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Autore: tiny_little_bee    22/01/2015    2 recensioni
Cleopatra, la regina delle piramidi, non è affatto morta nella battaglia di Azio... è rimasta viva per ben duemila anni grazie ad un demone che aveva accolto, inconsapevolmente dentro di lei. Ma, se da un lato la vita eterna offre degli indubbi vantaggi, ci sono aspetti che non vorreste mai affrontare... come ad esempio il dover sacrificare un innocente per ogni mese di vita che ha ricevuto in dono. Non per sua scelta, Cleopatra è obbligata a uccidere delle persone innocenti per mantenersi in vita, ma purtroppo non c'è via di scampo a quest'orribile tortura, che durerà in eterno... o forse sì?
Genere: Sovrannaturale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Antichità, Antichità greco/romana
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La regina si allontanò dal fuoco. Sentiva i sussurrati rumori della notte attraversare le sottili tende di lino e ascoltò per un attimo la quiete fuori del palazzo. Andò a sistemarsi sul letto morbido e rimase ad osservare il colore cangiante delle fiamme. La battaglia era iniziata da un po', ma ancora non si vedevano vincitori. Lei non era uscita dal palazzo, sotto consiglio dei sommi sacerdoti. Il nervosismo le era entrato nelle ossa, cosa che le capitava di rado. Era sempre stata molto distaccata dalla guerra, ma il suo futuro sarebbe dipeso da Antonio, quella volta. Cosa ne sarebbe stato di lei, se lui avesse perso? Ottaviano non le avrebbe dato una seconda possibilità.
La sua mente sveglia ideò febbrilmente migliaia di scenari plausibili ed atroci, e intanto ponderò tutto ciò che era in suo potere fare. Poteva fuggire, poteva mettersi in salvo finché la guerra non fosse finita, spingendosi nel cuore del deserto, dove Ottaviano non si sarebbe spinto.
Avrebbe potuto chiedere aiuto. Implorare pietà ai senatori. Recitare il ruolo di vittima. Complottare contro Antonio. Salvare il suo Paese descrivendo la permanenza del romano a palazzo come un’occupazione forzata. Probabilmente qualcuno a Roma le avrebbe creduto, ma Ottaviano? Era lui che importava. Si massaggiò la pelle per far andare via il brivido che l’aveva colta quell’istante al solo pensiero di ciò che i romani avrebbero fatto se Antonio avesse perso la battaglia. Avrebbero occupato il palazzo e tutti i villaggi, avrebbero schiavizzato il suo popolo, avrebbero trucidato e stuprato. Non poteva permetterlo. Ma non poteva evitarlo. Sapeva, anche se non ci voleva credere, che quello sarebbe stato l’ultimo palazzo abitato da un faraone di stirpe regale.
Non voleva ciò. Sperava che la tanto decantata clemenza di Ottaviano arrivasse a risparmiare il suo popolo. Si alzò di nuovo dal letto e iniziò a camminare nervosamente per la stanza, pensando. Cercò di calmarsi, ma non ce la fece. Non vedeva via d’uscita dal massacro imminente.
Doveva inviare una richiesta di pietà ad Ottaviano, non aveva scelta. Avrebbe barattato sè stessa per il suo popolo, se fosse stato necessario.

Un rumore la fece sobbalzare in direzione della finestra. Un’ombra scura torreggiava sull’uscio. Una figura mascolina, alta, slanciata, terribilmente ambigua.
-Chi sei?- domandò titubante avvicinandosi al fuoco, ponendo le braci tra lei e il nuovo arrivato. Come era arrivato lì? Avrebbe voluto gridare, ma sapeva che prima di emettere anche solo un piccolo sospiro di allarme, sarebbe stata la fine per lei.
-Sono la morte. E la vita. Sono la tua salvezza eterna, cara mia regina.- disse l’ombra con voce graffiante rimanendo sull’uscio. Non si muoveva, era perfettamente immobile, non sembrava nemmeno che la voce provenisse da lui.
-Se sei così legato a me, mostrati.- disse lei riacquistando il contegno e la fierezza propri di una regina. La maschera di compostezza era di nuovo al suo posto, e lei si nascose bene dietro la sua protezione.
L’uomo fece un passo avanti, entrando nella luce del fuoco. La stanza sembrava più piccola con lui dentro. Si muoveva lento, come una pantera che avvista la preda e la studia prima di attaccare. Quando anche il viso fu illuminato dalla luce delle fiamme, la regina poté studiarlo a fondo. Era alto, proporzionato, con muscoli robusti, capelli nerissimi e occhi penetranti perfino più oscuri. La pelle era olivastra ed abbronzata, il volto affascinante sfigurato da una mostruosa cicatrice che lo attraversava dalla tempia alla mascella destra. La regina rimase ad osservarlo per un po’, poi si decise a chiedere spiegazioni.
-Come sei arrivato qui?- domandò allontanandosi ancora un poco. Non era vestita per una visita ufficiale, ma sentiva che in quel caso il vestiario sarebbe stato l'ultimo dei suoi problemi. Afferrò comunque una stola di lino a coprirsi le spalle con modestia, anche se era così bella che quel gesto era quasi dissacrante verso la sua perfezione.
-Sono saltato sul tuo davanzale, mia regina. Sono qui per portarti via.- sussurrò l’uomo con fare cospiratorio. Nonostante il pensiero che fossero più di trenta metri, da terra al suo davanzale, la regina non si focalizzò tanto su quel dettaglio sconcertante, quanto sul fatto che si trovava molto più lontana dalla porta d’ingresso di quanto lo fosse quell’uomo, ed era questo che le faceva spavento. Lo osservò avvicinarsi, con calma, al fuoco vivo, quasi per tentare di scaldarsi.
-Portarmi dove?- domandò interdetta Cleopatra. Sentiva la pelle accapponarsi lentamente, e una sorta di gelo penetrarle le ossa.
-All’inferno mia regina.
L’uomo avanzò minaccioso verso di lei, che non riusciva nemmeno a respirare. Superò il fuoco attraversandolo senza dare segno di dolore, alzò le mani e le cinse il volto con forza. Avvicinò le labbra alle sue e d’un tratto Cleopatra perse i sensi.
Percepì parte della sua umanità scivolarle via dalle membra, avvertiva il peso insistente del suo corpo che la tirava verso il pavimento e la spinta opposta delle mani forzute dell’uomo che la sorreggevano ferme. Sentì la mente divagare, allontanarsi da quel luogo e quel tempo, affrontare un viaggio ai confini delle costellazioni e ritornare in tempo per notare che lo sconosciuo si era staccato da lei e l’aveva adagiata sul letto morbido.
-Cosa mi hai fatto?- si sentiva diversa, rinata. Le sue ossa non erano mai state così robuste, le sue membra così forti, i suoi sensi così attivi. Percepiva la notte e la notte percepiva la sua rigenerata presenza. Gli occhi frugavano ogni dettaglio della realtà, le orecchie ascoltavano per la prima volta, la sua pelle recepiva tutte quelle sensazioni che prima poteva soltanto ignorare. Sentiva di essere un essere migliore.
-Ti ho liberato del fardello della tua umanità, mia regina.
-Ma tu hai detto che mi avresti portato all'inferno, e questo non assomiglia minimamente agli inferi.- obbiettò lei prestando solo un briciolo di attenzione alle parole dell’uomo, distratta da tutto ciò che poteva apprendere con i suoi rinati sensi.
-No. Non ancora.- disse l'uomo in un sospiro, quasi di tristezza, ammirando per l'ennesima volta quello spettacolo sconcertante di umani strappati via alla loro umanità, ignari delle conseguenze.
Ma quelli erano gli ordini.
   
 
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