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Autore: Eresseie93    23/01/2015    5 recensioni
Salve a tutti!! :D Una One shot Merthur. prendo direttamente un pezzetto del testo! Spero vi possa piacere
Abitava da solo in quella casetta in campagna, ormai aveva passato la cinquantina. Però ogni giorno puntuali arrivavano le due figlie dei vicini, gli adiacenti alla sua casa erano persone simpatiche, educate, gentili e mandavano sempre le loro bambine da lui per non farle stare sempre in casa. A lui non dispiaceva affatto, anzi...
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù, Un po' tutti | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Salve a tutti!!! :D spero che questa Oneshot vi piaccia!!! Grazie a tutti quelli che leggono silenziosamente e chi invece lascia una recensione! Un bacio ;*

 

 

Era arrivata la Primavera, gli alberi stavano fiorendo, il sole diventava più caldo ogni giorno di più. Il suo giardino profumava di Gelsomino la notte e di Rosa il giorno. C’erano anche un albero di Mandarino, qualche Melo, qualche Ciliegio, un Fico, poco più distante dalla casetta in cui abitava si trovava una piccola vigna.

Abitava da solo in quella casetta in campagna, ormai aveva passato la cinquantina. Però ogni giorno puntuali arrivavano le due figlie dei vicini, gli adiacenti alla sua casa erano persone simpatiche, educate, gentili e mandavano sempre le loro bambine da lui per non farle stare sempre in casa. A lui non dispiaceva affatto, anzi gli regalavano piccoli attimi di gioia, che avrebbe conservato per sempre nella sua memoria e nel suo cuore.

Quando loro arrivavano la più piccola, Nimueh che aveva sei anni, dal vialetto si fiondava letteralmente tra le braccia dell’anziano con un sorriso genuino. Lui si chinava e apriva le braccia per accoglierla. La più grande invece, Morgause di anni dodici, arrivava camminando ma neanche lei gli risparmiava sorrisi sinceri. Lui abbracciava anche lei e poi entravano dentro, il camino era già acceso e la merenda era già pronta, una torta al cioccolato e una crostata alle more e un buon succo di frutta. Dopodiché l’anziano si sedeva nella sua vecchia poltrona rossa di velluto e Nimueh e Morgause si sedevano sulle sue gambe.

Dopo aver giocherellato un poco con loro a farsi il solletico la bimba più piccola gli tirò un po’ la barba, lo faceva sempre quando era pronta ad ascoltare incuriosita le sue storie, e sorrise – Avanti nonnino, raccontami un’altra storia. Una bella e.. – stava pensando e l’altra sorella aggiunse - .. piena d’amore e amicizia! – gli brillavano gli occhi, non potè resistere a quella richiesta.

- Una storia piena d’amore e amicizia, ne ho una, una storia bellissima– sorrise ma i suoi occhi non lo fecero. Il vecchio si mise comodo e le bambine erano attentissime – Allora, da dove incomincio?  Ah sì.. – e iniziò la sua storia.

Era un pomeriggio come tanti altri in una noiosa e appena iniziata estate, a quell’epoca era solo un bambino. Abitava in una casa di campagna e un giorno accanto alla sua casa venne ad abitare una famiglia, che era un po’ come la sua. Nel senso che a loro mancava una mamma e a lui un papà, e mentre lui aveva sempre abitato lì, l’altro bambino veniva dalla città. Si erano trasferiti perché la madre era morta e il padre del bambino non voleva stare più in centro, ma faceva sali e scendi dalla campagna al capoluogo per lavoro. Gestiva un’azienda e un giorno sarebbe stata del figlio.

Il bambino che viveva accanto a lui era biondo come il grano che cresceva lì nelle vicinanze e i suoi occhi erano azzurri come quel cielo d’estate, gli piaceva così tanto stare in compagnia di quel bimbo, anche se all’inizio non fu facile stargli accanto. Era capriccioso , voleva vincere sempre lui, avere i ruoli più importanti, come quella volta che giocarono al principe e al servo. Ovviamente il servo spettava al campagnolo – Merlino  sei abituato a fare il servitore! –  gli aveva detto il biondo, e l’altro buono per com’era non se la prendeva,  si imbronciava un po’ per quell’aria viziata che il principino aveva, ma passava tutto quando l’altro storceva la bocca e sedeva accanto dividendo la merenda.

I bambini hanno l’anima innocente e pura, anche quando vogliono avere i ruoli più rilevanti. Merlino questo lo sapeva, e pensava che Artù volesse essere sempre così in alto e importante  perché non aveva una mamma che lo faceva sentire così. Suo padre, Uther, era sempre scontroso e autoritario e non c’era simpatia tra padre e figlio, e neanche con il vicinato.

Artù non era facile, ma una volta disse a Merlino una frase – Mi piace il nero dei tuoi capelli, mi ricorda tanto la notte, il momento in cui posso vedere la mia mamma in cielo – e gli sorrise donandogli metà della merenda. Fu quello il momento che Merlino capì che erano diventati amici, e lui un amico non l’aveva mai avuto e fu una sensazione così bella che gli si strinse il cuore.

Passarono gli anni ed erano ancora affezionati. Erano più grandi, si sentivano uomini fatti, quando anche loro in un piccolo angolino del loro cuore pensavano e sapevano di dover ancora crescere. Avevano solo 17anni e si sentivano i padroni del mondo, erano dei bei ragazzi e non passavano di certo inosservati alle ragazze, ma Merlino rispetto all’amico era un po’ più timido ed impacciato, e diciamolo non gli piacevano molto le ragazze ma questo Artù non lo sapeva. Se c’era una cosa che avevano stabilito come base solida della loro amicizia era “ Ci spalleggeremo a vicenda e nessuno abbandonerà l’altro. ” poi avevano sputato nella mano e se l’ erano stretta.

Ne avevano passate tante insieme, come quella volta che Artù lo difese da dei ragazzini che lo volevano picchiare, ed erano finiti entrambi con un occhio nero ma anche gli altri teppisti non erano messi bene. Oppure come quella volta che Merlino aveva accompagnato l’amico al bar del paesino di Eldor per adescare qualche ragazza e c’era riuscito, la ragazza l’aveva addirittura invitato sul retro del bar. Artù guardò l’amico e l’altro non poté che guardarlo con quegli occhioni – Vai pure! – sussurrò in un sorriso che svanì quando lo vide allontanarsi con quella, il biondo lo ringraziò e si avviò con la ragazza, ma dopo pochi secondi tornò prese l’amico e andarono via. Merlino lo guardò confuso – ma come così in fretta? – il biondo sorrise – non sapeva baciare granché – e scrollò le spalle, invece non era vero. Morgana sapeva baciare benissimo ma non avrebbe potuto mai lasciare il suo amico seduto da solo al tavolo, specialmente non dopo che aveva immaginato di baciare Merlino e non la ragazza, ma questo non glielo disse mai.

Tornati nel vialetto di casa, si sedettero sotto un Pino, annusarono a pieni polmoni l’aria. Artù lo guardò e l’altro si voltò di scatto, il moro sorrise – Cosa c’è Artù? – l’altro sorrise di sbieco  - Rimarremo amici per sempre non è vero? – sussurrò, Merlino gli diede una lieve spinta con la spalla – Per sempre. –

 

- E poi? E poi cos’è successo nonnino? – gli tuonò una voce che gli tirava la barba – sono rimasti amici per sempre? – Il vecchietto guardò Nimueh e le sorrise dolcemente – Certo bambina mia – e continuò con la storia.

 

Passarono diversi tempi, e ai ventuno anni di Artù il padre decise di trasferirsi e non volle sentire ragione, lo trascinò dietro e lo caricò in macchina. Nonostante tutto riuscivano a vedersi spesso, fino a quando Uther impose al figlio di prendere in mano l’azienda di famiglia. Anche se non si potevano vedere sempre, si scrivevano. Per Artù non c’era nessuno che potesse eguagliare l’amico, nessuno così dolce, imbranato e saggio al tempo stesso. Appoggiato alla finestra della casa in città si ricordò di quando lui uscì arrabbiato piangendo per la rabbia e corse lontano da casa fermandosi sotto un salice , Merlino l’aveva seguito e si fermò solo a pochi metri di distanza. Aspettando in silenzio, e quando lui l’aveva chiamato in un sussurrò l’amico si apprestò a rispondere – Sono qui! – e l’abbraccio. Fu un abbraccio caldo e il suo cuore perse un battito.

Chissà quando aveva iniziato ad amarlo silenziosamente e segretamente. Ma suo padre di certo non avrebbe approvato, gli aveva rifilato anche una fidanzata e presto futura sposa. Era una bella ragazza, scura con i capelli ricci che le ricadevano sulle spalle, Gwen, una ragazza ricca ma umile d’animo. Ovviamente per Merlino avrebbe lasciato tutto, azienda e ricchezze, ma Uther avrebbe trovato sempre il modo di danneggiare, se non il proprio figlio, il proprio compagno.

A Merlino mancava la compagnia di Artù, qualche volta era andato a trovarlo ma non sapeva stare in città, Camelot era davvero troppo diversa dalla silenziosa campagna.  Era stato anche al matrimonio dell’amico, aveva conosciuto gli amici e colleghi più vicini a lui, Gwein, Leon, Parcival ed Elyan, amico e cognato.  In seguito era tornato a casa.

Poi non arrivarono più neanche le lettere, ma si perdonavano silenziosamente. Un giorno inaspettatamente ne arrivò una, ormai avevano entrambi una quarantina d’anni, ma non erano buone notizie poiché il mittente era Gwen. La lettera diceva solo di andare a casa loro perché Artù era morto, un infarto, e voleva che ricevesse degli oggetti.

Così scese in città, rese le sue condoglianze, lo guardò per l’ultima volta nella bara, prese lo scatolo e andò via quasi volando. Una volta tornato a casa aprì quello scatolo e trovò alcuni oggetti significativi per loro:  Una spada, una corona e un fazzoletto rosso, di quando giocavano al Re e al servo;  una vecchia foto dove Artù aveva un braccio appoggiato sulla sua spalla e sorridevano; un accendino con il quale avevano acceso la loro prima sigaretta. Fino a quel momento si era trattenuta dal piangere, poi trovò una lettera.

“ Non ho mai avuto il coraggio di dirtelo o di scrivertelo. So anche che sto male, problemi al cuore, ma non voglio dirtelo. I medici non è capiscono nulla, dicono che non funziona bene e che devo aspettare un trapianto e nel mentre non devo affaticarlo con lo stress. In verità l’unico peso che il mio cuore regge è uno solo Merlino. So che adesso è tardi e spero che non l’avrai con me, ma credo di essermi innamorato di te. Spero potrai perdonarmi un giorno e semmai quel giorno arriverà vorrà dire che io non ci sarò più. Il nostro doveva essere un per sempre, e per me lo è stato, perché ti ho amato fino al giorno della mia morte. Non dimenticarmi mai amico mio ”

E’ lì che il suo cuore si incrinò fino a spezzarsi e quel giorno morì un poco anche lui. Per questo decise di abitare in campagna, per poterlo avere ancora con lui, piantare il gelsomino perché era bianco come la sua anima e aveva lo stesso profumo della sua pelle. Coltivare le rose rosse, per ricordarsi sempre del loro amore, piantare l’albero di mele perché era la merenda che dividevano sempre.

Ogni cosa sapeva di lui.

Ogni cosa gli ricordava lui.

Ogni cosa era lui.

 

Ma non raccontò questa versione alle bambine disse semplicemente – e poi quei due amici vissero ancora tante avventure, si dice che abbiano trovato un altro mondo e vivano lì – disse con entusiasmo. Le bambine risero e poi le accompagnò a casa come ogni giorno.

Rientrato in casa cenò, poi si sedette sul letto e riprese in mano quella lettera – Anche io ti ho sempre amato e non te l’ho mai detto. – sussurrò, poi spense la luce e si addormentò.

  
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