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Autore: baffesque    22/01/2015    0 recensioni
*La prima volta che ricordava di aver visto Romanus era stato molto tempo addietro, anche se gli sembrava che fosse stato solo il giorno prima.
*La prima volta che non ricordava di aver visto Romanus era stato così tanto tempo prima, che nessuno avrebbe potuto conservarne memoria.
*In quel momento stava guardando Romanus come se nulla esistesse al mondo tranne lui, ed era certo di un unico fatto: quella sarebbe stata l’ultima volta in cui l’avrebbe visto.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Antica Roma, Germania Magna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La prima volta che ricordava di aver visto Romanus era stato molto tempo addietro, anche se gli sembrava che fosse stato solo il giorno prima.
Si nascondeva al riparo della foresta da diverse ore ormai, a correre dall’oscura ombra di un albero all’altro, protetto dalla luce del sole sempre più luminosa. Li osservava serio, attento a non farsi sfuggire ogni dettaglio, dai più importanti ai più curiosi, deciso a seguire quegli stranieri entrati impudentemente nelle sue terre
Si affrettò in un piccolo tratto di corsa, i passi veloci sul manto erboso così differenti dagli zoccoli pesanti dei cavalli su cui stavano quegli altri. Aveva già capito di chi si trattasse: uomini provenienti dal sud, guerrieri e conquistatori, adoratori di divinità a lui sconosciute.
In una sola parola, erano un problema.
Si fermò cercando di decidersi sul da fare, poteva già vedere in lontananza il loro accampamento. Stava per tornare indietro, quando la sua attenzione venne prepotentemente strappata dalla sua volontà da una risata così piena da sovrastare tutto ciò che lo circondava.
Alzò lo sguardo incuriosito, e si ritrovò incapace di distoglierlo: apparteneva ad un uomo seduto su un imponente cavallo da guerra.
Ad essere sincero non ne capì il motivo se non molto tempo dopo, ma mentre l’osservava ridere fra i suoi guerrieri, illuminato dal sole del mattino, non poté fare a meno di pensare ad una strana cosa. Un giorno, quando avrebbero incrociato le spade, sarebbe stato orgoglioso di qualsiasi risultato gli dei gli avrebbero assegnato.
 
 
 
 
La prima volta che non ricordava di aver visto Romanus era stato così tanto tempo prima, che nessuno avrebbe potuto conservarne memoria.
Anche quella volta si trovava in una foresta, anche se profondamente diversa. Era cosciente di essersi allontanato da diverso tempo dai suoi stessi confini, ma la curiosità era troppo grande per poterla ignorare. Era appena un ragazzino all’epoca, guidato dall’inesperienza e dalla voglia di imparare ciò che gli era sconosciuto. Era anche estremamente cocciuto, infatti, sebbene non avesse incontrato alcun segno di civiltà, ancora non si decideva a tornare indietro. Però era stanco, e lo scroscio d’acqua che gli giungeva vicina lo allettava molto.
Quando ne raggiunse la fonte, un piccolo fiume azzurro punteggiato da rocce, inizialmente nemmeno se ne accorse. Ne fece caso solo dopo aver bevuto: c’era un rumore sommesso, a parte quello del fiume, una serie di singhiozzi e lamentele che si mescolavano rendendosi incomprensibili.
Ebbe un attimo di esitazione, e poi, un passo dopo l’altro, raggiunse il punto da cui sembrava provenire il tutto. Lentamente scostò le foglie della pianta che ne celavano la vista, e tutto per un attimo fu silente.
Era poco più che un bambino rannicchiato su se stesso, le mani strette attorno ad un fuscello spezzato. Aveva gli occhi arrossati e il resto del volto in terribili condizioni, sembrava provenire da una battaglia che aveva chiaramente perso. Però –ecco, c’era qualcos’altro che lo lasciava lì immobile sul suo posto.

«Vuoi prenderle anche tu?!»

Il suo sguardo, nonostante il suo stato, era pieno: pieno di furia, di paura, di amara sconfitta.
Alzò il mento, e gli indicò una ferita che gli sanguinava sulla guancia.

«Devi prendertene cura, prima che si infetti.»

Il ragazzino non disse nulla e lo sguardo gli si perse fra il dubbio e l’esitazione, in quell’attimo in cui tutto sembrava essersi fermato se non lo scorrere dell’acqua.
Quello, in realtà, fu il loro primo incontro e la prima volta che lo aiutò.
 
 
 
 
In quel momento stava guardando Romanus come se nulla esistesse al mondo tranne lui, ed era certo di un unico fatto: quella sarebbe stata l’ultima volta in cui l’avrebbe visto.

«Alla fine sei arrivato.»

La sua voce era roca, logora dal vino che gli aveva solcato la gola da intere vite e da fatiche che nessuno a parte lui avrebbe saputo sopportare.
Romanus gli stava seduto a pochi metri di distanza, la mano stretta attorno al triclinio e aveva un sorriso che non riusciva a comprendere. Era stanco, ma c’era della tenerezza sul suo volto.
Rimase fermo ad osservarlo, silente nei suoi pensieri. Nella sua figura non c’era traccia di nessun altro Romanus che avesse mai visto in precedenza: non c’era luce nei suoi occhi, né quella forza che attraeva tutti come lucciole al fuoco.
Era solo e consapevole.
Rimase fermo ancora e poteva sentire i caldi occhi del romano fissi su di sé, pazienti.
Poi gli si avvicinò.

«Spero di rivederti ancora un giorno, in una vita o nell’altra.»

Gli dedicò solo quelle parole, le uniche a cui riusciva a pensare. Ed era così vicino a lui ora, e il freddo pugnale che teneva fra le dita sembrò più pesante che mai.

«Grazie, Albrich.»

 
Ci volle solo un attimo, e il più grande impero del mondo cadde. E che l’ultima parola che lasciò alla vita fu il suo nome, lo fece solo sentire il più miserabile fra gli uomini.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note: idk what the heck is this shit. Vi chiedo perdono ahahahah *dies
Prendetela per quel che è, una fic scritta per amore per gli antichi ma senza tanti fondamenti storici, solo una paio di headcanon trovate negli angoli più oscuri di internet (y)
 
   
 
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