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Autore: Manu_Green8    21/01/2015    3 recensioni
Il college era la nuova esperienza di lei, da vivere e da gustare. Il pugilato professionistico quella di lui. Un anno era passato in fretta e i due ragazzi si sentivano più uniti che mai. Ma cosa accadrà quando si insinuerà la lontananza? O quando incontreranno persone nuove e ne riemergeranno dal passato?
L'avventura di Melanie e Chad continua, anche se non tutto sarà facile. Ce la faranno anche sta volta? Questo è tutto da scoprire...
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Salve, cari lettori! Vi ricordate di me? Forse sì, o forse no. Sono già passati diversi mesi dall'ultima volta che ho scritto una storia e finalmente sono ricomparsa proprio con il sequel di "Un battito d'ali... un battito del cuore". Con questo non vi obbligo di certo a leggere la storia precedente, ma vi invito comunque a farlo, considerando i riferimenti all'interno di tutta la fanfiction.
Non mi dilungo oltre! Fatemi sapere cosa ne pensate! Buona lettura :D
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[STORIA MOMENTANEAMENTE SOSPESA: MI SCUSO PER IL DISAGIO]
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un battito d'ali.. un battito del cuore'
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Credo che essere svegliati nel momento in cui il tuo sogno è arrivato al punto cruciale, quello che aspetti da tutta la vita e che puoi solo immaginare, sia la cosa più crudele di tutte. Sì, lo penso davvero.
Fu proprio quello che successe quella mattina. In casa si era scatenato l’inferno: mia madre aveva iniziato a chiamarmi dal piano di sotto, mentre mio fratello aveva fatto partire la musica a tutto volume dalla camera accanto. Ed ero consapevole che lo avesse fatto apposta: erano le prime ore del mattino, santo cielo!
Gemetti e mi rigirai tra le coperte. Mi rifiutavo di aprire gli occhi, nonostante il danno subito dal mio sogno fosse ormai irreparabile. Cercai di ignorare il baccano e ci riuscii all’incirca per.. due minuti. Poi, la sveglia legata alla radio partì: “Buongiorno dormiglioni di Dover. Sono le otto in punto del mattino. Siete pronti per iniziare la settimana?”.
Sospirai pesantemente: perché avevo puntato quella maledetta sveglia? Aprii gli occhi, per una buona volta. Mi ritrovai a fissare il soffitto bianco della mia camera.
“Solo due minuti” continuavo a ripetermi, mentre il mio corpo non si era ancora attivato e si rifiutava di alzarsi dal letto. E poi, quando la musica dalla parte opposta della parete era ormai diventata un sottofondo quasi rilassante e i miei occhi stavano per richiudersi.. il mio cellulare squillò.
Spalancai gli occhi e mi misi a sedere di colpo sul letto. “Aaah!” urlai esasperata, lanciando in aria le coperte.
Presi il cellulare dal comodino e premetti il verde. “Pronto?” chiesi, con voce infuriata.
“Buongiorno, raggio di sole. Ti sei svegliata?”. La voce all’altro capo del telefono era così pimpante che mi fece venire quasi una crisi isterica.
“Adesso decisamente sì. Credi sia giusto chiamare a quest’ora? No, tesoro, spiegamelo!” dissi arrabbiata.
Sentii una risata. “Melanie, ma sei impazzita? Mi hai detto tu di chiamarti a quest’ora”.
Io sospirai e il ragazzo continuò a parlare: “Mel, sei ancora lì? No, sai.. io sono dietro la tua porta. Posso entrare?”.
Io spalancai gli occhi e mi alzai dal letto, non prima di essere cascata per terra, a causa delle lenzuola aggrovigliate alle mie gambe. Lascia il cellulare lì in mezzo e andai ad aprire la porta della mia camera.
E proprio lì davanti, Chad, in tutto il suo splendore, mi guardava con il suo sorriso sbruffone sulle labbra.
A quel punto scoppiai a ridere. Non riuscivo proprio a prendermela con lui. “Buongiorno” dissi, saltandogli praticamente addosso.
Lui mi afferrò, stringendomi di più a sé. “E’ possibile che già di prima mattina tu abbia questi sbalzi d’umore?” mi chiese, ridendo.
“Li ho soltanto perché sono le otto del mattino e tu sei già in casa mia” dissi, con il viso ad un soffio dal suo.
Sorrise e io non riuscii a resistere: chiusi la distanza rimasta e lo baciai. Assaporai le sue labbra, pensando che avrebbero potuto darmi più energia della colazione stessa. Quelle labbra che mi sarebbero mancate di lì a poco.
A quel punto iniziò una delle canzoni rock di Dave e io sobbalzai. Mi staccai da Chad e mi diressi in camera di mio fratello.
Feci praticamente irruzione e dissi: “Vuoi spegnere quella maledetta radio?”.
Dave, che stava sistemando le ultime cose dentro le valigie, si voltò a guardarmi e sorrise: “Buongiorno”.
“Sì, anche a te” brontolai, andando direttamente verso la radio sulla scrivania e spegnendola.
Le mie orecchie tornarono a rilassarsi e io sospirai, voltandomi di nuovo verso mio fratello. Adesso, Chad era appoggiato allo stipite della porta e ci guardava divertito.
“Già tutto pronto per partire?” chiese il mio ragazzo al suo migliore amico.
Dave sorrise, mentre io iniziavo a uscire dalla camera. Passai accanto a Chad e mi diressi in bagno, non prima di aver sentito la risposta di mio fratello: “Già. Se non lo fossi, Rachel mi ucciderebbe”.
Ebbene sì, oggi era il giorno decisivo per tutti, quello in cui saremmo andati al college. Dave e Rachel, ancora tremendamente innamorati avevano deciso durante il nostro ultimo anno del liceo di frequentare Stanford. Dave aveva ottenuto grazie al basket una borsa di studio e aveva accettato subito, consapevole del fatto che avrebbe potuto continuare a giocare e al contempo studiare medicina. Proprio così. Dopo il mio intervento di quasi due anni prima, lui aveva deciso di voler diventare cardiologo. Dopotutto, la mia malattia è ereditaria e una persona con quelle capacità sarebbe sempre stata utile.
E poi c’è la mia cara migliore amica, Rachel. Quando Dave aveva ricevuto la proposta, lei aveva subito spedito la lettera per lo stesso college. Durante il quinto anno le era partita la passione per la legge e aveva iniziato a tartassarci di film gialli e pieni di roba sugli avvocati.
E con l’alta media scolastica, la sua ammissione non aveva riscontrato nessun ostacolo.
Adesso vi starete chiedendo: e io? Che cosa ho deciso di fare? Ebbene, vi accontenterò.
L’anno prima Chad si era diplomato tranquillamente, anche grazie al mio aiuto.
Avevamo passato l’estate principalmente in città, a parte le due settimane trascorse nella casa al mare di Rachel. Il mio rapporto con Chad era ormai diventato così solido, che non pensavamo ad un futuro diverso dal quello di stare insieme. Eravamo quel noi che non ero mai riuscita a trovare prima del nostro trasferimento a Dover.
Io, Dave e Rachel dovemmo affrontare anche l’ultimo anno scolastico, mentre il mio ragazzo riuscì ad entrare nella prestigiosa società professionistica di pugilato della nostra città. Dopo che Andrew lo avevo presentato agli istruttori della società la sua scalata era stata abbastanza semplice. Chad era sempre stato talentuoso in quello sport. E così mi ritrovavo a passare le mie serate a studiare o a guardare gli incontri di Chad, che era decisamente più tranquillo di portarmi in uno stadio, piuttosto che in una sotterranea palestra clandestina.
Ero diventata la sua fan più accanita. E come darmi torto?
I problemi iniziarono quando mi ritrovai a dover scegliere il college. Avevamo in giro per casa talmente tanti opuscoli che era impossibile non pensarci. Stavo entrando in crisi: non sapevo più nemmeno se volessi andarci al college. Il tutto comportava lasciare Chad, la città e la vita che mi ero creata lì. Una vita senza un effettivo futuro lavorativo.
Quando Dave e Rachel mi costrinsero finalmente a parlare con Chad, ebbi una motivazione in più per amarlo in quel modo. Glielo dissi una sera per telefono e una volta chiusa la chiamata avevo avvertito un groppo in gola. Avevo sentito la delusione nella sua voce, ma non avevo capito che fosse dovuta al fatto che non glielo avessi detto prima e che non lo avessi coinvolto nella decisione. Il giorno dopo si era presentato a casa mia e sedendosi davanti alla scrivania accanto a me e aveva preso in mano gli opuscoli. “A chi la vuoi mandare?” mi aveva chiesto, guardandomi deciso.
“Io non lo so” avevo risposto.
“Non pensare a me o a Dover” mi aveva sussurrato, avvicinandosi a me. “Dove vuoi andare?”.
Avevo guardato tutti gli opuscoli e dopo un paio di minuti di indecisione ne presi uno dalle sua mani, quello più rovinato, per tutte le volte che lo avevo sfogliato quell’anno: San Francisco Art Institute.
Lo avevo toccato solo con la punta delle dita e Chad l’aveva voltato verso di sé. Avevo visto chiaramente quanto era sbiancato. “California?” mi aveva chiesto con un filo di voce. “Dista 7 ore di aereo da qui” avevo detto senza guardarmi.
Avevo sospirato. “Hai ragione… scusa” avevo iniziato, cercando qualcos’altro.
Poi il mio ragazzo si rianimò, riprendendo colore. “No” aveva detto, bloccando la mia mano con la sua. “E San Francisco sia” erano state le sue parole.
“Chad, non è importante, davvero. E poi… è privata. Senza una borsa di studio non penso di poter entrare”. E la storia era semplicemente finita lì. O almeno lo pensavo: Chad si ritrovò a parlare con mia madre e scoprì che l’eredità che avevamo ricevuto dopo la morte di mio padre era più che abbastanza per poter conseguire quegli studi. Mio padre aveva accumulato una fortuna semplicemente con il pugilato professionistico, nei primi anni della sua giovinezza ed era morto troppo giovane per riuscire a spenderli tutti. La maggior parte finirono automaticamente nelle casse mie e di Dave.
E così la lettera era stata spedita, insieme a quella per un’altra università, di New York, nel caso avessi dovuto optare per la seconda scelta. La mia ansia accresceva sempre di più e fino a quando non ebbi la risposta tra le mie mani non avevo programmato assolutamente nulla: non volevo crearmi fantasie illuse. Oltre al denaro occorreva anche mandare dei lavori all’università, per dimostrare di essere all’altezza di studiare nelle loro aule. Tra i lavori che mandai, avevo messo anche un ritratto di Chad mentre colpiva il sacco. Lo avevo creato proprio per l’occasione, nonostante lo avessi già fatto moltissime volte. Quella, però, fu la prima volta che misi puntigliosa attenzione a tutti i dettagli, come le braccia scolpite e contratte, l’espressione concentrata e il sudore che imperlava la sua fronte.
Quando arrivò la busta e l’aprii, Chad era accanto a me e gliela passai subito dopo averla strappata. “Leggi tu” avevo detto, fremendo.
Chad aveva iniziato a blaterare velocemente i convenevoli. “Signorina Melanie Carter, la sua richiesta di ammissione è stata accettata” disse, con un mezzo sorriso. Avevo fatto un urletto e gli ero saltata addosso, facendogli cadere la lettera dalle mani.
Chad mi aveva stretta a sé e respirando così vicino al mio collo da farmi venire i brividi, aveva detto: “Sono così orgoglioso di te, piccola”, facendomi venire le lacrime agli occhi e un groppo in gola. Le prime, perché mi aveva quasi ricordato mio padre; il secondo perché avevo notato con chiarezza il tono malinconico che aveva usato.
E così l’avrei fatto: sarei andata davvero a San Francisco, lasciando il mio ragazzo nella parte opposta del paese, sperando prima o poi, che in qualche modo mi avrebbe raggiunta.
 
In quel momento stavo mettendo le ultime cose nelle due grandi valigie davanti a me, mentre Chad era disteso sul mio letto. Continuava a lanciare in aria uno dei peluche e a riprenderlo.
“Cosa farai stasera, dopo la mia partenza?” chiesi, chiudendo le cerniere dei miei bagagli: avevo messo tutto.
Chad si fermò e si mise su un fianco, guardandomi.
“Andrò a festeggiare” disse, mentre un sorriso gli appariva sulle labbra.
“Ah. Ah. Divertente” risposi, facendogli la linguaccia.
E a quel punto si alzò in piedi, venendo dietro di me. “Onestamente? Non lo so. Rayn mi aveva proposto di andare in uno dei nuovi locali appena fuori città, però penso che resterò a casa con Evan” disse spostando i miei capelli rossi e baciandomi il collo.
Evan era cresciuto parecchio nell’ultimo anno, ma continuava a dipendere molto dal fratello maggiore e questo portava il pugile a non venire con me a San Francisco in quel momento stesso. Per Chad non era mai stato un peso, ma dopo che il padre li aveva abbandonati era diventato una sua responsabilità. Pensava che avessero invaso la vita della zia già abbastanza.
Ah, quasi dimenticavo. Ryan Rage era ormai uno degli amici più stretti di Chad, da quando era entrato nella società di pugilato.
Era un tipo sempre allegro, che amava divertirsi e proprio per questo mi preoccupava il fatto che passasse tutto quel tempo con Chad. Soprattutto adesso che io stavo partendo.
Mi voltai verso il mio ragazzo e gli misi le braccia intorno al collo. “Non posso credere che me lo stai lasciando fare” gli dissi, guardando nei suoi occhi chiari.
Tentò un sorriso, ma non gli riuscì molto bene: questa separazione sarebbe stato dura e lo sapevamo entrambi.
“Verrò da te” disse, invece, abbassandosi a baciarmi.
Le sue labbra erano così morbide e familiari, che non potevano che rendermi felice. Con lui mi sentivo a casa. La sua mano finì sotto la mia maglia e mi accarezzò la schiena con le dita, mentre continuava a premere le labbra con le mie.
E in quel momento qualcuno si schiarì la voce: mia madre.
“Ragazzi, mi dispiace interrompervi. Ma è quasi ora di andare” ci disse, prendendo una delle valigie e uscendo dalla stanza. “Vi aspettiamo in giardino”.
Io sospirai e annuii, affondando il viso sul collo di Chad: quello sarebbe stato il nostro ultimo momento da soli, prima di partire.
Sollevai di nuovo lo sguardo: “Sei ancora in tempo per fermarmi, lo sai?” gli chiesi, passando le mani sulle sue braccia nude. Nonostante l’aria fosse divenuta più fresca con la fine dell’estate, Chad continuava ad andare in giro con maglie a maniche corte: come facesse, non ne avevo idea.
Lui sorrise e scosse la testa. “No, non posso”. Poi il suo sguardo cambiò e le sue mani si poggiarono sul mio viso. “Mel, sii felice, ok?” mi disse, guardandomi intensamente, come se volesse inculcare nella sua testa il vero colore dei miei occhi. Occhi che in quel momento si stavano riempiendo di lacrime di commozione. “Ti amo” dissi e lui mi sorrise dolcemente.
“Anche io ti amo” rispose, sporgendosi a baciarmi nuovamente.
Poi prese la mia valigia e uscì dalla camera, mentre io mi guardavo intorno un’ultima volta. Un piccolo flash mi attraversò la mente: me, che svuotava la stanza della casa in cui avevo abitato fin da bambina a New York. Quella volta, anche se non pensavo che lo avrei fatto, era riuscita a considerare casa un altro luogo. Questa volta, sapevo che al college non mi sarei mai sentita come a Dover. Non senza la mia famiglia, non senza Chad. Ma non potevo stare qui per tutta la vita. Il disegno, l’arte era ormai l’ultima passione che mi era rimasta e sarebbe stato ingiusto rinunciarci. Sospirai e mi avvicinai alla libreria. Vidi quella serie di scatti fotografici che ero riuscita ad ottenere, convincendo Chad a infilarsi dentro una macchinetta al centro commerciale, lì, che sporgeva da un libro. La tirai fuori e la ficcai in tasca, dopo averla guardata per un momento.
“Melanie” la voce di mio fratello dal piano di sotto.
“Arrivo” dissi, spegnendo la luce e uscendo della stanza, senza voltarmi indietro.
In giardino Chad era poggiato alla mia macchina, con le braccia incrociate al petto. Accanto a lui c’era mia madre, che batteva il piede per terra, impaziente.
E poi degli urletti mi fecero voltare dall’altra parte e vidi Rachel che mi veniva incontro. Mi strinse le braccia al collo e iniziò a parlare troppo velocemente, come al solito.
“Mel, non riesco a credere che stiamo partendo per il college. Ce ne stiamo andando per davvero, caspita!” e ridacchiò. Io le sorrisi e la strinsi a me ancora di più. E così fu la prima persona che salutai, promettendoci di sentirci molto spesso e raccomandandole di prendersi cura di mio fratello.
Dave era poggiato allo sportello aperto dell’auto di Rachel, che avrebbero utilizzato per raggiungere Stanford. Salutai anche lui abbracciandolo stretto. Nonostante i nostri bisticci e la sua possessività era pur sempre il mio gemello e io lo adoravo.
“Non combinare troppi guai” mi disse, baciandomi sulla guancia.
Io risi. “Ci proverò” dissi, staccandomi da lui.
E poi toccò a Chad. Mi voltai verso di lui, che aveva il suo mezzo sorriso stampato in faccia, nonostante il suo sguardo non stesse sorridendo affatto.
Perché me lo sta lasciando fare? Non potei fare a meno di pensare.
Perché ti ama. Fu la risposta che ebbi subito dopo dal mio cervello. Cercai di ricacciare indietro il groppo che avevo in gola e gli saltai praticamente in braccio.
“Fa la brava” disse, stringendomi a sé e stampandomi un bacio sulla testa, accarezzandomi i capelli. Io annuii e affondai il viso nel suo collo, inspirando e cercando di memorizzare al meglio il suo profumo. Quello che amavo tanto e che somigliava molto all’odore di muschio e di pioggia.
Volevo imprimerlo nella mia mente, sapendo che di lì a poco non lo avrei più avuto a portata così facilmente.
“Mi mancherai” gli sussurrai, baciandogli il collo.
“Anche tu. Non dimenticare di chiamarmi o di videochiamarmi o ti verrò a cercare, sappilo” mi disse.
Io risi. “Beh, allora forse potrei farlo. Se la conseguenza fosse averti lì”.
La sua risata si unì alla mia. “Non cacciarti nei guai, ti prego” mi supplicò.
Io alzai gli occhi al cielo, pensando che era già la seconda persona che me lo aveva detto nell’arco di pochi minuti.
“Certo” risposi sta volta, in modo differente da come avevo risposto prima. Non volevo far agitare Chad, più di quanto non lo fosse già.
“Ti amo, Melanie” disse e poi ci baciammo. Affondai le dita tra i suoi capelli, non più lunghi come il suo ultimo anno di scuola.
“Ti amo anche io” dissi, staccandomi da lui malvolentieri. Mi aprì la portiera dell’auto, facendomi salire, mentre mia madre si metteva alla guida, dopo aver salutato mio fratello.
La macchina si accese e io mi sporsi dal finestrino, salutando con la mano e Chad ricambiò, sollevando la sua. Ricacciai la testa all’interno e sospirai, guardando dallo specchietto la figura del mio ragazzo, in piedi sul marciapiede, che si allontanava e rimpiccioliva sempre di più, fino a scomparire dalla mia vista.
E adesso: destinazione San Francisco, dove la mia avventura al college sarebbe davvero cominciata.





Note dell'autore: Ciaooo a chiunque sia arrivato alla fine di questo capitolo!! Finalmente sono tornata. Con quasi un mese di ritardo e mi scuso vivamente per questo, ma adesso posso dire di avercela fatta davvero :D 
Come vi è sembrato questo primo capitolo? Vi erano mancati Melanie e Chad? A me onestamente sì, parecchio :3
Va bene, aggiungo soltanto che essendo la prima volta che pubblico una storia durante l'anno scolastico, non posso assicurare brevi date per gli aggiornamenti, come prima. Cercherò di pubblicare almeno una volta alla settimana e mi impegnerò a non tardare (anche se sono un po' spaventata :S).
Ok, non aggiungo altro. Grazie per essere arrivati fin qui! 
A presto ;)
Manu

 
  
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