lo collegò direttamente alla domanda che egli pose; ovviamente era diretta solo alle due straniere, dato che doveva già sapere la risposta dei suoi due amici.
«A che età avete perso la verginità?»
Dennis scosse leggermente il capo in segno di approvazione, spostando lo guardo di lato; e non aveva tutti i torti, non era una domanda da porre a delle ragazze conosciute più o meno un’ora fa.
Melissa non sembrava pensarla allo stesso modo, dato che rise insieme al ragazzo che le sedeva accanto, prima di rispondere.
«Ancora vergine.»
Ammise la rossa senza troppi problemi; eppure, quando se ne discuteva con gli altri, nascondeva sempre questo dettaglio. 
Kris la guardò spalancando gli occhi, per poi sorridere dolcemente e circondarla con un braccio.
«Diciassette.»
Intervenne Alex.
«Sedici.»
Fu il turno di Cassiope.
«Tredici.»
Disse Dennis con il solito tono svogliato e privo di interesse.
La serata proseguì continuando a giocare e quando, dopo quattro bicchieri, ormai erano tutti ubriachi, la bruna si sentì terribilmente sola.  

«Non ti piace questo gioco, vero?»
Dopo circa  una ventina di minuti di silezio, il biondo si avvicinò alla ragazza, mentre gli altri tre – molto più che semplicemente brilli – parlavano in maniera poco comprensibile tra di loro. 
«Neanche a me, fa proprio schifo.»
Non le diede neanche il tempo di rispondere, ma ciò che disse provocò la nascita inevitabile di un sorriso sulle labbra della ragazza. 
«Ai tuoi amici piace, però.»
Cassiope si circondò le ginocchia con le braccia, stringendosele verso il petto in modo da avere meno freddo. 
«Anche a Melania, da quel che vedo.»
«Melissa.»
Lo corresse la bruna, ridacchiando leggermente.
La rossa si alzò per avvicinarsi all’amica e, con un tono divertito, si avvicinò al suo orecchio.
«Devo fare pipì.»
Cassiope non lo trovava particolarmente divertente, o almeno non quanto Melissa che, tra una risata e l’altra, le aveva sussurrato all’orecchio il suo “bisogno”.
Si alzò, sotto lo sguardo curioso di Dennis, e entrambe si diressero dietro un albero.  
Non fu facile arrivare, però, dato che spesso la rossa inciampava sui tacchi, barcollante come era.
Quando finalmente le due furono coperte dallo sguardo dei ragazzi, il corpo della ragazza ubriaca decise di far uscire l’alcol in eccesso.
La bruna si girò dall’altro lato, presa di sorpresa.
«Non devo più fare pipì!» Esclamò Melissa ridendo. 
Cass prese dei fazzoletti dalla borsa e li passò all’amica, per poi ritornare dove i tre ragazzi erano rimasti per tutto il tempo. 
«È ora di tornare, per noi.»
Cassiope si rivolse a Dennis e, quasi immediatamente, il ragazzo si alzò.
«Vi accompagniamo a casa.»
 
  
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: someeonelikeu