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Autore: La_Sakura    29/01/2015    10 recensioni
Una notte, una madre, una figlia, un album di foto che ripercorre i ricordi vissuti fino a quel momento, pagine bianche da riempire coi ricordi che verranno. L'amore materno, l'amore fraterno, l'amore che fiorisce e quello che non trova pace. Ali spiegate verso il grande cielo, fiori di ciliegio che riempiono l'aria.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Natsuko Ohzora/Maggie Atton, Nuovo personaggio, Taro Misaki/Tom, Tsubasa Ozora/Holly
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Sakura no sora - my personal universe'
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Mi sveglio con la gola secca e una sete tale da farmi sognare cascate d’acqua fresche e cristalline, credo sia colpa dell’eccessiva dose di salsa di soia che ho ingurgitato durante la cena, così decido di alzarmi e cercando di non fare rumore per non svegliare i miei fratelli, apro la porta che dà sul corridoio. Mentre scendo le scale noto che dal piano inferiore giunge una fioca luce, così sempre silenziosamente mi dirigo verso la cucina.
«Mamma?»
La vedo sussultare appena, forse l’ho spaventata.
«Tesoro, che ci fai sveglia? Domani è un giorno importante, devi riposarti.»
«Potrei dirti la stessa cosa…» mormoro dolcemente, accarezzandole la testa e gettando un occhiata sul tavolo davanti a lei: sta sfogliando degli album di foto.
«Mi ero immersa nei ricordi… Sono le foto di voi da piccoli. Lo sai che la tua prima parola è stata…»
«Sì, lo so… - la interrompo arrossendo e sedendomi accanto a lei - È stata booru, e indicava Tsubasa, che giocava sempre a calcio in giardino… - ripeto il tutto a memoria, sorridendo, mentre le immagini della nostra infanzia si rincorrono nella mia mente - E io, pur di stare con lui, ho iniziato ad appassionarmi a questo sport. Un vizio di famiglia, direi.»
Mia madre sorride e mi mostra una foto: avrò avuto circa un anno, sono seduta in giardino, accanto a me mio fratello maggiore mi mostra con orgoglio il pallone.
«Ogni volta che vostro padre partiva per un viaggio tu piangevi disperata, allora Tsubasa ti portava in giardino e iniziava a palleggiare, e tu ti perdevi ore e ore a guardarlo. In un attimo è diventato il tuo punto di riferimento, come se tu provassi a sopperire alla lontananza di papà cercando certezze in tuo fratello.»
«Già… - mormoro voltando le pagine, cercando la foto che mamma ci scattò quando arrivammo a Nankatsu - Da qui in poi è cambiato tutto.»
«Il trasferimento ha decisamente cambiato le nostre vite, quella di tuo fratello in primis, ma anche la tua, non puoi negarlo. E sono convinta che l’abbia cambiata in meglio.»
Mi allontano appena da lei e faccio aderire la schiena alla sedia, gettando leggermente la testa indietro. Se ripenso a questi ultimi anni, devo decisamente concordare con mia mamma: la nostra vita è cambiata radicalmente da quando ci siamo trasferiti qui, ma sul cambiamento in bene o in male, ho ancora qualche dubbio.
«Eri piccolina, fisicamente; parlavi poco, sorridevi ancora meno. Solo tuo fratello era in grado di tirare fuori la tua vera essenza, facendoti sfogare correndo dietro al pallone, ma quando siamo arrivati qui il calcio ha preso il sopravvento e lui era sempre più lontano da te.»
Mi alzo per aprire il frigorifero perché mi accorgo di non avere ancora bevuto, e parlare a bassa voce mi ricorda quanto sia secca la mia gola: l’acqua fresca scivola giù per l’esofago e mi disseta, mentre la mia mente vaga e mi ritrovo improvvisamente a ricordare il giorno in cui Tsubasa ha iniziato a parlare del suo sogno.
 
«E quindi com’è finita?»
Papà è interessato al mio racconto, mi osserva accarezzandosi il mento con la mano destra: è appena tornato dal suo viaggio e io sono così felice di averlo qui a casa.
«Ha sfidato Wakabayashi lanciando la palla dalla Terrazza del Tempio!»
«È stato un gran tiro!» esclama Tsubasa, sentendosi preso in causa e raggiungendoci in cucina. Io annuisco mentre apparecchio la tavola, e poso davanti a lui le sue bacchette.
«Ishizaki è rimasto mezz’ora a bocca aperta.» ridacchio divertita ripensando a quel ragazzino, il primo che ho conosciuto quando ho seguito Tsubasa per sfuggire al trasloco.
«Anche il tiro sotto al bus non è stato male.» continua lui, facendomi l’occhiolino mentre si appropria di una boccata di riso senza farsi vedere da mamma.
«Nah, la cosa che ho preferito è stata vederti dribblare tutti quei palloni gonfiati della Shutetsu!»
«Sacchan!» mi rimprovera mamma, l’appellativo con cui ho descritto i ragazzi non le è piaciuto.
«E Wakabayashi non l’ha presa bene, dovevi vederlo come si era arrabbiato!» continuo, ignorandola.
«Ma ammettilo… - Roberto arriva in cucina e, scompigliandomi i capelli sulla testa, si siede a tavola - il momento migliore è stato quando lui - e indica mio fratello con le bacchette - ha tentato di riprodurre il mio tiro in rovesciata ed è cascato a terra.»
Ricordando la scena scoppio a ridere, seguita dal brasiliano e dalla mamma: Tsubasa, imbarazzato, si accarezza la nuca e arrossisce, cercando di giustificarsi con la scarsa esperienza.
«Hai ragione. - dice Roberto quando finalmente riesce a smettere di ridere - Ma diventerai un grande campione, sei riuscito a copiarla al terzo tentativo.»
«E lo farò venendo con te in Brasile, Roberto!!»
Sentendo quelle parole, mi blocco per un attimo: di cosa sta parlando mio fratello? Guardo la mamma che, però, continua a scaldare le verdure nella padella, ignorandomi.
«Brasile?» chiedo allora, voltandomi verso mio fratello.
«Esattamente! Roberto mi porterà con lui per farmi diventare un calciatore professionista! Ha chiesto il permesso a mamma e papà, e loro hanno accettato!»
E, e, e… E io dov’ero? A me nessuno ha chiesto niente… stringo le bacchette così forte che ho quasi paura di spezzarle, così le appoggio al mio posto e, con la scusa di andare a lavarmi le mani scappo in bagno. Ma con la coda dell’occhio vedo mamma che mi osserva mentre mi allontano, e mi rendo conto che non se l’è bevuta…
 
Torno a sedermi accanto a mia madre e rivedo le foto delle varie partite di calcio che Tsubasa ha disputato; ho sempre avuto la passione per la fotografia, e l’ho immortalato più e più volte: lo sguardo fiero e determinato, il sudore sulla fronte, la grinta che traspare.
«È sempre stato il mio mondo, forse sopravvalutavo la sua presenza nella mia vita, ma ero convinta di non essere in grado di concludere nulla senza il suo supporto. Così, quando è arrivato Roberto Hongo e io mi sono resa conto che il sogno di Tsubasa non includeva anche me, ho dovuto rimboccarmi le maniche e cercare la mia strada.»
 
Roberto Hongo ha stravolto completamente le nostre vite: forse mamma non se ne rende conto, e forse neanche papà… Tsubasa men che meno, ma quest’uomo ha preso una decisione (col consenso dei nostri genitori) che riguarda il futuro di mio fratello. Lo porterà in Brasile.
Ho guardato più e più volte la cartina del mio atlante per capire dove si trova questo posto, con l’aiuto di papà ho calcolato la distanza in chilometri, e ho solo capito che sono tanti. Dovrà salire su un aereo per arrivare là, e ci metterà tante ore. Mi sono rabbuiata quando ho terminato le mie considerazioni, e papà mi ha subito fatto sedere sulle sue ginocchia.
«Tuo fratello ha un grande sogno, e per realizzarlo deve compiere un grande viaggio.»
«Ma non può realizzarlo da qui, il suo sogno?»
«Vedi, è talmente grande, che per realizzarlo deve fare dei sacrifici. Sai cosa sono i sacrifici, Sakura?»
Ci penso un attimo su, poi scuoto vigorosamente la testa da destra a sinistra in segno di diniego.
«I sacrifici sono gesti che si compiono, anche se fanno soffrire, per il nostro bene o il bene delle persone che amiamo.»
Ci penso un attimo su poi lo fisso negli occhi:
«Anche tu fai sacrifici quando sali sulla Eiko Maru?»
Vedo i suoi occhi coprirsi di un velo lucido, come se fossero lacrime, poi li chiude e annuisce.
«Esatto: quando sono lontano dalla mamma, da te e da Tsubasa, per me è un sacrificio, perché siete il mio cuore e la mia anima, e starvi lontano è doloroso. Ma lo faccio perché così posso guadagnare i soldini per mandarvi a scuola, o per comprare i vestiti, e da mangiare.»
Annuisco, e mi riprometto di non piangere più quando papà ripartirà, perché sta facendo un sacrificio.
Mamma ci raggiunge e quando vede l’atlante aperto sulla cartina del Sud America mi sorride, appoggiandomi una mano sulla testa.
«Che fate qui? La cena è quasi pronta.»
«Papà mi ha fatto vedere dove andrà Tsubasa! - esclamo fingendo entusiasmo - Sono tanti chilometri e dovrà fare dei sacrifici.»
La vedo sorridere ulteriormente, anche se i suoi occhi non lo fanno: ogni volta che parliamo del sogno di mio fratello la bocca della mia mamma sorride, ma i suoi occhi no. Non mi piace perché sembra quasi triste, così scendo dalle ginocchia di papà e mi aggrappo alla sua gonna per abbracciarla.


Ed eccoci qui... qualcuno avrà già conosciuto Sakura, per altri sarà una scoperta, spero piacevole. 
La storia è terminata, e dopo averci pensato a lungo, ho deciso di pubblicarla (grazie anche a chi, in privato, mi ha sostenuto, dato consigli e quant'altro)
I ringraziamenti arriveranno al momento opportuno, per ora vi auguro buonanotte e... a presto ;) 
Sakura chan 

 
   
 
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