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Autore: Ranocchia_Chan    27/01/2015    3 recensioni
Piccola storia dedicata alla Shoah
l'ho fatta come una sorta di piccola protesta verso tutte le persone che conosco e non hanno mai pensato che apparte il 27 gennaio si può ricordare tutto questo anche durante tutto l'anno.
Spero vi piaccia!
Genere: Storico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Olocausto
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Oramai sono quasi settant'anni che sono quassù.

Settant'anni che vedo il mondo andare avanti, e io non potrò mai più esservi partecipe.

Ora io non sono più un essere terreno.

Ora del mio corpo restano solo poche molecole, per non dire quasi nulla dopo tutto questo tempo.

Al giorno d'oggi non posso dire che sarei ancora vivo se non fosse successo nulla.

Avevo ben venticinque anni all'epoca.

Siamo partiti una notte in inverno.

Il freddo era lancinante. Sembrava penetrare fin dentro le ossa facendole scricchiolare ad ogni movimento.

Ero in fila insieme ad altre persone della mia comunità, degli uomini armati ci facevano entrare in dei vagoni treno.

Ho paura, non so dove sia la mia famiglia, ci hanno separato pochi minuti fa anche se mi sembra che siano passate ore.

Un soldato mi spinge di nuovo in fila con gli altri premendo la canna del mitra sulla mia schiena.

Entro nel vagone inciampando e una volta entrata l'ultima persona inizò il nostro viaggio, per una meta che nessuno conosceva.

Il freddo aumentava poco a poco.

Restammo in quel vagone giorni e giorni, senza cibo ne acqua, alcuni di noi morirono durante questo viaggio, ma alla fine la loro è stata una morte ben più umana rispetto a quella che aspettava la maggior parte di noi.

Quando arrivammo ci fecero scendere e ci divisero in file, gli anziani da una parte, le donne e i bambini da un altra e noi uomini da un altra parte ancora.

Ci tagliarono i capelli, e ci tatuarono dei numeri sulle braccia, mi sembrò come se volessero toglierci il diritto di avere un nome.

Ci fecero vestire con degli abiti grigi a righe e strattonandoci e spingendoci ci fecero dirigere verso delle baracche di legno, dissestate.

Gia da subito iniziarono a farci lavorare come animali, facendoci patire la fame ed il freddo.

Molte volte vedevo la grande ciminiera dietro gli edifici fumare, nell'aria c'era sempre un odore sgradevole, come di carne bruciata. Mi chiedevo di continuo cosa mai ci facessero bruciare per far diffondere quell' olezzo schifoso.

Non so quanto rimasi lì, mesi, forse uno o due anni, e in tutto questo tempo fui costretto a vedere le persone che conoscevo morire, oppure sparire, senza un perchè.

Il mio corpo ormai era deperito, privo di ogni massa muscolare, erano rimaste solo le mie ossa.

Poi, arrivò il fatidico giorno.

Dei soldati ci spinsero fuori dalla nostra baracca, ci dissero che dovevamo fare la doccia, per pulirci dello schifo che avevamo addosso.

Negli spogliatoi eravamo tutti confusi, ci guardavamo l'un l'altro con una sorta di paura negli occhi.

Ci fecero entrare a forza in una camera buia spingendoci e calciandoci dentro.

Chiusero la grande porta lasciandoci al buio.

Il terrore ormai era il padrone di ognuno di noi, pregavamo, urlavamo cercavamo di uscire da quell'inferno di tenebra.

Dopo pochi secondi l'aria inizò a farsi pesante.

La gola bruciava gli occhi lacrimavano.

Respirare era sempre più difficile, mi accasciai a terra come anche i miei compagni stavano facendo.

Mi stringevo la gola sperando in un ultimo respiro che potesse salvarmi.

La forza iniziò ad abbandonarmi, il mio cuore rallentò poco a poco fino a fermarsi totalmente.

La mia vita scivolò via, ed inizò a bruciare insieme ai nostri corpi in un vortice di fiamme e morte.

Ora sapevo cosa bruciavano nelle ciminiere.

Noi.

Bruciavano tutti coloro che non erano più in grado di lavorare, bruciarono bambini, anziani, donne, poco a poco siamo stati sterminati.

Atraverso il collo della cimniera la mia anima è uscita ed è andata verso il cielo, insieme a tutte le altre milioni di vite che furono distrutte in quel folle gesto di perfezione.

Da quassù osservo tutto ora.

Osservo come tutto è cambiato, come la mia comunità ha avuto giustizia.

Ma io non ritengo che questa sia vera giustizia.

Condannare i soldati che hanno partecipato alla strage al carcere a vita quando ormai gli resta uno sputo di vita.

Sento la gente parlare della nostra storia, gente che dice "per non dimenticare", per non dimenticare di ricordarvi di noi nel giorno della memoria? Bella fatica.

La nostra storia andrebbe ricordata ogni giorno dell'anno. Non un solo giorno in particolare proprio perchè è la commemorazione ufficiale.

Per molti di noi la vera giustizia sarebbe questa.

Essere ricordati sempre, anzichè un solo giorno all'anno.

Vorrei poter essere ancora laggiù per poter raccontare la mia storia, per spiegare alle nuove generazioni tutto quello che ho passato e che abbiamo passato.

Per dire loro che LORO devono ricordarsi di noi, che loro devono vivere vivendo per quelli come noi, che la morte ha strappato al modo quando erano troppo giovani.

Per dire loro di ricordarsi che "il giorno della memoria" non è solo una volta, ma è un ricordo che deve esserci sempre, per ricordare davvero quello che è successo, per essere davvero sicuri, che tutto ciò non si dimenticherà.


Beh, eccomi qui, credo questa sia la prima storia "seria" che io abbia mai scritto, però ci tenevo ad esprimere la mia opinione sulla questione della "Shoah" 
erano giorni che cercavo il modo di parlare del fastidio che mi danno le persone che in questo periodo dell'anno parlano dell'Olocausto come fosse uno degli argomenti che gli sta pià a cuore quando alla fin fine non vi pensano come si dovrebbe realmente.
così ho avuto l'idea di scrivere il punto di vista di uno di loro, che ci ha osservato fino ad ora da un ipotetico paradiso, e che ovviamente resta indignato dal nostro atteggiamento (non dico di tutti noi ma della maggior parte, poi io parlo per mia esperienza personale).
comunque, spero vi piaccia, se avete critiche sono bene accettate basta che non siano offensive.
Un bacio da Ran-chan

   
 
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