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Autore: shimichan    30/01/2015    4 recensioni
Ace sbuffa, cercando un modo di sottrarsi all’impegno, mentre l’altro lo fissa con gli occhi spalancati, ansioso di mettersi alla prova con il numero che suo fratello sta escogitando per lui.
«
Per sempre».
«E che numero è? Non l’ho mai sentito».
«Tu conta»

[Ace, Sabo & Rufy Childhood]
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Monkey D. Rufy, Portuguese D. Ace, Sabo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Nascondino
 
«Dai!».
L’urlo stridulo di Rufy invoca l’ennesima volta l’attenzione e il consenso del fratello che sonnecchia su un’amaca, impassibile.
«Scordatelo!».
«Perché?».
«Perché è un gioco stupido che solo uno stupido moccioso come te può trovare divertente».
Rufy tende i pugni lungo i fianchi e stringe le labbra, raggrinzite in un broncio che ha il sapore dell’orgoglio ferito. E delle attese ingannate.
«Ti prego, Ace…» mugugna più gentilmente, ricordando l’insegnamento di Makino riguardo le buone maniere, ma è ancora «no».
Come sempre, tocca a Sabo distendere le tensioni, prima che quell’ ingenua insistenza scateni l’irascibilità di Ace. «Ci gioco io con te, Rufy!».
Gratitudine. Ecco cosa legge negli occhi sgranati del più piccolo, che pure sembrava sul punto di esplodere in un’amara scenata. Solo i bambini possono vivere un’epopea in pochi attimi e dimenticarla altrettanto in fretta. Il tempo per loro ha una dilatazione ristretta.
«Che proponi?».
«Nascondino!» esclama entusiasta, lanciando un’occhiata rancorosa alle sue spalle, dove Ace ha emesso un versetto acuto, strozzato, vagamente derisorio.
Sabo accetta con un «okay» prolungato, perché anche a lui l’idea non elettrizza, ma per il suo fratellino è disposto a questo ed altro.
«Conta fino a cento, poi vieni a cercarmi!».
«Ma io so contare solo fino a dieci!».
«Beh, allora conta dieci volte dieci» e si allontana, correndo.
Uno. Due. Tre. Quattro.
Rufy si blocca, perché sa contare fino a dieci ma non tanto bene.
«Ace, cosa viene dopo il quattro?».
«Il cinque zuccone».
Cinque. Sette. Nove.
Si ferma di nuovo. Confonde sempre sei e sette e poi quando tocca all’otto?
Ricomincia da capo, cercando un aiuto sulla punta delle dita ancora troppo corte, ma quelle sono solo cinque e il problema è sempre il sette.

 

C’aveva provato e riprovato, quel giorno, ad arrivare fino a dieci.
Ace aveva dovuto trascinarlo via a forza dal tronco, visto che oramai la sera incombeva sul loro gioco di bambini.
Però era tornato lì il giorno seguente. E quello dopo ancora. Perché Sabo non era più tornato.
Girava voce che fosse addirittura morto, ma Rufy sapeva la verità.
Suo fratello attendeva, nascosto, che lui gridasse «cento» e non poteva deluderlo.

 

«Uno. Due. Tre. Quattro. Cinque. Sei. Sette. Otto. Nove. Dieci. Uno. Due. Tre…Ahia! Mi hai fatto male!».
«Smettila di piagnucolare! E soprattutto smettila di contare!» lo rimprovera, sollevando nuovamente il pugno per zittire ogni replica. «Sabo non tornerà».
«Ti sbagli!».
«Invece no, perché lui…lui è…». Troppo difficile continuare con la voce rotta che si ritrova.
O forse è solo quella parola ad essere troppo brutta da pronunciare.
Ace non lo sa, però non può mostrare a Rufy i suoi occhi arrossati.
È il solo fratello maggiore che gli rimane e deve essere forte.
Perciò tenta di nascondere il pianto sfregandosi la faccia con la mano, ma niente macchia gli occhi come le lacrime.
E Rufy capisce. La quiete raggiunge la scogliera, dove il mare canta infrangendosi sugli scogli e l’orizzonte si staglia così ampio da ricordargli tutti i limiti della matematica.
«Ace…».
«Che c’è?».
«Ora non potrò più giocare a nascondino».
«Giocherò io con te. Ogni tanto».
«E non sparirai, vero? Anche se non so contare fino cento».
Ogni mistero, anche il più doloroso, a sette anni, è solo un gioco.
«Che sciocchezza!».
Rufy si sente più tranquillo. «Giochiamoci ora!»
«Cosa??».
«Si. Giochiamo a nascondino. Io conto, tu scappi».
«Dovrai contare più in là di cento prima di iniziare a cercarmi».
Il tentativo di dissuaderlo, sfruttando le sue difficoltà, fallisce.
«Va bene. Fino a quanto?».
Ace sbuffa, pensando un modo di sottrarsi all’impegno, mentre l’altro lo fissa con gli occhi spalancati, ansioso di mettersi alla prova con il numero che suo fratello sta escogitando per lui.
«Per sempre».
«E che numero è? Non l’ho mai sentito».
«Tu conta» e si sdraia sull’erba con un sorriso soddisfatto ad allargargli la bocca.
Nascondino è un gioco che proprio non sopporta.



«Uno. Due. Tre. Quattro. Cinque. Sei. Sette. Otto. Nove. Dieci...».
Quel «per sempre» è un numero così grande che non arriva mai.











Angolo Autrice
Eccomi di nuovo qui, a pochi giorni dall'ultima storia, per rompere le scatole.
Sto approfittando di alcuni giorni di riposo per pulire il computer e saltano fuori vecchie fanfiction ovunque!
Questa, ad esempio, l'avevo scritta 'a caldo' dopo aver riletto i capitoli di Marineford (si anche quel capitolo T__T) e, nel piano originale, prevedeva un incontro tra Sabo e Rufy, però:
1) Non riesco a trovare il modo di continuarla;
2) Mi piace l'idea di lasciare vago il parallelismo tra il gioco del nascondino e la scomparsa dei due fratelli (che poi, di vera, ce n'è solo una....)
Quindi non me ne vogliate se la troverete, come dire, sospesa (?) o inconcludente e se l'inframezzo e la fine non hanno uno spazio temporale definito...è tutto pseudo-voluto :).
Detto questo...GRAZIE a chiunque sia giunto fino a qui.
Alla prossima!

besos
  
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