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Autore: jamesguitar    26/01/2015    1 recensioni
Era bella, Hermione, mentre studiava: i suoi lineamenti tesi al massimo, gli occhi vispi concentrati sui libri e la divisa da Grifondoro sempre in ordine, neanche una piaga sulla gonna o un lembo di camicetta fuori posto. Era bella nella sua semplicità, con due ciuffi di capelli tenuti insieme da una forcina proprio sulla nuca e con le dita affusolate a reggere il libro di Pozioni.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Fiocchi di neve.


Hermione studiava nella sala comune dei Grifondoro, come sua abitudine, poco dopo il banchetto della sera. Per lei era rilassante quanto per Ron lo era mangiare, o per Harry stendersi a letto e farsi una sana e dolce dormita; per quanto sana e dolce potesse essere, dati i dolori atroci che ultimamente aveva alla cicatrice.
Pozioni non era la sua materia preferita, non lo era mai stata e non lo sarebbe diventata improvvisamente. Le sarebbe anche piaciuta, a dir la verità, se ad insegnarla non fosse stato l’unico professore che non lodasse le sue conoscenze sicuramente più ampie dei suoi compagni.
Ron, dal canto suo, la osservava. La osservava come si osservano i fiocchi di neve scendere dalle nuvole, lentamente e con pazienza, aspettando che attecchiscano al suolo. Hermione era il suo fiocco di neve mentre se ne stava rannicchiato in una poltrona della sala comune, fingendo di dormire e di non sapere che fosse lì.
Era sempre stata troppo per Ron, lei, con i suoi capelli che da ricci folti erano diventati boccoli armoniosi, con la sua voce squillante e a volte saccente, con i suoi occhi da cerbiatto e la sua intelligenza fuori da comune. Hermione era un fiocco di neve più bello degli altri, uno di quelli che scendono più lentamente e che i bambini vorrebbero afferrare ma non ci riescono, perché resta sempre e comunque troppo in alto e quando finalmente cade al suolo, si sono distratti ed è troppo tardi.
Ronald Weasley era un ragazzo da toga e libri di seconda mano, da vestito da cerimonia simile a quella di sua zia Tess e da bacchetta rotta, un ragazzo da topo domestico che si rivela il più grande nemico del suo migliore amico. Era maldestro e fin troppo goloso, al punto che a volte «Ronald, ma non la smetti mai di mangiare?» gli diceva Hermione, e i suoi «Che c’è? Ho fame» erano rassegnati e scherzosi, ma anche custodi di un’umiliazione che solo lei sapeva infliggergli.
Lui li sentiva, i Serpeverde, prenderlo in giro per la sua cotta segreta di cui tutti erano a conoscenza tranne lei. Sembrava evitare i pettegolezzi come la peste, quella ragazza, e un po’ Ronald ci restava male quando a «La sai l’ultima?» lei non arrossiva e non faceva riferimento ai sentimenti del rosso nei suoi confronti.
Era bella, Hermione, mentre studiava: i suoi lineamenti tesi al massimo, gli occhi vispi concentrati sui libri e la divisa da Grifondoro sempre in ordine, neanche una piaga sulla gonna o un lembo di camicetta fuori posto. Era bella nella sua semplicità, con due ciuffi di capelli tenuti insieme da una forcina proprio sulla nuca e con le dita affusolate a reggere il libro di Pozioni.
Ron avrebbe voluto invitarla, al ballo del ceppo, e lo avrebbe fatto come si deve se avesse saputo come esprimere i suoi sentimenti, se non gli fosse scappato quel «Tu sei una ragazza, no? Potresti venire con uno di noi due» che non avrebbe voluto dire, se solo non avesse dato per scontato che stesse aspettando che lui la invitasse. Vederla tra le braccia di Viktor Krum era stato orribile, ricordava quella notte come se fosse ieri nonostante fossero passati due anni.
Hermione non era solo bella e intelligente; come il suo spirito Grifondoro attestava, era anche coraggiosa e forte d’animo. Era sopravvissuta a tanto, dalle prese in giro dei Serpeverde -«Mezzosangue!»- alle avventure con i suoi amici che, diciamocelo, di normale non avevano nulla. Erano pericolo, tanto dolore e poi fortuna alla fine, fortuna che li salvava appena in tempo da un destino orribile e che faceva tirare un sospiro di sollievo a tutti, soprattutto a Ron, che con un «Miseriaccia, Harry!» sdrammatizzava la situazione e fingeva di non sentirsi sollevato come non mai per avere ancora Hermione con loro.
Avrebbe voluto che sapesse dei suoi sentimenti, ma allo stesso tempo che non li scoprisse mai. Si sentiva male solo al pensiero che potesse ridere di lui e della sua cotta che andava avanti da quando, al secondo anno, era stata pietrificata dal basilisco uscito dalla camera dei segreti. Immaginare una vita senza di lei era diventato insopportabile, il suo «Dov’è Hermione quando serve?» detto mentre lui ed Harry scappavano dai ragni non era una battuta, ma un grido di disperazione dovuto al terrore di perderla per sempre.
Ron si alzò dalla poltrona su cui si fingeva inerme nel momento esatto in cui Hermione chiuse il libro di Pozioni, sospirò e si girò nella sua direzione. Un piccolo sorriso illuminò il suo volto e Ron si fermò ad osservare i suoi occhi, pozzi profondi di un cuore grande e di un’anima coraggiosa.
A volte il ragazzo si chiedeva se meritasse di essere un Grifondoro, lui, con la sua mania per il cibo, il terrore degli aracnidi e la facilità a scappare dalle situazioni difficili. Soprattutto, si paragonava alla ragazza che ora aveva davanti: come poteva il suo spirito essere paragonato a quello della mora? Come poteva definirsi un bravo Grifondoro, se lei era l’eccellenza?
«Che ci fai ancora sveglio, Ronald?» Hermione prese a mettere in ordine le pergamene che aveva scritto per una ricerca, mordendosi le labbra. Il cuore di Ron partì ad un galoppo inarrestabile e il ragazzo sentì i palmi delle mani sudare contro la stoffa dei pantaloni su cui erano poggiati.
«Stavo dormendo, in realtà, mi hai svegliato tu» e il suo tono saccente era ancora una volta una barriera per non lasciar trasparire ciò che pensava davvero: la avrebbe volentieri baciata lì, mentre tutti dormivano, alla luce del fuoco della sala comune e protetti dalle stelle che brillavano fuori dalla finestra.
«Merlino, smetti di dare sempre la colpa a me!» la ragazza fece per prendere in mano i libri e le pergamene insieme, ma erano troppo pesanti anche per lei che, di forza, ne aveva parecchia.
Ron si avvicinò e repentinamente le prese l’occorrente delle sue ricerche dalle mani. «Faccio io» disse, sospirando in seguito e cercando di non apparire troppo cordiale. Ricordava fin troppo bene lo scambio di battute di due anni prima -«Hermione, se dovessi essere di nuovo scortese…» «Saprei che sei tornato in te»-  e ci aveva pensato più volte, a quella loro strana normalità che era fatta di risposte sgarbate e sguardi lanciati di soppiatto in Sala Grande o nell’aula di Difesa contro le arti oscure.
«Wow, mi hai davvero preso i libri dalle mani?» Hermione inarcò un sopracciglio e si diresse verso le scale del dormitorio delle ragazze. Ronald arrossì e pensò a cosa dire mentre si dirigevano nella stanza che condivideva con Ginny e qualcun’altra, ma aveva la gola secca ed era sicuro che qualsiasi parola sarebbe stata inopportuna.
«Lumos!» Ron si era distratto un attimo e già Hermione aveva pronunciato quell’incantesimo, illuminando il percorso e impedendo ad entrambi di cadere faccia a terra. Come avrebbe fatto senza di lei?
«Ecco qua» disse Ronald una volta entrato nella camera dell’amica, colorata come quella di una Grifondoro che si rispetti. C’erano solo loro due, illuminati dalla bacchetta della ragazza, con la luna che splendeva oltre le tende spesse delle finestre ma che non potevano vedere, con il respiro regolare di Ginny Weasley e quello del fratello che aveva spinto l’acceleratore.
«Grazie, stranamente a volte sei in grado di essere gentile» Ron arrossì ancora, ma la mora aveva già abbassato la bacchetta e non se ne accorse. Il ragazzo si diresse a testa bassa verso la porta e non si voltò, mentre l’amica aspettava pazientemente che uscisse dalla sua stanza.
E il rosso lo fece, chiuse la porta della camera di Hermione e sospirò. Si appoggiò al muro di fianco e pensò che ad un fiocco di neve assomigliava davvero, lei, ed era irraggiungibile. Sarebbe attecchita al suolo alla sua prima distrazione, prima che Ron potesse prendere davvero coraggio e fare il grande passo che tutti si aspettavano, la dichiarazione improvvisa che avrebbe potuto migliorare la loro situazione o rovinarla, ma comunque avrebbe cambiato per sempre il loro rapporto.
«Sempre questo tono sorpreso» sussurrò Ronald senza che lei lo sentisse e, a passo lento, si rifugiò nella sua camera che sapeva di notti passate a guardare il soffitto e a pensare alla pelle di Hermione, alla sua voce, alle sue risposte acute, alla sua bellezza, alla sua intelligenza e ai mille modi in cui avrebbe potuto confessarle che l’amava.
  
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