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Autore: Kitsune Blake    26/01/2015    1 recensioni
C’era stato un momento in cui Dan aveva davvero voluto delle risposte. Ora se ne stava pentendo.
Ecco il risultato della mia ispirazione capricciosa.
N.B. Ho inserito l'avvertimento "slash", ma in realtà la coppia è solo accennata.
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Adrian Veidt/Ozymandias, Daniel Dreiberg/Nite Owl II, Edward Blake/Il Comico
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Torno ai lidi di Watchmen con una nuova, pensatissima (???) shot. Chiedo perdono per le mie lunghe assenze, purtroppo l’ispirazione da un po’ è quel che è, ma sto facendo del mio meglio per ritrovarla. Intanto ringrazio di cuore tutti coloro che mi hanno sempre seguito e continuano a seguirmi, nonostante i miei continui ritardi. Un ringraziamento a bluemary per avermi dato lo spunto per questa storiella. Ora vi lascio alcuni pomodori marci, in caso la storia faccia proprio schifo. Buona lettura!

 

 

 

 

 

 

Imagine Me &… Him

 

 

 




“Quindi tu…”
“Sì.”
“E…”
“Esatto.”
C’era stato un momento in cui Dan aveva davvero voluto delle risposte. Ora se ne stava pentendo.
Tutto era iniziato qualche giorno prima, quando, dopo il solito incontro dei Crimebusters, si era accorto di aver dimenticato i propri occhiali nella sala riunioni. Nel momento in cui era arrivato davanti all’ingresso della stanza, però, aveva trovato la porta chiusa. Dall’interno provenivano strani rumori.
Respiri affaticati, aveva osato indovinare. Aveva pensato che fosse solo l’immaginazione.
Poi, però, erano iniziati i gemiti. E lì aveva pensato che non potesse essere vero.
“Avanti” disse Adrian, interrompendo il flusso sconcertante dei suoi ricordi. “Sei sempre stato a conoscenza delle mie preferenze.”
Aveva un lieve sorriso –compiaciuto?- sul volto.
“Non sei tu” tagliò corto Dan.
Il sorriso di Adrian si allargò appena. “Lui?”
Dan rimase zitto per qualche istante. Poi si tolse gli occhiali per pulirli. Quegli occhiali erano nella stessa stanza in cui Adrian e… non poteva pensarlo. Prese a pulire le lenti con più insistenza del dovuto.
“E da quando…” chiese, un po’ rauco. Si schiarì la voce. “Da quando esattamente voi fate… vi vedete?”
Da dietro la scrivania, Adrian accavallò le gambe e intrecciò le dita, i gomiti poggiati sui braccioli della sedia. Eccola, la posizione che assumeva di solito quando stava per raccontare una propria vittoria. Di solito in affari.
“Ho sempre avuto un certo interesse, non posso nascondertelo. Dopotutto, credo che per me fosse anche una sfida.”
Dan non stentava a crederlo. E Adrian doveva averlo notato, perché si interruppe per sondare il suo volto col consueto, enigmatico sorriso.
“Come dicevo” riprese poi “era una sfida. E non posso negare di essere… come dire, soddisfatto della mia vittoria.”
Era il modo cortese di Adrian per dire “lo tengo per le palle”. Lo conosceva bene ormai.
“Quindi ora lo fate… vi vedete regolarmente?”
“Abbastanza.”
“Solo qui?”
“Anche qui.”
“Anche qui?” chiese Dan, indicando la sedia dove si trovava.
Adrian assunse un’aria vagamente pensierosa. “Il più delle volte non mi accorgo di dove siamo, quindi è probabile.”
Dan sentiva l’impellente bisogno di alzarsi. E il suo turbamento doveva essere chiaro, perché le parole di Adrian furono una chiara risposta al suo pensiero.
“La mia assistente pulisce l’ufficio ogni mattina, Dan. Puoi stare tranquillo. E non abbiamo nemmeno sfiorato i tuoi occhiali” aggiunse infine, lanciando un’occhiata eloquente alle sue mani.
“Oh. Certo che no.”
Ci fu qualche istante di silenzio, secondi nei quali Adrian di mise a scrivere qualche appunto sul calendario. Secondi in cui Dan si chiese se alzarsi e andarsene oppure rimanere per sapere di più.
Per qualche insulso istinto di autodistruzione, vinse la seconda opzione.
“Sei proprio certo che lui non ti stia usando?”
Adrian alzò gli occhi su di lui, smettendo di scrivere all’istante. Che davvero fosse fastidio quella punta di freddezza nei suoi occhi?
“Dan, ho mai permesso a qualcuno di usarmi?”
“No.”
“Bene” disse Adrian, tornando a sorridergli, affabile. “In ogni caso, ti posso assicurare che lui non mente quando stiamo…”
Dan si costrinse a spegnere un istante il cervello. Pensa a qualcos’altro, pensa a qualcos’altro.
Pensò al momento in cui sarebbe tornato a casa a lucidare Archie. Le labbra di Adrian si mossero ancora per pochi istanti. Poi fu di nuovo il silenzio.
Non erano passati che pochi secondi, quando il telefono si mise a squillare.
“Sì?” rispose Adrian, con gentilezza.
Mentre la voce di donna parlava dall’altra parte della cornetta, Dan si chiese quante volte l'amico avesse risposto al telefono con quella disinvoltura, mentre era occupato in attività diverse dal lavoro.
“Grazie, Marla” disse poi Adrian “di’ loro che in cinque minuti sarò in sala riunioni.”
Detto questo, riattaccò.
“Perdonami, Dan. I miei azionisti sono in anticipo, e sai che non posso farli aspettare.”
“Ma certo” rispose lui, pensando che in effetti gli azionisti fossero arrivati proprio al momento più opportuno. Ora sarebbe tornato a casa e avrebbe guardato un po’ di tv, magari avrebbe davvero lucidato il già lucidissimo Archie. Oppure avrebbe chiesto a Laurie di uscire.
Sì, avrebbe fatto così. Una cena con Laurie sarebbe stata perfetta, sempre che non fosse impegnata con Jon.
“Nessuno lo sa, a parte me, vero?” chiese poi, ricordandosi all’improvviso di inforcare gli occhiali quando ormai si trovava sulla soglia dell’ufficio.
“Nessuno. E lui non deve sapere che tu ne sei a conoscenza. Ovviamente sai perché.”
Annuì.
Non voleva certo morire per mano del Comico.

 

 

 

   
 
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