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Autore: Mini GD    28/01/2015    6 recensioni
Ogni mattina guardo il riflesso in penombra nello specchio e ne rimango delusa, come se la notte potesse portare via con sé questa immagine che non mi piace.
Genere: Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La sveglia suona alle sette, tutte le mattine, con una suoneria terribilmente calma e rilassata che, se la vibrazione fosse assente, non riuscirei a convincermi per nulla ad aprire gli occhi. Mi alzo e a passi lenti e strascicati mi reco al bagno, evitando accuratamente di accendere la luce, potrei rimanere sconcertata dalla forma dei capelli. Ogni mattina guardo il riflesso in penombra nello specchio e ne rimango delusa, come se la notte potesse portare via con sé questa immagine che non mi piace. Dopo il bagno la tappa che segue è la cucina, dove mi aspetta un post-it di mamma che è, come sempre, uscita prima di me e mi lascia un bacino, una tazza di latte al cioccolato calda, una brioche vuota e il telecomando se ho voglia di seguire il telegiornale. Guardo le previsioni della giornata. Pioggia, temperature al di sotto della media e il consiglio di fare il pieno di vitamine per evitare influenze, sono le parole del signore vestito di tutto punto.
Il tempo di finire tutto, prepararmi per andare a scuola e mi rendo conto di quanto io sia sola. Il silenzio, il vuoto che ho dentro sembra essere incomprensibile agli occhi degli altri. Il freddo che sento, quello che non si scioglie con una cioccolata calda, quello mi fa stare male. Per quello non basta una coperta o una sciarpa, ci sono cose per la quale il calore dell’amore che, le persone possono provare, è assolutamente insostituibile.
Nella folla scompaio, non sono una ragazza affascinante, ma neanche del tutto sgradevole. Sono invisibile, mi muovo silenziosamente nella marmaglia della città. Ma lo sono anche tra i miei compagni di classe, tra quelle che credo siano mie amiche. Sono invisibile perché non mi piace ironizzare su alcuni argomenti, sono invisibile perché io sono io e non piaccio, non mi piaccio. Non mi vesto alla moda, i miei capelli sono scialbi e non possiedo un talento particolare. “Tutti hanno un proprio talento”, forse non io. Il canto lo adoravo, ma la mia voce non è più intonata come quella di quando ero bambina. Adesso non voglio assolutamente sentirmi registrata in alcun modo. Il ballo è per ragazze che hanno sacrificato la loro vita fin da piccole per raggiungere il loro sogno, quello di trasmettere le loro emozioni attraverso i passi e il ritmo della musica che accompagna le loro danze. Il disegno non fa per me, non riesco a gestire le proporzioni, le ombre per il chiaro scuro. Non riesco neanche a gestire le mie, di ombre. Dovrei fare qualcosa per cambiare la situazione intorno a me, ma sono troppo spaventata, non voglio rimanerci scottata. Mi chiudo a guscio, mi tengo tutto dentro e non parlo; ma nessuno mi potrà aiutare se non sarò la prima a chiedere, se non sarò la prima a parlare.
Solo che... guardandomi attorno, vedo indifferenza, egoismo, falsi idoli. Come posso chiedere aiuto a persone che non hanno intenzione di tendermi la mano se non per ottenere, successivamente, un tornaconto personale? No, non sarà un vero aiuto, non sarà quello che sto cercando, perché le bugie, le persone che si fingono buone le conosco già. Anche il mio è egoismo, vorrei essere aiutata, ma perché? Cosa posso dare io agli altri che loro non abbiano già, come posso ricambiare i loro gesti se sono pieni di amici disposti a fare qualunque cosa? Se la vita è fatta di attimi passati in compagnia sincera, io devo ancora cominciare a vivere. La mia famiglia sembra continuamente alla ricerca di una scusa per non passare il tempo con me. Mia madre è sempre di fretta, fuori con le sue amiche, in un salone a farsi bella per una cena con papà. Lui è quello che vedo meno di tutti, lavoro cena, cena letto lavoro, anniversario mamma. Si è programmato tutto, anche le ore di sonno che deve obbligatoriamente fare se vorrà essere pronto ad affrontare la giornata che lo aspetta.
Almeno stanno insieme, sono felici e si amano. Ah, c’è anche mio fratello, solo che ha cinque anni più di me e, raggiunti i diciotto, ha cominciato a girare l’Italia a fare qualsiasi lavoro, a crescere interiormente cavandosela da solo. Tutta questa forza mi chiedo dove l’abbia presa, questo coraggio di stare per conto suo, in città ogni sei mesi diverse… beh, semmai l’avesse ereditata dai nostri genitori, l’ha presa tutta per sé e io ne sono rimasta sprovvista.
Non me ne sono resa conto, ma sono scesa di casa con il post-it tra le mani, con le bugie che si inventa lei. Mi manca avere una persona che ci tenga a me, una persona di cui fidarsi. “Scusa tesoro, sono scesa. Un bacio.” neanche più il mio nome scrive, anche se dice di averlo scelto lei “Roberta è un bellissimo nome, me ne sono innamorata quando l’ho trovato scritto da qualche parte, se non mi sbaglio in un libro di avventure.” E’ possibile che del rapporto che deve esistere tra madre e figlia è rimasto solo un foglietto giallo? E adesso io, questo maledetto pezzo di carta lo getto via, in un cestino per strada, come lei ha deciso di rinunciare a parlare con me. Forse dovrei correggermi, mi parla, ma non chiede mai nulla, è un monologo sui problemi che le causano le doppie punte, il trucco da scegliere, il vestito per l’occasione speciale.
Ma anche lei ha buoni motivi per giustificarsi. Dice sempre che con il matrimonio ha annullato se stessa, ha rinunciato a tutte le sue ambizioni. Poteva diventare una brava arredatrice di interni, ma occuparsi della casa e di mio fratello le ha risucchiato il tempo, le ha portato via la vena artistica. Stare dietro a una piccola peste che non fa altro che creare problemi non le permetteva di sperimentare. Poi, parlandone con papà, hanno ritenuto opportuno dare un fratellino al piccolo Federico, pensando che, diventando il più grande dei due, avrebbe sviluppato un comportamento più responsabile. Ed eccomi, una bambina, altro tempo in meno, altre preoccupazioni. Però avevano dalla loro il fatto che sì, Federico era più tranquillo, ma solo perché scaricava le sue energie negli scherzi verso di me. Non più vasi di chissà quale parente lontano, rotti, niente più disegni sulle pareti, ma bambole senza testa e i miei vestitini macchiati di ketchup.
Un po’ di sollievo le fu poi donato quando entrambi ormai andavamo a scuola. Poteva dedicarsi alla sua persona, poteva risvegliare, in quelle ore della mattinata, la donna che era sempre stata, con un po’ di fard e il mascara che rimetteva le ali alla sua esistenza. Lei voleva essere nuovamente la seducente ventenne che aveva conosciuto un coetaneo bravissimo con i numeri, nonché ereditario di una fabbrica.
Alla fine siamo tutti uguali, date uno specchio e la possibilità di cambiare ciò che non piace e chiunque sarebbe capace di dare l’anima. La vanità è uno dei più grandi difetti dell’uomo, come lo è anche la paura di non essere a sufficienza. Non si è sufficientemente magre o in carne. Anche io soffro di questa paura, non essere sufficientemente avvenente per essere considerata dalle persone. Può mai la felicità del singolo dipendere dalla massa? Forse sì. Perché, probabilmente, abbiamo bisogno di consensi per poterci muovere verso una direzione, sapere che quella strada la si percorre con altri. Perché in fondo si ha paura della solitudine.
Il mattino e il pomeriggio passano veloci nella loro monotonia, fatta di scuola e di compiti, di spiegazioni lasciate a metà e qualche scherzo di cattivo gusto ed è sera, quasi per magia o per la mia poca attenzione allo scorrere del tempo.
Mamma sta scegliendo il paio di orecchini che meglio le possano adornare il viso, valorizzare il vestito fornendo un punto luce. “Roberta, tesoro, quale mi sta meglio, questo tipo di pendente o questo qui?” quello che vuole in realtà non è un vero parere, vuole solo che le dica che il primo le sta bene, perché è la sua vera scelta. Ma cosa sta facendo lei? Lei che mi chiama tesoro e mentre io ceno, da sola, la devo sentire parlare di una gioielleria con i saldi e i tacchi che le fanno male.
“Sai una cosa, mi sono scocciata di te, delle tue scarpe, dei tuoi capelli! Non mi sono mai interessati e non penso che mi interesseranno mai, quello che voglio è una mamma che mi chiami tesoro quando siamo entrambe sedute ad una tavola a raccontarci le nostre giornate. Vorrei che fossi meno superficiale, che abbassassi lo sguardo verso il mondo reale e ti rendessi conto di quanto io abbia bisogno di una guida, di quanto io sia alla ricerca delle tue attenzioni, proiettate sempre nello specchio. Il tempo passa e tu sei troppo spaventata dall’idea di diventare un’anziana signora, ti rifugi nel mondo della moda e non capisci che preferirei avere una madre con una ruga in più e che mi dedichi un po’ di sé, della sua esperienza, a una donna spaventata dal diventare comune, invisibile.”
Neanche il tempo di accorgermene e una lacrima è scesa sul viso, il bicchiere si è rovesciato, riversando il suo contenuto sulla tovaglia; nello scatto d’ira non ho avuto controllo di me e ho afferrato il tavolo, scuotendolo sulle vibrazioni delle mie emozioni irrefrenabili. Adesso ho il fiatone, ma è come se dentro di me avessi lasciato andare una zavorra. Posso volare, adesso, posso farlo sul serio. Sono leggera, forse anche fragile.



-Nonostante sia estremamente convinta che non piace a nessuno quello che scrivo, sono tornata a pubblicare perchè mi piace scrivere per rilassarmi e avere un parere non può che farmi bene. Ringrazio chi ha letto questo testo, ringrazio soprattutto perchè è arrivato alla fine. Ringrazio poi chi ha intenzione di lasciarmi una recensione, negativa o positiva che sia. Ringrazio tutti ♥
  
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