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Autore: Ljn    28/01/2015    2 recensioni
Come termina la giornata dei nostri eroi? Quali pensieri si rincorrono nelle loro testoline bacate? Come cambiano questi pensieri col passare del tempo?
- 8 anni - è la prima finestra. E' sera, e un temporale sta disturbando la pace di Konoha. Le vite di Sasuke, Sakura, Naruto e Kakashi ancora non si sono mescolate. Non davvero, per lo meno.
- 14 anni - La loro vita è cambiata, e loro stanno cercando di aggiustarvisi.
- 20 anni - Vita di coppia, vita di squadra.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Sì, lo so.
Anima è in via d'arrivo, giuro.
Solo che mi è venuta in mente questa banalità, e non usciva, e era corta, e mi si è inceppato il testo dalle altre parti, e ...
...
Comunque...
Parliamo di ciò che segue.
E' corta. E' la prima parte di quattro momenti che ho pianificato. E' una cosa "così com'è", come i programmi che dovrebbero aiutarti a evitare virus ma se non lo fanno, ehi! mica è colpa loro.
L'idea è microscopica, semplice, banale e probabilmente già scritta sessantamila volte, ma è la prima per me, quindi non importa (?). Consiste nell'esplorare il tempo prima del sonno dei nostri eroi, in quattro fasi della loro vita. Se non cambio idea nel mentre, dovrebbero essere: 8, 14, 20 e 26 anni, e mi riferisco ovviamente all'età dei più piccoli tra i quattro protagonisti, prima che qualcuno obbietti. Per i primi due, niente problemi di rating o di avvertimenti particolari, per gli ultimi due... i bambini sono adulti, quindi mi vedrò forse nella necessità di alzarlo a rosso.
Non sono "capitoli", perciò possono essere letti in modo separato, e questo implica pure che se non avete l'età, non rimarrete con l'ansia di sapere cosa sarà di loro e come finirà la storia. Non esiste storia, quindi non esiste fine.
Per dovere di cronaca, comunque, mi sento di esplicitare che la coppia su cui scrivo è quella Sasuke/Naruto, quindi se siete in età per leggere i vent'anni e i ventisei, non aspettatevi un Sasuke copulante donne. Ovvio che questo valga pure per il suOOO biondOOO compagnOOO. Gli unici etero qui sono Sakura, che ancora non lo sa (dato che ha 8 anni) e Kakashi (che ha superato l'età della confusione sessuale da un po', anche se non tanto).
Detto questo, tutto ciò che segue potrebbe essere legato a KageX2, semplicemente perchè non ha contesto specifico e non è ovviamente legato ad altro complotto che la mia mente ha messo in cantiere per tutti.
Per giustizia sociale e spirito ribelle anti-Kishale affermerò pure che i personaggi non sono originariamente miei, ma hanno chiesto comunque asilo politico alla mia ambasciata virtuale. I diritti comunque sono tutti suoi, io mi limito a fantasticare e scrivere cavolate su di loro mentre loro si rilassano nel mio computer ignorando il mondo esterno.


Prima di dormire.

- 8 anni. -

 

Sasuke.
 

Non avrebbe pianto.

Una esplosione, oltre le imposte chiuse, lo fa sobbalzare sotto le coperte che si stringe forte sopra il capo. Non avrebbe più avuto paura dei tuoni. È una cosa da bambini, e lui sa che ci sono cose ben peggiori che il rumore e la luce di un temporale, al mondo. Non avrebbe avuto neppure più senso, avere paura. La mamma non sarebbe venuta a rimboccargli le coperte e a chiedergli come stava. Nii-san … nii-san non sarebbe più stato una porta più in là, braccio pronto a scostare le coperte e subito ad avvilupparlo nella sua calda sicurezza, un sorriso che avrebbe premuto contro la sua fronte e parole rassicuranti che non avrebbero significato nulla perché sarebbero state tutte bugie. Bugie, bugie. Famiglia, amore, certezze assolute. Un posto a cui appartenere. Bugie. Andrà tutto bene. Bugia! Niente sarebbe mai più andato bene! Niente era sicuro. Non esisteva la sicurezza. Non è mai esistita, come non è mai esistita quella calda sensazione di essere una famiglia. Non esiste più nulla. Solo la rabbia, la rabbia e l’odio. E il dolore, il dolore … nii-san …

Non avrebbe pianto. Mai, mai più.

 

Sakura.
 

Le braccia della mamma sono calde, assicurate attorno a lei.

Se le stringe un altro po’ addosso, quando l’ennesimo tuono scuote le finestre. Non perché ne abbia paura: il temporale è solo una scusa, e lo sanno entrambe, anche se mamma aggiusta comunque con cura la sua presa e le passa lo stesso una mano rassicurante tra i capelli. Lei voleva solo dormire con la mamma e il papà. È stata una giornata monotona. Il compito in classe è andato bene, lei ha passato il pomeriggio con la sua amica del cuore, poi è venuta mamma a prenderla e hanno cenato con papà, che era tornato a casa presto da lavoro. Poi la pioggia e il temporale, la scusa perfetta. Era tanto che non dormiva nel lettone con loro.

Le braccia di papà si uniscono a quelle della mamma, al suo sospiro assonnato e soddisfatto.

 

Naruto.
 

Sta congelando, in quei vestiti fradici.

I preparativi per lo scherzo che lo avrebbe sicuramente incoronato Maestro dello Scherzo Supremo il mattino successivo hanno richiesto più tempo del previsto, e la pioggia lo ha beccato lungo la strada di casa. La porta sbatte dietro di lui con un suono secco e aspro, unico rumore di benvenuto ad accoglierlo in casa. Che importa. Tanto c’era abituato. Il pensiero passa veloce tra la soddisfazione che sente per un lavoro ben fatto, l’eccitazione per quello che porterà domani e il freddo che gli irrigidisce il corpo, liquidato immediatamente come tutti gli altri pensieri simili che sono venuti prima di esso. Avanzando nell’appartamento silenzioso, si libera delle scarpe e getta disordinatamente per terra gli attrezzi che fedelmente lo avevano seguito nel suo piano per la conquista della popolarità fin dagli inizi. Inizia a spogliarsi ancor prima di fare il secondo passo dentro casa, disinteressato al fatto che la maglietta e i pantaloni stiano lasciando pozze di fango e acqua sporca sul pavimento. Non è che qualcuno lo avrebbe rimproverato per il disordine, tanto. Un altro pensiero inutile, si rimprovera. È stupido. E poi non è neppure pratico. Mica piangersi addosso cambierà la sua vita. L’unica cosa da fare è prendere in mano le cose e farle andare meglio. Mmh … forse avrebbe bisogno di una doccia? Ma sarebbe solo uno spreco d’acqua, no? La pioggia è come una doccia gigante, in fondo. Basta che si levi di dosso quella sensazione di bagnato, e si riscalderà in un istante, decide afferrando l’asciugamano accanto al lavandino e passandoselo sul corpo. Si toglie le mutande bagnate pure loro, le getta senza mirare disinteressato all’umido “plop” che fanno quando impattano contro il primo muro disponibile e poi scivolano a terra, e si infila il pigiama sedendosi sul letto. La sua mente è lontana. L’asciugamano è dimenticato sopra i suoi capelli come un cappuccio magico che tiene lontano il resto del mondo, mentre abbraccia le ginocchia dondolando distrattamente sui talloni, e vi appoggia una guancia sopra osservando il temporale fuori dalla propria finestra. I fulmini disegnano fantastiche linee nel cielo rincorrendosi l’un l’altro, come fossero bambini nel bel mezzo di un gioco. Pare si stiano pure divertendo, sospira d’invidia. Avrebbe voluto essere come loro: forte e veloce e sopra a tutti gli altri. I fulmini non hanno bisogno di attirare l’attenzione. L’attenzione di tutti è già tutta loro. I fulmini sono potenti e loro non sono … Un tuono segue pochi istanti dopo, come una sorta di genitore apprensivo che segue i propri figli. Si stringe un po’ di più le ginocchia al petto, l’asciugamano, pietoso, lo nasconde alla vista di coloro che non può raggiungere. Rabbrividisce.

Sta davvero congelando, lì da solo.

 

Kakashi.
 

Il ragazzino correva come un fulmine, lungo le strade ormai ridotte a enormi pozze.

Non fosse stato il ninja dotato che è, quella testa gialla lo avrebbe sicuramente investito. Certo non lo ha neppure visto, così compreso nel difficile compito di non affogare sotto tutta quell’acqua. Lui stesso ha avuto appena il tempo di registrarne la presenza e istintivamente schivarla, pochi istanti prima dell’impatto. Mentre passava, ha però avuto il tempo per apprezzarne il sorriso birbante e soddisfatto, che piega in risposta anche le sue labbra. Il Terzo, il mattino successivo, avrebbe certamente dovuto fare i conti con la nuova trovata che quel piccolo teppista gli aveva riservato, pensa, prima di riprendere la via verso casa. Per un istante, si chiede come sarebbe, essere il tutore di un ciclone come quello, poi liquida il pensiero come la sciocchezza che è. Come avrebbe potuto anche solo iniziare a prendersi cura per bene di un bambino? Lui, che non riesce a prendersi bene cura neppure di se stesso e dei suoi addestrati compagni di squadra? Il figlio di Minato ha diritto a qualcosa di più che un tutore perseguitato dai fantasmi e sempre via per missioni potenzialmente suicide. Gira i tacchi e si dirige verso casa, stabilendo di non essere più in vena di un bicchiere di sakè bevuto nella solitudine della compagnia di tanti altri bastardi come lui.

Il ragazzino che correva come un fulmine dorato, in quell’istante gli pare l’incarnazione di una opportunità non colta.

 
   
 
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