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Autore: Chains_    24/01/2015    10 recensioni

N= {a, i, l, n} A= {a, i, l, n}
Allin guardò il pezzo di carta passatole dal suo compagno di banco e si accigliò, non capendo subito le sue intenzioni.
“A meno N...” Sussurrò Niall scrivendo l'operazione d'insiemistica.
“Uguale insieme vuoto.”
“I nostri nomi!” Esclamò sorpresa la ragazza.
“Sì, sono composti dalle stesse lettere.”
“E se uno viene sottratto all'altro...”
“L'altro si annulla.” Concluse Niall sorridendo.

Quando Allin ebbe la possibilità di frequentare il liceo di Mullingar, non avrebbe mai pensato che la sua vita sarebbe stata sconvolta dalla presenza di un ragazzo. Per sfortuna gitana, acrobata nel circo di famiglia, non avrebbe voluto né potuto innamorarsi di un irlandese. Eppure fu grazie a Niall che Allin iniziò a credere in un futuro in cui essere zingara sarebbe stato solo un ricordo. Ma il peggio doveva ancora venire. I due dovevano ancora esser separati.

"Sai cosa c'è, cugina? C'è che è sempre stato A-N, non N-A. Chi vieni sottratto a chi? Ora lui sta ad XFactor ed io qui, distante chissà quanto!"

Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=t652GzFXWqc
La Fanfiction prende ispirazione dal vero.
[Personaggisecondari: LittleMix, 5Sos...]
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Lost
 

-Vi auguro giusto buona lettura e beh, per informarvi su altro, vi invito a leggere le note a piè di pagina.



Erano le due spaccate quando Allin rientrò a casa dal Magic. L'odore dell'ultimo uomo a cui aveva dovuto donarsi prima di finire il proprio turno era ancora impresso sulla sua pelle. La ragazza prese un respiro stanco, poi incominciò a spogliarsi lentamente di cappotto e abiti, solo successivamente si liberò della lingerie che non aveva levato già al locale. Si diresse in bagno a fatica, cullata dal fresco delle notti di giugno che alleviava il calore del suo corpo, ancora provato dal sesso. Era sfinita particolarmente, quella sera, e se ne rese conto appena vide la propria faccia riflessa allo specchio che, impregnata di trucco e quasi incisa da occhiaie profonde, la rendeva quasi irriconoscibile anche ai propri occhi. Se tempo prima era quasi rifiorita, adesso si stava nuovamente sciupando, in una successione infinita di alti e bassi. Considerava la propria vita priva di senso dopo l'incidente al lavoro e la consapevolezza dell'esistenza di qualcosa che lei non ricorda aver vissuto e che nessuno sembrava sapere. Aveva sempre lavorato senza mai lamentarsi, aveva studiato nel mentre, tanto che aveva quasi guadagnato abbastanza da pagare la cauzione a favore del fratello di Gonzalo. Ma era valso a qualcosa faticare a tal punto? Se lo domandava spesso, Allin, si chiedeva se fosse stato giusto addirittura sprecare del tempo in cerca di una nuova vita. La ragazza lo sentiva, percepiva nel più profondo della sua anima di aver perso un obiettivo per cui prima era stato giustificato il proprio lottare e struggeva al pensiero che nessuno l'avrebbe mai potuta aiutare. Pur vero però che ormai si era abituata a quella routine, a tal punto che non era più certa dell’abbandono o meno del Magic, nel suo futuro prossimo. Aveva infatti mandato a farsi fottere da tempo la dignità mentre la propria bontà d'animo rimaneva la sola a spingerla a concludere ciò che aveva promesso al padre acquisito e al non tenersi qualche soldo per sé. D’altra parte, pensava, da lì a breve avrebbe potuto sapere felici le proprie cugine e ciò non era di poco conto. Allin felice non lo era e andava avanti così da anni, quindi sapeva benissimo cosa significasse la felicità. Era allegra sì,  ed anche una buona attrice di teatro forse, ma le ossa del bacino, le costole, le clavicole persino che risaltavano sempre più rispetto al suo corpo esile erano chiaro avviso di un malessere interiore e profondo. Sentendo d'improvviso freddo -le piastrelle del pavimento nel bagno erano gelide- la bionda si raccolse i capelli in una crocchia malconcia, quindi subito strusciò quasi sotto il getto bollente dell'acqua. Chiuse gli occhi e un paio di iridi azzurre apparvero scomparvero nel nero dei suoi pensieri. «Basta, basta» sussurrò vacillante, portandosi le mani sul viso umido e bollente. Nell'ultimo periodo non faceva che vederli, gli occhi di Niall, che la osservavano attenti. Peccato che non si rendesse conto di chi appartenevano: se già da allora si fosse ricordata dell’importante persona che rappresentavano, il suo futuro sarebbe stato sicuro più facile. Per la ragazza, quelle iridi chiare non erano difatti più che qualcosa da cui fuggire, sebbene non vedesse in essi cattiveria, bensì tristezza, malinconia a volte mista a preoccupazione, altre amore. Con la loro presenza poi, vari scorci di vita avevano intrapreso a sostituire gradualmente i sistematici incubi notturni, ricordi fin troppo intimi per poter esser rivelati. Allin però, benché questa loro caratteristica, non poteva dirsi ancora entusiasta, non si lasciava ingannare da quella che chiamava “la felicità dell'ignorante” perché in parte consapevole che quelle brevi scene erano minima parte di ciò che aveva dimenticato. Allora si preoccupava quasi a risvegliarsi con la sensazione di sentire stringerle  i fianchi da mani sconosciute, con le immagini ancora in testa della propria vita dietro i banchi di scuola, del calore di una indefinibile casa di legno che non le diceva niente. Cercando di cambiare pensieri, l’irlandese preferì concentrarsi sulla melodia di qualche canzone biascicata e riecheggiante nella cabina doccia che su altro, lavandosi bene dalla pelle tracce della serata appena conclusa.
#


Quando la mattina seguente Allin aprì gli occhi il sole era appena sorto in cielo. Aveva dormito abbastanza, quella notte, più delle altre sicuro se considerate le solite quattro ore, eppure si sentiva egualmente stanca. Se non fosse stato che da lì a breve sarebbe stato deciso il proprio futuro, lei sicuro non si sarebbe alzata dal letto, preferendo il rimanere ad arrotolarsi tra le coperte fino al mezzogiorno. Aveva l'incontro con Julie Emerson, però, proprio quella fotografa fotografa che si diceva interessata all’averla come stagista e questo sapeva essere una priorità, sicuramente un buon motivo per cui abbandonare il materasso. Afferrando maldestramente -senza un caffè in circolo, non riusciva a reggersi più sulle ginocchia- i vestiti sistemati la sera sulla sedia, la ragazza iniziò ad abbigliarsi, ancora con gli occhi semichiusi. Assonnata, indossò la leggera bluse color pesca e la abbottonò, lasciando in parte scoperte le clavicole. Così, una volta tirata su anche la lampo degli skinny chiari dalla vita alta, mise nuovamente i tacchi che da quando aveva acquistato non l'avevano mai abbandonata. Con la coda dell'occhio si osservò poi riflessa allo specchio. Stava bene e se ne compiacque parecchio, considerando quanto sapeva valere nel panorama artistico uno stile ineccepibile. Rincuorata, si avvicinò al vetro, la pochette dei trucchi la teneva stretta tra le mani. Due pennellate di correttore, qualcuna in più di mascara, eyeliner a incorniciarle lo sguardo e labbra laccate di una tonalità simile a quella della camicia, la bionda afferrò la borsa tracolla lasciata ai piedi del letto sfatto e ben presto fu in strada.

* * *

Forse perché anche lei stessa non era da meno, forse per altro, Allin quella mattina Londra proprio non riusciva a percepirla come sempre. Le sembrava, al contrario, particolarmente in subbuglio, più di quanto non lo fosse d'abitudine. Era presto, estate per giunta e di gente scorrazzante per i marciapiedi ce n'era già a bizzeffe. Chi si fermava nei piccoli alimentari per procurarsi un'idea di pranzo, chi in boutique per prepararsi alle vacanze fuori paese, chi non si era lasciato intimidire dal periodo per fare jogging, chi -i più giovani soprattutto- si crogiolava in camminate tranquille, godendosi quell'aria di libertà. C'era poi una minima parte di persone che camminava a testa bassa, lasciando intendere come se quest'ultima pesasse, sovraccaricatasi di fin troppi pensieri, così Allin. A ritmo veloce, guidata dall'ansia, solo quando fu giunta all'indirizzo indicatole dalla Emerson, la ragazza si fermò. «Alex, dove ti sei cacciato!» imprecò tra i denti, non riconoscendo in quello dei passanti il volto dell'amico.
Sbuffò incrociando le braccia al torace ossuto, poi si accese una delle sigarette che Tabatha le aveva lasciato qualche giorno prima. Ora sì che poteva dirsi con i nervi a fior di pelle, mentre aspirava vigorosamente il fumo. Senza il ragazzo, del resto, il servizio fotografico di prova sarebbe stato certamente più complicato -l'idea di fotografare un estraneo le metteva ancora soggezione-, o peggio: sarebbe saltato.
«Capitano Alex, qui presente!» Fu giusto qualche secondo dopo che la voce del giovane la fece sobbalzare dallo stato di sonnolenza che le lasciava socchiudere le palpebre. Allin gli sorrise e, pur attenta a non bruciarlo con la sigaretta stretta tra indice e medio, lo strinse a sé.
«Sei arrivato» alitò sulla sua spalla muscolosa. Gli occhi del ragazzo si illuminarono di una gioia nascosta. «Per te, sempre e comunque» le rispose, ricambiando l'abbraccio. Togliendole la sigaretta di mano, aspirò lui un'ultima volta, poi la spense, andando a gettarla in un cestino posto sul ciglio della strada. Allin lo osservò quasi divertita dal vederlo così attento, poi gli afferrò la mano con naturalezza ed insieme entrarono nello studio fotografico di Julia Emerson.
A causa del periodo estivo, durante il quale venivano organizzati più set all'aperto che altro, l'edificio -notò Allin- non era poi tanto pieno. Ad accoglierli all'ingresso fu una giovane segretaria che, forse più per la presenza di Alex che per gentilezza, li accompagnò fino alla porta cui targhetta recitava 'Emerson', facendo fare ad entrambi una breve visita della palazzina. Organizzata su due piani, al terreno vi erano gli uffici dei segretari relativi ad ogni fotografo cui studio era al primo, dove si trovavano la maggior parte delle sale trucco, i vari camerini e le stanze adibite a set. Un po' spoglio della vitalità che doveva avere di prassi, l'edificio faceva sentire Allin ancora più piccola di quanto fosse già. Sarebbe stata in grado di entrare a far parte di una macchina che, seppur in quel momento stesse vedendo spenta, sapeva essere operativa e quasi infallibile? Al solo pensiero di lavorare a stretto contatto con persone superiori a lei, la bionda un po' si sentì in difetto e per fortuna che ad Alex questo non sfuggì. Fu solo merito della sua vicinanza, spalla contro spalla, che Allin trovò il coraggio di bussare alla porta che fissava da minuti.

* * *

«Ragazzi, vi aspettavo!» esclamò Julia non appena i due furono nella stanza.
«Piacere, Alex» si presentò subito il ragazzo, affatto imbarazzato. In fin dei conti, lavorare a contatto con le persone era buona parte della sua vita.
«Julia» contraccambiò la fotografa, poi lo scrutò da testa a piedi. «Hai mai posato prima d'ora?» gli chiese, sotto gli occhi confusi della bionda. «È un bel ragazzo» le spiegò.
Allin allora, dacché osservante il pavimento vergognosa, alzò lo sguardo verso il barista. La donna non era in torto, constatò. Alex era bello, più vi posava gli occhi, più poteva affermarlo, tanto che si domandò addirittura perché non lo avesse mai notato in precedenza. Con attenzione meticolosa la giovane delineò i suoi lineamenti, il naso dritto, la mascella squadrata e li trovò capaci di competere con quelli delle più famose statue antiche. Alex sembrava davvero un ragazzo da copertina, pensò, persino più dei colleghi del Magic, al punto che, aggiunse ironica, se solo vi avesse messo piede, sicuro si sarebbe ritrovato assalito da una marea di persone. In più, dulcis in fundo, lui era suo -glielo ripeteva spesso- e a vedere le sue parole confermate da comportamenti la ragazza provava in cuor suo un certo compiacimento.
«Bene, direi che possiamo cominciare» esordì Julia battendo le mani, dopo aver notato di come l'aria si fosse fatta imbarazzante.
Il ragazzo seguì quindi le sue indicazioni e raggiunse una sala trucco ed Allin, invece, restò con lei. Chiacchierarono del più e del meno e proprio grazie a quelle quattro battute Julia scoprì la nuova stagista una giovane donna matura, mentre si davano da fare per preparare la Hasselblad e i suoi vari obiettivi, così da raggiungere il set e sistemare le luci. Sarebbe stato un photobooth molto semplice in realtà, le aveva spiegato, nulla di articolato e su sfondo bianco perché, come ripeteva ogni volta, «è in scatti essenziali che trapelano le capacità di un fotografo». Magari per mentire a se stessa, o semplicemente perché a posare era “solo” Alex, Allin non era tuttavia nervosa mentre aggiustava l'intensità dei vari fari, per far del blackandwhite un filtro ottimale. Il tempo però, a differenza sua pareva agitato. Passò in fretta e sembravano passati solo cinque minuti quando -quasi mezz'ora più tardi- Alex la raggiunse nella stanza, al seguito di quella che doveva essere la makeup-artist. Sorridendole, abbozzò all'amica un occhiolino.
«Ricordati -Julia la guardò con severità- «essenziale, virile e vivo.»

* * *

«Sono a dir poco estasiata, Clarylin, complimenti!» commentò la Emerson. Una volta concluso il photoshoot, la fotografa, in compagnia di Alex ed Allin, si era ritirata nel proprio studio, per visualizzare gli scatti su pc.
Allora era già consapevole delle capacità della propria stagista -aveva sfogliato più volte ogni suo singolo album portato all'esame-, ma non avrebbe mai scomesso in scatti tanto capaci e decisi.
“Questa è la mia preferita!” commentò entusiasta la ragazza quando sullo schermo apparì una foto di Alex che, sporto leggermente in avanti verso l'obbiettivo della reflex, abbozzava un sorriso sghembo, le braccia incrociate sul petto nudo.
«Virile, viva, essenziale» mormorò soddisfatta Julia, «hai fatto un ottimo lavoro.»
Allin sfoggiò subito un luminoso sorriso, gli occhi velati da un velo di lacrime perché questo era ciò che voleva fare della sua vita. «Grazie mille, ne sono felice» disse tentando di darsi un contegno, gli occhi persi nello lo sguardo di Alex.
«E tu? Sei certo di non voler provare ad impegnarti come fotomodello?» chiese Julia al barista. Pensando le foto affatto bisognose di un ritocco dalla sala photoshop, le mandò direttamente a stampa.
«Mi è stato proposto già, ma semplicemente non mi interessa» le rispose stavolta imbarazzato il giovane, mantenendo un tono gentile.
Allin poco dopo notò decine di Alex stampati su carta lucida. «Julia, posso chiederti il perché di... Questo?» balbettò imbarazzata.
«Un regalo per te, ho pensato ti avrebbe fatto piacere» rispose cordiale quella. «Inoltre, quando la tua fama aumenterà, sicuro avrai bisogno di un book nel quale inserire tutti i servizi a cui hai lavorato» le spiegò affettuosamente, alzandosi da dietro la propria scrivania per andare a raccogliere le stampe e l'orario di lavoro che aveva preimpostato. Con la devozione di una professionista quale era inserì gli scatti uno ad uno in un piccolo raccoglitore fotografico di quelli in plastica leggera, poi si avvicinò ai due ragazzi. La bionda diede un'occhiata fulminea agli orari da rispettare per quei sei mesi di prova, poi però subito gli occhi le guizzarono ancora sulla figura slanciata di Alex. «Bene, con questo possiamo dichiarare conclusa la prima giornata» esclamò la fotografa, posando una mano sulle spalle della giovane collaboratrice. «Non sarà sempre così facile, Allin» premise poi, facendo strada per l'edificio a lei e al suo accompagnatore fino a raggiungere l'ingresso. «Ma punto su di te e beh, a domani!» aggiunse, congedandoli. Intenerita dalla loro complicità, la donna non voltò le spalle finché i due, camminando vicini, non uscirono dal proprio campo visivo.


* * *

“In questa sei... Assurdo” mormorò Allin mentre, seduta sulle gambe di Alex, sfogliava per la centesima volta l'album fotografico appena ricevuto.
Il ragazzo alzò la testa verso la spessa trama di rami dei pini che, l'uno vicino all'altro, circondavano l'area verde in cui i due ragazzi avevano deciso di passare ciò che gli restava della mattinata. “Oggi sei in vena di complimenti o cosa?” chiese abbozzando un sorriso. Sebbene se non volesse ammetterlo neanche a se stesso, amava quando Allin dava l'impressione di vederlo sotto altra luce.
«Non lo so, ma non abituartici!» rispose lei tranquillamente con il solito sorriso furbo ad curvarle le labbra, proprio le stesse labbra su cui ora il ragazzo non riusciva più a distogliere lo sguardo.
La guardò e, intenerito, la strinse tra le braccia, accovacciandosi sulla sua schiena. Solo così in quell'ultimo periodo riusciva ad essere felice, percependola accoccolata al proprio petto. Stava immobile, poggiato sulla sua scapola a sentire il suo battito cardiaco accelerare gradualmente a contatto con la propria guancia, il suo calore scaldargli il corpo e, in qualche curioso modo, il cuore. Chiuse gli occhi ed fu allora che riuscì a distinguere quella che gli sembrava essere la migliore armonia mai eseguita da esseri umani. Si era innamorato, senza neanche rendersene conto e così era inevitabilmente caduto in una situazione più grande di lui. Con l'ombra di Niall alle calcagna, come avrebbe potuto stare tranquillo? Gli zingari e le origini della bionda erano solo la punta dell'iceberg e tutto risultava così complicato. Aveva resistito a lungo, il giovane universitario, ma da quando poi Allin era stata travolta dall'amnesia lui aveva mollato la presa, ammettendo a se stesso che forse quella voglia di proteggere la ragazza, i suoi “bimba” e la prontezza nel renderla felice significavano altro rispetto ad una banale amicizia. Lui l'amava, eccome se l'amava, profondamente e segretamente. E poi soffriva, perché sapeva. Era conscio che il proprio amore non sarebbe mai stato ricambiato, non appieno, e questo bastava affinché si ponesse un freno, anche se a volte gli sembrava inconcepibile. Non l'aveva riferito a persona viva, ammettendolo solo davanti la lapide di sua madre e senza ricevere parere. Era morta tempo prima, la donna, ma l'affetto che il ragazzo provava nei suoi confronti e la fiducia soprattutto non si erano mai affievoliti, sebbene fosse aumentato il senso di devozione nei confronti del padre. Ne avrebbe parlato con lui, decise in quella settima giornata di giungo, giusto per schiarirsi le idee. Ancora chiuso a guscio a circondare il corpo di Allin, il giovane sfilò dalla tasca degli skinny neri il proprio smartphone. Ne sbloccò la schermata e qualche secondo dopo aveva già scritto a "Dad" di passare la sera nel bar in cui lavorava, per una chiacchierata da uomo a uomo. Non vivere più con lui in periferia, ma a Londra con dei colleghi di studi aveva qualche pro, ma anche un contro fondamentale: la distanza e l'assenza.

* * *

“Allora, che dice il nostro programma?” chiese Zayn con la stanchezza del tour che, seppur ultimato da qualche ora, gli pesava sulle spalle.
Sonnolenza a parte, i cinque cantanti emergenti avevano deciso di comune accordo di accorciare i tempi di pausa, per poter fare tutto con più calma nei mesi successivi. Dunque, adesso si ritrovavano a combattere il sonno, la voglia di uscire e festeggiare la fine dell'Up All Night, o farsi qualche partita a Call of Duthy, pur di leggere almeno i punti salienti del proprio contratto rinnovato. Erano cambiate così tante cose nell'ultimo periodo, la fama dei quei ragazzi era davvero aumentata e dava cenno d'arrestarsi, espandendosi in modo esponenziale in tutto il globo come nessuno aveva previsto e, decisamente sì, si erano guadagnati quel foglio bianco che stringevano tra le mani. «In questo periodo estivo abbiamo qualche servizio fotografico per riviste, la copertina di 'Take me home' e campagne pubblicitarie. Dobbiamo girare uno spot e il video di 'Live while we're young', poi ci sarà il rilascio dell'album e tutte le interviste varie ed eventuali prima del tour e...» Liam strabuzzò gli occhi, non sicuro di ciò che stava leggendo, credendolo allucinazione. «E verrà girato un film documentario con nostri spezzoni di vita in tournée che poi sarà proiettato nelle sale cinematografiche del mondo intero» concluse e neanche commentò, a corto come era di parole.
«Che cosa?» chiese Louis sorpreso, meglio sgomento. Non che non gli piacesse l'idea, ma c'era anche da considerare la presenza di una telecamera sempre pronta a riprenderli e allora lui ed Harry...
«Troveremo dei modi per prenderci una pausa dalle registrazioni, siamo una squadra» parlò Zayn per Liam. Dacché prima si era solo limitato ad ascoltare, aveva già capito dove volesse andare a parare l'amico, quale fosse il suo problema.
«Sei tenero!» esclamò il riccio tutt'un tratto. Lo sguardo dei propri amici posatosi su di sé gli aveva fatto riaprire gli occhi.
Con il cuore colmo di un sentimento che non sapeva ad ogni modo definire, Harry si avvicinò a Louis, accoccolandosi sulla sua spalla. Da tempo erano iniziate a girar voci sul loro conto. Chi li chiamava gay, chi preferiva attribuirgli nomi meno carini. Louis semplicemente odiava, detestava, schifava tutto ciò. L'idea che tutti fossero pronti ad aprire bocca definendo "amore" un qualcosa di cui neanche lui conosceva l'essenza, dandogli addosso un imbarazzo e un'oppressione ancora immotivata lo mandava in bestia. Ancor più grave il fatto che il legame con Harry ne stava risentendo da quando i manager, per proteggere entrambi dalle malelingue, gli avevano presentato Eleanor -ragazza d'oro, s'intende- ad un after party. E lui? Louis non faceva che illuderla perché era giusto così, dicendole di provare un amore inesistente, e continuava a soffrire per l'indifferenza che doveva dimostrare provare verso il minore. Al suo fianco non poteva farsi vedere più insieme in pubblico, non ci si poteva scrivere più su Twitter e... «Ci mancava solo la telecamera h24!» sbuffò. Harry gli carezzò la testa e solo con il suo tocco l'inglese non lasciò degenerare la questione in una sfuriata, dando modo al maggiore di vedere del positivo nel film-documentario. E Louis sapeva quanto per il più piccolo fosse difficile, anche solo il dover mostrarsi interessato a ragazze sempre diverse per dover equiparare il rapporto con lui, che non faceva che confonderlo sempre più. A differenza di Harry, però, Louis era sicuro meno innocente ed era in grado di veder ogni cosa proiettandola in un futuro. Forse perché più grande, forse perché più consapevole dei propri comportamenti, aveva già intuito tempo prima che, se non avesse posto lui il fine sul nascere, il riccio avrebbe fatto di quell'amicizia, amore. Una domanda che non voleva porsi, tuttavia, rimaneva. Sarebbe stato in grado di uccidere quella marea di farfalle che percepiva svolazzare nel proprio stomaco e la tanta voglia di piangere? Sull'orlo delle lacrime, si strinse al più piccolo, aumentando la stretta.
«Non vedo l'ora di mettere in imbarazzo tutti voi davanti alle cineprese» confessò Niall ridendo, con l'intenzione di alleggerire l'attenzione.
Funzionò perché «Vola basso, ragazzino!» esclamò Louis tirandogli il beanie che continuava a coprigli la testa, seppur fosse giugno.
Zayn guardò poi i quattro ragazzi animarsi in un dibattito senza fine. «Io me ne dissocio...» esclamò ridacchiando, quindi chiuse gli occhi e si allungò sul divano. Sapeva benissimo che alla fine sarebbe stato lui quello maggiormente preso di mira per gli scherzi dei suoi compagni, così incominciò ad architettare già qualcosa per vendicarsi.

* * *

Il bussare alla porta di qualcuno interruppe la conversazione tra fotografa ed assistente. All'esortazione della prima, poi, questa venne aperta e un segretario dall'aspetto tutt'ordinato e preciso ne fece capoccella. «I One Direction sono ad aspettarla nella sala ricevimenti, Julia» disse con la dovuta formalità e quindi, come era comparso d'un tratto, d'un tratto sparì.
«Bene» borbottò la donna, afferrando l'agenda in cui aveva appuntato qualche fondamentale sull'intervista che il photoshoot avrebbe accompagnato. Prima lei, poi Allin, entrambe uscirono così silenziosamente dallo studio. La bionda si tenne qualche passo indietro dal suo capo. Sebbene lo nascondesse bene, stava decisamente andando nel panico totale. Aveva sempre saputo che avrebbe avuto presto a che fare con quel gruppo al quale era molto legata -ricordava la domanda a cui si era trovata a rispondere durante la prima chiamata con la Emerson-, ma non aveva mai fantasticato su quale sarebbe stata la propria reazione. «Cazzo» sbuffò. Sentendo le mani appiccicaticce dal sudore, se le asciugò sugli eleganti pantaloni a sigaretta. Fosse stato solo quello il problema. Tra il tremolio generale, l'improvvisa incapacità nel reggersi in piedi e il continuo arrotolarsi una ciocca di capelli tra le dita, Allin non sapeva più dove sbattere la testa. Poi, giusto due o tre passi dopo che, essendosi distratta, si ritrovò contro il petto di qualcuno che non ricordava, eppure conosceva. «Clarylin! Che ci fai tu qui?» domandò Liam in un soffio di voce e cercando nervosamente di mascherare il proprio saluto, ridacchiò.
Subito la ragazza spalancò gli occhi ceruli: era sconcertata. Come poteva quel ragazzo sapere il suo nome se mai gli aveva parlato fino ad ora? Ipotizzò che fosse stata Julia stessa a presentarla ai propri clienti in veste di stagista e, considerando che non l'aveva chiamata 'Allin', l'idea acquisiva ancor più senso. Così si obbligò a tranquillizzarsi e scosse lievemente la testa, pensandosi imbecille ad essersi tutt'agitata per quella che vedeva adesso come una simile ovvietà. Abbozzò quindi un timido sorriso al giovane cantante e la Emerson poco dopo l'affiancò.
“Liam, Harry, Niall, Zayn, Louis, vi presento la mia stagista, Clarylin Mason” disse con disinvoltura, posandole una mano sulla spalla.
“Cazzo” fiatò tra i denti l'irlandese, all'istante rabbrividì. Come aveva potuto il castano del gruppo essere a conoscenza della sua -falsa- identità? Allora il panico caratteristico di chi fugge la sopraffece e le divenne difficile mostrarsi indifferente al paio di occhi color cioccolato che la scrutavano, studiavano, osservavano. E Liam? Lui cercava di capire il senso di dispersione che distingueva oltre quell'azzurro cielo e più andava a fondo, più si perdeva anche lui: doveva parlarle.
«Chiedo scusa, ma prima di iniziare dovrei andare un secondo in bagno» disse con disinvoltura, sebbene l'esigenza di svuotarsi era davvero minima. «Clarylin, giusto? Potresti accompagnarmi? Non vorrei perdermi in questo labirinto!» aggiunse con tono così convincente che che nessuno notò quanto stesse mentendo.
Allin lo guardò imbarazzata. «Vengo anche io!» esclamò poi d'improvviso Niall, avvampando mentre timidamente si grattò la nuca.
L'amico gli rivolse uno sguardo gelido. «Certo Nì, verrai anche tu al ristorante con me a ritirare la pizza, dopo il servizio» mormorò, quindi fece cenno alla stagista di accompagnarlo alle toilettes.
Per i primi passi ci fu un silenzio assoluto, tra lei che si sentiva assolutamente in soggezione e il castano che cercava di capire se Niall l'avesse riconosciuta o meno e quale fosse il problema nell'amica che non vedeva da mesi. «Allin, quanto tempo» mormorò una volta che le porte automatiche dell'ascensore si furono chiuse alle proprie spalle. Senza perdere tempo ulteriore, il castano strinse a sé la ragazza. Fu solo quando quella non rispose all'abbracciò che egli percepì che qualcosa era stato perduto.

 

Dunque, non riesco a credere nanche io di star aggiornando dopo circa due mesi. Francamente non so cosa sia cambiato in me, cosa mi abbia distaccato dalla scrittura. Sono stata settimane senza scrivere, bloccata. Non posso spiegare con certezza neanche il motivo di questo, forse il cruccio è nel fatto che la storia credevo fosse troppo per essere rovinata da me, sopratutto questa parte che ho paura di non essere in grado di affrontare. Da qui, ho superato un blocco che credevo impossibile, ho cancellato tutti i capitoli successivi a questo che avevo scritto a metà e ricominciato a lavorarci in modo del tutto naturale, tanto che ancora fatico a pensarci. Spero quindi che il frutto di tutto ciò non sia orrendo, ma che vi piaccia e mi scuso per il mio comportamento scorretto. Sono davvero mortificata ed imbarazzata. Confido davvero in un vostro parere, anche perché nel prossimo aggiornamento che tornerà ad esser regolare per forza di cose, Allin e Niall avranno le prime occasioni di interagire, per di più c'è Alex innamorato, lei che mostra un certo interesse... Insomma, tantissime novità e vorrei mi dicesse cosa vi aspettate dal capitolo ventitrè!
Grazie di essere rimaste, grazie di non smettere di crederci, grazie a chi mi ha cercata per chiedermi spiegazioni, semplicemente grazie.
Giorgia

   
 
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