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Autore: Mythologia    22/01/2015    3 recensioni
Una serie di One-Shots riguardanti i Dodici Cavalieri d'Oro della serie di Lost Canvas, in ogni racconto si narrerà della nascita e crescita di ogni rapporto oppure di semplici scene della loro vita. Cercherò di essere il più fedele alla trama originale della serie ma saranno inserite dodici Original Characters, detto questo buona lettura a tutti.
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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« La dodicesima casa l'ultima è la casa dei pesci, che conduce direttamente a quella del grande sacerdote. Per tale motivo, tra la casa dei pesci e la sala del grande sacerdote v'è una distesa di rose demoniache, che hanno lo scopo di sbarrare la strada agli invasori. Perciò colui che custodisce la casa dei pesci deve far sì che il suo corpo sia resistente al veleno, in modo da poter convivere con quelle rose venefiche. Albafica si è completamente adattato a quel veleno, tanto che si dice che ora persino il suo sangue sia tossico.

La gente tende ad adorarlo per la sua bellezza, ma difficilmente egli si avvicina agli altri di propria iniziativa. Ciò è probabilmente dovuto alla natura venefica del suo corpo. Si dice che non ci sia rosa senza spine per quanto bella essa sia. Il punto è che sono proprio le spine a costituire la grandezza della rosa. »

Nella dodicesima casa, posta vicino al grande tempio, abitava un cavaliere di disumana bellezza, gli dei avevan donato lui una cascata di lunghi capelli azzurri che, quando mossi dal vento, si trasformavan in fiume impetuoso, occhi di simil colore i quali celavano una straziante tristezza e un piccolo simbolo di bellezza sotto uno di essi; ma il cavaliere nessuno aveva per cui sforzarsi di esser bello e condividere tale dono, lui era condannato ad un eterna solitudine dal suo stesso posto fra le schiere dei Cavalieri d’Atena che gli dava immenso onore, la bellezza non poteva salvarlo e ad Albafica il proprio aspetto poco importava, disprezzava coloro che si fermavano alle apparenze e giudicavano il solo corpo. In lui e nel suo cuore sempre scorrerà il più amaro dei veleni.

Ogni giorno il Cavaliere dei Pesci, seduto su rovine di marmo e circondato dalle rose scarlatte che lui stesso aveva piantato, attendeva l’arrivo di una ragazza dai capelli corvini; la prima volta che la vide non poca fu la preoccupazione di Albafica, non conosceva forse la vera natura di quelle rose? Ne ignorava lo scopo? Stolta ragazza ad avvicinarsi, pensò, ma il cavaliere poté rilassare i muscoli quando vide che la ragazza si sedeva sempre su una roccia a diversi metri dal confine del suo regno velenoso. Lei si fermava sempre in quel punto e rimaneva in silenzio, non che Albafica fosse uomo di molte parole, loro comunicavano con lo sguardo e si perdevano nel buio infinito racchiuso negli occhi dell’altro, il pallido ghiaccio incontrava, e si scioglieva in dolcezza, un mare profondo dai preziosi riflessi; poco sapevano veramente l’un dell’altro, nemmeno il loro nome era stato pronunciato per ora, ma Albafica sentiva di già sapere la storia di quella ragazza e del suo sguardo malinconico.

A volte la ragazza non si faceva vedere, non per la pioggia ne per il freddo che mordeva e metteva in difficoltà anche le sue rose più belle, a costo di dover patire le fruste della Tramontana lei si presentava, e quando Albafica veniva privato della sua silenziosa compagnia, una dolorosa preoccupazione conquistava l’animo del cavaliere; passeggiava per il campo immerso nella quiete, ma la mente irrequieta ipotizzava e analizzava le possibilità. Aveva provato a cercarla a Rodorio, il villaggio da lui protetto, ma la ragazza dai lunghi capelli color del crepuscolo non si faceva vedere e il cuore melodioso cantava canzoni spaventose; quando la ragazza sparì per ben cinque giorni e si presentò all’alba del sesto, Albafica quasi corse da lei e onorò l’Aliseo coi loro nomi. Camellia, il fiore privo di profumo o dal profumo intenso, la ragazza dalla fredda dolcezza che passava le giornate a scambiare sguardi col cavaliere Albafica.

I momenti da Albafica preferiti erano quando Camellia, con passo gentile e senza smuover pietra, si presentava poco prima che Apollo finisse il suo viaggio e lasciasse l’immenso cielo alla sorella; si stendeva su un materasso arrangiato con coperte che lui le faceva trovare per non vederla per terra, allungava la mano verso la notte come se volesse raggiungere gli effimeri astri ed indicandole una ad una elencava i loro nomi, era uno dei rari momenti in cui Albafica poteva ammirare il suo volto illuminato da un sorriso sincero; lui aspettava che Camellia si addormentasse prima di camminare fino al suo corpo supino e ammirare la sua bianca pelle di porcellana, i tratti gentili incorniciati da lunghe ciocche nere e gli occhi che parevano preziose gemme celate al mondo. Cosa voleva dire sfiorare una così morbida pelle? Posare labbra di veleno sulle sue di miele? E’ forse impazzito il Cavaliere dei Pesci? Oh, Albafica non osava nemmeno sfiorare i suoi capelli dalla paura di poter rovinare un così bel fiore, quindi si sedeva accanto alla dormiente e aspettava il suo risveglio. 
   
 
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